TURBOLO, Giovanni Donato
– Nacque a Napoli intorno al 1570 da Bernardino e da Giovanna Rosa.
I Turbolo, mercanti di vettovaglie e prodotti tessili originari di Massalubrense (ma con un ramo in Sorrento ascritto come nobile ai seggi di Dominova e di Porta), si trasferirono a Napoli probabilmente durante il secondo quarto del XVI secolo e acquisirono per matrimonio la cittadinanza napoletana intorno al 1550; durante la seconda metà del secolo, con Bernardino, all’esercizio del commercio, in ispecie della seta, associarono quello del credito (del 1567 la costituzione del banco di Bernardino Turbolo e Giulio Comares, quest’ultimo già attivo nell’importante banco Ravaschieri di Napoli). Nel 1572, su istanza dei creditori di Ferrante di Sangro, il Sacro Regio Consiglio vendette a Bernardino per 54.000 ducati, i feudi di Ischitella e Varano (i suoi discendenti acquistarono nel 1622 il contiguo marchesato di Peschici creando un unico complesso feudale); nello stesso anno Bernardino fece testamento a favore, oltre che della moglie, dei figli Giovanni Battista e Giovanni Gerolamo; Giovanni Donato risulta aver avuto almeno una sorella e due altri fratelli maschi, Giovanni Francesco e Giovanni Bernardino (nel 1596 il primo cedette al secondo i feudi di Ischitella e Varano, sempre per 54.000 ducati da corrispondere all’ospedale degli Incurabili per onorare il legato disposto a favore di detto luogo pio dallo zio Prospero Turbolo, fratello di Bernardino, anch’egli banchiere e governatore della Santa Casa dello Spirito Santo in Napoli). Bernardino morì prima del 1575, anno nel quale la moglie fece erigere in sua memoria un monumento funebre tuttora esistente nella cappella dell’Immacolata Concezione, acquistata da Bernardino nella chiesa di S. Maria la Nova di Napoli, alla quale Gregorio XIII, nel 1576, concesse un privilegio di indulgenza.
Non sembra che Giovanni Donato ottenesse dall’eredità paterna beni o rendite feudali, ma certamente ebbe una parte dei capitali investiti in attività creditizie e commerciali giacché, come egli stesso scrive, a partire dal 1601 si dedicò al mondo degli affari, creando verso il 1603, cioè intorno ai trent’anni, con due congiunti – il cognato Francesco Citarella, appartenente a una nota famiglia di banchieri napoletani, e il cugino Pompeo Turbolo – una società commerciale, alla costituzione del cui capitale sociale partecipò con 4000 ducati, accresciuti nel 1607 a 6000; negli stessi anni, inoltre, investì 6300 ducati nell’acquisto di debito pubblico sotto forma di quote del gettito fiscale derivante da entrate dirette (donativo da riscuotersi presso le comunità della provincia di Calabria Citra) e indirette (gabelle sulla seta e sullo zafferano), in prestiti instrumentari per 5565 ducati, in investimenti immobiliari per circa 10.000 ducati, in contratti per la fornitura di grano alla città di Napoli per importi fino a 13.000 ducati. A questo patrimonio di circa 40.000 ducati si aggiungeva un capitale circolante di almeno pari entità, investito in operazioni di importazione ed esportazione di seta, lana, spezie e altri beni, nonché nell’attività di operatore di cambio. Operazioni di prestito e trasferimento di denaro mediante il pagamento di lettere di cambio sono altresì documentate per gli stessi anni con le università dell’area dei feudi di famiglia, nonché in congiunzione con le funzioni svolte dalla dogana delle Pecore di Foggia. Tutte attività che lo stesso Turbolo ebbe a definire in seguito come «negotii di pubblico banco».
Si deve probabilmente alla lunga esperienza maturata in campo creditizio la redazione della prima opera nota di Turbolo, Discorso della differenza et inegualità delle Monete del Regno di Napoli, con l’altre monete di Potentati convicini, e della causa della penuria di esse. Con l’espediente per lo aggiustamento e abbundanza sì delle monete di Regno come di forastiere. Per beneficio publico (Napoli 1616).
