FATTORI, Giovanni
Pittore, nato a Livorno il 6 settembre 1825, morto a Firenze il 30 agosto 1908. Allievo di Giuseppe Baldini, che ben poco poté insegnargli, entrò poi (1846) all'accademia di Firenze, studiando nella scuola di pittura di G. Bezzuoli e in quella libera del nudo; finché i moti del '48-'49 lo tolsero all'arte. Col '50 tornò al lavoro; e per dieci anni dovette tormentarsi per trovare una sua strada. S'interessò sommamente alle ricerche dei macchiaioli e lavorò con T. Signorini, con C. Banti, con V. Cabianca; ma alla "macchia" si dedicò quasi quando gli altri l'abbandonarono (circa il 1859); nel frattempo, disegnava attentamente da affreschi del Ghirlandaio e di Filippino Lippi, riattaccandosi istintivamente - e non fu il solo fra i novatori toscani del suo tempo - alla grande tradizione fiorentina. Nel '61 era ancora indeciso tra realismo e romanticismo, tra "macchia" e maniera accademica. Al campo delle truppe francesi alle Cascine aveva dipinto preziose tavolette, ove solo il colore, d'una purezza di gemma, a intarsiature geometriche, costruisce e definisce la forma; in quell'anno dipinse il ritratto della cugina Argia (già nella coll. Gualino) ove la maniera del Bezzuoli ritrattista, che il F. risentirà anche nei ritratti più tardi ('62-'65), è come semplificata da un libero superamento di ogni precetto accademico, e sta tra l'Ingres e il Manet, che il F. però neppur conosceva. Dipinse anche la Maria Stuarda (Firenze, Galleria d'arte moderna) ove il motivo romantico è trattato come un bozzetto "a macchia". E intanto pensava ad altri quadri storici. Nel '61 Giovanni Costa gli consigliò di prender parte al concorso per un quadro di battaglia: lo vinse col Campo italiano dopo la battaglia di Magenta (Galleria di Firenze), cui seguirono, tra gli altri, l'Assalto alla Madonna della Scoperta, del 1868 (Museo civico di Livorno) e il Quadrato alla battaglia di Custoza, del 1880 (Galleria di Firenze): e questi, con altri quadri di soggetto militare (Carica di Cavalleria, Lo Staffato della Galleria di Firenze), il F., giudicava "fra i migliori" dei suoi lavori. Dimenticava, come cose in tono minore, le tavolette preziose, come La rotonda dî Palmieri (Galleria di Firenze), dipinta nel 1866, e che sembra così vicina al Manet, le cui opere però il F. vide solo nel 1875 a Parigi; e dimenticava quelle che sono veramente le sue cose migliori, dipinte nella Campagna romana (1873-1880), come il Mercato di cavalli perduto nel naufragio dell'Europa, e nella Maremma toscana (1880-1895) come Maremma della Galleria di Firenze. Intanto dipingeva qualche altro magistrale ritratto, come quello "in bianco" della figliastra (1884, Galleria di Firenze) e l'autoritratto (1894, Raccolta Giustiniani); ed eseguiva la serie delle acqueforti, ove senza trucchi di mestiere la vigoria aspra e disadorma del disegnatore appare evidente. A questo periodo di pienezza ne successe, fin quasi alla morte, uno di progressiva stanchezza: e col Cavallo bianco (Galleria di Firenze) che s'allontana lento nella triste campagna brulla, il F. chiuse la sua vita d'artista.
Solo fra i macchiaioli, il F. rimase sempre a contatto con l'Accademia, lieto nel '69 del titolo di professore, e accettando, fino dall' '86, l'insegnamento di pittura. Ma non si piegò mai a concessioni di sorta, e nel vivace giuoco delle polemiche rimase solitario.
In tavolette e brevi tele raggiunse una mirabile totalità per virtù di colore, limpido e brillante, disteso in campiture piatte, come in un intarsio; nelle composizioni più vaste la mantenne per virtù di disegno, definendo la forma con un contorno nero, e dando al colore una tonalità in sordina, tra il pastello e l'affresco.
V. tavv. CLV e CLVI.
Bibl.: A. Franchi, in Arte e Artisti toscani, Firenze 1902, pp. 56-59 (con appunti autobiografici); U. Ojetti, G. F., in Ritratti d'artisti italiani, I, Milano 1911, pp. 145-160; O. Ghiglia, L'opera di G. F., Firenze 1913; N. Tarchiani, G. F. inedito, in Marzocco, 1913; F. Noack, G. F., in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XI, Lipsia 1913 (con bibl.); A. Soffici, Fattori, Roma 1921; M. Tinti, G. F., Roma-Milano 1926 (con bibl.); E. Somaré, G. F., in Storia dei pittori italiani dell'Ottocento, Milano 1928, II, pp. 151-160 (con bibliografia); U. Ojetti, La pittura ital. dell'Ottocento, Milano-Roma 1929, pp. 32-33 e 63; id., Tintoretto, Canova, Fattori, Milano 1928.