DOLCI, Giovanni (Giovannino)
Figlio di Pietro di Domenico detto Rasci (Müntz, I, 1878, p. 241), fiorentino di nascita, si stabilì a Roma forse già durante il pontificato di Niccolò V (1447-55; Müntz, 1879, p. 349). Non si sa quando vi impiantasse la bottega di legnaiolo: nel 1458 fornì per la prima volta un cassone intarsiato alla corte pontificia di Pio II (Müntz, I, 1878, p. 240). Era anche imprenditore: nel 1460 fu infatti pagato per aver compiuto, assistito da operai alle sue dipendenze, alcuni lavori non meglio specificati nel palazzo apostolico a Roma (ibid., I, p. 275). Da questa data il suo nome ricorre di frequente nei conti papali, soprattutto durante il pontificato di Paolo II (1464-71). Realizzò, sempre a Roma, lavori di falegnameria: nel 1461 le porte per il palazzo Vaticano (ibid., I, p. 276); nel 1463 cassoni intarsiati (Müntz-Fabre, 1887); nel 1467 soffitti per il palazzo Vaticano e per quello di S. Marco (Müntz, I, 1878, p. 271), oltre a diversi lavori di carpenteria. Sorvegliò inoltre il restauro della torre campanaria della basilica di S. Pietro (ibid., II, 1879, p. 75) e partecipò ai lavori al palazzo di S. Marco, al Viridarium e alla basilica di S. Marco (ibid., II, pp. 62, 65, 70, 72, 75; Gnoli, 1901) e alla basilica dei Ss. Apostoli (Zocca, 1959).
Nei documenti il nome del D. risulta accompagnato dalla qualifica di "faber lignarius" o semplicemente "lignarius", che non esclude una sua attività di architetto, né testimonia con certezza un suo lavoro da imprenditore. I documenti relativi al palazzo di S. Marco tramandano, oltre a quello del D., i nomi di altri artefici (tra cui Meo del Caprino, Iacopo e Lorenzo da Pietrasanta e il giovane Giuliano da Sangallo), senza che ad alcuno di loro sia possibile attribuire con sicurezza la realizzazione di una parte specifica.
I documenti relativi alla basilica dei Ss. Apostoli sono più precisi nell'indicare il nome del D. a proposito dei lavori alla tribuna. L'abside di questa chiesa è stata ricostruita nel 1700; tuttavia un affresco della Biblioteca Vaticana del 1588, raffigurante la Proclamazione di s. Bonaventuraa dottore della Chiesa, avvenuta in questa basilica, ne tramanda l'aspetto originario. Vi compaiono bifore di carattere espressamente toscano (Zocca, 1959, p. 43), affini a quelle dell'altana di palazzo Venezia, a quelle della rocca di Bracciano, nonché alle bifore di S. Spirito (realizzata tra il 1474 e il 1482, quest'opera di incerta attribuzione viene avvicinata al D. dal Tomei, 1942, p. 150).
II portico sul prospetto della basilica dei Ss. Apostoli presenta un doppio ordine di arcate: quelle del primo ordine sono sorrette da pilastri ottagonali, quelle del secondo ordine da colonne con capitelli ionici. Esso costituisce un motivo strettamente analogo a quello del portico del giardino di S. Marco (dove sappiamo che il D. fu attivo), adattato sulla facciata di una chiesa (Tomei, 1942, p. 157; Santilli, 1925; Zocca, 1959, p. 43). La concomitanza di questi elementi può indurre ad individuare l'opera del D. ed a distinguerla da quella di Baccio Pontelli, cui è stata tradizionalmente attribuita la chiesa in base alle indicazioni di G. Vasari (Le vite ... [1568], a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, p. 653).
I documenti provano con certezza che il D. partecipò alla costruzione della cappella Sistina: dal 1471 svolgeva l'incarico di soprintendente alla fabbrica del palazzo apostolico (Müntz, 1879, p. 350) e in tale veste minutò il contratto con i pittori incaricati della prima parte della decorazione della cappella (Gnoli, 1893, p. 128). Nel 1482 partecipò con altri al lodo arbitrale che valutò i quadri compiuti (Steinmann, 1901, p. 634; Canuti, 1931; Pastor, 1961, p. 659).
