GALZERANI, Giovanni
Nacque a Porto Longone, l'attuale Porto Azzurro, nell'isola d'Elba, intorno al 1788-89.
Di famiglia benestante e di distinta posizione sociale, poté intraprendere gli studi umanistici a Gaeta, dove il padre era comandante della piazza militare. Per volere paterno entrò nel collegio della Nunziatella a Napoli, dove rimase fino all'età di diciassette anni e dove, tra le materie previste per la formazione degli ufficiali, ebbe modo di studiare ballo da sala sotto la guida di Ferdinando Gioia, fratello del celebre coreografo Gaetano, diventando il suo migliore allievo.
Dopo la morte del padre nel 1806 il G. abbandonò sia gli studi, sia la carriera militare per dedicarsi completamente alla danza, alla coreografia e all'arte pantomimica. Probabilmente nello stesso 1806 si imbarcò su una nave russa diretta a Corfù, città in cui si esibì per la prima volta in pubblico, riscuotendo un non trascurabile consenso; rimangono ignoti la data, il nome del teatro e l'occasione di questo debutto. Tornato a Napoli, frequentò la rinomata scuola di danza della maestra Eléonore Dupré, ma dopo pochi mesi, di fronte all'opposizione manifestata dalla sua famiglia per la carriera scelta, si trasferì a Porto Longone. Nel 1808 circa tornò a Napoli dove entrò in contatto con Gaetano Gioia del quale eseguì, sia come mimo, sia come assistente alla coreografia, parecchi balli.
A Napoli ebbe inizio anche la sua carriera ufficiale: scritturato dall'impresa di D. Barbaia, dal 1810 al 1816 fu assistente alle coreografie di P. Hus, L. Henry e S. Taglioni per i balli del teatro S. Carlo; qui conobbe S. Viganò che, nella stagione 1815-16, vi metteva in scena il ballo Clotilde principessa di Salerno. Contemporaneamente, nel carnevale 1815 aveva allestito come coreografo principale, al teatro S. Benedetto di Venezia, il ballo in sei atti Gengizkhan primo imperatore dei Mongoli: è incerto se si tratti di una sua coreografia originale ovvero della ripresa di un lavoro di L. Henry.
Nei primi anni di carriera, infatti, il G. alternò creazioni proprie a riprese di balli famosi del Gioia e del Viganò: nell'autunno 1817 mise in scena, al Carignano di Torino, L'allievo della natura, ballo demi-caractère in sei atti del Gioia; di quest'ultimo allestì anche, a Venezia, Gundeberga (in cinque atti, settembre 1818) e, al Regio di Torino, Niobe, ossia La vendetta di Latona (in sei atti, carnevale 1819). Sempre nel carnevale 1819 creò per la scena torinese i suoi primi balli: Il pericolo, I tre fratelli nani e Teodorico e Romilda.
Il debutto alla Scala di Milano avvenne nella primavera del 1819; dapprima mise in scena, del Gioia, Amore e dovere, quindi allestì due balli originali: Elisabetta Federowna, in tre atti, e La spada di legno, ossia Il disertore per amor filiale, sempre in tre atti, in cui ballarono C. Blasis e Antonietta Pallerini. Il successo ottenuto alla Scala ebbe risonanza nell'Italia centrosettentrionale, cosicché, nel carnevale 1820, il G. venne chiamato alla Pergola di Firenze dove realizzò Otello del Viganò e creò ben tre nuovi spettacoli: Agamennone, ballo tragico in cinque atti, L'allievo d'amore, ballo demi-caractère in un atto e I bianchi e i neri, ossia La morte di Corso Donati, azione tragico-storica in sei atti.
Nel carnevale 1822 il G. si cimentò per la prima volta, con discreto successo, nel genere mitologico mettendo in scena, al teatro degli Avvalorati di Livorno, Il giudizio di Giove in quattro atti; in primavera, al teatro della Comunità di Reggio Emilia, creò il ballo in cinque atti Virginia e, nel settembre seguente, al Filarmonico di Verona, l'azione mimica in cinque atti Cianippo re di Siracusa, ovvero La vendetta di Bacco, che riprese, per il carnevale del 1840, al Carlo Felice di Genova.
Il biennio 1823-24, lo vide alternativamente presente al Regio di Torino e al Comunale di Bologna dove riprese, del Gioia, Elisabetta al castello di Kenilworth (poi a Torino, per il carnevale, e di nuovo a Bologna in primavera), ma creò anche balli originali: L'oroscopo, La pianella perduta nella neve ed Enea nel Lazio (su musica di G. Grasso D'Anna), in cui lo stesso G. ballò nel ruolo di Enea.
