CONTRI, Giovanni Francesco Maria
Nacque a Bologna il 7 genn. 1788 da Giacomo e Maria Elisabetta Stagni.
Il padre, proprietario di alcuni ettari di terreno in pianura, negli anni della Repubblica cisalpina e di quella italiana accrebbe e consolidò il patrimonio familiare, partecipando, insieme con il fratello, all'acquisto dei beni delle corporazioni religiose soppresse.
Avviato dal padre agli studi di ingegneria, dopo avere studiato per due anni sotto la guida di S. Caterzani, alla fine del 1803 si iscrisse ai corsi della facoltà fisico-matematica dell'università di Bologna e frequentò le lezioni di F. Re, chiamato nello stesso periodo a reggere la cattedra di agraria e ad impiantare e dirigere l'orto agrario.
I suoi interessi si orientarono, almeno in questa fase, verso lo studio della matematica e dell'astronomia e nel gennaio 1807, dopo essersi laureato con lode, venne nominato allievo aggiunto presso l'osservatorio astronomico dell'università. Ma i rapporti di collaborazione e di amicizia stabiliti con F. Re non si interruppero e, alcuni mesi dopo, costituitasi su progetto dell'agronomo reggiano la Società agraria della provincia di Bologna, il C. fu chiamato a fame parte e a svolgere al suo intemo le funzioni di vicesegretario. Nel 1811, trasformatasi la Società per disposizione governativa in Sezione agraria dell'ateneo bolognese, F. Re si dimise da segretario e fu sostituito dal C., che formalmente ricoprì l'incarico fino al 1855.
In realtà la prima fase dell'esperienza della Società volgeva ormai al termine: nel 1812 le veniva meno l'annuale finanziamento governativo; l'anno successivo essa veniva privata della sede sino allora occupata; nel 1814 infine era costretta dalle vicende politiche a sospendere anche le proprie sedute. Lo stesso anno F. Re rinunciava alla cattedra bolognese per salire su quella offertagli presso l'università di Modena dal duca Francesco IV e il C. ne prese il posto prima in qualità di "supplente provvisorio e di custode", poi di professore e di direttore dell'orto agrario.
"Fu il conte Re - scrisse più tardi il C. nel suo Elogio - quasi direi prima che mio maestro, mio amico e protettore e per lui ottenni di sedermi umilmente nel seggio da lui abbandonato; non già per le cognizioni agronomiche che egli conoscesse in me sufficienti o molte ... ; che di vero ad assumere il faticoso incarico era ben mestieri che da me si possedessero; ma l'ottenni anzi per la piena cognizione che egli aveva di una certa mia maniera di pensare ingenua e libera, anzi di una vera indipendenza dai suoi stessi principi".
Ai principi e all'insegnamento di F. Re il C. rimase in realtà profondamente legato in vari aspetti della sua attività scientifica, didattica e di divulgazione delle conoscenze e delle esperienze agronomiche. Su questo terreno nel 1817 riprendeva il tentativo avviato nel 1773 dal bolognese P. Bignami pubblicando a Bologna, su invito del card. Oppizzoni, una Istruzione agli agricoltori della provincia di Bologna sul coltivamento e sugli usi de' pomi di terra.
Pubblicato in occasione di una serie di cattivi raccolti che avevano colpito duramente soprattutto gli abitanti della montagna bolognese, questo scritto circolò ampiamente in tutte le parrocchie della diocesi avviando un significativo processo di diffusione della coltura delle patate. In larga parte diverse da quelle del suo predecessore appaiono le posizioni assunte dal C. rispetto alla possibilità e alla convenienza di estendere la coltivazione delle foraggere e, più in generale, di riformare il sistema agrario vigente nella pianura bolognese.
Membro dal 1816 di una commissione incaricata del controllo delle risaie, delle "valli artificiali" e delle derivazioni d'acque, il C. venne chiamato nel 1822 ad esprimere un parere circa l'utilità di "ridurre nuovamente a prato le valli artificiali" e "di diminuire l'estensione del terreno coltivato a biade, canepa e legumi onde ricavarne erbe e foraggi". Il fronte dei proprietari e degli studiosi, profondamente diviso nel corso dell'età napolconica e dei primi anni della Restaurazione dalle accese polemiche intorno alla diffusione delle colture umide, tendeva ormai a ricomporsi: il C., in una Memoria, prese nettamente le difese degli equilibri tecnico-produttivi esistenti negando la possibilità per gli agricoltori bolognesi di "cangiar sistema nel loro piano di coltivazione".
