CARRARA, Giovanni Francesco
Fu tipografo, editore, libraio a Palermo nella seconda metà del Cinquecento; aveva bottega, alla insegna del leone, assieme ai suoi fratelli, nella "via Guzecta" nei pressi del palazzo Pretorio.
Il nome del C. ricorre per la prima volta in un colophon nel 1558, associato a quello del noto tipografo palermitano Giovanni Matteo Maida, quando sottoscrive un'edizione molto bella di una storia della Sicilia, De rebus siculis decades duae, di Tommaso Fazello. Il nome del C., ancora con quello del Maida, sia come tipografo sia come editore, appare in una decina di edizioni degli anni 1558-1560: nella produzione di questo periodo si nota, nel '58, una corretta ristampa delle Consuetudini di Palermo e, nell'anno seguente, le Epistolae familiares et versus di Girolamo Mansone e ancora i Dialogi gramaticae del Bertuleo stampati "ad instantiam Francisci Carrara et fratrum in leonis signo" senza nome di tipografo, ma verosimilmente dal Maida per quanto deducibile dai caratteri impiegati. Nel 1560 il C. chiude la sua attività, sempre assieme al Maida, con una ristampa dell'opera del Fazello già impressa due anni prima. Sebbene il C. nelle sottoscrizioni dei libri stampati nel triennio 1558-1560 appaia ora come tipografo ora come editore, è da ritenere che le sue funzioni fossero essenzialmente quelle di finanziatore della tipografia del Maida, che svolgeva le effettive operazioni tecniche, essendo questa attività editoriale sussidiaria a quella sua principale di libraio: e in effetti la sua marca editoriale, corrispondente all'insegna della sua bottega, era un leone di profilo verso destra.
Dopo il 1560 il C. scompare dalla storia della tipografia siciliana per più di venti anni per riapparire, come tipografo, nel 1583 nella sottoscrizione delle Costitutioni Prammaticali del Regno di Sicilia fatte sotto il governo del Viceré Marco Antonio Colonna.
Una così lunga interruzione di attività da parte del C. aveva fatto ipotizzare ai più antichi bibliografi l'esistenza di due omonimi, il secondo dei quali figlio o nipote del primo. Sembra tuttavia più logico ritenere che il primo C., socio o collaboratore del Maida, non possa essere persona diversa dal secondo che del Maida, o meglio dei suoi eredi, fu in certo senso successore.
Infatti nel 1582 si era chiusa, a quel che pare, l'attività tipografica degli eredi Maida, nel 1576 succeduti a Giovanni Matteo; nel 1583 comincia ad apparire nelle sottoscrizioni il nome del C. che aveva quindi rilevato dagli eredi Maida l'officina tipografica come appare evidente dal confronto dei caratteri impiegati. Da questo momento fino alla sua morte, il C., non più solamente editore, gestirà direttamente l'officina tipografica già appartenuta ai Maida e impiegherà una nuova marca assai diversa e più complessa di quella usata vent'anni prima: uno scudo ovale barocco diviso da una fascia orizzontale con tre stelle a otto raggi, nella parte superiore una sirena, nella parte inferiore un carro con sopra una botte.
Dal 1583 per dodici anni il C. svolse in Palermo un'attività così intensa che uscirono dai suoi torchi in quel periodo non meno di quaranta edizioni, a prescindere da quelle senza nome di tipografo stampate in quel corso di tempo, ma che possono essergli attribuite quasi tutte con certezza. Infatti il C. esercitò la sua attività in Sicilia in condizioni praticamente di monopolio, perché fino al 1588, in cui iniziò a stampare nella stessa Palermo il De Franceschi, imitato l'anno seguente a Messina dal Bufalini, nessun altro nome di tipografo ricorre nei libri stampati nell'isola se si eccettuano le opere del Machiavelli stampate nell'84 a Palermo dagli eredi di Antoniello degli Antonielli, che però recano false note tipografiche.
Rimasta per parecchio tempo l'unica di tutta la Sicilia, dalla tipografia del C. uscirono opere di ogni genere; tuttavia una notevole percentuale della sua produzione è costituita da raccolte di leggi o regolamenti o altre pubblicazioni ufficiali così da far pensare, considerate anche le condizioni nelle quali si trovava ad operare, che il C. fosse, almeno praticamente, una specie di tipografo ufficiale delle varie autorità palermitane; comprendendo fra queste anche le autorità religiose poiché stampò non poche raccolte di costituzioni emanate da vari sinodi e anche regole di Ordini religiosi, fra le quali ricordiamo le Regulae Societatis Iesu del 1586. Un altro folto gruppo di opere uscite dalla tipografia del C. è costituito da quelle di carattere teologico o religioso: fra le ultime il De morte Christi del Cingale, del 1588, edizione pregevole adorna di fregi e di iniziali incise, e il Rosario di Maria Vergine poema di Giovanni Antonio Brandi. Mancarono, nella produzione del C., i classici e anche le grandi opere della letteratura in volgare; tuttavia unn certa parte delle sue edizioni è in italiano e, tra le opere minori o di circostanza, occorre ricordare un'ediz. (1586) molto bella del Ratto di Proserpina di Claudio Claudiano nella versione in ottava rima di Giovan Domenico Bevilacqua. È da notare anche che una notevole parte della produzione musicale siciliana del Cinquecento uscì dalla tipografia del Carrara.
Il C. terminò la sua attività nel 1595, anno nel quale presumibilmente morì perché non ne compare più il nome nelle sottoscrizioni dei libri stampati a Palermo.
La sua tipografia proseguì ancora per alcuni anni l'attività sotto il nome di "Heredes Francisci Carrara" non altrimenti identificati, che seguitarono a stampare stentatamente per qualche tempo opere di scarso conto e chiusero la loro attività, battuti probabilmente dalla concorrenza del De Franceschi, con una non spregevole edizione di un voluminoso commentario di Mario Muta alle Consuetudini di Palermo, stampato nel 1600.
Bibl.: F. Evola, Storia tipografico-letter. del sec. XVI in Sicilia…, Palermo 1878, pp. 138-140, 148, passim;G. Salvo-Cozzo, Le edizioni sicil. del sec. XVI indicate e descritte, Palermo 1885, passim;G. Oliva, L'arte della stampa in Sicilia nei secc. XV e XVI. Ricerche storico-bibliogr. e note d'archivio, Catania 1911, pp. 8386; N. D. Evola, Libro e cultura in Sicilia nel sec. XVI, Palermo s.d., p. 15; Id., Ricerche storiche sulla tipografia sicil., Firenze 1940, p. 24.