FOCARDI, Giovanni
Figlio di Pietro Leopoldo, scultore, nacque a Firenze il 7 maggio 1842. Avviato all'arte dal padre, studiò in seguito scultura con E. Pazzi all'Accadernia, di belle arti, quando l'istituzione fiorentina era ancora dominata da G. Duprè e dalla sua linea moderata, fra naturalismo e accademismo. Tale ambiente culturale incise sulla formazione del F., come si può rilevare nelle sue prime opere esposte a Firenze: il Ritratto del defunto Capitano Caselli e Beatrice Cenci alla mostra della Società di incoraggiamento del 1866 (catal., nn. 208, 217, gesso) e Dante Alighieri alla mostra della Società di incoraggiamento del 1868 (catal., n. 152, gesso).
Nella seconda metà degli anni Sessanta gli divennero più congeniali le proposte di rinnovamento dei macchiaioli ma, soprattutto, il naturalismo di A. Cecioni, tornato da Napoli nel 1867; fu attratto, in particolare, dalla sua scultura Bambino col gallo esposta l'anno seguente a Parigi. Dalle teorie del Cecioni il F. colse alcuni concetti che segnarono la sua produzione artistica: il motivo fondamentale della vita fermata quasi in una istantanea a tre dimensioni; la tendenza all'aneddoto quotidiano, alla descrizione di vicende e affetti familiari con venature comiche; l'uso della terracotta, materia che permette un modellato vibrante e sensibile al gioco della luce e dell'ombra.
Dal 1870 il F. si stabilì a Londra, dove visse eseguendo caricature, cromolitografie, figurine per scatole di sigarette e altri lavori di tipo decorativo e commerciale. Nel frattempo ritrasse dal vero tipi caratteristici, soggetti grotteschi e pittoreschi colti dalla strada e dalla vita. Nel 1871 espose alla Royal Acaderny il marmo Lucrezia Borgia e nel 1875 un Ritratto.
Sempre nel 1875 espose alla Grosvenor Gallery il gesso I'm first sir! Il gruppo, raffigurante due cenciosi ragazzini venditori di giornali, colpì, con il suo crudo verismo, la sensibilità e il gusto dei pubblico inglese, già educato a simili soggetti dalla pittura e dalla scultura vittoriana, nonché dalla lettura di Ch. Dickens.La grande occasione per il F. fu l'Esposizione universale di Parigi del 1878, dove presentò tre opere: la replica di I'm first sir!, I hush a bye baby del 1876, raffigurante un padre che culla un bambino piangente e, infine, You, dirty boy!, che rappresenta una vecchia che cerca di lavare un ragazzino recalcitrante.
Rifiutata dalla commissione di accettazione ed esposta con un sotterfugio, quest'ultima opera riscosse un successo talmente strepitoso che il F. fu costretto a replicarla in terracotta innumerevoli volte, vendendo in tutto il mondo anche le incisioni e le fotografie, mentre l'originale venne acquistato dalla ditta Windsor Soap, che la usò come réclame di un sapone. La critica si divise fra sostenitori e detrattori: "è la vita sorpresa nell'azione e fermata con l'arte", oppure "è realismo nella forma più brutale" (L'Esposizione di Parigi del 1878 illustrata, Milano 1878, pp. 465 s.). Il F. ebbe un successo talmente popolare che i giornali inglesi utilizzarono le immagini delle sue opere per vignette satiriche e caricature politiche (Franchi, 1903, ripr. p. 985).
Dopo un breve soggiorno a Firenze nel 1879 per la morte del padre, amareggiato dall'ostilità dell'ambiente artistico fiorentino, il F. tornò a Londra. Nel nono decennio lavorò ad una nuova serie di opere, in cui inclina sempre di più verso il bozzetto comicamente grazioso, come You ragamuffins! del 1880-81, raffigurante un vecchio che sorprende due ladruncoli di frutta nel suo podere, oppure come nei contemporanei Happy age e Daddy's (Franchi, 1901 ripr. pp. 989 s.). Ma quello che venne considerato suo capolavoro è Sweet rest, la cui versione in gesso fu esposta nel 1884 alla Royal Academy di Londra e, cinque anni dopo, nell'ambito dell'Esposizione universale di Parigi, mentre il bronzo si conserva alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma. L'opera è stata lodata per il verismo illusionistico della donna abbandonata nel sonno, per il virtuosismo nella resa dei particolari dei capelli, del vestito e dell'imbottitura della poltrona, nei quali il F. cercò di rendere la sensazione tattile dei velluti e delle trine.
Nei suoi ultimi lavori il F. affrontò anche soggetti più impegnativi: ad esempio il ritratto della Marquise de la Granja (1886, Royal Academy), il Monumento funebre a Lady Robertson (Franchi, 1903, ripr. p. 992), dove sembrerebbe essere tornato al prototipo bartoliniano di monumento funerario, e, infine, l'Otello e Desdemona del 1898 (ibid., ripr. pp. 979, 993), in cui si riaccostò ad un tema letterario, privilegiando il momento di travolgente impeto in cui Otello uccide Desdemona.
Rientrato a Firenze, il F. vi morì il 25 sett. 1903.
Fonti e Bibl.: Necrol., in L'Illustrazione ital., 4 ott. 1903, p. 279; Natura ed arte, XII (1902-03), 22, p. 744; Lo scultore G. F., in Il Marzocco, VII (1903), 40, p. 3; G. Giacosa, Parigi e l'Esposizione. La sezione ital., in L'Illustrazione ital., 10 nov. 1878, p. 298; G. Carotti, Un nuovo gruppo di G. F., in Arte e storia, 1 (1882), 10, p. 78; A. Franchi, Un artista ribelle. G. F., in Il Secolo XX, II (1903), pp. 978-994; A. Graves, The Royal Academy of Arts. A complete Dictionary of contributors and their work from its foundation in 1769 to 1904, London 1905, 11, s. v.; B.M. Bacci, L'800 dei macchiaioli e di Diego Martelli. Telemaco Signorini. Notes dei viaggi a Londra e a Parigi, Firenze 1969, p. 22; V. Vicario, Gli scultori italiani. Dal neoclassicismo al liberty, Lodi 1990, p. 299; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 131.