FOLCHI, Giovanni
Nacque a Firenze nel 1475 da Simone di Giovanni e da Fiammetta di Federico Sassetti.
La famiglia era originaria di Fiesole, ma si era trasferita a Firenze prima del 1285, anno in cui figura possedere beni immobili nella parrocchia fiorentina di S. Ambrogio. Di parte ghibellina, i Folchi rimasero per molto tempo esclusi per questo motivo dagli uffici comunali; ebbero per la prima volta il priorato nel 1484 e poi di nuovo nel 1530, ma nel complesso risultano scarsamente presenti nella vita pubblica fiorentina. Ebbero invece un ruolo importante nella vita religiosa, cui si dedicarono due dei quattro fratelli del F.; uno di essi, Guglielmo, fu dal 1505al 1524vescovo di Fiesole, dignità già ricoperta in precedenza dallo zio Roberto Folchi. Il padre del F., Simone, iscritto fin dal 1452 all'arte di Calimala, era stato socio e fattore della filiale del banco Medici di Avignone e poi vicedirettore di quella di Montpellier; sembra che nel 1480 fosse titolare di un proprio banco commerciale a Firenze. La madre del F. era nipote ex fratre di Francesco Sassetti, allora onnipotente direttore generale, nonché socio, del banco Medici.
Mancano notizie precise sui primi trent'anni di vita del F., durante i quali egli non assunse alcun impegno politico, ma sembra essersi completamente dedicato all'attività mercantile, presumibilmente nell'azienda paterna (Mediceo av. princ. 137, c. 584); in quest'ambito dovette trascorrere alcuni periodi a Roma: vi si trovava, ad esempio, il 4 genn. 1500 e nel mese di settembre del 1504, quando viene citato in lettere scritte da quella città a Niccolò Machiavelli, con cui, evidentemente, era in rapporti di amicizia, anche se mancano notizie certe sulle circostanze in cui tali rapporti presero avvio.
A trarlo dall'anonimato in cui era vissuto fino a quel momento venne nel 1505 la decisione dei vertici istituzionali della Repubblica fiorentina di tradurre in pratica il progetto machiavelliano di una milizia popolare.
Il progetto del Machiavelli, maturato durante i tentativi di riconquistare militarmente Pisa attuati negli anni immediatamente precedenti e regolarmente falliti per il tradimento delle milizie mercenarie, non doveva essere una semplice resurrezione delle antiche milizie comunali, per lo più impiegate con funzioni ausiliarie, ma costituire un organismo completo. Il sistema di reclutamento consisteva nel censire tutti gli adulti maschi abitanti nel dominio (la città doveva fornire esclusivamente gli ufficiali), per passare poi a scegliere quelli da adibire effettivamente al servizio militare. Per attuare un progetto così complesso ovviamente non poteva essere sufficiente l'impegno di una sola persona; pertanto al Machiavelli, nominato commissario generale, furono affiancati altri commissari, a ciascuno dei quali fu affidato l'arruolamento e l'armamento di fanti in una particolare zona del dominio fiorentino.
A partire dal 26 genn. 1506 il F. fu inviato ad esplicare queste funzioni prima in Mugello e poi nel Valdamo di Sopra. Benché l'iniziativa continuasse anche negli anni successivi, l'incarico ebbe termine nel maggio 1506, dopodiché sembra che egli non ne abbia ricevuti altri.
L'episodio per cui il F. è più frequentemente ricordato dagli storici è però la sua presunta partecipazione alla congiura del Boscoli.
Nel 1512, al ritorno dei Medici, la città di Firenze ed il dominio erano esausti per la pressione fiscale e per le devastazioni sopportate durante la guerra; il momento sembrò favorevole ad un giovane oppositore dei Medici, Pietro Paolo Boscoli, per ordire una congiura tesa ad uccidere Giuliano, Lorenzo e il card. Giulio de' Medici e a ripristinare il regime "popolare". Probabilmente, però, egli ed il suo migliore amico Agostino Capponi erano già sottoposti a stretta sorveglianza da parte dell'apparato repressivo medicco, tanto che, prima che essi potessero mettere a punto il loro progetto, furono arrestati; fu ritrovata una lista di diciotto-venti nomi, tra cui quelli dei F. e del Machiavelli. Interrogati sotto tortura, il Boscoli e il Capponi rivelarono che quella lista conteneva soltanto i nomi di coloro a cui essi avevano intenzione di rivelare il loro progetto, cosa che non avevano avuto il tempo di fare per la tempestivita con cui erano stati arrestati. Nonostante che a tale complotto fosse stata attribuita poca importanza dallo stesso Giuliano de' Medici, i due congiurati furono giustiziati. Gli altri, i cui nomi figuravano nell'elenco, furono arrestati e interrogati, in alcuni casi sotto tortura.