Con questo scritto Turbolo iniziò ad abbozzare una sua teoria monetaria che sarà via via meglio definita negli anni successivi, in primo luogo individuando chiaramente la causa del disordine monetario che affliggeva Napoli, e in particolare il fenomeno della continua svalutazione del tasso di cambio, nella continua fuoriuscita di moneta dovuta principalmente al saldo negativo della bilancia commerciale e al pagamento all’estero di rendite feudali, finanziarie e legate ai benefici ecclesiastici, che egli riteneva ammontassero a oltre 2 milioni di ducati all’anno (prudentemente però Turbolo non menziona tra le cause di questi problemi anche l’appartenenza di Napoli al complesso della Monarchia Cattolica, che comportava il trasferimento di capitali al di fuori dei confini del Regno, soprattutto in relazione al sostegno delle spese militari della Corona spagnola).
La fama procuratagli dalla pubblicazione del Discorso, che lo fece a pieno titolo entrare nel dibattito in corso a Napoli sulle questioni monetarie, unitamente alla sua esperienza pratica e certamente anche ai legami politici che intorno a essa si dovevano essere consolidati nel tempo, fece sì che nel 1617, all’interno del generale rinnovamento degli uffici del Regno che seguì la fine del mandato del viceré Pedro Fernández de Castro conte di Lemos (1610-16) e la sua sostituzione con Pedro Téllez-Girón y Guzmán duca di Osuna (1616-20), Turbolo entrasse a far parte del novero dei funzionari della Zecca di Napoli, arrivando a ricoprire la carica di credenziero maggiore della stessa istituzione; alcuni autori retrodatano il suo ingresso nella Zecca al 1607, ma è lo stesso Turbolo ad affermare nel 1629 di aver speso i precedenti dodici anni, cioè appunto dal 1617, «nel governo della Zecca» e del resto non si hanno notizie dell’attività della sua compagnia commerciale in data successiva al detto anno.
Nelle sue funzioni di governo dell’emissione della moneta, si trovò pienamente coinvolto nella crisi che si produsse pochi anni dopo l’ingresso nella Zecca, nel 1621-22, durante il governo a Napoli del viceré cardinale Antonio Zapata y Cisneros (1620-22). All’inizio della terza decade del XVII secolo si manifestò a Napoli un momento di particolare crisi finanziaria, nella quale, alle difficoltà ormai endemiche in cui si dibattevano le principali produzioni del Regno, ai crescenti oneri fiscali dovuti alla partecipazione della Monarchia Cattolica alla guerra dei Trent’anni, ai pessimi raccolti di quella stagione, si sommavano gli effetti di un decennio di continue alterazioni e svalutazioni monetarie, realizzate nel tentativo di risanare la circolazione di numerario nel Regno, ma tutte invariabilmente approdate a una crescita inarrestabile, non senza violente impennate, dei tassi di cambio delle monete straniere. Proprio per intervenire sui problemi monetari del Regno, il cardinale Zapata affidò a Fabrizio Biblia, reggente dell’ufficio di maestro di Zecca, e quindi appartenente alla stessa istituzione di Turbolo, di studiare la questione e di proporre dei rimedi; Biblia preparò una relazione, che fu poi alla base dei provvedimenti adottati dal viceré, pubblicata con il titolo Discorso sopra l’aggiustamento delle monete e cambii del Regno di Napoli (s.l. né d., ma Napoli 1621).
