FEDERZONI, Giovanni
Nacque a Borgo Panigale, ora Bologna, da Giuseppe e da Elisabetta Dondarini, il 29 ag. 1849, in una famiglia borghese di antica tradizione.
Compiuti gli studi ginnasiali e liceali nella propria città, curando in special modo la conoscenza della letteratura italiana, nel 1869 si iscrisse alla facoltà di lettere, e la lettura dei classici italiani da parte del venerato maestro G. Carducci gli aprì orizzonti di un metodo critico fino ad allora inesplorato. Iniziò la carriera dell'insegnamento nel ginnasio "Guido Guinizzelli" di Bologna, dove rimase per venti anni e di cui fu anche vicedirettore. Esordi in questo periodo curando un'antologia di poesie del Cinquecento, Ballate e strambotti del sec. XVI (Bologna 1876), cui seguirono a breve distanza le traduzioni delle Odiamatorie (ibid. 1878) e poi delle Odi conviviali (ibid. 1883) di Orazio: un apprezzabile tentativo di rendere in versi italiani, e propriamente in metri barbari, il complesso poeta augusteo, del quale avrebbe dieci anni dopo offerto Icinque libri delle Odi (Firenze 1893). Dalla moglie Elisa Giovannini ebbe due figli: il successo politico di Luigi, nato nel 1878, riuscì a mitigare solo in parte il profondo dolore provato alla morte della figlia giovanissima.
Per volere dell' amico G. Codronchi Argeli, per pochi mesi ministro della Pubblica Istruzione nel 1897, il F. fu nominato direttore del liceo "M. Minghetti" di Bologna, appena istituito. Con la caduta del ministro, ritornò all'insegnamento al "Galvani". Poté tuttavia esplicare le sue doti d'impareggiabile insegnante anche nella Scuola superiore femminile, un vanto per il Comune di Bologna, che con questo istituto aveva precorso i licei femminili di G. Gentile. Ai venticinque anni di insegnamento liceale si devono aggiungere, da un lato, le lezioni presso la facoltà di lettere della propria città, dove su insistenza di amici e maestri aveva concorso nel 1905 alla libera docenza e, dall'altro, il continuo rapporto con la scuola primaria, a partire dal 1898, in qualità di patrocinatore delle colonie scolastiche estive bolognesi.
Il F. prese l'abitudine di trascorrere ogni anno le vacanze a Casfiglione de' Pepoli, sede delle colonie, per offrire assistenza e consigli agli educatori. Questa partecipazione si trasformò in impegno per un miglior sostentamento finanziario dell'iniziativa: a tale scopo curò la pubblicazione della Strenna delle Colonie scolastiche bolognesi, fascicoli annuali in cui raccoglieva versi e prose originali di illustri scrittori, fra i quali lo stesso Carducci, G. Pascoli, A. Fogazzaro. Oltre alle singole prefazioni, vi pubblicò il commento all'ode carducciana La chiesa di Polenta (1899), una raccolta di Pie preci italiane in rima scritte ne' quattro primi secoli (1902), commemorazioni di Carducci (1909), Garibaldi (1918), dell'amico G. Bignami (1913), e La vita di Dante Allighieri narrata ai bambini (1921), in occasione del sesto centenario dantesco. Emerge tra questi scritti la narrazione dei ricordi di quei soggiorni estivi che, con il titolo di Passeggiate castiglionesi (1915), pone in luce il profilo interiore dell'uomo e dell'artista, sottraendolo al pill noto aspetto del personaggio pubblico.
Insegnante coscienzioso e severo, amato e stimato dagli allievi come dai collaboratori, non ebbe particolari riconoscimenti accademici. In una lettera a G. L. Passerini del 1901 si doleva del trattamento riservatogli alla caduta del ministro Codronchi, quando gli fu tolta la presidenza del liceo "Minghetti" e gli fu concessa "quasi per grazia" la reggenza delle classi superiori del ginnasio "Galvani". Come si dolse dell'ostilità dimostratagli in occasione del concorso per la cattedra di italiano al liceo. A. Panzini (in un articolo in memoria del F. pubblicato sul Corriere della sera il12 febbr. 1935 e ristampato quell'anno in appendice a Raccoglimenti e ricordi) parlò di persecuzione da parte dei democratici. Il F. non era un politico militante, ma insieme col Carducci, di cui nel frattempo era divenuto stimato amico, era fautore aperto di F. Crispi.
