FERUFFINI, Giovanni
Figlio di Antonio detto lo Zoppo, nacque negli ultimi decenni del XIV secolo, probabilmente ad Alessandria. Il padre, feudatario, ottenne nel 1417 la cittadinanza milanese e l'ingresso nella corte viscontea per i figli maschi. Le prime notizie sul F. risalgono al 1414, quando si laureò in diritto civile presso l'università di Pavia, dove avrebbe svolto una prestigiosa attività di professore.
Sempre nel 1414 partecipò, il 9 agosto, all'elezione del rettore dell'università dei giuristi; mentre il 16 agosto dell'anno seguente fu nominato dal nuovo rettore Uberto Ferrario "statutarius". Il F. compare successivamente nel rotulo dei professori per l'anno scolastico 1419-20 deputato "ad lecturam Volumis" con un salario di 40 fiorini. L'anno successivo fu promosso alla cattedra "ad lecturam extraordinariam decretalium" in luogo di Antonio di San Demetrio. Il 16 maggio 1420 venne iscritto nella matricola del Collegio dei giureconsulti di Pavia e fu annoverato nel rotulo dei professori e ufficiali dell'ateneo pavese, come dottore in legge, con salario di 170 fiorini, per l'anno 1421-22. Sempre nel 1421 fu licenziato e addottorato in diritto canonico. Nel 1424 il F. venne promosso alla lettura ordinaria delle decretali con un salario di 250 fiorini l'anno. Appare ancora nei rotoli dei docenti dello Studio a partire dal 1425 fino al 1447. Nel 1431, con G. A. Castiglioni si recò a Milano per chiedere il pagamento degli stipendi arretrati, per ottenere il quale i professori dello Studio pavese si erano decisi a sospendere le lezioni. Nel 1439 una lettera ducale stabiliva che il suo stipendio fosse aumentato di 100 fiorini l'anno. Il F. possedeva in Pavia numerose case "deputate Felici Studio Papiensi" (Maiocchi, p. 700), dalle quali riscuoteva un affitto annuo di alcune decine di fiorini. Nel 1446 ne fece costruire un'altra pure destinata alla scuola universitaria.
Nell'estate del 1447 il F. con P. C. Decembrio fu inviato a Ferrara a rappresentare il duca Filippo Maria Visconti alle trattative di pace indette da Niccolò V. La morte del duca, avvenuta il 14 ag. 1447, lo sorprese a Ferrara, dove era anche presente, oltre al F. e al Decembrio, Guarniero Castiglioni. Rimasti privi di direttive, Castiglioni aderì al governo repubblicano costituitosi a Milano, mentre il F., con ogni probabilità, ritornò a Pavia, dove, nel 1449, si mise al servizio del conte Francesco Sforza. Da questa città il F. scrisse una lettera a R. Adorno e a P. Spinola sulla situazione disastrosa di Milano durante la Repubblica. Nel successivo mese di maggio egli fu condannato al bando ed incluso, con il fratello Domenico, nella lunga lista dei ribelli al governo repubblicano. Il 22 marzo 1450 venne nominato "miles auratus" da Francesco Sforza nell'accampamento di Vimercate ed entrò a far parte del rinnovato Consiglio segreto, appena istituito dal duca. Il 9 giugno dello stesso anno il F. raggiunse, quale oratore ducale, A. Guidobono a Genova, dove la situazione, particolarmente instabile, richiedeva un attento gioco di osservatori diplomatici e di persone esperte che conoscessero i problemi locali.
Lo Sforza aveva probabilmente scelto il F. in quanto molto vicino al doge Pietro Fregoso, oltre che buon conoscitore dei problemi dell'area occidentale del Ducato, contigua ai territori del Marchesato del Monferrato. Scopo principale della missione era di convincere Genova ad unirsi in una lega con Milano e Firenze. Il F. e Guidobono parteciparono ad una conventio segreta che preparò i termini dell'accordo fra le tre città, e che si concluse nel novembre del 1451.
Al F. spettò il compito di far superare al doge le incertezze, testimoniando l'impegno di Francesco Sforza a difenderlo. Nel corso della sua permanenza genovese si occupò anche del progetto sforzesco di far spostare le direttrici del commercio internazionale lungo un itinerario che favorisse i porti di Genova e di Livorno rispetto a Venezia; di superare le difficoltà del duca di Milano di porre fine all'occupazione di Pietra Ligure da parte di F. Spinola; di inviare ambasciatori milanesi, genovesi e fiorentini all'imperatore Federico III, in occasione della sua imminente venuta in Italia. Si preoccupò anche della gravosità della tassa del sale che veniva a colpire soprattutto i ceti meno abbienti del territorio ed anche dei propri possessi feudali nell'Alessandrino. Forse, già stanco ed ammalato, dopo aver chiesto più volte di poter partire da Genova, lasciò la città il 14 genn. 1452 (Arch. di Stato di Milano, Genova, 407).
Vi ritornò nuovamente in febbraio per prendere contatti con Giovanni Filippo Fieschi, il più potente avversario del doge. Tra febbraio e aprile egli si alternò o svolse la sua missione diplomatica insieme con il Guidobono, il quale però lo accusava di avere a volte delle "opinione bizarre" e non sempre condivideva le sue vedute sulla situazione (ibid., 16 febb. 1452).
