GAMBACORTA, Giovanni
, Giovanni. - Figlio di Gherardo di Andrea, nacque a Pisa probabilmente poco dopo la metà del XIV secolo. Membro della nota famiglia pisana, aderente alla parte dei bergolini che simpatizzava per la politica fiorentina, dopo l’assassinio dello zio Pietro (21 ott. 1392) che era stato per lungo tempo signore della città, fuggì da Pisa e, negli anni immediatamente successivi, si rese protagonista di alcuni tentativi di liberare la città dal dominio degli Appiani. Quando nel 1399 Gherardo Appiani vendette Pisa al duca di Milano Gian Galezzo Visconti, il G. si avvicinò a quest’ultimo e nel 1402 prese parte alle sue esequie reggendo un’asta del baldacchino funebre.
Dopo la morte del Visconti, Pisa passò sotto il controllo di Gabriele Maria Visconti, figlio naturale del duca e di Agnese Mantegazza. Dell’instabile e debole governo instauratosi profittò Firenze che mirava da sempre alla città per accrescersi e rafforzarsi territorialmente assicurandosi nel contempo un sicuro sbocco portuale. Per proteggersi dagli attacchi fiorentini, il governo pisano chiese in un primo momento l’appoggio francese, concludendo nel 1404 un accordo grazie alla mediazione di Jean Le Maingre, detto Boucicault, governatore di Genova. In seguito, Gabriele Maria, timoroso per i successivi sviluppi della situazione - che registravano, da una parte, il piano orchestrato dal re di Napoli, Ladislao di Durazzo, per impossessarsi di Pisa e, dall’altra, il convergere degli interessi francesi con quelli dei Fiorentini, grazie a un’abile azione diplomatica di questi ultimi -, cercò un diretto accordo con Firenze, disposta a versare al Visconti la somma di 200.000 fiorini per la cessione di Pisa. Di fronte a tale iniziativa alcuni cittadini si opposero con forza a un eventuale accordo, costringendo Gabriele Maria alla fuga e dando avvio a una resistenza armata che si trascinò per tredici mesi fino alla definitiva acquisizione di Pisa al dominio fiorentino.
La coscienza del pericolo cui erano esposti rafforzò l’unità dei Pisani: «bergolini et visi» (Sercambi, p. 93). Fu durante l’offensiva fiorentina contro Pisa che i cittadini scelsero di richiamare in patria i Gambacorta, e tra loro il G., dei quali erano noti i buoni rapporti con Firenze, allo scopo evidente di ottenere buone condizioni di pace. Ai primi d’ottobre del 1405 il G. ricevette in Pisa l’investitura di cavaliere e di «difensore del popolo», e in quegli stessi giorni furono pubblicamente promosse cerimonie di riconciliazione tra la fazione bergolina, che ai Gambacorta faceva capo, e quella raspante. Contrariamente alle aspettative dei Fiorentini, che probabilmente avevano appoggiato il suo rientro in città, il G. non volle acconsentire immediatamente a cedere il governo e il 26 ottobre rese pubblicamente noto agli alleati il proprio insignorimento; elaborò quindi una linea di condotta personale, che i cronisti contemporanei giudicarono improntata all’egoismo e a un crudele spirito di vendetta.
Il G. fu infatti accusato di aver punito i sostenitori degli Appiani con la morte o con l’esilio, oltre a essersi arricchito con il sequestro dei loro beni. Durante il suo dominio sulla città, il G. seppe comunque muoversi con abilità, in modo da avere il sostegno dell’opinione pubblica, ostinatamente avversa a Firenze, come sottolineato da un’anonima cronaca redatta in ambito fiorentino che ricorda come gli interessi del signore si identificarono ben presto con quelli della sopravvivenza dell’autonomia cittadina e come in tale frangente fosse stato ribaltato il senso primitivo della distinzione fra le due fazioni (Cronica volgare di anonimo fiorentino..., p. 351). Tuttavia i Fiorentini cercarono di stringere i tempi per l’acquisto diretto di Pisa e di impedire ogni possibile sostegno alla resistenza della città, alla quale probabilmente contribuiva in segreto anche il signore di Lucca, Paolo Guinigi. Dopo l’occupazione da parte di Firenze di Vico Pisano (17 luglio 1406), il G. si risolse il 9 ott. 1406 a cedere le redini del governo della città, stremata da un lungo assedio. In cambio della cessione della città, il G. ottenne, per sé e per i suoi familiari, un’ampia serie di privilegi e di concessioni contenuti in un lungo capitolato. Il documento, registrato dal notaio fiorentino come Capitula de Gambacurtis, fu stipulato a nome del G. dal procuratore Bindo di Bartolomeo Delle Brache.
I capitoli prevedevano, tra l’altro, che il G. dovesse consegnare il figlio Gherardo e uno dei fratelli ai Fiorentini a titolo di ostaggio; che egli potesse disporre a proprio piacimento dei beni di quanti fossero stati banditi all’atto della conquista della città e potesse riscuotere subito i crediti da questi vantati; che a tutti i Gambacorta fosse concessa la cittadinanza fiorentina in riconoscimento della loro lealtà nonché il diritto di avere in Firenze tre case di abitazione. Le più importanti concessioni toccarono naturalmente al G., che ottenne in risarcimento della perdita di Pisa 50.000 fiorini e la signoria di Bagno di Romagna, da poco tolta dai Fiorentini ai conti Guidi.
