MONTORFANO, Giovanni Donato
MONTORFANO, Giovanni Donato. – Figlio del pittore Alberto, fu attivo a Milano tra i gli ultimi due decenni del XV secolo e l’inizio del secolo successivo.
Si formò verosimilmente a Milano nell’ambito della bottega paterna, «nel momento del passaggio dalla tradizione tardo-gotica e del rinnovamento della pittura lombarda, sulla scorta delle novità che venivano da Padova e da Ferrara » (Frattini, 1990, p. 2320). Le prime attestazioni biografiche certe risalgono al 1491: in quell’anno «Magister Donatus de Montorfano filius quondam domini Alberti» risulta infatti partecipare a una riunione della Scuola di S. Luca (Sartori, 1993, p. 465; Buganza, 1998, p. 200); il 10 gennaio di quello stesso anno fu pagato per alcuni lavori realizzati nella chiesa di S. Maria della Rosa: nei Libri mastri furono infatti registrati i versamenti «a Mro Donato de Montorfano per la pentura facta circa la Rosa Li[re] 19. Item per la pentura del Rosario facta per lo suprascripto computato il colore, videlizet Li[re] 80» (Albuzzi, 1775-76, p. 32; Buganza, 1998, p. 200). Provengono da questo edificio, da dove furono rimossi nel 1831, quattro affreschi raffiguranti S. Margherita d’Ungheria (?), S. Caterina da Siena, il Beato Bartolomeo da Breganze e S. Antonino (?) (Milano, Pinacoteca Ambrosiana), inseriti con certezza dalla maggior parte della critica nello scarno catalogo del pittore (Buganza, 2005, pp. 220-225 nn. 80-83). Per Frattini (1990, pp. 2321 s.) sono ascrivibili a Giovanni Donato le sole raffigurazioni femminili, mentre nel contempo risulta avanzata una più generica attribuzione delle quattro immagini a un ignoto pittore lombardo attivo tra le fine del XV secolo e l’inizio del Cinquecento (Rossi - Rovetta, 1997, pp. 292 s.). È stato proposto di riferire alla fase giovanile di Montorfano un affresco con il Padre Eterno e angeli adoranti e musicanti collocato sulla volta della sacrestia della chiesa di S. Maria delle Grazie, suggerimento non accettato da alcuni studiosi (Mulazzani, 1998, p. 177), ma invece ritenuto non del tutto errato da Frattini (1990, pp. 2320 s.), il quale propone per la composizione una data all’interno dell’ottavo decennio del XV secolo, tenendo conto di alcune relazioni stilistiche con la monumentale Crocifissione presente nel refettorio.
Ascritti dalla maggior parte degli studiosi alla produzione di Montorfano, coadiuvato da alcuni collaboratori, sono gli affreschi che ornano la cappella di S. Antonio Abate nella chiesa di S. Pietro in Gessate, composizioni per le quali è stata ipotizzata una datazione all’inizio del nono decennio del XV secolo (Frattini, 1990, p. 2321). Secondo quanto ricostruito dalla critica, la cappella, concessa nel 1464 a Mariotto Obiano e alla moglie Antonia Michelotti, venne decorata dopo la morte di entrambi i committenti probabilmente sotto il controllo dei monaci stessi, i quali intervennero in modo sostanziale anche nella definizione dei soggetti dedicati alla vita di S. Antonio Abate, accompagnati da numerose raffigurazioni di santi benedettini e dei Padri della Chiesa (Frattini, 1986, pp. 68-79; Buganza, 1998, p. 201).
Completa la decorazione della cappella la pala d’altare (Pala Obiano) realizzata su tela e raffigurante nella parte centrale la Madonna in trono col Bambino e angelo musicante, i ss. Benedetto e Antonio Abate con i donatori e in quella superiore il Cristo passo sul sepolcro tra due angeli affiancato dai S. Sebastiano e un angelo e S. Rocco e un angelo (Buganza, 1998, p. 201) L’opera, verosimilmente databile in prossimità del 1485 per la presenza dei santi Sebastiano e Rocco, collegabile all’epidemia di peste che si propagò nella città di Milano proprio in quell’anno (Frattini, 1990, p. 2321; Buganza, 1998, p. 201), venne accostata al nome di Giovanni Donato da Montorfano nel 1958 (Mazzini, 1958, pp. 117 s. n. 358), suggerimento che non ha trovato però nei decenni seguenti un consenso unanime (cfr. Buganza, 1998, p. 201).