In età avanzata si trasferì a Roma, continuando ad insegnare letteratura italiana, presso il liceo "Umberto I" e presso il Collegio militare. Negli ultimi anni della sua vita si avvicinò al fascismo. Socio residente e poi corrispondente della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, collaborò anche a giornali e periodici, tra i quali Il Fanfulla della Domenica.
Morì a Roma il 14giugno 1923 e fu seppellito, secondo i suoi desideri, nella certosa di Bologna.
All'attività svolta nella scuola, sentita come una missione di educatore al servizio della cultura italiana, fece riscontro un'intensa attività di dantista. Il F. non si occupo solo di argomenti e questioni riservate ai cultori della materia, ma tentò di rendere accetto il poeta anche a coloro che non facevano professione di studi. Appartenne alla schiera dei critici della "scuola storica", e suo oggetto di studio fu il complesso delle questioni erudite relative a Dante: la biografia, le fonti, la cronologia, singoli e minuti problemi interpretativi. I suoi contributi costituirono veri e propri repertori di "questioni" dantesche. Se è vero che nell'opera del F., come in quella dei dantisti della generazione di I. Del Lungo e di F. D'Ovidio, venne a frantumarsi l'esigenza di sintesi incarnata dalla critica desanctisiana, tuttavia si deve riconoscere alla scuola storica il pregio di aver impostato il rigore del metodo nell'accertamento dei fatti.
Il primo studio del F. risale al 1889 ed è intitolato Ilcanto XIII dell'Inferno (Bologna; ora in Studi). L'anno successivo, pubblicando sempre a Bologna L'entrata di Dante nel Paradiso terrestre (poi Ibid.), volle rintracciare i modelli ai quali l'Alighieri si era ispirato: illustrò come Dante avesse elaborato le fonti, fondendo le reminiscenze classiche - in primo luogo le Metamorfosi di Ovidio - con la tradizione biblica e le derivate leggende trecentesche, ed elaborò il senso allegorico del luogo, la foresta paradisiaca, nel suo complesso come nelle sue parti. Un paragrafo inedito della Vita nuova fra carte del secolo XIII (Bologna 1895; ora in Raccoglimenti) fu invece una sua originale invenzione. Fingeva di avere scoperto, in un codice della fine del secolo XIII, un paragrafo della Vita nuova non contenuto in altri codici, e rimasto fino ad allora sconosciuto, nel quale si trovano di fronte, con la loro diversa concezione della vita e del destino umano, Dante ed il suo primo amico Guido Cavalcanti. Della stesso capacità creativa volle dar prova con la novella Artù. Storia di antiche nozze (Bologna 1895 e Ibid.), "melodramnia in versi senza rime". Alla sua vena più propriamente narrativa appartiene pure la Vita di Beatrice Portinari (Bologna 1904; poi ibid. 1905), che con ogni probabilità risentì della suggestione che nasceva dalla dimostrazione della realtà storica del personaggio dovuta al D'Ancona e al Del Lungo. Tuttavia, in reazione a una "breve e sdegnosa recensione", il F. mutò il titolo in quello di Romanzo di Beatrice Portinari (Rocca San Casciano 1911; poi in Studi ...), al momento della terza edizione.