Il Müntz (II, 1879, pp. 348 s.; III, 1882, p. 137) ritenne che il D. fosse anche l'architetto della cappella, in base ad un atto di pagamento del 1486 a favore di Cristoforo Dolci, figlio ed erede del D., rimasto creditore di una considerevole somma guadagnata dal padre (1.500 fiorini) per lavori svolti nella cappella, in altre parti del palazzo e alla fortezza di Civitavecchia. L'ipotesi fu accettata dallo Steinmann (1901, pp. 125-133), il quale individuò anche il ritratto del D., effigiato sulle pareti della cappella da Pietro Perugino nel gruppo degli astanti alla Consegna delle chiavi: l'uomo all'estrema destra che reca in mano la squadra. In seguito il D. è stato ritenuto l'architetto della cappella da diversi studiosi (C. Tolnay, Michelangelo, Princeton 1949, p. 7, B. Nogara, Tesori d'arte in Vaticano, Bergamo 1950, p. 101; M. Pittaluga, La cappella Sistina, Roma 1953, p. 3), sebbene il Lavagnino (1924) avesse notato che i documenti non qualificano il D. come "architectus" ed avesse indicato in Baccio Pontelli il probabile autore del disegno della cappella; sembra infatti probabile, come ritengono alcuni (Tomei, 1942, p. 159; Ettlinger, 1965; Redig De Campos, 1965; R. Salvini, La cappella Sistina in Vaticano, Milano 1966, p. 124), che il D. abbia compiuto questa opera secondo il pensiero di un altro maestro. La cappella Sistina si configura come un'aula rettangolare, coperta da un'unica grande volta: le ponderate strutture spaziali costituiscono la particolarità di questo ambiente ottenuto con la massima semplicità. Sembrerebbe perciò trasparirvi la "forza costruttiva" (G. De Fiore, Baccio Pontelli, architetto fiorentino, Roma 1963) evidente in molte delle opere di Baccio Pontelli. A questo proposito il Redig De Canipos (1965) ha riconosciuto il ritratto di B. Pontelli nel medesimo gruppo di astanti alla Consegna delle chiavi, l'uomo con il berretto in testa ed il compasso in mano, di fronte al D., a testimonianza della collaborazione dei due all'opera: il D., costruendo la cappella, avrebbe adattato il disegno di B. Pontelli, curandone gli aspetti tecnici. Tale forma di collaborazione era abbastanza frequente: infatti, se da un lato l'opera di L. B. Alberti aveva definito il ruolo dell'architetto come progettista, dall'altro molti architetti si formavano ancora nella pratica del cantiere, collaborando come artigiani nelle botteghe.
Il D. dimostrò la sua abilità costruttiva e tecnica anche per quanto concerne l'architettura militare. Dal 1476 fu impegnato al ripristino del castello di Ronciglione in qualità di "architectus", come in quest'unica circostanza specificano i documenti (Müntz, III, 1882, pp. 226 s.; Id., 1879, pp. 348 s.). I lavori di questa fortezza non erano ancora ultimati nel 1480, poiché acquistò una casa nelle vicinanze (ibid.).
Il castello, tuttora esistente, viene comunemente detto i "Torrioni" per le sue poderose torri cilindriche, tipologia che si diffuse nel Lazio dopo l'esempio della rocca Pia di Tivoli (1461), e vi perdurò anche dopo che in altre regioni le torri più basse avevano dimostrato maggiore funzionalità. Le torri non costituiscono quindi un argomento probante per riconoscere l'opera del D. anche nel castello Odescalchi di Bracciano, come parve ad R. Erculei (La rocca di Bracciano, in Arte decorativa e industriale, V [1896], p. 72), in uno studio che è stato poi trascurato.
Nel 1481 Sisto IV dava al D. l'incarico per il ripristino del porto di Civitavecchia (Müntz, III, 1882, pp. 217 s.; Id., 1879, p. 350). Fu infatti nominato commissario per tutti i lavori che dovevano essere intrapresi in questa città: fu autorizzato a richiedere lavoranti ai Comuni limitrofi, e, nel caso, ad infliggere multe. Gli fu consegnata la rocca (che egli doveva abbattere per poi ricostruirla), e ne divenne temporaneamente il castellano (Frangipani, 1761).
Dal momento che il Pontelli ispezionò la rocca nel 1483 (G. Milanesi in G. Vasari, La Vite..., II, Firenze 1878, p. 661) e ne divenne il soprastante (Frangipani, 1761), è difficile stabilire se il D. condusse i lavori seguendo i piani di Pontelli, secondo la collaborazione già sperimentata a proposito della cappella Sistina. Al D. spettò, comunque, un incarico delicato e di fiducia.