Dando prova di ignorare completamente il contenuto in materia di commercio internazionale del Breve trattato pubblicato da Antonio Serra a Napoli solo pochi anni prima, nel 1613, i rimedi proposti da Biblia si concentrano esclusivamente sugli aspetti tecnici del problema monetario e non sembrano tenere conto di una più ampia considerazione della situazione economica del Regno; più in particolare, dall’analisi dei fenomeni della circolazione della moneta e dalla rassegna delle opinioni di diversi gruppi di operatori interpellati, Biblia concludeva che il principale rimedio da adottare fosse quello di doversi procedere al rinnovamento della moneta circolante a Napoli. La moneta cattiva aveva infatti espulso dalla circolazione quella buona, «parte cavata dal regno, parte liquefatta dagli orefici», ed era necessario reintrodurre moneta nuova, che avrebbe dovuto essere, in quanto a bontà e peso, al pari di quella antica, ciò che si sarebbe configurato come una rivalutazione di circa il 30%, dato il livello del valore cui era giunto il circolante.
Le misure adottate dal viceré su suggerimento di Biblia si configurarono a tutti gli effetti come una rivalutazione della moneta napoletana, con un conseguente effetto deflattivo; in un primo momento i tassi di cambio delle monete straniere discesero e sul mercato tornarono ad affluire beni che da anni scarseggiavano, ma si trattò di conseguenze fugaci. Ben presto, e per gli anni a venire, gli effetti di questa misura sulla bilancia commerciale di Napoli furono disastrosi in termini sia di riduzione delle esportazioni sia di aumento delle importazioni: in poco tempo la moneta riprese a uscire massicciamente dal Regno e conseguentemente il tasso di cambio a svalutarsi. Preconizzando gli effetti deleteri che esse avrebbero avuto, Turbolo si era opposto energicamente a queste misure, sia dal punto di vista teorico, in un duro scontro con Biblia, sia dal punto di vista della loro realizzazione pratica, criticando aspramente il modo di procedere del viceré. Forse istigato dallo stesso Biblia, il cardinale Zapata lo accusò di irregolarità nello svolgimento delle sue funzioni presso la Zecca e lo fece arrestare insieme ad altri ufficiali della stessa istituzione, presumibilmente anch’essi contrari ai provvedimenti adottati dal viceré.
Turbolo affidò la contestazione dei capi d’accusa, che venivano mossi a lui e agli altri ufficiali della Zecca, a due memorie a stampa, Excepitiones Iura et Defensiones pro Io. Donato Turbolo, Credentiero Maiore Regiae Siclae Monetarum Regni Neapolis, allisq. Officialibus. Contra Regium Fiscum... (Neapoli 1623) e Nuovi carrichi dati alli Officiali della Regia Zecca carcerati. Contenuti nelle cinque ultime Relationi fatte dal Magnifico Rationale Luca Laudato, oltre le due antecedenti, con le risposte e discarrichi di essi Officiali aduerso dette Relationi e Pretendenze, et altri discarrichi dati a’ SS. della Gionta di detta Causa (Napoli 1623).
Quanto alla confutazione delle basi teoriche su cui erano state formulate le ipotesi di Biblia, Turbolo scrisse ancora nel 1623 un testo – Massime necessarie sopra le quali si deve fondare le risoluzioni ed ordini per la provisione alli disordini correnti di monete, cambj, e banchi, acciò li negozj, e contrattazioni s’incamminino alla lor giusta, conveniente, et ordinaria regola – che non fu stampato subito, ma costituì il primo nucleo della sua principale opera, che fu composta alcuni anni dopo, recuperando anche materiali di suoi precedenti scritti, e che vide la luce solo dopo il reintegro nell’ufficio alla Zecca e la sua definitiva riabilitazione. Questa coincise con la venuta a Napoli del nuovo viceré Fernando Afán de Rivera y Enríquez duca di Alcalá (1629-31), al quale non a caso Turbolo dedicò il libello encomiastico Mazzetto di fiori presentato all’Ecc.a del signor Duca d’Alcala dopo l’ingresso in questa fedelissima Città di Napoli seguito il 26 di luglio 1629 (Napoli 1629); tuttavia ancora negli anni successivi egli ebbe a lamentarsi per le conseguenze della persecuzione subita per effetto dell’opposizione alle misure monetarie adottate dal cardinale Zapata, come dimostra un libello pubblicato a Napoli nel 1632: Supplica et Memoria al Sig. Duca di Caivano segretario di S. Maestà Cattolica nel Regno di Napoli con un breuissimo racconto d’alcune sentenze di Seneca.