Sono considerati un «punto di collegamento tra il ciclo antoniano e la Crocifissione » (Frattini, 1990, p. 2321), con una datazione tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dell’ultimo decennio del Quattrocento, gli affreschi frammentari con l’Adorazione dei magi e due Angeli collocati sulla parete principale della cappella intitolata alla Vergine ubicata nella chiesa di S. Pietro in Gessate, luogo di culto nei confronti del quale Montorfano ebbe, con probabilità, un rapporto particolarmente stretto e continuo, in quanto il fratello Vincenzo risulta documentato nell’ambito della comunità benedettina tra 1486 e il 1501 (Frattini, 1986, p. 77; 1990, p. 2321).
Datata e firmata «1495/Io[hannes]. Donatus/ Montorfanus p[inxit].» è la Crocifissione affrescata dal pittore sulla parete meridionale del refettorio della chiesa di S. Maria delle Grazie, opera che costituisce l’unica testimonianza figurativa certa intorno alla quale è stata ricostruita nel corso degli anni la produzione dell’artista milanese.
Come ricordato dalle fonti «Donato Mont’Orfano dipinse quella Gerusalemme e Crucifissione di Cristo Salvatore che si trova in capo del refettorio e le figure che sono nel secondo claustro detto il grande, cioè sopra le porte del lui transito» (cfr. Malaguzzi Valeri, 1907, p. 167). Il grande affresco mostra la presenza di un linguaggio ancora pienamente radicato agli esiti pittorici di derivazione foppesca dei primi anni Ottanta del XV secolo, a fianco dei quali convivono accenni al fare di Bramante e degli altri protagonisti della pittura milanese dell’inizio dell’ultimo decennio del Quattrocento, da Bergognone sino a «una lontana eco delle novità della pittura di Leonardo» (Buganza, 1998, p. 215). Nell’opera sono collocati alle due estremità del lato inferiore i ritratti dei duchi di Milano Ludovico e Beatrice con i figli Massimiliano e Francesco, dipinti a secco successivamente all’intervento del pittore nel 1495. Tali raffigurazioni sono ascritte a Leonardo da Vinci basandosi su dettagli tecnici e fonti storiche (cfr. Marani, 1989, pp. 90-93 n. 17; 1998, p. 215). A Montorfano sono stati riferiti gli elementi decorativi con festoni e oculi che racchiudono busti di santi o beati domenicani visibili sulle pareti del refettorio stesso (Martelli,1980, p. 61; Frattini, 1990, p. 2322; Mulazzani, 1998, pp. 180 s.).
Frattini (1986, pp. 73, 77; 1990, p. 2320) ha dimostrato che il testamento redatto il 31 luglio 1504 in cui un Giovanni Donato Montorfano attesta di essere sposato dal 1462 e di aver interrotto la propria attività nel 1497 per l’insorgere di una malattia non può essere riferito all’omonimo pittore, come è stato fatto in passato. Deve pertanto cadere il termine del 1497 precedentemente adottato come limite ante quem dell’attività del maestro, per il quale si era pensato a una data di nascita intorno al 1440 (Sartori, 1993, p. 465).
Nell’ultimo decennio del XV secolo sono stati collocati gli affreschi con le Storie di s. Caterina d’Alessandria e di s. Caterina da Siena realizzati nella cappella di Francesco Bolla collocata nella chiesa milanese di S. Maria delle Grazie. Le composizioni, ascritte da Mulazzani (1983, pp. 119- 122; 1998, pp. 202-207) a Cristoforo de’ Mottis, sono invece considerate dalla maggior parte della critica esempi maturi dell’attività di Montorfano (Frattini, 1990, p. 2322; Buganza, 1998, pp. 209-210). Alla fase più estrema dell’attività del pittore viene anche inserita la decorazione con Episodi della vita di Giovanni Battista della cappella dedicata al Precursore nella chiesa di S. Pietro in Gessate, lavori realizzati su commissione di Cristoforo da Bollate e avviati dopo il 1497 (Frattini, 1983, p. 33; 1990, p. 2323; Sartori, 1993, p. 466; Buganza, 1998, p. 201).
È stato accostato inoltre alla produzione di Montorfano un affresco raffigurante la Madonna in trono col Bambino tra s. Giovanni Battista, s. Antonio Abate, un santo francescano e donatrice (Milano, Civiche Raccolte d’arte del Castello Sforzesco) in origine conservato nella chiesa di S. Protaso ad Monachos (Gnaccolini, 1997, pp. 179 s. n. 95).
Morì probabilmente a Milano all’inizio del XVI secolo.
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