Nel 1824, al termine di un'intensa fase di attività come professore - in questi anni aveva avuto tra i suoi allievi C. Berti Pichat - e come segretario della riattivata Società agraria, la sua vicenda professionale e umana conobbe una svolta dolorosa. Una riforma dell'istruzione universitaria eliminava dal piano di studi del corso di ingegneria l'insegnamento dell'agronomia. E, alcuni anni dopo, lo stesso orto agrario, all'impianto del quale aveva lavorato dal 1812, veniva drasticamente ridimensionato e la maggior parte del terreno in precedenza destinatogli affittata per un canone irrisorio. Profondamente scosso, tra il 1828 e il 1829 il C. soggiornò lungamente per ragioni di salute a Lucca e solo nella prima metà degli anni '30 riprese l'attività di ricerca e la collaborazione con le numerose istituzioni culturali delle quali era divenuto membro.
A questi anni risalgono i suoi tentativi di dare espressione organica alla propria concezione della pratica agricola, dell'insegnamento dell'agronomia e delle funzioni dell'orto agrario. In due memorie lette all'Accademia delle scienze e pubblicate a Bologna rispettivamente nel 1834 e nel 1836 coi titoli di Generali osservazioni intorno all'insegnamento dell'agronomia nelle scuole e di Generali ricerche intorno all'arte agraria ed intorno all'applicazione delle scienze alla medesima, il C. faceva proprie quasi alla lettera le parole di A. Thaer: definiva l'agricoltura come "l'arte di ricavare costantemente dalla terra il massimo possibile profitto con la mimima spesa e sottolineava la necessità di applicare le scienze alla coltivazione col fine di accrescere le entrate". "L'utile applicazione di ciascuna delle scienze all'arte dell'agricoltura" costituiva anzi per il C. il compito fondamentale e la ragion d'essere del sapere agronomico. Un compito difficile, per la varietà delle condizioni e per i limiti, a suo avviso insuperabili, della divisione del lavoro in agricoltura. Nel quadro di questi rapporti e di queste difficoltà la pratica rappresentava per lui un punto di riferimento insostituibile, mentre, tra le scienze, centrale gli appariva il ruolo dell'economia ed importante quello della chimica. In riferimento all'orto agrario, infine, il C. confermava di dubitare, come F. Re, della possibilità di fame un laboratorio sperimentale ed un valido terreno di verifica di "precetti teorici" e ne sottolineava invece la funzione "ostensiva" e didattica.
Intorno alla metà degli anni '30 il C. riprendeva anche l'insegnamento tenendo corsi liberi e lezioni presso la sede dell'orto. Due di esse, pubblicate una prima volta a Lucca nel 1839 col titolo Due lezioni di agronomia, vennero nuovamente pubblicate a Bologna nel 1853 come introduzione al primo volume delle sue Operette agronomiche. Lezioni, dedicato interamente a temi di economia, politica e diritto agrario. Un secondo volume di Lezioni volte ad illustrare le "relazioni naturali o fisiche" oggetto di studio per l'agronomia sarebbe stato pubblicato a Bologna l'anno successivo insieme con una raccolta di numerosi scritti riuniti sotto il titolo di Operette agronomiche. Opuscoli.
La pubblicazione del primo volume delle Lezioni precedette di poco la decisione degli organi del governo pontificio di inserire nuovamente l'insegnamento dell'agronomia tra i corsi fondamentali impartiti nella facoltà fisico-matematica. Un momento, una decisione lungamente attesi e preparati, ma tardivi e, almeno per il C., vani. Nello stesso anno infatti il C. venne posto a riposo per ragioni di età e di salute e sostituito in cattedra prima da A. Codiluppi e poi, nel 1857, da F. Botter. Un esito al quale il C. non seppe rassegnarsi al punto da cercare ancora, almeno fino alla venuta a Bologna del Botter, di essere richiamato agli studi e all'insegnamento universitari.
