GALLINA, Giovanni Francesco
Figlio di Pietro e di Emilia (Imiglina) di Castelletto, nacque con ogni probabilità a Pavia attorno al 1370, da famiglia di buone condizioni.
I Gallina erano originari della Lomellina. Inurbatisi nel corso del sec. XIV a Pavia, si erano dedicati sia alla professione notarile, sia al commercio. Il padre del G. era notaio e aveva relazioni con alcuni importanti enti ecclesiastici cittadini.
Avviato agli studi notarili, nel 1398 il G. ottenne l'iscrizione nella matricola dei notai di Pavia. Il suo nome come testimone, arbitro, procuratore e talvolta attore, compare spesso negli atti dei notai Parona, tra i più attivi a Pavia, segno di rapporti professionali e anche di più ampi interessi comuni coi Parona stessi e con la loro facoltosa clientela pavese. Nel 1399, alla morte del padre, il G. insieme con il fratello Basilio (una sorella, Polina, si era sposata nel 1398) rinunciò all'eredità paterna e fece rogare, il 29 settembre, un atto di tutela della dote della madre. Il 20 febbr. 1400 sposò Margherita de Tercio. Il 31 genn. 1401, insieme con il fratello, subentrò al padre nell'investitura di alcune terre del monastero pavese degli eremitani.
Per alcuni anni visse a Pavia, nell'abitazione paterna di Porta del Ponte, nella parrocchia di S. Marino, esercitando l'arte notarile; poi seguì a Milano Filippo Maria Visconti, conte di Pavia e figlio minore del duca di Milano Giangaleazzo, per il quale aveva cominciato a lavorare nel 1402. Resse a Milano l'ufficio di giudice dei Dazi alla torre della Credenza, continuando a collaborare con Filippo Maria. Solo quando quest'ultimo divenne duca, succedendo al fratello Giovanni Maria (12 giugno 1412), si trasferì definitivamente a Milano: nel 1416 abitava a Porta Romana, nella parrocchia di S. Tecla, nel 1420 a Porta Nuova nella parrocchia di S. Stefano "ad Nuxigiam" e poi, fino alla morte, a Porta Vercellina presso la chiesa parrocchiale di S. Vittore al Teatro. Divenuto notaio ducale, il primo atto che rogò in tale veste fu il documento relativo alla lega stipulata il 10 luglio 1414 tra il Visconti e Pandolfo Malatesta, un trattato che poneva le basi per la riconquista di Brescia da parte del duca.
Nel 1417 il G. fu nominato segretario ducale. In tale veste svolse la sua prima missione diplomatica, nel marzo di quello stesso anno, quando fu inviato a Genova insieme con il consigliere ducale Giovan Francesco Sartirana, ufficialmente per riscuotere alcuni interessi che il duca aveva maturato sui titoli del Monte, ma in realtà per dare avvio a quella politica di intervento nei torbidi e nelle violente lotte delle fazioni locali per il potere che portò la città ligure a sottomettersi, pochi anni più tardi, nel 1421, al dominio del Visconti.
Nel 1418 il G. fu inviato a Costanza come oratore presso Sigismondo, re dei Romani, allo scopo di ottenere da quest'ultimo la conferma per Filippo Maria del titolo ducale e dei privilegi concessi nel 1395-96 a suo padre Giangaleazzo. Le trattative duravano da tempo: erano iniziate già nel 1415. In questa occasione Sigismondo lo creò conte palatino e consigliere imperiale.
Nel corso di questa missione il G. rogò a Costanza alcuni atti per un monastero novarese e, ad Aganor, il 17 luglio 1418, un documento per lo stesso re dei Romani.
Il 4 sett. 1419 fu inviato a Roma presso Martino V con l'incarico di chiudere la questione di Brescia, città del dominio visconteo che era stata occupata da Pandolfo Malatesta. Doveva inoltre stipulare un trattato di pace perpetua con Firenze. Anche in questo caso il G. svolse il suo mandato con pieno successo. L'accordo con Firenze fu infatti raggiunto e sottoscritto il 18 febbraio dell'anno seguente; esso consentì al duca di Milano di avviare e portare avanti - al riparo da interferenze o attacchi della Repubblica Fiorentina - la sua politica mirante al recupero delle terre che il Ducato visconteo aveva perduto in Lombardia nel corso dei precedenti conflitti.
Nel 1420 il G. fu inviato a Venezia per definire le questioni rimaste in sospeso in seguito alla cessione di Brescia da parte del Malatesta. Nel 1421 rogò diversi atti che sanzionavano il nuovo assetto dei feudi e delle terre del Parmense previsto dalla pace stipulata con il marchese d'Este. Sempre nello stesso anno rogò inoltre i protocolli relativi agli accordi diplomatici per la spedizione militare contro i Fregoso e, nel novembre, l'atto di acquisto della città di Genova e quello, posteriore, relativo al giuramento di fedeltà prestato dai Genovesi. Agli inizi del 1424 fu inviato a Ferrara insieme con Franchino Castiglioni e Giacomino da Iseo per trattare la pace con gli ambasciatori di Firenze là convenuti.