Nel 1629, sempre a Napoli, dette alle stampe Discorso sopra le monete del Regno di Napoli per la renouatione della lega di esse monete, ordinata ed eseguita nell’anno 1622. E degli effetti da quella preceduti. E se il cambio alto per extra Regno sia d’utile ò danno a’ Regnicoli Di Giovanni Donato Turbolo. Con diverse relationi e copie d’altri discorsi, dati fuora nell’anni 1618, 1619 et 1620 pertinenti alla medesima materia.
L’opera si struttura in sei distinte parti, composte in momenti diversi durante i dieci anni precedenti: 1. Discorso delle monete del Regno e del danno proceduto dalla riforma delle monete dell’anno 1622 e degli effetti del cambio d’extra Regno; ristretto in conclusione che sopra esso si debbia discorrere e risolvere per ciò che parerà bene, con l’opinione in che pareria l’Autore; 2. Relatione delle diverse qualità di monete battute nella Regia Zecca di questo Regno dall’anno 1442 fino all’anno 1628: lor peso, bontà, valore e mancamento; 3. Relatione della quantità, qualità e valore delle monete d’oro e d’argento, liberate in detta Zecca dall’anno 1599 per l’anno 1628; 4. Relatione delle monete d’oro di questo Regno: lor peso, bontà e valore, liberate dall’anno 1538 per l’anno predetto 1628 con relatione d’altre monete d’oro d’altri Potentati, con loro ragguagli con le nostre; 5. Copia di due Discorsi, dati sino nell’anno 1618 per la revocatione della prammatica pubblicata in detto anno, ordinante il pagamento de’ cambi e lettere di cambio con monete forastiere. Con alcuni ricordi alla margine di questi tempi; 6. Copia di dui altri Discorsi dati fino nell’anno 1619 e 1620 sopra le monete del Regno, cambio extra Regno, et altri particolari concernenti quella materia. Con altre postille alla margine di questo tempo (talora le parti 5 e 6 sono riportate e citate insieme con il titolo Copia di quattro Discorsi, cioè due sopra la Prammatica de Cambj e valutazione di monete forastiere, dati fuora nell’anno 1618, ad istanza del Sig. Consigliero et Avvocato Fiscale Fabbio Capece Galeota, all’hora pro Presidente e pro Avvocato Fiscale della Regia Camera della Summaria et del quondam Romano Lubrano. Et due altri dati a S. S. della Giunta delle monete nell’anno 1619 et 1620. In quest’anno 1629 copiati, e con notationi alla margine, affinché si veda, che in quell’anni ricordano alcuni punti importantissimi, per euitar danni poi seguiti).
Di avviso radicalmente diverso rispetto a Biblia, Turbolo ricordava come sin dal 1618 egli avesse rilevato l’inutilità di ogni tentativo di regolazione del cambio e come la fuoriuscita di moneta fosse inevitabile a fronte di una così grande esposizione con l’estero; allo stesso tempo, però, egli notava che negli anni precedenti il 1621 nel Regno aveva prevalso la prosperità e, pur essendo cresciuti i cambi, si esportavano in grandi quantità sete, zafferani, grani, vini e altre merci, assicurando così all’erario il gettito delle entrate delle dogane, mentre con la rivalutazione della moneta le esportazioni erano drasticamente diminuite e i prezzi sui mercati interni si erano ridotti, con grave pregiudizio della prosperità del Regno. Turbolo, funzionario della Zecca di Napoli come Biblia, ma rispetto a questo anche esponente di una famiglia di mercanti e banchieri e fondatore di una propria compagnia commerciale, inclinava per un cambio debole e lasciato libero di fluttuare, nella convinzione che la moneta napoletana fosse sopravvalutata, non essendosi adeguata ai nuovi valori dell’argento, come invece avevano fatto le monete degli altri Stati. Rivelando così un orientamento mercantilista, dimostrava di essere assai prossimo a Serra nell’aver colto il legame esistente tra la politica monetaria e la realtà economica alla quale essa doveva essere applicata.