L'interrogatorio del F. rivelò pochi particolari: egli confessò che non aveva mai aderito alla congiura, anche se il progetto non gli sarebbe dispiaciuto. Dall'interrogatorio del F. emerge anche la sintesi di interessanti conversazioni da lui avute con Machiavelli, secondo il quale il regime mediceo recentemente restaurato non aveva prospettive di stabilità perché non era sostenuto da una cerchia di fedelissimi, come invece era avvenuto al tempo di Lorenzo il Magnifico.
Il F. fu condannato a cinque anni di reclusione nella rocca di Volterra. Tale condanna fu proferita il 2 marzo 1513; pochi giorni più tardi, il 12 marzo, essa fu annullata, al pari di molte altre, nel clima di giubilo generale suscitato dalla notizia dell'elezione al pontificato del cardinale Giovanni de' Medici, cosa che offrì al regime fiorentino l'occasione per un atto di magnanimità.
Al F. è dedicata una delle poche composizioni poetiche del Machiavelli, il capitolo "dell'ingratitudine"; proprio la dedica ha permesso agli storici della letteratura di fissare l'anno ante quem della sua composizione al 1512: caduto in disgrazia e privato dell'ufficio di cancelliere in seguito al ritorno al potere dei Medici, avvenuto appunto quell'anno, il Machiavelli non avrebbe potuto permettersi il lusso di corrispondere in quella forma con un amico ancora più in disgrazia di lui (Dionisotti, p. 69).
Un altro illustre personaggio a cui il F. fu legato da rapporti di amicizia fu Michelangelo Buonarroti, con il quale sembra essere stato in relazione soprattutto nel periodo 1511-13, in cui l'artista era a Roma per dipingere la volta della cappella Sistina e progettare il monumento funebre di papa Giulio II.
Quasi più nessuna notizia ci resta dell'ultimo periodo della vita del F., durante il quale egli dovette dedicarsi esclusivamente all'attività mercantile.
Secondo il Cambi, il F. morì nel 1518; altri (Ammirato, Pucci) affermano che egli era ancora in vita nel 1524., sulla base di un suo "libro di ricordi" di cui sembra si siano perse le tracce.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. nazionale, Poligrafo Gargani, 834-835; Archivio di Stato di Firenze, Carte Pucci, V, c. 42 (Manoscritti, 592, II); Carte Sebregondi, 2256; Carte Ceramelli Papiani, 2060; Catasto, 1001, c. 309; Decima repubblicana, 105, n. 101; Dieci di Balia, Missive, 82, cc. 134, 137; 85, cc. 124, 162; Ibid., Deliberazioni, 52, cc. 44, 154; 53, cc. 116, 155, 162, 168; 54, cc. 5, 8, 101, 112; Notarile antecosimiano, 264, cc. 255, 349 s.; 265, cc. 10, 122; Mediceo avanti il principato, 38, c. 117; 89, c. 38; 98, c. 98; 137, cc. 584, 587 s.; G. Cambi, Istorie, in Delizie degli eruditi toscani, XXII (1786), p. 5; N. Machiavelli, Lettere, a cura di F. Gaeta, Milano 1961, pp. 52, 132, 235; M. Buonarroti, Ilcarteggio, a cura di P. Barocchi - R. Ristori, I, Firenze 1965, pp. 162, 191, 199; L. de' Medici, Carteggio, a cura di R. Fubini, I, Firenze 1977, p. 289; P. Villari, Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, II, Firenze 1881, pp. 195, 524 s.; III, ibid. 1882, p. 177; O. Tommasini, La vita e gli scritti di N. Machiavelli, I, Firenze 1883, pp. 356, 487; II, Roma 1911, p. 68; R. Ridolfi, Vita di N. Machiavelli, Roma 1954, pp. 205 ss., 429; C. Dionisotti, Machiavellerie, Torino 1980, pp. 47, 69, 73; H.C. Butters, Governors and government in early sixteenth century Florence, Oxford 1985, pp. 210 s.