Il C. morì a Bologna il 29 ag. 1860 alcuni giorni dopo aver rivisto le bozze di stampa di un'ultima edizione delle sue Lezioni, pubblicata lo stesso anno a Bologna col titolo di Elementi di agricoltura.
L'Elogio del conte F. Re, alcune pagine di Memorie fatto al tempo della mia dimora nello Stato lucchese e quasi tutte relativo all'agricoltura dello Stato medesimo, varie lettere indirizzate dal C. alla moglie Carlotta Filicori, al rettore dell'università di Bologna e al pontefice Pio IX sono conservate presso la Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna tra i Manoscritti Santagata, X, 5; XX, 5691 e 5831; XXII, 4 e 5. La Memoria relativa alle "valli artificiali" è conservata presso l'Archivio di Stato di Roma, Congregazione del Buongoverno, Perlustrazione idraulica della pianura bolognese, in appendice al Rapporto ed osservazioni del sig. cavaliere G. B. Giusti, v. 319, cc. 87-95. Numerosi gli scritti pubblicati dal C. soprattutto tra le Memorie della Società agraria d. prov. di Bologna e le Memorie dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Oltre a quelli già citati o raccolti nel volume Operette agronomiche. Opuscoli, Bologna 1854, si ricordano: Esperienze ed osservazioni intorno all'uso della macchina proposta dal sig. Christian per preparare la canapa senza macerazione, Bologna 1820; De chimica terrarum, quae ad agrorum culturam Pertinent, artalysi, in Novi Commentarii Academiae Scientiarum Instituti Bonortiensis, I (1834), pp. 400-12; Cenni generali intorno allo stato della pastorizia nella provincia di Bologna, in Mem. d. Soc. agr. prov. di Bologna, II (1844), pp. 233-47; Cenni storici intorno alla coltivazione della canapa, in Mem. d. Accademia delle scienze d. Istituto di Bologna, I (1850), pp. 259-87; Del progresso agrario considerato nella economia degli ingrassi in questa provincia di Bologna, Bologna 1851; Intorno ai gravissimi difetti del carro generalmente usato nella provincia di Bologna, in Il Propagatore agricola, IV (1854), pp. 132-42.
Fonti e Bibl.: Necrol. in L'Incoraggiamento, 1° sett. 1860; informazioni sui corsi universitari seguiti dal C., sulle vicende della cattedra di agraria e dell'orto agrario sono contenute nelle carte del fondo Università conservate presso l'Archivio di Stato di Bologna, Documenti 1803-1804. Gradi d'ingegneri e di periti, b. 531; Ammissioni 1805-1806, b. 540; Musei e stabilimenti scientifici 1800-1824, b. 462; Musei e stabilimenti 1824-1859, b. 928. Tra le fonti a stampa cfr.: F. Re, Rapporto sullo stato dell'Orto agrario, Milano 1812, p. 3; S. Mazzetti, Repert. di tutti i professori d. ... Univ. e d. ... Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1848, p. 99; F. Marconi, Elogiodel comm. C. Berti Pichat, in Annali d. Società agraria prov. di Bologna, XIX (1879), p. 188; D. Santagata, Cenno necr. d. cav. F. L. Botter, in Programma della R. Scuola di applicaz. per gli ingegneri di Bologna, Bologna 1879, pp. 103 s.; L'Accad. delle scienze dell'Istituto di Bologna dalla sua origine a tutto il MDCCCLXXX, Bologna 1881, pp. 192 s.; C. Zanolini, Sunto stor. monogr. d. Società, in Annali d. Società agr. Prov. di Bologna, XXIV (1885), pp. LXXIV-LXXX, CXIX, CXXXVII, 10, 26; L. Sighinolfi, F. Re e la prima cattedra di agraria nell'Università nazionale di Bologna, ibid., LXIII (1935), pp. 48, 63, 76, 81; E. Bottrigari, Cronaca di Bologna, II (1849-1859), a cura di A. Berselli, Bologna 1960, p. 399; A. Bignardi, Tre agronorni bolognesi: Pedevilla, C. e Botter, in Settecento agrario bolognese..., Bologna 1969, pp. 97-100.