Nel 1897 vennero pubblicati Gli angeli dell'Inferno (Rocca San Casciano) e il testo di una conferenza (Bologna; ambedue ora in Studi ...) già tenuta il 6 maggio 1894 e intitolata FilippoArgenti. In questa "lezione dantesca", come preferì definirla, è offerta tra l'altro la chiave di un metodo critico di ascendenza carducciana, concretizzato nell'equilibrio tra il filologismo - che nelle sue estreme conseguenze presentava il rischio di impedire una contemplazione diretta dei capolavori letterari - ed uno psicologismo che, richiamandosi a torto alla critica del De Sanctis, poteva legittimare arbitri e negligenze in nome dell'estetica. Servendosi abitualmente della propria erudizione come di uno strumento, il F. si propose di impartire una lezione "forse più morale che letteraria", per finire con l'incarnare in Dante e in Filippo Argenti gli effetti opposti di una differente educazione. La critica aveva il compito di intendere i rapporti fra le opere di un medesimo autore, quindi fra l'autore, i suoi predecessori e i suoi contemporanei. essa doveva scoprire e mettere in luce gli aspetti originali dell'opera e il progresso da questa apportato nella disciplina dell'arte; dopo di che si poteva assurgere a considerazioni di ordine generale: un privilegio che ritenne riservato a pochi, al Parini per esempio, che restò per lui un fenomeno insuperato della critica letteraria italiana. A fronte della critica, la scuola doveva rimanere un laboratorio, un'ascesa verso il vero, dal momento che la genesi di un'opera letteraria può consentire e spesso consente la precisione e il rigore di una ricerca positiva.
La severità e nello stesso tempo il limite contingente di questo metodo contraddistinsero gli studi dedicati alla Vita nuova: Quando fu composta la Vita nuova? (Rocca San Casciano 1898), Diporti danteschi (Bologna, 1899), Incipit della Vita nuova (ibid. 1900), fino a La Vita nuova di Dante Allighieri commentata per le scuole e per gli studiosi e illustrata con note e giudizi di Giosuè Carducci (ibid. 1910). Questi studi portarono all'acquisizione di punti fondamentali, secondo alcuni; rivelarono, secondo altri, una eccessiva tendenza a scoprire e spiegare riposti e controvertibili significati allegorici. Nelle successive e accresciute edizioni dei Diporti danteschi (Studi…, Bologna 1902; Nuovi studi su Dante, Città di Castello 1911; Nuovi studi e diporti..., ibid. 1913; Studi e diporti danteschi, ediz. definitiva, Bologna 1935), da perfetto discepolo carducciano, il F. dette anche voce alla polemica nei confronti della poesia romantica: il rifiuto di un'arte fine a se stessa, priva di idealità perché mancante di ogni fede, lo spinse ad affermazioni radicali.
La sua sensibilità religiosa ebbe un ruolo non indifferente nell'impostazione della ricerca: come avvenne in Interpretazione nuova di due passi della Divina Commedia. Note ... 1ª su la "Pena dei Golosi", 2ªsu la "Delfica Deità" (Bologna 1900; ora in Studi...), in La poesia degli occhi da Guido Guinizzelli a Dante Allighieri (ibid. 1901), in Rispondenze fra il canto XIII dell'Inferno e il XIII del Purgatorio. Noterella su l'espressione dantesca "Savia non fui"... (ibid. 1904), in Una ballata di Dante in lode della retorica (ibid. 1905e in Studi...). Sia che cercasse di illustrare un passo particolarmente difficile o controverso della Divina Commedia, sia che si soffermasse sulla teorica dell'essenza d'amore dei rimatori del Duecento, sia che s'addentrasse nella concezione della retorica quale scienza di origine divina, egli ebbe un punto fermo: la missione religiosa cui Dante era chiamato dalla sapienza divina, personificata in Beatrice. Tutti questi interventi culmineranno, con una graduale Maturazione, nell'opera conclusiva del F. esegeta, La Divina Commedia di Dante Allighieri commentata per le scuole e gli studiosi, I-III, ibid. 1921-23.
Il volume Raccoglimenti e ricordi (ibid. 1935) è l'opera più eterogenea, e perciò più idonea a cogliere aspetti della personalità dello scrittore: fantasie e memorie, meditazioni e descrizioni, liriche scelte, traduzioni e persino un melodramma in versi senza rime. Gli scritti sparsi furono riuniti dal figlio Luigi, coadiuvato da un antico allievo del F., A. Malavasi. Sebbene sia possibile avvertire l'eco di alcuni passi del Convivio o ilricordo delle Operette morali, in queste pagine viene meno quanto di letterario e di scolastico vi era nel resto della sua vasta produzione: il volume testimonia una eccezionale ricchezza interiore, è una sorta di testamento dal quale emerge - secondo una definizione del Momigliano - "la confessione di uno spiritualista in tempi di positivismo e di materialismo".
