FONTANESI, Giovanni
Nacque a Reggio Emilia il 28 genn. 1813, da Ignazio e Angela Cozzani. Nel 1828 il padre, per continuare la tradizione artistica familiare iniziata dallo zio Francesco, pittore e scenografo, lo iscrisse alla Scuola di paesaggio e figura del Comune di Reggio (Rossi, 1984, p. 26; Poppi, 1984, p. 15, cui si rimanda per le notizie bio-bibliografiche relative al Fontanesi). Nel 1829 e 1830 il F. risulta iscritto alla Scuola di belle arti, presso la quale frequentò i corsi di ornato, prospettiva e di pittura di paesaggio; nel novembre del 1830 fu fra gli studenti premiati per i saggi di profitto presentati all'Accademia Atestina di belle arti di Modena.
L'insegnamento di P. Minghetti, che a Roma era stato allievo di T. Minardi, spinse il F. verso l'alunnato romano; ma già in alcune "esercitazioni" risalenti al primo periodo, ad esempio nel disegno del 1832, Ruderi di un edificio monumentale, mutuò alcuni elementi dalle vedute romane di L. Rossini del 1824-1826.
Nel 1833, grazie ad una pensione dell'arciduca Francesco IV d'Este, il F. si recò a Roma per perfezionare i suoi studi presso il fiammingo M. Verstappen che, nella pittura di paesaggio, era fautore di "un nuovo e diretto approccio al "vero"" (Poppi, 1984, p. 16). Già nell'Interno del Colosseo (1835; Reggio Emilia, Istituto statale d'arte "G. Chierici"), il F. denota una maggiore libertà compositiva rispetto ai lavori precedenti e si distingue per la ripresa realistica dell'edificio e per un particolare impiego della luce.
Il F. strinse una profonda amicizia con il pittore reggiano A. Chierici, giunto a Roma nel 1834. Nello Studio del pittore (1836; Modena, Galleria Estense) il Chierici si ritrasse assieme con il F., rappresentando l'amico nell'atto di completare un paesaggio. Il quadro è identificabile col Paesaggio laziale (1836; Modena, Istituto statale d'arte "A. Venturi") inviato nel 1837 a Modena per essere esposto alla mostra degli studenti dell'Accademia Atestina; qui il F. mostrò di aver maturato una propria visione del paesaggio, inteso come sintesi ideale di vari motivi paesaggistici che, seppur ispirati dal vero, vengono realizzati in studio (Poppi, 1984, p. 18).
Nel 1839 il F. si recò a Tivoli dove realizzò la veduta dal vero di Villa d'Este (Modena, Galleria Estense) che presentò come saggio finale all'Accademia Atestina. Il quadro, tuttavia, non gli valse il rinnovo della pensione ducale; nell'estate del 1840 il F. fu così costretto ad allontanarsi definitivamente da Roma.
Soggiornò presso alcuni parenti a La Spezia e, per tre anni, abbandonò quasi completamente la pittura, anche se negli anni successivi, frequentando spesso i dintorni di la Spezia, di Massa e di Carrara, realizzò alcune vedute di quei luoghi.
Grazie all'intercessione di A. Malatesta, direttore dell'Accademia Atestina, nel 1843 il F. riuscì ad ottenere alcune commissioni dalla famiglia ducale, per la quale realizzò Nella Valle del Serchio e Veduta nei dintorni di Massa (entrambi presso l'Intendenza di Finanza di Reggio Emilia), dipinti che sono forse da identificarsi con due delle quattro opere presentate nel 1844 all'Esposizione dell'Accademia di belle arti di Modena (Poppi, 1984, p. 19).
