BARBARIGO, Giovanni Francesco
Nato a Venezia il 29 apr. 1658, da nobile famiglia, era nipote di s. Gregorio Barbarigo.
Fu solo, probabilmente, un'incertezza dell'ambizione quella che gli fece dapprima scartare la strada, per lui fin troppo naturale e facile, della vita religiosa per iniziare, giovane patrizio, una carriera diplomatica al servizio della Repubblica, che lo accreditò quale ambasciatore presso la corte di Luigi XIV; incarico tuttavia che il B. non dovette mai assumere ufficialmente, poiché nessun dispaccio da lui firmato figura tra quelli inviati in patria dall'ambasciata veneziana alla corte francese (cfr. Archivio di Stato di Venezia. Dispacci degli ambasciatori al Senato, Roma 1959).
Il B. passò comunque assai presto alla carriera ecclesiastica, dove, se non il grande ardore della vocazione, almeno illustri tradizioni familiari lo chiamavano, preparandogli un'agevole strada ai massimi onori. La sua fu una carriera sicura e rapida: nel 1698 fu eletto primicerio della basilica ducale di S. Marco in Venezia, nomina per la quale parve dovesse esser sommersa la città, com'era d'uso, dalle poesie e dalle canzoni gratulatorie; nello stesso anno egli entrò nel vivo della sua attività religiosa con la nomina al vescovato di Verona.
Di fronte alle difficoltà ed ai problemi pratici della quotidiana azione di apostolato, egli si riportò sempre idealmente al grande modello che non poteva non dominargli la mente, quello del grande zio Gregorio Barbarigo. Si ritrovano così nella sua azione religiosa e nella sua attività ecclesiastica i moduli e i temi che dominavano ormai la Chiesa veneta nella sua azione controriformistica. Aumentò di molto il numero dei chierici; attenzione particolare rivolse ai seminari della città e della diocesi, chiamando nuovi professori e irrigidendo la disciplina dei costurni e degli studi; e fondò un nuovo seminario.
Preghiera, predicazione, personale testimonianza di fede per ogni grado, e ceto di persone, anche questi ideali pratici d'azione della religiosità controriformistica egli seppe tradurre ed applicare con impegno ed assiduità alla sua sede vescovile, prediligendo personalmente le visite agli ospedali e il soccorso nelle situazioni più disparate, come in un'epidemia abbattutasi sulla sua diocesi nel 1702, e provvedendo per il resto i territori a lui affidati di molte missioni, ch'egli assegnò interamente ai padri della Compagnia di Gesù; dei gesuiti condivideva del resto fermamente le posizioni dottrinali, e si fece in ogni occasione assertore tenace e rigido dei diritti e delle prerogative della Chiesa nei confronti del potere e dell'ordine civile, difendendo le immunità ecclesiastiche con particolare intrasigenza.
Nel 1712 introdusse a Verona i padri dell'Oratorio, ai quali assicurò una dignitosa sicurezza econonuca e la chiesa dei Santi Fermo e Rustico.
Il tono forse più sincero e personale della sua coscienza e della sua mentalità ecclesiastica si avverte però nelle imprese erudite e sacre da lui patrocinate, e nelle quali un certo suo genuino amore per la cultura si univa ad un gusto, tra il mondano e l'edificante, per lo splendore e la munificenza. Ordinò che si mettesse mano a scrivere la storia della Chiesa veronese e fece pubblicare a sue spese, con l'aiuto dell'erudito Antonio Magliabechi, le opere di s. Zenone, vescovo di Verona (Padova 1710) e di s. Gaudenzio (Padova 1720).
A Verona il B. aveva ormai trovato in lunghi anni la giusta strada nella sua attività religiosa, e non avrebbe aspirato verosimilmente che a rimanervi, circondato ormai da un ambiente a lui affezionato e devoto; ma l'insistenza di Clemente XI lo costrinse, nel 1714, a passare,al vescovato di Brescia, vacante per la morte di Giovanni Alberto Badoer, amico intimo del B. e suo fedele e operoso corrispondente.
L'ambiente bresciano era stato per alcuni arnu, all'inizio del '700, più inquieto e più agitato di quello veronese; ma l'efficace apostolato del predecessore aveva saputo far tacere e scomparire le infiltrazioni quietistiche e giansenistiche, ed al B. non rimaneva che continuare nell'opera così vigorosamente intrapresa; poté così proseguire nella sua attività di colto e raffinato pastore della Controriforma, recandosi con solennità in chiesa all'umile scopo d'insegnare il catechismo ai bambini, distribuendo largamente del suo ai poveri ed alle opere di beneficenza, riorganizzando ed ampliando il seminario, nel quale fece aggiungere una cattedra di lingua greca, e dando un piccolo ma significativo saggio della sua personalità adattando una sua villa di campagna, facendovi fabbricare alcune cellette per ritirarvisi in compagnia di prelati e sacerdoti nel tempo di carnevale.
Nel 1719 Clemente XI lo creò cardinale. Il 20 genn. 1723 Innocenzo XIII gli offrì l'atteso e bramato premio per la sua opera di apostolato e di pietà religiosa, conferendogli quel vescovato di Padova ch'era stato del grande zio, s. Gregorio.
