FASSI VICINI, Giovanni
Nacque a Carpi (prov. di Modena) il 9 dic. 1748, da Gianfrancesco Fassi, patrizio di quella città, e da Giulia Tirelli.
La famiglia, anticamente denominata Del Conte, aveva avuto qualche personaggio degno di memoria, come un Francesco Fassi che nel 1523 era stato attivo nelle complesse vicende che portarono Alberto Pio di Savoia alla perdita del principato, o un Guido Fassi, nello stesso secolo valente architetto e meccanico; ma al tempo della nascita del F. era ormai economicamente assai decaduta.
Egli ricevette la prima educazione nelle scuole dei gesuiti, con tale profitto che a dodici anni non ancora compiuti, già completato il corso di umane lettere, venne promosso a quello di filosofia sotto la guida del padre L. Tornini da Carpi, minore osservante, autore di un Catalogo degli scrittori carpigiani e di altre opere erudite. Anche in questa fase di studi si dimostrò brillante, tanto da poter nel 1762, a soli quattordici anni. sostenere pubblicamente, nella chiesa del convento di S. Nicolò, quarantatrè tesi di logica e di metafisica. Poiché le scuole di Carpi non potevano offrire più nulla al giovanissimo F., né i genitori, in difficoltà finanziarie, erano in grado di mantenerlo agli studi fuori dalla patria, intervenne un cugino sacerdote, Giovanni Vicini, che si assunse gli oneri della sua istruzione. Così il F. poté trasferirsi a Reggio Emilia, dove si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di quell'università. Ma tale scelta, fatta obtorto collo solo per compiacere il suo benefattore, e una malattia lo spinsero nel 1766, ormai superati tutti gli esami ed a pochi giorni dalla laurea, ad abbandonare questi studi. Forse contribuì a ciò anche l'amore per una giovinetta di Reggio, Teresa Ferrari, dapprima contrastato dal Vicini, che però poi finirà per acconsentire, tanto da facilitare il matrimonio con la cessione di una parte dei suoi beni e la nomina del F. ad erede universale, alla sola condizione che aggiungesse al proprio il cognome Vicini, il che sarà sancito ufficialmente nel 1771.
Fin dalla primissima giovinezza il F. aveva dedicato gran parte del suo tempo agli esercizi letterari, e particolarmente alla poesia, nei limiti e con le forme che le mode del tempo generalmente comportavano, ossia per il tramite delle accademie.
Il F. ricoprì alcune cariche pubbliche cittadine. Entrato a far parte dal 1780 del Consiglio civico, fu nominato provvisore ordinario e divenne membro della commissione per le Acque, strade e alloggi e di quella alle Opere pie. Nel 1791 fu eletto presidente del teatro Comunale e nel 1795 ebbe la presidenza del civico ospedale degli infermi, a cui rinunciò - per motivi politici - il 6 febbr. 1797, adducendo come pretesto la malferma salute. Egli cercò, infatti, dopo la caduta del Ducato estense e la formazione delle Repubbliche Cispadana e, poi, Cisalpina, di sottrarsi ad ogni impegno pubblico, in quanto di principi strettamente legittimisti e conservatori, come documentano alcune sue composizioni poetiche; la più nota tra queste è il sonetto All'ombra fatale dell'empio Voltaire (1791), di contenuto antilluminista e controrivoluzionario, che ebbe una vasta diffusione manoscritta (una copia nella Bibl. Carducciana di Bologna, ms. 11, p. 61) e fu parodiato poi da un anonimo (cfr. Giornale repubblicano di pubblica istruzione, 25 nov. 1796, n. 12). Ma il 26 sett. 1797, dopo aver per due volte opposto un rifiuto, fu costretto da un'ingiunzione del ministro dell'Interno ad entrare nel Corpo municipale di Carpi.
Gli ultimi mesi di vita del F. furono amareggiati dalla perdita di due dei figli e dalla coscrizione obbligatoria di altri due, oltre che da gravi malanni fisici., tra cui la quasi totale perdita della vista, tanto che per scrivere dovette ricorrere all'aiuto di un amanuense.