Oltre agli scritti citati, si ricordano: Le Danaidi di Quinto Orazio Flacco. Libro III, ode XI, ...; Nel primo anniversario della morte di Giuseppe Savioli. Discorso scritto e pronunciato nel 1882, Bologna 1883; Commemorazione di Teodolinda Franceschi-Pignocchi..., ibid. 1894; Ballata antica a ritornello, ibid. 1895; Del periodo. Primielementi e regole pratiche, ibid. 1895; Narrazione delle onoranze fatte a Giosuè Carducci per la celebrazione del 35º anniversario del suo magistero, in Onoranze fatte a Giosuè Carducci, ibid. 1896; Il Paradiso perduto (versi), ibid. 1896; Raccolta di prose e versi del secolo XIX compilata principalmente per le scuole tecniche egli istituti femminili, I-III, ibid. 1897-1898; Di pensier in pensier, di monte in monte (versi), ibid. 1898, Celestino V e Rodolfo d'Asburgo, Rocca San Casciano 1898 (ora in Studi ...); Il Paradiso perduto e altri scritti, Bologna 1898; La leggenda delle nozze di Francesca, narrata... in otto sonetti e due ballate, ibid. 1900; De' versi e dei metri italiani. Trattazione tecnica per uso delle scuole e degli studiosi, ibid. 1904; Duetto d'amore (due scene del dramma musicale "Artù"), (Nozze Romagnoli-Pellagri), ibid. 1904; La Canzone di Guido Guinizzelli "Al cor gentil rempaira sempre amore 1904, ibid. 1905; Manualetto elementare per la intelligenza della Divina Commedia, Rocca San Casciano 1910; Conversazioni e divagazioni intorno al poema di Dante, Roma 1911; Dei versi e dei metri italiani. Trattazione tecnica per uso delle scuole e degli studiosi, Bologna 1912; Giosuè Carducci professore a Bologna. Discorso detto in Roma nella sala dell'Associazione archeologica romana la sera del 17 febbr. 1913, Milano-Roma-Napoli 1913; Gemme di prosa narrativa italiana del Cinquecento, Città di Castello 1914; Letture italiane moderne, Milano 1914; Manualetto elementare per la intelligenza della Divina Commedia, I-III, Rocca San Casciano 1914.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio stor. d. Istituto d. Enciclopedia Italiana, Fondo L. Federzoni, fasc. 36: L. Federzoni, Memorie inutili della famiglia Federzoni (per uso interno), datt., pp. 93 ss., 115 s.; Necrologio, in Il Marzocco, 1º luglio 1923; T. Rovito, Letterati e giornalisti ital. contemporanei. Dizionario bio-bibliografico, Napoli 1922, p. 159. In App. a G. Federzoni, Raccoglimenti e ricordi, Bologna 1935, sono raccolti i seguenti scritti: A. Dallolio, L'opera di G. F. per le colonie scolastiche, pp. 267-274; G. Albini, Per l'inaugurazione del busto di G. F., pp. 275-278; A. Evangelisti, G. F. allievo di Carducci, pp. 279-286; G. L. Passerini, Per la memoria di un dantologo artista, pp. 287-291; A. Panzini, Un professore di ginnasio, pp. 292-296. Si vedano inoltre: I. Sanesi, G. F., in Nuova Riv. stor., XX (1936), pp. 276-279; M. Missiroli, Un antico maestro, in L'Italia letteraria, 8 marzo 1936, pp. 1 s.; G. Natali, L'opera d'un maestro, in Quadrivio, 1º marzo 1936; G. Mazzoni, G. F., in Nuova Antologia, 1º apr. 1936, pp. 360 ss.; A. Momigliano, Il diario di un maestro, in Elzeviri, Firenze, 26febbr. 1936, pp. 215-219; S. Vazzana, F. G., in Enc. Dantesca, Roma 1970, II, p. 830.