A Padova, dove il suo nome risvegliava nel clero e nel popolo i ricordi non lontani della eminente e venerata personalità religiosa dei suo celebre parente, il B. fu accolto con grandi onori e con maggiore aspettazione; ma gli inevitabili paragoni dovettero, oltre che di lustro, essergli motivo anche di qualche delusione. Egli s'adoperò proficuamente per tutelare ed ingrandire quella cospicua eredità religiosa, visitando con premurosa attenzione la sua diocesi, ampliando il seminario e aumentando il numero dei monasteri. Nei giorni festivi faceva raccogliere i poveri in S. Agnese perché venissero istruiti nella religione.
Morì a Padova nel 1730 e venne sepolto accanto al celebre e venerato zio, per la cui beatificazione egli si era vivamente adoperato.
Dopo la sua morte, nel 1732, uscì a Padova, dalla tipografia del Seminario, lo splendido volume dei Numismata virorum illustrium ex Barbadica gente, voluto e realizzato dal B. a gloria della famiglia. Significativa la prefazione ("Ioannes Franciscus Barbadicus ad nepotes"), in cui troviamo una delle più eloquenti manifestazioni di quell'attaccamento orgoglioso e severo alla tradizione che indica, nella prima metà del '700 e nella Venezia decadente, il concretarsi umano e politico del mito ideale della Serenissima, e insieme il vano e compiaciuto riposarsi e sperare nella gloria del suo passato, patrio e familiare, elementi tutti destinati a segnare Profondamente la coscienza politica dei patriziato per tutto il secolo.
Fonti e Bibl.: Venezia, Civico Museo Correr, cod. Cicogna: 1439/11 (alcune lettere dell'anno 1706), 2732/IX (una lettera di Clemente XI al B.), 295I/IS (un diploma rilasciato dal B.) e 3204/XIII (una lettera di aggregazione a notaio apostolico per tale G. F. Manzoni); Ibid., Mss. P. D.: C. 259713, C. 2477/1, CC. 2471/1 e 2, C. 2741/4 e altri, contengono interessanti carte personali del B. riguardanti l'aspetto economico delle sue cariche ecclesiastiche; per l'iconografia molto ricco il Catalogo Stampe della stessa Biblioteca.
Molto abbondante e purtuttavia sovente di notevole interesse generale la pubblicistica laudatoria del tempo: cfr., tra l'altro, F. Ercolani, Le concorrenze delle gioie. Genetliaco nell'ingresso solenne alla sede della ducale Basilica di San Marco dell'Illustre Reveren. Mons. G. F. B. primicerio,Venezia 1698; A. Zampironi, Gratulatio ad I. F. B. quando D. Marci Primicerius electus fuit, Venetiis 1698; L. Fioccarini, Le disperazioni convertite in vittorie, ovvero la vittoria di tre invincibili gloriosamente riportata nella visita pastorale della città e diocesi dall'Illust. e Rev. Mons. G. F. B. Vescovo di Verona, Brescia MI; V. Margarita, Orazione per l'ingresso di Mons. Illust. e Rev. G. F. B. al Vescovato di Brescia, detta nell'Accademia degli Erranti della stessa città, Brescia MS; Corona di sonetti in occasione che l'Eminentiss. e Reverendiss. Sig. Cardinale G. B. passa dal vescovato di Brescia a quello di Padoa (sic). Consagrata al medesimo Porporato da F. Piertommaso Campana, Venezia 1723; Oratio in funere I. F. B. Card. EPiscopi Patavini civitatis nomine habita in Templo Carmelitarum, Patavii 1730; Numismata virorum illustrium ex Barbadica gente, Patavii 1732, pp. 159 s., e Additiones, pp. 7 S.
Bibl. critica: F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, IV, Venetiis M9, COI. 567; V, ibid. 1720, C011. 1008-ii e 1334; F. Corner, Ecclesiae venetae... illustratae ac in decades distributae, Venetus 1749, dec. X, p. 204; G. G. Gradenigo, Pontificum Brixianorum series commentario historico illustrata, Brixiae 1755, pp. 401 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, p. 244; G. Moschini, Della letteratura veneziana del sec. XVIII, II, Venezia 1806, p. 95; L. Federici, Elogi istorici de' più illustri ecclesiastici veronesi, III, Verona 1819, appendice, pp. 35 s.; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, I, Venezia 1824, p. 167; III, ibid. 1830, pp. 91, 268; iv, ibid. 1834, p. 382; V, ibid. 1842, p. 114; VI, ibid. 1853, pp. 126 s.; [B. Valmarana-E. A. Cicogna], Serie cronologica dei Cardinali Veneziani tratta dalle memorie inedite di Alessandro Orsoni, Venezia 1833, p. 33; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-ecclesiastica, IV, pp. 100 s.; E. A. Cicogna, Saggio di bibl. veneziana, Venezia 1847, p. 378; G. Soranzo, Bibl. veneziana, Venezia 1885, p. 315; C. Eubel, Hierarchia Catholica.... V, Patavii 1952, pp. 127, 309, 411; Lexikon für Theologie und Kirche, I, Freiburg i. Br. 1930, CoI. 960; Enciclopedia Ital., VI, pp.129 s.; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VI, cofi. 578 S.