GAETA, Giovanni Ermete (noto come E.A. Mario)
Nacque a Napoli il 5 maggio 1884 da Michele, barbiere, e da Maria della Monica. Le precarie condizioni economiche della famiglia non gli consentirono di seguire un regolare corso di studi e ancora fanciullo fu garzone nella bottega del padre. Nello stesso periodo cominciò da autodidatta a suonare il mandolino e ad apprendere le più elementari nozioni di teoria musicale. Dal 1902 collaborò con il giornale Il Lavoro di Genova, diretto da A. Sacheri, firmando i suoi elzeviri in terza pagina, con lo pseudonimo Hermes, da Ermete, suo secondo nome: in occasione del centenario della nascita di Giuseppe Mazzini, scrisse il poemetto in novenari Canzone di Mazzini (Genova 1905). Frattanto, affascinato dalla poesia di S. Di Giacomo, aveva iniziato a scrivere in dialetto napoletano, rivelando un talento musicale e letterario profondamente versatile.
Non ancora ventenne, vinto un concorso nell'amministrazione statale delle Poste e telegrafi, fu destinato a Bergamo, ove conobbe una giornalista di origine polacca, Marie Clinazovitz, direttrice della rivista letteraria Il Ventesimo (si firmava con lo pseudonimo di Mario Clarvy), che lo chiamò a collaborare con brevi articoli, poesie e saggi critici.
A questa esperienza giornalistica risale la decisione di assumere lo pseudonimo di E. (da Ermete) A. (dal nome di Sacheri, Alessandro) Mario (dallo pseudonimo della direttrice del Ventesimo).
Trasferito a Napoli nel 1903, conobbe il compositore R. Segrè, che gli affidò l'incarico di scrivere un testo poetico che lui stesso avrebbe musicato, la canzone Cara mammà (1904), pubblicata a Milano presso Ricordi e portata al successo da Emilia Penco al teatro Eden di Napoli: fu uno dei suoi primi successi come autore di testi. Nacquero poi A Mergellina (mus. di Segrè, 1905), Ammore 'e femmena (mus. di E. Nardella, 1908), Strofette allegre (mus. di G. Lama, 1910), Ronda di notte, portate al successo da A. Gill, che per anni fu l'interprete più autorevole delle sue canzoni.
Quando nel 1911 giunse a Napoli il rappresentante della casa discografica Poliphon Musikwerke di Lipsia, Max Weber, allo scopo di fondare una casa editrice che radunasse i migliori musicisti e poeti napoletani, il G. - che dai suoi colleghi era considerato anomalo per la lacunosa preparazione musicale che lo costringeva a dettare le sue canzoni a un compositore, accompagnandosi a orecchio con la chitarra o con il mandolino - fu escluso dalla rosa dei partecipanti. Un fortuito incontro con l'editore F. Bideri, danneggiato dall'iniziativa della potente casa discografica tedesca, segnò l'inizio della fortuna del G. che, scritturato dall'editore napoletano, conobbe un immediato e insperato successo con Comme se canta a Napule (1911): interpretata da G. Pasquariello, fu la prima canzone di cui il G. compose anche la musica.
Nel 1912 Elvira Donnarumma fu la brillante interprete di Canzone napulitana, cui fecero seguito Funtana all'ombra, Io 'na chitarra e 'a luna (1913) e la Canzone 'e Santa Lucia, tutte pubblicate dal Bideri, con cui i rapporti di collaborazione si protrassero sino al 1916, allorché il G. fondò la casa editrice E.A. Mario, il cui esordio ebbe luogo con la Piedigrotta del 1916. Frattanto nella Piedigrotta bideriana del 1915 il G. si unì al coro patriottico componendo l'antiaustriaca Serenata all'imperatore. Sono di questi anni molte canzoni che fecero la fortuna di interpreti come Elvira Donnarumma, Pasquariello, Gabré, G. Franzi, Gilda Mignonette, Gina De Chamery, oltre alla già famosa Anna Fougez. Nella sua prima Piedigrotta, oltre alle canzoni, pubblicò anche testi teatrali, tra cui un atto unico dal titolo 'A maestra d'e creature, dedicato a Dina Galli, il lavoro dialettale 'E rrose e un'operetta musicata da E. Bellini, Sua Maestà, rappresentata a Napoli il 30 maggio 1915. Nello stesso periodo ospitò nella sua casa ai Ponti Rossi un amico pittore in difficoltà, ignorando che questi era schedato come anarchico; per questa ragione fu accusato di correità e schedato a sua volta come "pericoloso sovversivo".
Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, pur essendo stato esonerato dal servizio militare per motivi di famiglia, volle ugualmente dare il suo contributo e ottenne dalla direzione delle Poste l'autorizzazione a viaggiare nelle unità ambulanti postali addette al trasporto della posta in prima linea. Nacquero allora le canzoni Patria, Marcia 'e notte e Canzone di trincea (1916), quindi nel 1917 il poemetto 'A morte ispirato agli orrori della guerra e, nel giugno 1918, la celeberrima Leggenda del Piave, che interpretata dal cantante E. Demma, divenne subito popolarissima. Il generale A. Diaz inviò un telegramma di congratulazioni al G., che presentò poi ufficialmente la canzone al teatro Rossini di Napoli.
Il 1919 segnò un'ulteriore tappa importante nella carriera del G., che nell'edizione di Piedigrotta presentò nuovi successi, quali Le rose rosse, 'A legge, Vipera, Tarantellona e Santa Lucia luntana; in questa occasione Eduardo Scarpetta gli presentò Adelina Gaglianone, che il 21 novembre dello stesso anno divenne sua moglie.
Nel 1921 per l'inaugurazione del monumento al milite ignoto in Roma fu eseguita la Leggenda del Piave; in quell'occasione fu invitato al Quirinale e gli furono conferite le insegne di commendatore della Corona d'Italia.
Nonostante i riconoscimenti e i successi conseguiti, il G. non raggiunse la tranquillità economica e anzi nel 1921 fu licenziato dall'amministrazione delle Poste poiché la sua attività di musicista fu ritenuta incompatibile con l'ufficio; inoltre la Leggenda del Piave non fu mai compresa nei bollettini della SIAE perché considerata da questa inno nazionale e quindi proprietà dello Stato, anche se in realtà non fu mai dichiarata tale. Di qui una causa ventennale intentata dal G. alla SIAE senza risultato. Nel 1922 il G. si recò a New York per tutelare i diritti di alcune sue canzoni presentate sotto falsa paternità.
Tornato a Napoli, riprese a comporre; la vena del G. sembrava non volersi esaurire e dopo Canzone appassiunata (1922), portata al successo dal Pasquariello, compose una serie di piccoli capolavori come Vide Napule, Zingara nera (1924), L'Italia (1926), Dduje paravise, Pass'a bandiera, Senza nomme (1928), Balocchi e profumi (1929), 'O pate (1931), Canzone 'mbriaca (1932), Priggiuniero 'e guerra (1933), tutte interpretate dal Pasquariello.
Intanto nel 1930, con l'avvento del cinema sonoro, iniziò per le orchestrine impegnate nel cinema muto un periodo di decadenza; con la produzione di canzoni per le colonne sonore, il G. aprì una filiale milanese della sua casa editrice napoletana, sperando di inserirsi nel nuovo filone musicale. Si trasferì poi a Varese, ma l'esperienza si rivelò negativa e nel 1933 fece ritorno a Napoli, ove, per le difficoltà economiche, chiese di essere reintegrato nell'amministrazione delle Poste; riassunto con la qualifica di avventizio postale, conservò tale posto sino alla morte. Nel 1944 compose forse il suo ultimo successo, Tammurriata nera, ispirata a un episodio di cronaca legato ai rapporti intercorsi tra donne napoletane e soldati di colore.
Negli ultimi anni cedette la sua produzione migliore all'editore milanese M. Gili della Nationalmusic. Nel 1954 gli fu conferita la cittadinanza onoraria di Belluno per la Leggenda del Piave e il 24 maggio dello stesso anno fu scoperta una targa marmorea al Borgo Marinaro di Napoli per Santa Lucia luntana alla presenza di E. De Nicola.
Il G. morì a Napoli il 24 giugno 1961.
Fonti e Bibl.: G. Frisoli, L'autore della Leggenda del Piave ha scritto un inno per la Repubblica, in La Nazione, 18 giugno 1952; G. Romei, Napoli onora il poeta di S. Lucia e del Piave, in Il Tempo, 25 maggio 1954; A. Geraldini, Come nacque un nostro inno nazionale, in Il Messaggero, 26 maggio 1954; F. Petriccione, Piccola storia della canzone napoletana, Milano 1959, ad indicem; V. Paliotti, La canzone napoletana ieri e oggi, Milano 1962, pp. 145-149, 151-156, 164, 187; D. Petrocelli, Ricordo di E.A. Mario, in Il Tempo, 25 maggio 1964; S. Di Massa, Storia della canzone napoletana dal '400 al '900, Napoli 1982, ad indicem (s.v. E.A. Mario); N. Longobardi, Poste e telegrafi hanno ispirato un inno trionfale al maestro E.A. Mario, in Il Messaggero, 17 luglio 1983; F. Nicolodi, Musica e musicisti nel ventennio fascista, Fiesole 1984, pp. 320 s.; G. Borgna, Storia della canzone italiana, Bari 1985, pp. 39, 50, 57 s., 72, 117; B. Catalano Gaeta, E.A. Mario. Leggenda e storia, Napoli 1989; A. De Angelis, Diz. dei musicisti, pp. 227 s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 42 (s.v. Mario, E.A.); Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, II, p. 614 (s.v. E.A. Mario).