GIOVANNI Diacono
Napoletano, visse tra la fine del IX secolo e gli inizi del X e svolse la sua attività di diacono presso la chiesa di S. Gennaro ad Diaconiam di Napoli. È stato ipotizzato che la sua data di nascita risalga pressappoco all'880, sulla base del fatto che G. riferisce di essere stato allievo di Ausilio, ordinato prete da papa Formoso e giunto a Napoli dopo la morte di tale pontefice (aprile 896). Un dato sicuro è che verso il 906 fece parte di una spedizione che doveva appurare la veridicità della notizia riguardante il rinvenimento dei resti di s. Sossio a Miseno. Un'altra testimonianza sembra essere un carme dedicato, agli inizi del X secolo, da Eugenio Vulgario (che visse a Napoli in quel periodo) a un diacono di nome Giovanni.
L'opera più famosa di G. - scritta durante la sua giovinezza - è la continuazione dei Gesta episcoporum Neapolitanorum (editi a cura di G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Lang. et Ital., Hannoverae 1878, pp. 402-436), nella quale narra le vite di sei presuli, da Paolo (II), eletto nel 762, ad Atanasio (I), morto nell'872. A differenza della prima parte dei Gesta, il suo racconto è più ampio e vivo, poiché G. non si limita al solo racconto delle vite dei presuli, ma si diffonde con particolare cura nel descrivere i luoghi di culto e i preziosi arredi sacri donati dai vescovi alle chiese. Degno di nota è inoltre il fatto che a distanza di oltre un secolo G. rammenta con viva partecipazione gli effetti provocati dall'iconoclastia a Napoli, allora sotto il dominio bizantino.
Egli infatti la definisce "detestabilis imaginum altercatio" ed evidenzia che, a causa del contrasto tra il papa e l'imperatore bizantino Costantino V, il vescovo di Napoli Paolo (II) non poté essere consacrato dal pontefice per nove mesi e che, dopo essere stato a Roma, non gli fu permesso di ritornare nella sua sede. Il fatto che Napoli fosse rimasta senza presule era probabilmente ritenuto gravissimo da G., dato che egli accusa Costantino V di essere afflitto da una "fedissima amentia" e di essere ispirato dal diavolo. Narra inoltre, ed è un dettaglio molto significativo per comprendere in quale considerazione lo tenesse, che l'imperatore fu condannato alle pene infernali. G. non manca peraltro di narrare che altri personaggi furono ispirati dal demonio - per esempio, il duca di Napoli Bono, il quale aveva fatto imprigionare il vescovo Tiberio, che gli si opponeva, e aveva minacciato di farlo sgozzare se il recalcitrante Giovanni (Giovanni Scriba) non avesse accettato di sostituirlo -, ma Costantino V è l'unico del quale si specifica chiaramente che finì all'inferno. Questa diversità di giudizio è forse anche imputabile al desiderio di criticare il periodo della dominazione bizantina - durante la quale Napoli dovette pagare le conseguenze di decisioni prese a Costantinopoli - e alla volontà di non esagerare troppo con i rimproveri nei confronti delle autorità cittadine. A proposito del duca Sergio - che, appena salì al potere, fece imprigionare i suoi zii, tra i quali il vescovo di Napoli Atanasio - G. racconta solamente che aveva agito su consiglio di "mali homines", mentre nella Vita Athanasii le accuse al duca sono molto più dure. Occorre però sottolineare che in generale G. non appare un autore desideroso di porre solamente in luce le glorie dei vescovi napoletani. A proposito di Paolo (III), afferma che preferisce non nascondere la verità, chiede scusa ai suoi lettori perché narra eventi poco edificanti e racconta che Paolo era ancora laico quando diventò vescovo e che la sua elezione era dovuta al fatto che il duca di Napoli e sua moglie non volevano che alcun ecclesiastico napoletano diventasse vescovo della città.
Nonostante le vite dei vescovi partenopei rappresentino il filo conduttore dell'opera, G. riferisce anche i principali episodi che avevano caratterizzato la storia di Napoli in quel periodo e narra pure alcuni dei più significativi eventi occorsi al di fuori della città, come l'aiuto prestato da Carlo Magno a papa Leone III e la successiva incoronazione imperiale del sovrano franco, la maniera nella quale i Musulmani s'impadronirono della Sicilia e la loro incursione a Roma nell'846, durante la quale fu saccheggiata la basilica di S. Pietro.
Quest'ultimo avvenimento permette a G. di esaltare i suoi compatrioti, perché racconta che in quell'occasione il duca Sergio, alla guida di Amalfitani, Gaetani e Sorrentini, fu l'unico che riuscì a sconfiggere i Musulmani. Il duca di Napoli aveva infatti confidato solamente nella misericordia e protezione di Dio e nelle preghiere del suo vescovo e non nel numero dei suoi soldati. I Franchi avevano invece fatto ricorso solamente alla forza ed erano stati facilmente sconfitti dai Saraceni. La disfatta sarebbe stata completa se il figlio di Sergio, Cesario, non avesse bloccato i Musulmani che stavano inseguendo i Franchi in rotta. Cesario diede poi prova di saggezza, poiché si recò con la sua flotta a Gaeta assediata dai Saraceni e concluse con questi una tregua al termine della quale essi ripresero il mare, dove - racconta G. - Dio fece scoppiare una tempesta che distrusse le navi musulmane.