Enea nel Lazio fu il suo maggior successo nel genere mitologico: tratto dai libri VIII, IX e XII dell'Eneide, il libretto era via via corredato dai versi del poema virgiliano che corrispondevano alle varie scene; il G. lo riprese più volte nel corso della sua carriera, così come venne ripreso Enrico IV al passo della Marna, in tre atti su musica di G. Grasso D'Anna, creato al Comunale di Bologna nella stagione di primavera 1823. Ancora al Regio di Torino fu presente con il ballo demi-caractèreL'astuzia fortunata (carnevale 1824) e con Ero e Leandro, ballo tragico-mitologico in sei atti, dove il G. danzò nella parte di Timante; nella primavera 1825 riprese La spada di legno al Comunale di Bologna e in estate fu al teatro della Comunità di Modena con il ballo eroico-tragico in cinque atti La conquista del Perù. Nel carnevale 1825 alla Fenice di Venezia mise in scena L'eroe peruviano; passò poi alla Scala dove presentò i balli tragici Antigone (4 giugno) e Oreste (26 dicembre). A proposito di quest'ultimo il G. avvertì nella premessa al libretto di aver seguito le tracce dell'omonima tragedia di V. Alfieri e di essersi sforzato di non discostarsi dall'"aurea semplicità" dell'originale.
La carriera del G. diviene da quest'anno sempre più fitta di titoli, originali o riprese, di cui si dà la cronologia: 1826: Milano, Canobbiana: Francesca da Rimini; Ibid., Scala: Maria Stuarda, ballo tragico in sei atti, musica di A. Schira; Il corsaro, azione mimica in cinque atti su musica di vari maestri con Antonia Pallerini (Gulnara) e Celeste Viganò (Merania); La sposa di Messina su musica di Schira; 1827: Venezia, La Fenice: Buondelmonte, azione mimica in sei atti su musica di Schira; Napoli, S. Carlo: Buondelmonte; Enrico IV al passo della Marna; Enea nel Lazio; 1828: Genova, Carlo Felice: Gli adoratori del fuoco, ballo serio in sei atti; Milano, Scala: Agamennone su musica di C. Pugni; Gli Spagnoli in Perù; Gli empirici su musica di Schira; Rosemonda, ballo in sei atti su musica dello stesso; 1829: sempre alla Scala: Buondelmonte; Enea nel Lazio; La fuga di Edoardo Stuart, azione drammatica in quattro atti su musica di Schira; Ottaviano in Egitto su musica di G. Panizza; Il trionfo d'Amore su musica di ignoto, con Amalia Brugnoli; Bajazet, azione mimica in cinque atti dall'omonima tragedia di J. Racine su musica di Panizza; 1830: Napoli, S. Carlo: 19 gennaio: Il corsaro; 11 febbraio: Gli empirici; 11 aprile: Antigone su musica di P. Mandanici; 1831: sempre al S. Carlo: Gli Spagnoli in Perù; L'orfana di Ginevra su musica di P. Raimondi; I titani su musica di Mandanici; Il corsaro; Virginia; 1832: sempre al S. Carlo: Issipile su musica di Raimondi e Mandanici, con Amalia Brugnoli, in occasione del genetliaco di Ferdinando II; Ottaviano in Egitto su musica di Raimondi; Il corsaro; Delitto e punizione su musica di Raimondi con la Brugnoli; Irene di Herstall su musica di Raimondi; 1833: Milano, Scala: Irene di Borgogna su musica di Raimondi; 1834: sempre alla Scala: Monsieur de Chalumeaux; Sardanapalo; fiera di Brescia, teatro della Città: Alì, pascià di Giannina, azione pantomimica in sei atti su musica di A. Mussi; 1835: Parma, Ducale, stagione di carnevale: I filibustieri; 1837: Torino, Regio, stagione di carnevale: Ottavia in Egitto, ballo serio in sei atti; Il tamburo notturno, ballo comico in due atti; Il corsaro; Il coscritto, ballo comico in due atti; Milano, Scala: Virginia, Ettore Fieramosca, o La disfida di Barletta; 26 dicembre: Il castello di Lochlewen; 1838: sempre alla Scala: Alì, pascià di Giannina; Il cambio del coscritto, con Luigi Bretin e Fanny Elssler; 1839: sempre alla Scala: L'ultimo giorno dei Visconti e il primo degli Sforza; La conquista di Granata, ovvero Gli Abencerraghi ed i Zegrindi, azione mimica in sei atti su musica di A. Graffigna, con Fanny Cerrito; 1840: Genova, Carlo Felice: Abu Hassan, ovvero Il califfo per un'ora, ballo comico in due atti; Rosmunda; Zingari; Milano, Scala: Le due regine di Inghilterra, con L. Bretin e la Pallerini; Alì, pascià di Giannina; 1841: Torino, Regio: I tre gobbi di Damasco; Buondelmonte; Milano, Scala: L'ultimo imperatore del Messico; 1842: sempre alla Scala: Il corsaro; I paggi di Luigi XIII, ovvero La caccia riservata, ballo demi-caractère in tre atti, con F. Merante, P. Borri e Amalia Ferraris; 1843: sempre alla Scala: Il cambio del coscritto, con Fanny Elssler e i coniugi Monplaisir; 1844: Parma, Ducale: La gitana; 1845: Napoli, S. Carlo: La conquista di Granata; L'eroina danese su musica di A. Mussi; 1847: Venezia, La Fenice: Giovanna Maillotte, ovvero Il trionfo del bel sesso; 1852: Milano, Canobbiana: Paquita; Serafina di Portogallo, ovvero Un amore impareggiabile; Diavoletta, ballo fantastico in quattro atti, con la Ferraris.