Al pari del fratello Domenico il F. fu in relazione con gli esponenti di maggior prestigio e fama del mondo culturale del tempo, aiutato in questo dalla moglie Margherita, donna sensibile e colta, che conosceva il latino e il greco. In particolare fu amico di A. Beccadelli detto il Panormita, che lo definì più volte suo protettore. Proprio in onore del F. e di Margherita, il celebre umanista dichiarò che se sua moglie, in attesa di un figlio, avesse avuto una bambina, questa sarebbe stata chiamata Feruffina. Il F. ebbe anche rapporti di amicizia con Francesco Filelfo, con il quale mantenne contatti epistolari sin dai primi anni del suo soggiorno in Pavia.
Il F. morì, probabilmente nell'Alessandrino, poco dopo la sua ultima missione diplomatica a Genova, fra il 1452-1453.
Dalla moglie Margherita ebbe un figlio, Antonio Castiglione; e da nozze successive con una figlia di Alberto Marliano e di una Trivulzio, anch'ella chiamata Margherita, ebbe probabilmente altri tre figli: Filippo, Luchino, Bernardino.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Fondo Sforzesco, Carteggio interno, c. 659; Genova, 407; Registri delle missive, II; Famiglie, Feruffini, c. 70; Potenze sovrane, c. 1319; P. C. Decembrio, Vita Philippi Mariae tertii, a cura di F. Fossati, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XX, I, pp. 187 s.; Mem. e doc. per la storia dell'Univ. di Pavia e degli uomini illustri che vi insegnarono, I,Pavia 1878, p. 38; Ottanta lettere inedite del Panormita, a cura di R. Sabbadini, Catania 1910, pp. 158 ss.; Codice diplomatico dell'Università di Pavia, a cura di R. Maiocchi, II, Pavia 1913, ad Indicem; Gli uffici del dominio sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1948, p. 3; Stilus Cancellerie. Formulario visconteo-sforzesco, a cura di A. R. Natale, Milano 1979, pp. XXVIII, XLIV, CXLI, 83; Acta Libertatis Mediolani. I Registri n. 5 e n. 6 dell'Ufficio degli Statuti di Milano (Repubblica Ambrosiana 1447-1450), a cura di A. R. Natale, Milano 1987, pp. 6, 121, 122 n. 1, 623; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, II,Mediolani 1745, col. 617; M. Borsa, Pier Candido Decembrio e l'umanesimo in Lombardia, in Arch. stor. lombardo, XX(1893), p. 359; A. Colombo, Vigevano e la Repubblica Ambrosiana nella lotta contro Francesco Sforza, in Boll. della Società pavese di storia patria, III(1903), p. 327; A. Colombo, L'ingresso di Francesco Sforza in Milano e l'inizio di un nuovo principato, in Arch. stor. lombardo, XXXII (1905), 2, p. 59; L. Rossi, Lega tra il duca di Milano, i Fiorentini e Carlo VII re di Francia, ibid., XXXIII (1906), I, pp. 54 s.; F. Fossati, Francesco Sforza e la sorpresa del 16 maggio 1452, ibid., LXI (1934), p. 354; C. A. Vianello, IlSenato di Milano organo della dominazione straniera, ibid., LXII (1935), p. 20; C. Santoro, Contributi alla storia della amministrazione sforzesca, ibid.,LXVI (1939), p. 40; E. Lazzeroni, IlConsiglio segreto o Senato sforzesco, in Atti e mem. del III Congresso storico lombardo, Milano 1939, pp. 102, 104, 111; Id., Vano tentativo diplomatico di Francesco Sforza per ottenere l'investitura imperiale del Ducato di Milano (1450-1451), in Atti del IV Congresso storico lombardo, Milano 1940, p. 111; F. Cognasso, Il Ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI,Milano 1958, pp. 201, 396 n. 1, 397 n. 4, 432, 491, 593 s.; C. Santoro, Gli Sforza, Varese 1968, p. 31; F. Guasco, Diz. feudale degli antichi Stati sardi e della Lombardia, [Pinerolo 1911] Bologna 1969, pp. 48, 374, 510; U. Petronio, Il Senato di Milano (Istituzioni giuridiche ed esercizio del potere nel Ducato di Milano da Carlo V a Giuseppe II), Milano 1972, p. 35 n. 1; A. Sambati, Icarteggi diplomatici sforzeschi relativi alla serie Genova (1450-54), in Arch. stor. lombardo, XCVIII-C(1971-1973), pp. 159-164, 177-182; C. Prandini, Icarteggi diplomatici sforzeschi relativi alla serie Genova (1450-1454). Lotte politiche, ibid., p. 209; M. G. Di Renzo Villata, Scienza giuridica e legislazione in età sforzesca, in Gli Sforza a Milano e in Lombardia e i loro rapporti con gli Stati italiani ed europei (1450-1530), Milano 1982, p. 67; P. Mari, Contributo allo studio della giurisprudenza consiliare. Un Consiglio collegiale dei dottori pavesi nel primo Quattrocento, Roma 1991, pp. 84-87; F. Leverotti, Diplomazia e governo dello Stato. I "famigli cavalcanti" di Francesco Sforza (1450-1464), Pisa 1992, p. 57; P. Margaroli, Diplomazia e stati rinascimentali: le ambascerie sforzesche fino alla conclusione della Lega italica. 1450-1455, Firenze 1992.