Il luogo e la data di morte di G. restano sconosciuti.
Dotato di buona cultura, G. tradusse in latino dal greco la S. Nicolai episcopi Myrensis vita (in B. Mombrizio, Sanctuarium…, II, Parisiis 1910, pp. 296-309), la S. Euthymii vita (in F. Dolbeau, La vie latine de st Euthyme: une traduction inédite de Jean, diacre napolitain, in Mélanges de l'École française de Rome. Moyen Âge - Temps modernes, XCIV [1982], 1, pp. 315-335) e la Passio XL martyrum Sebastenorum, (in Acta sanctorumMartii, II, Antverpiae 1668, pp. 22-25). Compose: S. Ianuarii episcopi Beneventani et sociorum eius passio et s. Sosii translatio scritta su invito del vescovo di Napoli Stefano III (in Acta sanctorumSeptembris, VI, Antverpiae 1757, pp. 874-882; la sola Translatio a cura di G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Lang. et Ital., Hannoverae 1878, pp. 459-463) e S. Severini translatio (ibid., pp. 452-459) nella quale si riscontrano alcuni interessanti aspetti riguardanti la personalità dell'autore. Egli infatti dichiara di non volere rinunciare alla propria autonomia di scrittore e quindi di non volersi limitare alla proposta dell'abate Giovanni di raccontare solamente i prodigi avvenuti in quell'occasione, ma di soffermarsi sulle vicende concernenti il capo saraceno coinvolto in quell'episodio.
Fonti e Bibl.: Guarimpotus, Vitas. Athanasii…, a cura di G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Lang., Hannoverae 1878, pp. 439-499; Eugenius Vulgarius, Sylloga, a cura di P. de Winterfeld, Ibid., Poetae Latini Medii Aevi, Poetae Latini aevi Carolini, IV, 1, Lipsiae 1899, p. 428; F. Savio, G. D., biografo dei vescovi napoletani, in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, L (1914-15), pp. 979-988; H. Achelis, Die Bischofchronik von Neapel (von Johannes Diaconus u. a.), in Abhandlungen der philologisch-historischen Klasse der Sächsischen Akademie derWissenschaften, XL (1930), 4, pp. 1-92; D. Mallardo, G. D. napoletano, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, II (1948), pp. 317-337; Id., G. D. napoletano. La continuazione del "Liber pontificalis", ibid., IV (1950), pp. 325-358; N. Cilento, La cultura e gli inizi dello Studio, in Storia di Napoli, II, 2, Napoli 1969, pp. 564, 572, 576-586; P. Bertolini, La serie episcopale napoletana nei secoli VIII e IX. Ricerche sulle fonti per la storia dell'Italia meridionale nell'Alto Medio Evo, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XXIV (1970), pp. 373-389, 401 ss., 417-422, 435 ss.; M. Fuiano, Libri, scrittorii e biblioteche nell'Alto Medioevo, Napoli 1973, pp. 34, 38 s.; P. Bertolini, La Chiesa di Napoli durante la crisi iconoclasta. Appunti sul codice Vat. lat. 5007, in Studi sul Medioevo cristiano offerti a Raffaello Morghen, I, Roma 1974, pp. 105-107, 124-127; M. Fuiano, Spiritualità e cultura a Napoli nell'Alto Medioevo, Napoli 1986, pp. 5, 19, 23 s., 27, 31, 33, 36-45, 53, 70 s., 74, 79, 93; W. Berschin, Biographie und Epochenstil im lateinischen Mittelalter, II, Merowingische Biographie. Italien, … im frühen Mittelalter, Stuttgart 1988, pp. 159 s., 168-170; C. Russo Mailler, Il Ducato di Napoli, in Storia del Mezzogiorno, II, 1, Il Medioevo, Napoli 1988, pp. 360, 374, 390; W. Berschin, Medioevo greco-latino. Da Gerolamo a Niccolò Cusano, Napoli 1989, p. 218; M. Oldoni, La cultura latina, in Storia e civiltà della Campania, II, Il Medioevo, a cura di G. Pugliese Carratelli, Napoli 1992, p. 322; T. Granier, Napolitains et Lombards aux VIIIe-XIe siècles. De la guerre des peuples à la "guerre des saints" en Italie du Sud, in Mélanges de l'École française de Rome. Moyen Âge - Temps modernes, CVIII (1996), pp. 403 s., 437; Id., Le peuple devant les saints. La cité et le peuple de Naples dans les textes hagiographiques, fin IXe - début Xe siècle, in Peuples du Moyen Âge. Problèmes d'identification, a cura di C. Carozzi - H. Taviani Carozzi, Aix-en-Provence 1996, pp. 57-61, 64-76; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, III, p. 392; VI, pp. 374 s.