Sebbene spesso lontano da Roma, il D. non lasciò la sua bottega, che era evidentemente in grado di provvedere alle opere anche senza la sua continua supervisione: nel 1476 fornì vari arredi ed un armadio intarsiato per il palazzo apostolico, e dal 1477 al 1481 provvide all'intera fornitura per la Biblioteca di Sisto IV, coadiuvato dal fratello Marco (Müntz, III, 1882, p. 71). Non rinunciò neppure all'incarico di ispettore ai lavori pontifici: nel 1482 controllò i lavori che erano stati compiuti alla fortezza di Tivoli; nel 1484 esaminò infine i lavori di sterro intrapresi in piazza Giudia (ibid., p. 70). Dovette morire poco dopo: un conto papale, purtroppo privo di data, ne dà notizia, non tralasciando di raccomandare un'orazione per la sua anima (ibid., I, 1878, p. 241).
Il D. era morto da qualche tempo quando i conti insoluti furono regolarizzati con il figlio Cristoforo nel febbraio 1486. Fu sepolto a Roma nella chiesa di S. Maria Nuova al Foro. L'iscrizione della sua lastra tombale (trascritta da V. Forcella, Iscrizioni delle chiese di Roma…, III, Roma 1873, p. 5, n. 11) dice: "Jo Dulcis Vixit... et Requescit MCCC ...", non fornendo così ulteriori informazioni.
Fonti e Bibl.: A. Frangipani, Istoria dell'antichissima città di Civitavecchia, Roma 1761, p. 129; E. Müntz, Les arts à la cour des papes…, I, Paris 1878, pp. 86, 240 s., 271-277, 292, II, Paris 1879, pp. 17, 36, 38, 40, 43, 62 s., 65, 705 s., 74 s.; III, Paris 1882, pp. 67-71, 114, 127 s., 130, 134, 135, 137, 154 s., 217 s., 226 s., 232; Id., G. de' D., l'architetto della cappella Sistina e delle fortezze di Ronciglione e Civitavecchia, in Il Buonarroti, XIII (1879), pp. 346-354; E. Müntz-P. Fabre, La bibliothèque du Vatican au XV siècle, Paris 1887, p. 131; D. Gnoli, Contratto per gli affreschi nelle pareti laterali della cappella Sistina, in Arch. stor. dell'arte, VI (1893), p. 128; Id., L'architetto del palazzo della Cancelleria a Roma, in Riv. d'arte, I (1900), p. 149; G. Clausse, Les Sangallo..., Paris 1900, I, p. 148; II, p. 137; E. Steinmann, Die Sixtinische Kapelle, München 1901, pp. 125-133, 333, 633 s.; E. Lavagnino, L'architetto di Sisto IV, in L'Arte, XXVII (1924), pp. 4-13; F. Santilli, La basilica dei Ss. Apostoli, Roma 1925, p. 19; F. Canuti, Il Perugino, II, Siena 1931, pp. 124 s.; C. Calisse, Storia di Civitavecchia, Firenze 1936, pp. 252-257, 261; P. Tomei, L'architettura a Roma nel '400 (1942), Roma 1977, pp. 139-150, 157 ss., 284, 286 s.; T. Magnuson, Studies in Roman Quattrocento architecture, Roma 1958, p. 339; E. Zocca, La basilica dei Ss. Apostoli in Roma, Roma 1959, pp. 37, 42 ss.; L. von Pastor, Storia dei papi, II, Roma 1961, pp. 335, 644, 655 s., 659, 661, 670; G. Urban, Die Kirchenbaukunst des Quattrocento in Rom, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, IX (1961-62), pp. 269 s.; P. De Angelis, L'architetto e gli affreschi di S. Spirito in Saxia, Roma 1961, p. 41; Id., L'ospedale di S. Spirito in Saxia, Roma 1962, pp. 330 s.; V. Mariani, Michelangelo pittore, Roma 1964, p. 49; D. Redig De Campos, L'architetto e il costruttore della cappella Sistina, in Palatino, IX (1965), pp. 90-93; D. L. Ettlinger, The Sixtine Chapel before Michelangelo, Oxford 1965, pp. 17, 19, 30; G. C. Bascapè-C. Perogalli, Castelli del Lazio, Milano 1968, p. 122; V. Golzio-G. Zander, Arte in Roma nel sec. XV, Bologna 1968, I, pp. 137, 378, 382; II, p. 225; Diz. encicl. di architettura e urbanistica, II, s. l. 1968, p. 186; L. H. Heydenreich-W. Lotz, Architecture in Italy 1400-1600, London 1974, pp. 48, 62; E. D. Howe, The hospital of Santo Spirito and pope Sixtus IV, New York-London 1978, p. 70; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, pp. 388 s.