Questa volta la missione del G. fallì l'obiettivo previsto. Nel febbraio i delegati fiorentini abbandonarono infatti i colloqui, traendo a motivo l'occupazione milanese di Imola (2 febbr. 1424) di cui era giunta notizia e che dimostrava la volontà del duca di non rinunziare ai suoi disegni sulla Romagna.
All'inizio dell'ottobre successivo il G. fu inviato a Roma con Racello de Auro per una nuova e impegnativa missione presso la Curia pontificia, dove già si trovava un'ambasceria fiorentina. Compito degli oratori viscontei era, da una parte, quello di scongiurare la temuta eventualità di un riavvicinamento tra Martino V e Firenze e, dall'altra, di avviare contemporaneamente con i rappresentanti fiorentini colloqui diretti alla definizione dell'assetto dei rispettivi confini e aree di influenza in vista di un accordo di pace. I negoziati si presentarono da subito irti di difficoltà, per la scarsa compatibilità delle proposte e delle posizioni delle singole potenze.
Il pontefice, che faceva da mediatore, temeva la pace in quanto riteneva che avrebbe aperto la strada a un impegno visconteo nel Regno di Napoli; il duca pretendeva dai Fiorentini la restituzione di Livorno e rifiutava qualsiasi limitazione alle sue possibilità di espansione verso la Lunigiana e la Romagna; Firenze era poco propensa a intraprendere azioni militari allo scopo di contenere l'avversario.
Dati questi presupposti, le trattative andarono per le lunghe, senza giungere a risultati soddisfacenti. Il G., con il suo collega, rimase a Roma per tutto il mese di novembre, poi fece ritorno a Milano, lasciando negli interlocutori l'impressione di una certa doppiezza. Tuttavia fu ancora impegnato in missioni diplomatiche per giungere a una pace con Firenze. Nel gennaio del 1425, a Bologna, il G. avviò laboriosi contatti con l'oratore fiorentino Nanni Strozzi; in seguito fu di nuovo a Roma, dove si trattenne per lunghi soggiorni presso la corte pontificia, a Napoli e in altre capitali. Era a Roma quando, nel dicembre, lo raggiunse la notizia dell'alleanza in funzione antiviscontea stipulata tra Venezia e Firenze. Egli comprese allora che le estenuanti trattative da lui condotte sino a quel momento erano fallite e si congedò dal papa.
L'alleanza veneto-fiorentina fu una grave sconfitta della pur attenta e onnipresente diplomazia milanese. Nel febbraio del 1426 il G. fu inviato a Ferrara insieme con Bartolomeo Volpi per compiere un tentativo estremo di scongiurare il conflitto. Fallì l'obiettivo e ai primi di marzo la Signoria veneziana dichiarò guerra al Visconti e ottenne subito un consistente successo conquistando Brescia. Le operazioni militari si conclusero alla fine dell'anno e il G. fu inviato a Venezia per definire il trattato di pace.
Dopo questi eventi la sua attività diplomatica proseguì ancora per un decennio, fino al 1435. Darne conto nei dettagli significherebbe seguire nelle sue pieghe gran parte della politica estera del Ducato visconteo: pertanto ci si limita qui a ricordare le missioni da lui amministrate a Venezia, presso Francesco Sforza e presso altre potenze. Risulta che curò particolarmente le relazioni con i duchi di Savoia; tra il 1428 e il 1431 fu impegnato nella vertenza con quello Stato, apertasi in seguito alla pace del 19 apr. 1428, costata al Visconti la cessione di Vercelli.
Insieme con alcuni tra i più autorevoli segretari di Filippo Maria, il G. fece anche parte del Consiglio segreto o Senato ducale, al quale il duca aveva conferito una vera e propria delegazione di potere e ampie facoltà rappresentative. Nella sua duplice veste di segretario e di notaio aveva la possibilità di rogare atti durante le missioni, e riuscì inoltre ad abbinare le competenze della sua professione con l'attitudine al negoziato diplomatico. L'attività pubblica dovette assorbirlo completamente, dato che, a differenza di altri notai cancellieri, non risulta avere avuto una clientela privata.
Il G. fu presso i suoi contemporanei persona autorevole, potente e riverita, punto di riferimento per molte personalità e gruppi sociali. Ebbe rapporti frequenti e intensi con il mondo degli intellettuali e degli umanisti, ma non ci sono noti con precisione i suoi interessi culturali. Sappiamo che possedeva un codice della recentissima Historia Mediolanensis di A. Biglia, che pure ebbe una circolazione limitata, e che ne fece dono a un altro più giovane segretario ducale, l'alessandrino Simonino Ghilini.