A questa cronologia vanno aggiunti ulteriori titoli registrati dal Regli: La rosa di Granata, Giovanna I di Napoli, Il rinnegato, Ruggiero di Sicilia, L'eroina di Lilla, La figlia delle nubi, Pietro il crudele, Il labirinto di Woodstock, Annibale in Capua e le danze per Il crociato in Egitto di G. Meyerbeer.
Il G. morì a Milano dopo il 1853, in data imprecisata.
Nell'ambito del balletto ottocentesco la personalità del G., attivo tra il 1815 e il 1852, si pone in un momento di transizione. Da una parte rimaneva vivo l'interesse per il gran ballo storico-tragico-pantomimico, strutturato su movimenti di massa che formavano tableaux vivants di grande effetto, dall'altra si andava evolvendo la nuova tecnica della danza sulle punte, sperimentata a Napoli da A. Vestris sulle ballerine Amalia Brugnoli ed Elisa Vaque-Moulin e perfezionata a Parigi da F. Taglioni sulla figlia Maria. In questo contesto il G. aveva assorbito negli anni del suo apprendistato napoletano il gusto per la delicatezza dell'espressione e la morbidezza degli atteggiamenti, e nel contempo aveva seguito il suo maestro Gioia nel genere storico-romanzesco allora di moda. Giocavano in tale scelta anche fattori di carattere pratico: fino alla definitiva assimilazione della tecnica sulle punte i balletti erano composti da parti mimate per l'azione e da parti danzate per l'effusione lirica e il ballo storico era in gran parte pantomimico; inoltre, il S. Carlo e in parte anche la Scala erano maggiormente legati al genere storico che ancora, alla fine degli anni Trenta dell'Ottocento (condizionati dallo stile del Viganò), era il preferito.
Il G., dunque, si trovò a operare in un momento in cui si cercava di dar vita a uno spettacolo concepito come fusione di pantomima e danza e il suo limite principale fu quello di non aver saputo mai raggiungere il perfetto equilibrio fra la danza e la mimica. Ciò nonostante, fu apprezzatissimo per la grande sensibilità drammaturgica e per la capacità di gestire grandi masse sul palcoscenico; non a caso i suoi balli di maggior successo furono Il corsaro, tratto dall'omonimo poema di G. Byron, ed Ettore Fieramosca, da M. D'Azeglio. Nel primo l'ambientazione vagamente esotica si intreccia con la suspence, i contrasti, i tradimenti, i continui colpi di scena; il secondo ebbe una grande fortuna poiché si inseriva nella consuetudine della trasposizione coreografica dei grandi romanzi che avevano come soggetto la storia patria. Negli ultimi anni, il G. creò balletti di argomento favolistico in cui la danza aveva un maggior peso; ne è un esempio il ballo fantastico Diavoletta.
Fonti e Bibl.: Recensioni in: Il Pirata, 20 ag. 1839; 22 apr. 1840; 8 febbr. 1841; 9 sett. 1852; 3 ott. 1852; L'Omnibus, 6 giugno 1835; F. Regli, Diz. biografico…, Torino 1860, pp. 221-223; G. Monaldi, Le regine della danza nel secolo XIX, Torino 1910, pp. 71 ss.; L. Rossi, Il ballo alla Scala, Milano 1972, pp. 45 s., 73, 83 s.; C. Gatti, Il teatro alla Scala nella storia e nell'arte, II, Milano 1964, pp. 32, 173, 178 s., 181, 183-190, 198; Il teatro di S. Carlo. La cronologia (1737-1987), a cura di C. Marinelli Roscioni, Napoli 1987, ad indices; Enc. dello spettacolo, V, coll. 878-881.