GIOVANNI Fiorentino
Poeta e novellatore della seconda metà del sec. XIV, cercò d'imitare il Decameron in una raccolta di cinquanta novelle, stese dal 1378 a dopo il 1385. I manoscritti portano in fondo, a mo' d'epilogo, un sonetto burlesco, dovuto molto probabilmente a un lettore deluso, che volle sfogare beffardamente il suo malumore, appiccicando al libro un nomignolo di spregio, che incontrò subito favore:
Ed è per nome il Pecoron chiamato,
perché ci ha dentro novi barbagianni.
Nulla sappiamo circa il casato dell'autore, e quell'epiteto di "Fiorentino" fu aggiunto al nome di ser G., solo nella prima stampa cinquecentesca (Milano 1558). Risulta però, ch'egli fu di professione notaio e che, riparato a Dovadola, presso Forlì, forse per ragioni politiche, là si diede, per suo svago, a scrivere novelle.
Queste son racchiuse in una goffissima cornice, di evidente ispirazione boccaccesca, ove due innamorati, Aurecto (anagramma di auctore) e Saturnina, si trovano insieme per 25 giorni consecutivi nel parlatorio d'un convento e si divertono a raccontar novelle, una per ciascuno; poi, al termine del novellare, si canta pure una ballata. Le ballate (25) hanno una freschezza veramente notevole. Le novelle, invece, hanno assai scarso valore d'arte. A una trentina di racconti storici, tolti di peso dalla Cronica di G. Villani, si trovano mescolati, specie nelle prime dieci giornate, alcuni motivi tradizionali, di carattere sia cavalleresco e drammatico, sia faceto e comico. Mediocre narratore, G. riproduce o trascrive i racconti precedenti; freddo in quel suo stile pedantescamente corretto, di rado la sua pigra immaginazione si lascia commuovere dall'argomento trattato e riesce a dare al racconto una certa efficacia. Il suo capolavoro è la novella di Giannetto, o della libbra di carne (IV,1), tema diffuso anche prima di G. F. e che ritroviamo nel Mercante di Venezia di Shakespeare.
Bibl.: E. Gorra, Studi di critica letteraria, Bologna 1892; G. Volpi, Ser G. F. e alcuni sonetti antichi, in Giorn. stor. letter. ital., XIX, pp. 335-47; L. di Francia, Un po' di luce sul Pecorone di ser G. F., ibid., LIV (1909), pp. 361-80; id., Novellistica, Milano 1924, I, pp. 202-23.