Non si hanno sue notizie successivamente alla pubblicazione della già ricordata Supplica del 1632 e si deve pertanto ritenere che la data della sua morte sia stata di poco posteriore.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Notamenti del Collaterale, b. I, c. 2; Simancas, Archivo general, Secretarias provinciales, Nápoles, b. 235; Visitas de Italia, b. 17, cc. 28-29.
Per i giudizi dei contemporanei su Turbolo e su altri membri della sua famiglia si vedano tra l’altro G.C. Capaccio, Il secretario, Napoli, Gio. Battista Cappello, 1594, l. II, p. 243; Id., Historia Neapolitana, Neapoli 1607, l. II, cap. 4, p. 417; N. Toppi, Biblioteca napoletana et apparato a gli huomini illustri in lettere di Napoli..., Napoli 1678, p. 16. Sulle prime edizioni moderne delle opere di Turbolo si veda: F. Argelati, Tractatus de monetis Italiae, IV, Mediolani 1759, pp. 95-113; Scrittori classici italiani di economia politica. Parte antica, a cura di P. Custodi, I, Milano 1803, pp. 181-300; T. Fornari, Delle teorie economiche delle provincie napoletane dal MDCCXXXV al MDCCCXXX. Studi storici, I, Milano 1882, pp. 350 s.; L. Cossa, Saggio di bibliografia delle opere economiche italiane sulla moneta e sul credito anteriori al 1849, in Giornale degli economisti, s. 2, III (1892), 5, pp. 25-56; R. Filangieri di Candida, Storia di Massa Lubrense, Napoli 1910, passim; A. Silvestri, Sui banchieri pubblici napoletani dall’avvento di Filippo II al trono alla costituzione del monopolio, in Bollettino dell’Archivio storico del Banco di Napoli, 1951, n. 3, pp. 1-35; Id., Sui banchieri pubblici nella città di Napoli dalla costituzione del monopolio alla fine dei banchi dei mercanti, ibid., n. 4, pp. 1-24; G. Coniglio, Il viceregno di Napoli nel sec. XVII. Notizie sulla vita commerciale e finanziaria secondo nuove ricerche negli archivi italiani e spagnoli, Roma 1955, pp. 36, 122, 312; L. De Rosa, I cambi esteri del regno di Napoli dal 1591 al 1707, Napoli 1955, pp. 1-63; Id., Nota in margine a G.D. T., in Studi economici, maggio-giugno 1956, n. 3, pp. 280-282; R. Colapietra, Problemi monetari negli scrittori napoletani del Seicento, Roma 1973, pp. 297-377; L. De Rosa, Il Mezzogiorno spagnolo tra crescita e decadenza, Milano 1987, pp. 110-128; G. Coniglio, Declino del Viceregno di Napoli (1599 - 1689), I-II, Napoli 1990, I, pp. 39 s., II, p. 802; Il Mezzogiorno agli inizi del Seicento, a cura di L. De Rosa, Bari-Roma 1994, pp. 235-315; Repertorio bio-bibliografico degli scrittori di economia in Campania, I, a cura di L. Costabile - R. Patalano, Napoli 2000, pp. 541 s.; T.M. Rauzino, L’Università di Ischitella e i baroni Turbolo, in Ischitella e il Varano dai primi insediamenti agli ultimi feudatari, a cura di T.M. Rauzino - G. Laganella, Vasto 2003, pp. 59-64; Antonio Serra and the economics of good government, a cura di R. Patalano - S. Reinert, London 2016, pp. 166-169, 181-183.