Sorretto solo da un vivissimo sentimento religioso e dalla devozione a Ercole III esule a Venezia, il F. morì a Carpi il 21 dicembre (secondo alcune fonti il 23) 1797, all'età di soli quarantanove anni.
Egli non aveva fatto in tempo a pubblicare, come aveva in animo, una raccolta della sua abbondantissima produzione letteraria. Pertanto le pubblicazioni in vita furono poco numerose e tali da procurargli una fama che non superò di molto la ristretta cerchia dei letterati carpigiani: Coreso e Calliroe, cantata (s.n.t.), musicata dall'abate A. M. Fontana; Cantata a tre voci per la solenne consacrazione di mons. Benincasa (Carpi 1780), anch'essa musicata dal Fontana; All'incredula Filosofia, Canzone, in Raccolta per il padre L. Rondinetti, predicatore in Carpi nella Quaresima del 1785 (ibid. 1785); In morte dell'impareggiabile cavaliere conte Angiolo Gavardi carpigiano, sette sonetti... (Modena 1786); Elegie latine del padre Pompilio Pozzetti delle scuole pie recate in versi italiani... (ibid. 1790); Lettera biografica del padre Pozzetti, cui vanno unite alcune rime... in onore del sig. abate Gioachino Gabardi (Carpi 1792).
Tre anni dopo la morte del F. gli amici P. Bombardi, l'abate Biasini e P. Pozzetti dovettero rinunciare per mancanza di fondi al tentativo di pubblicare i molti suoi inediti. Soltanto dopo la Restaurazione e l'insediamento del governo austro-estense un gruppo di estimatori del F., guidato da G. Franciosi, pubblicò gran parte della sua produzione poetica: Poesie scelte di G. Fassi Vicini da Carpi (Modena 1820), precedute anche da un Elogio di G. Fassi Vicini, dello stesso Franciosi (PP. 3-17). In seguito venne data alle stampe un'inedita canzone Per Messa nuova (in Notizie biografiche in continuazione..., V, pp. 87 ss.).
Dei molti manoscritti rimasti inediti si ricordano un Pigmalione, traduzione in versi della scena lirica di J.-J. Rousseau; il primo atto de I litiganti, commedia in versi martelliani; molte traduzioni da Ovidio e da Tibullo; uno sterminato numero di brindisi, scherzi, satire antifrancesi, odi e sonetti. Nel secolo scorso questi erano in gran parte in possesso di F. Franciosi (il quale ne donò copia alla locale Commissione di storia patria e belle arti), mentre altri erano conservati presso il conte F. Ferrari Moreni e presso il conte G. Bonasi; oggi risultano irreperibili.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca dell'Archiginnasio, mss. vari dei secc. XVI-XIX, cart- 73; Ibid., Biblioteca Carducciana, cod. cartaceo in folio n. 11, p. 61 (Sonetti del Sig. Gio. Fassi Vicini accademico ducale); Benedello, Raccolta di Ca' d'Orsolino, 544, p. 69 (Poesie varie, le più riguardanti la provincia di Modena). Sul F., oltre all'Elogio di G. Franciosi, citato nel testo, si veda: Novelle letterarie pubblicate in Firenze, n.s., XXI (1790), coll. 436 s. (critica della traduzione in versi delle Elegie latine del padre P. Pozzetti...); Notizie biogr. in continuazione della Biblioteca modenese del cavalier abate Girolamo Tiraboschi, a cura di L. Cagnoli, V, Reggio Emilia 1837, pp. 77 ss.; A. Sammarini, Bibliografia d'autori carpigiani, in Mem. stor. e documenti sulla città e sull'antico principato di Carpi, II, Carpi 1880, pp. 84 ss.; Paolo Guaitoli, Biblioteca storica carpigiana, pubblicata postuma da Policarpo Guaitoli, in Ricordanze patrie, miscellanea di notizie carpigiane, I, Carpi 1882, p. 341.