FOSSA, Giovanni
Nacque a Belluno il 9 apr. 1645 da Antonio, discendente da antica casata cittadinesca, e da Leonora Balliana. L'8 marzo 1666 sposò Elisabetta Ridolfi sorella di Agostino, pittore famoso nel Bellunese.
Estremo continuatore della corrente tenebrista veneta, già divulgata con fortuna dal Ridolfi, il F. esplicò la sua attività pittorica quasi sempre per la committenza ecclesiastica bellunese che ne apprezzava, in particolare, l'abilità di ritrattista. Per tale motivo, nel 1690, venne assegnata al F. l'esecuzione dell'importante tela celebrativa raffigurante il Podestà Giovanni Antonio Boldù inginocchiato di fronte alla Vergine, ai ss. Antonio da Padova, Giovanni Evangelista e all'allegoria della Carità (Belluno, chiesa di S. Stefano). Nella composizione, dominata dalla pomposa scenografia e dalla concitata dialettica tenebrista, l'immagine senile del podestà - giunto al termine del suo mandato - si impone con accenti di schietto realismo.
A quest'unica opera documentata con precisione dalla locale letteratura artistica si sono aggiunti, sulla base di riscontri archivistici, la pala e il paliotto dell'altare maggiore della chiesa di S. Lorenzo a Modolo (1684), nei quali risulta evidente l'influenza esercitata sul F. dal cognato (Vizzutti, 1981). Coeva appare inoltre la tela dipinta dal F. per la cappella di S. Carlo Borromeo, annessa all'ex villa vescovile di Crede, nella quale il pittore dispiega la vocazione ritrattistica nell'acuta fisionomia del vescovo Giulio Berlendis effigiato nell'atto significativo di indicare s. Berlendia - sua immaginaria antenata - mentre venera, assieme con s. Carlo Borromeo e s. Antonio da Padova, la Vergine e il Bambino assisi in trono.
Si può inoltre inserire con certezza nel catalogo del F. anche la pala raffigurante Maria e il Bambino tra i ss. Pietro d'Alcantara e Teresa d'Avila, eseguita intorno alla fine del XVII secolo, su commissione dei conti Miari, per la frazionale di S. Lucia a Cet. Anche in questo contesto il F. non si discosta dai propri consolidati schemi culturali ed espressivi, nei quali la vocazione realistica è ribadita nella resa delle fisionomie e dei particolari narrativi.
Probabilmente all'inizio del sec. XVIII va collocata la tela con S.Eustachio ed il rettore don Giuseppe Farrelli, dipinta dal F. per la chiesa di Nogarè, contrassegnata dalla cromia schiarita - non priva di annotazioni vivaci specialmente nel fondale paesaggistico - ma di statico impianto compositivo. All'incirca nello stesso periodo (1706) il F. eseguì la pala di S.Michele Arcangelo per l'omonima parrocchiale di La Valle Agordina.
In tale opera la tavolozza più sensibile ai toni luminosi è indicativa del nuovo orientamento stilistico intrapreso dal F. all'inizio del XVIII secolo, nel quale gradualmente egli sembra allontanarsi dalla poetica tenebrista.
Questo lento rinnovamento è ribadito anche dalla tela raffigurante S.Gregorio Magno e le anime purganti, custodita nello stesso tempio, dove la nobile immagine del pontefice sembra ispirata a quella dipinta da A. Triva per la chiesa di S. Maria della Salute a Venezia (Claut, 1991).
Al repertorio del F. si devono ascrivere, per evidenti consonanze stilistiche, anche la Predicazione di s. Francesco Saverio, dipinto esposto sulla parete di sinistra del presbiterio della cattedrale di Belluno, e le tele conservate nel palazzo Piloni della medesima città raffiguranti la Guarigione del paralitico, un Miracolo di s. Pietro, la Decollazione del Battista. Di tali opere si ignora la collocazione cronologica.
Le fonti storiche rammentano in modo piuttosto impreciso altri dipinti del F., non rintracciati, eseguiti per le chiese oggi soppresse di S. Croce e di S. Maria Nova a Belluno (Dal Mas - Giacobbi, 1977). Al F. spetta inoltre il disegno preparatorio per l'incisione posta sull'antiporta del volumetto Il martirio di s. Fermo, scritto dal bellunese F. Crotta e pubblicato a Venezia nel 1700. Questa particolare attività del F. è ribadita anche dall'invenzione per il Mosè che consegna al popolo ebraico le tavole della Legge, tradotta in incisione probabilmente intorno al 1703 (Claut, 1989).
Il F. morì a Belluno il 14 giugno 1732.
Fonti e Bibl.: Belluno, Bibl. civica, ms. 514: Memorie ed iscriz. raccolte da F. Miari nell'anno 1823, con integrazioni di F. Pellegrini (Catal. degli artisti di Belluno e del suo territorio), p. 88; F. Tamis, Le parrocchie dell'Agordino, Agordo 1950, p. 193; A. Da Borso, Pittori bellunesi, in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, XXXIX (1968), 182, p. 7; M. Dal Mas - A. Giacobbi, Chiese scomparse di Belluno, Belluno 1977, pp. 106, 150; F. Vizzutti, Contributi per una rivalutazione della pittura bellunese nell'età barocca, in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, LI (1980), 233, pp. 117 s.; Id., La pittura bellunese nel Seicento, in Dolomiti, III (1980), 2, pp. 29 s.; Id., Nuovi contributi per il pittore seicentesco G. F., ibid., 5, pp. 49 s.; Id., Riscoperto un dipinto del seicentesco bellunese G. F., ibid., IV (1981), 4, pp. 31 s.; A. Fontana - F. Vizzutti, 2° Borgo Piave, Belluno 1981, p. 154; F. Vizzutti, Arte, in G. De Bortoli - A. Moro - F. Vizzutti, Belluno: storia architettura arte, Belluno 1984, ad Indicem; Id., Breve storia della pittura bellunese dal secolo XV al XIX secolo, Belluno 1986, pp. 29 s.; M. Lucco, in La pittura in Italia. Il Seicento, II, Milano 1989, pp. 743 s.; F. Vizzutti, Per i pittori G. F. e A. Ridolfi, in Arch. storico di Belluno, Feltre e Cadore, LX (1989), 268-269, p. 182; S. Claut, In una stampa del F. le Tre Cime di Lavaredo, in L'Amico del popolo, LXXXI (1989), 22, p. 4; A. Burlon, Stemmi e notizie di famiglie cittadinesche bellunesi, in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, LXII (1991), 274, p. 35; S. Claut, Dipinti nell'antica forania di Agordo (secc. XV-XX), Cornuda 1991, pp. 66 s.; Arte e storia di palazzo Piloni, Feltre 1995, pp. 16-20; F. Vizzutti, La cattedrale di Belluno. Catal. del patrimonio storico-artistico, Belluno 1995, p. 118.