Il 12 ottobre il G. entrò in Firenze con un seguito di familiari e alleati, e i Consigli cittadini deliberarono in favore del completo soddisfacimento delle sue richieste. Divenuto dunque signore di Bagno, il G. rinunciò ad alcune terre di Valdera a cui in un primo momento aveva mirato. Non abbiamo notizie delle sue proprietà immobiliari, ma sappiamo che egli perdette una somma di 500 fiorini a causa del fallimento della compagnia del fiorentino Filippo dei Ricci nel 1414. Nello stesso anno fu incluso come raccomandato della Repubblica nel trattato di pace che i Fiorentini stipularono col re di Napoli Ladislao di Durazzo. Il governo di Firenze contò sul G. in numerose occasioni, soprattutto quando nel 1423 si aggravarono le tensioni con i Visconti: nel 1424 egli difese con tanta determinazione la rocca di Corzano per i Fiorentini da meritarsi l’elogio del commissario Neri Fioravanti in una lettera indirizzata a Rinaldo Albizzi (Commissiani ..., II, p. 224); nel 1428 i Fiorentini lo raccomandarono a Martino V perché gli fosse restituito Castel Benedetto recuperato allo Stato della Chiesa.
Il G. mori prima del marzo 1431. Aveva sposato Giovanna di Bartolomeo Gaetani, scomparsa nell’ottobre del 1425.
Uno dei suoi figli, Gherardo, sposò Margherita di Rinaldo Albizzi; alleatosi con gli Aragonesi nel conflitto che li opponeva nel 1452 ai Fiorentini - era previsto lo scambio del feudo gambacortiano di Vai di Bagno con uno del Regno -, Gherardo, dopo il fallimento dell’impresa, fu privato dai fiorentini della signoria di Vai di Bagno e dovette rifugiarsi presso il duca di Calabria, Ferdinando, dando vita al ramo collaterale dei Gambacorta nel Regno di Napoli. Non ottenne, allora, alcun feudo nel Regno.
Fonti e Bibl.: Oran funeris Iohannis Galeatii Vicecomitis, in LA. Muratori, Rer. Ical. Script., XVI, Mediolani 1730, col. 1033; Cronica volgare di anonimo fiorentino già attribuita a Piero di Giovanni Minerbetti, a cura di E. Bellondi, in Rer. Ital. Script., 2° ed., XVM, 2, pp. 353 s.; M. Pahnieri, De captivitate Pisanum liber, a cura di G. Scaramella, ibid., XIX, 2, ad ind.; F. Bonaini, Giovanni de ser Piero. Sei capitoli de D’acquistum di Pisa fatto dai Fiorentini nel 1406, in Arch stor. ital., VI (1845), pp. 245-279; Commissioni de Rinaldi degli Albizzi per il Comune di Firenze (1399-1433), a cura di C. Guasti, Firenze 186-773, I, pp. 243, 261, 275, 277, 474, 480, 500, 504, 537, 545,548, 554, 558, 574; II, pp. 201, 224, 226, 248, 256, 273, 278, 297, 4II; III, pp. 41, 253, 302; G.O. Corazzini, L’assedio di Pisa (1405-1406). Scritti e documenti inediti, Firenze 1885; G. Sercambi, Croniche, a cura di S. Bongi, in Fonti per la storia d’Italia [Medio Evo], XXI, Roma 1892, pp. 106-U2; L. Masetti Bencini, Nuovi documenti sulla guerra e l’acquisto di Pisa (1404-1406), in Arch. stor. ital, s. 5, XVM (1896), pp. 209-241; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, II, Torino 1978, p. 976; G. Morelli, Ricordi, in Mercanti scrittori. Ricordi nella Firenze tra Medioevo e Rinascimento, a cura di V. Branca, Milano 1986, pp. 290, 296; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, I, Firenze 1580, pp. 174-184; S. Ammirato il Giovane, Delle famiglie nobili napoletane. Aggiunte e correzioni al primo libro, II, Firenze 1651, pp. 382 s.; P. Ciampelli, Storia di Bagno de Romagna e delle sue terre, Bagno di Romagna 1930, pp. 57-62; M Mariani, Gino Capponi nella vita politica fiorentina dal IJ93 al I42I, in Arch. srot. ical., CXV (1957), pp. 460 ss.; A. Cutolo, Re Ladislao d’Angiò Durazzo, Napoli 1969, p. 485; G.A. Brucker, Dal Comune alla signoria. La vita pubblica a Firenze nel primo Rinascimento, Bologna 1981, passim; M.L Ceccarelli, I Gambacorra, in Antichità pisane, II (1975), pp. 1-6; P.Lina, Le famiglie celebri italiane, s. v. Gambacorra; Diz. biogr. degli Italiani, XXXVIII, pp. 24 s.