In queste opere prese a modello l'esperienza del Malatesta e si orientò verso una pittura attenta agli effetti tonali e atmosferici prestando maggiore attenzione nella descrizione delle caratteristiche ambientali dei luoghi ritratti. Nel Trasporto del marmo dalle cave Apuane del 1845 e nelle opere del 1847 Veduta di La Spezia e Dintorni di Lerici (oggi tutti presso la Prefettura di, Reggio Emilia) si nota un avvicinamento all'opera di A. Calame che, a testimonianza del rapporto di stima, dedicò al F. un suo Paesaggio ad acquarello (Reggio Emilia, Istituto statale d'arte "G. Chierici").Rientrato a Reggio Emilia nel 1845, il F. sostituì P. Minghettì nella cattedra di paesaggio alla Scuola di belle arti. Il 25 luglio 1854 sposò Maria Beatrice Alberti. Nel 1856, su incarico dell'architetto C. Costa, decorò il secondo sipario, o "comodino", del nuovo teatro municipale di Reggio Emilia.
In quest'opera, della quale esiste anche il bozzetto preparatorio (Reggio Emilia, Istituto statale d'arte "G. Chierici"), il F. mostrò una nuova concezione visiva, tendente all'idealizzazione dell'immagine, in un paesaggio totalmente inventato, animato da pastori danzanti e strumenti musicali; tuttavia, anche se nell'ambito di una panoramica nazionale il F. sembrò aver abbandonato le posizioni più moderne, aperte verso una totale adesione al "vero"; nei dipinti degli anni successivi, quali le tre Vedute di strade appenniniche databili al settimo decennio, l'artista sperimentò nuove soluzioni pittoriche guardando al rapporto tra la luce riflessa e i colori della natura (Poppi, 1984, pp. 21-23).
Nel 1860 partecipò all'Esposizione di belle arti, organizzata in occasione della visita del re a Reggio Emilia, con la veduta del 1839 di Villa d'Este, che ripropose l'anno seguente alla Mostra nazionale di Firenze. Nel 1863 a Bologna espose La pietra di Bismantova (1860, Reggio Emilia, Civici Musei) alla prima Esposizione regionale delle accademie dell'Emilia. Il F. morì a Reggio Emilia il 14 febbr. 1875.
Presso l'Istituto statale d'arte "G. Chierici" si conservano venti studi che il F., facendo testamento nel 1755, aveva lasciato all'Accademia di Reggio Emilia. Oltre a quelli già citati si ricordano alcuni paesaggi di incerta datazione, quali il Paesaggio con chiesa e Chiesa della campagna reggiana (1845-55 circa), Veduta di Massa Carrara (1855-65 circa), Paesaggio con frassino (1865-75 circa) e Paesaggio con rocce (1865-75 circa).
Fonti e Bibl.: B. Catelani, Le sculture e pitture del teatro Municipale di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1907, pp. 20 s.; G. Crocioni, I teatri di Reggio nell'Emilia, Reggio Emilia 1907, pp. 91-96; Scenografi reggiani dal XVII al XX secolo (catal.), a cura di M. Degani, Reggio Emilia 1957, pp. 32, 53; M. Mazzaperlini, Repertorio biobibliografico dei Reggiani più illustri, in Reggio Emilia. Vicende e protagonisti, a cura di U. Bellocchi, Reggio Emilia 1970, II, pp. 350-362; M. Pigozzi, La scenografia a Reggio nell'Ottocento, in Teatro a Reggio Emilia, a cura di S. Romagnoli - E. Garbero, II, Firenze 1980, pp. 177 s.; Teatri storici in Emilia Romagna (catal., Reggio Emilia), a cura di S.M. Bondoni, Bologna 1982, pp. 145, 188; C. Poppi, G. F. fra tradizione e innovazione, in G. F., A. Prampolini, A. Beccaluva (catal.), a cura di E. Monducci, Reggio Emilia 1984, pp. 15-23; G.A. Rossi, ibid., pp. 26-33; M. Pigozzi, ibid., pp. 59, 61; Id., Disegni di decorazione e scenografia nelle collezioni pubbliche reggiane, Reggio Emilia 1984, pp. 17, 46-49; G. Martinelli Braglia, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, pp. 251 s.; II, p. 830 (con bibl.); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 189.