Dal 1435 le missioni all'estero del G. si diradarono, probabilmente a causa dell'avanzare dell'età; negli ultimi anni operò prevalentemente nell'ambito della Cancelleria.
Morì, secondo quanto risulta dall'epitaffio posto sulla sua tomba, il 3 luglio 1442 a Milano e fu sepolto nella chiesa parrocchiale di S. Vittore al Teatro, nella cappella, da lui dotata, dedicata ai ss. Giovanni Battista e Liberata.
Tra i documenti rogati dal G. come notaio e come segretario ducale, accanto a quelli tipici che richiedevano l'autentica notarile - come procure, investiture e donazioni -, ci sono pervenuti atti di rilevanza politico-diplomatica, quali trattati di pace e di alleanza, aderenze e arbitrati. Parecchi ci sono giunti sciolti; numerosissimi altri sono raccolti in cinque "breviarii", di cui tre, per il loro contenuto, sono considerati "registri ducali". I regesti dei circa 600 documenti che essi contengono e che coprono gli anni dal 1414 al 1441, sono stati pubblicati dal Romano e dal Manaresi. Questi documenti rappresentano, se non l'intera "produzione" del G., almeno buona parte di essa. Sono stati rogati prevalentemente a Milano, nelle residenze ducali del Castello di Porta Giovia o nelle residenze di campagna di Cusago o di Abbiategrasso.
I suoi figli raccolsero, seguendo strade diverse, l'eredità paterna: Pietro entrò a corte e fu nominato aulico ducale, Cristoforo seguì le orme paterne come diplomatico, Giovan Michele e Giovan Giacomo furono notai e mercanti, e Giovanni Antonio si addottorò nel 1428 in arti e medicina nello Studio pavese. La figlia Isabella sposò nel 1431 Corrado dei Capitani di Landriano.
Fonti e Bibl.: Una scheda biografica essenziale è in M.F. Baroni, I cancellieri di Giovanni Maria e di Filippo Maria Visconti, in Nuova Riv. storica, L (1966), pp. 398-400. Cfr. inoltre: Archivio di Stato di Pavia, Notarile di Pavia, Not. Simonino Parona, cartt. 10, 11; Not. Antonino Parona, cart. 18; Pavia, Archivio civico, Legato Marozzi, Schede Gallina; P.C. Decembrio, Vita Philippi Mariae tertii Ligurum ducis, a cura di A. Butti - F. Fossati - G. Petraglione, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XX, 1, pp. 133 s. e nn. alle pp. 70, 106, 127, 173, 176, 180-184; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze, a cura di C. Guasti, II, Firenze 1869, ad ind.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese milanesi, III, Milano 1890, p. 24; G. Romano, Contributi alla storia della ricostruzione del Ducato milanese, in Arch. stor. lombardo, XXIII (1896), pp. 234 s., 283; XXIV (1897), pp. 83 n., 100, 105, 112 n., 114 n., 124 s., 127 n., 144; I registri viscontei, a cura di C. Manaresi, Milano 1915, pp. XX, XXII s., XXXV, XXXIX s., XLVII-XLIX, LII, e, per i regesti, ad ind.; Gli atti cancellereschi viscontei, a cura di G. Vittani, I-II, Milano 1920-29, ad ind.; I registri dell'Ufficio di provvisione e dell'Ufficio dei sindaci sotto la dominazione viscontea, a cura di C. Santoro, Milano 1929, pp. 320, 372, 556; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, XI, Hildesheim 1968, p. 214; La politica finanziaria dei Visconti. Documenti, III, a cura di C. Santoro, Milano 1983, ad ind.; G. Sitoni, Chronogenealogica monumenta nobilium de Gallinis, Mediolani 1733, ad nomen; F. Novati - G. Lafaye, L'anthologie d'un humaniste italien au XVème siècle, estr. da Mélanges d'archéologie et d'histoire. École Française de Rome, XII (1892), pp. 49 s.; F. Cognasso, L'alleanza sabaudo-viscontea contro il Monferrato nel 1431, in Arch. stor. lombardo, XLII (1915), 2, pp. 285, 304, 322, 561, 576, 613, 630, 632, 635, 637; M. Zucchi, Famiglie nobili e notabili del Piemonte illustrate nella loro genealogia, Torino 1950, pp. 66 s.; F. Cognasso, Il Ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, ad ind.; Il notariato nella civiltà italiana. Biografie notarili dall'VIII al XX secolo, Milano 1961, pp. 259 s.; A. Liva, Notariato e documento notarile a Milano, Roma 1979, p. 155.