GIOVANNI di San Liberatore
Poche sono le notizie certe che possediamo su questo personaggio. In base alla cronologia della sua carriera ecclesiastica possiamo solo presumere che sia nato negli ultimi decenni del XII secolo. Il suo nome fu inserito nell'obituario di Montecassino, e da questo si desume che fu monaco in quell'abbazia benedettina. La sua denominazione toponimica, del resto, ci rimanda al convento di San Liberatore a Maiella, presso Pescara, di cui fu preposto, come si ricava da un inedito documento di restituzione del conte Raniero di Manoppello del 22 genn. 1203 (Kamp).
Nel 1218 papa Onorio III, che conosceva direttamente G., lo nominò abate di San Vincenzo al Volturno, assicurandosi anche l'appoggio del vescovo di Venafro e del conte Tommaso di Celano per ottenere il riconoscimento del provvedimento da parte dei monaci di quell'abbazia. Fino a quel momento, infatti, la scelta dell'abate era sempre stato esclusivo privilegio del capitolo, ma il pontefice, il 28 novembre di quell'anno, fu costretto a non concedere la ratifica all'elezione, da esso effettuata il 17 settembre precedente, di Odorisio, monaco cassinese, perché non possedeva l'età canonica.
G. era ancora abate di San Vincenzo al Volturno quando fu nominato, sempre da papa Onorio III, arcivescovo di Brindisi. Il 25 sett. 1225, infatti, il papa comunicò all'imperatore Federico II di aver provveduto all'elezione dell'arcivescovo di Brindisi (oltre a quelli di Capua, Salerno e Conza e del vescovo di Aversa), ponendo, così, termine al periodo di vacanza di quella sede, che si protraeva da circa tre anni.
Il papa, prevedendo la resistenza di Federico, gli scrisse, affinché "ecclesias ipsas, sicut imperialem clementiam decet […] eis honores suos ac iura integra conservando, prenominatos earundem pastores ita favore imperialis gratie prosequaris" (Epistolae saec. XIII, p. 205). La successione a quella cattedra arcivescovile, già tenuta da Peregrino, morto probabilmente nella seconda metà del 1222, aveva generato notevoli conflitti tra il pontefice e l'imperatore. Quest'ultimo, infatti, andando ben oltre i limiti dei trattati stipulati con la Sede apostolica da sua madre Costanza, aveva cercato di imporre un suo candidato, il notaio della Cancelleria imperiale, nonché suo fidelis e nutritus, Giovanni da Traetto, e l'aveva fatto eleggere dal capitolo brindisino. L'operazione, però, apparve inaccettabile a Onorio III, che si rifiutò di ratificare quella nomina. Attraverso la vicenda brindisina possiamo ricostruire le fasi di quel primo scontro tra la Sede pontificia e quella imperiale. Nel corso del 1224, Federico II inviò diverse lettere e diversi messi presso la Curia papale, per tentare di risolvere la faccenda e far ratificare l'elezione di Giovanni da Traetto, ma Onorio III rimase sempre sulle sue posizioni e, come già detto, elesse arcivescovo Giovanni di San Liberatore.
L'imperatore, però, non accettò la nuova nomina e a G., così come agli altri prelati che erano stati eletti dal papa, non fu consentito di accedere alla propria sede, per cui fu costretto a rimanere fuori dai confini del Regno, con ogni probabilità presso la Curia romana: questo è quanto sappiamo dal cronista Riccardo di San Germano, che riporta (pp. 122, 127, 141) anche una lettera di Onorio III, forse dell'aprile del 1226, in cui il papa si lamenta del trattamento riservato dall'imperatore agli arcivescovi di Brindisi, Salerno, Conza e Taranto, nonché ad altri prelati. La situazione, finalmente, si appianò e Riccardo di San Germano, parlando degli eventi relativi alla seconda metà del 1226, ricorda (p. 138) che "tunc prelati omnes quos papa creaverat, scilicet Brundusinus, Consanus, Salernitanus archiepiscopi, Aversanus episcopus et abbas sancti Laurentii de Aversa in suis ecclesiis recipiuntur". La permanenza di G. a Brindisi, però, dovette essere molto breve ed è attestata solo da una testimonianza del 1262, in cui si ricorda che il "presbiter Iacobus de magistro Buccerio" fu "camerarius archiepiscopi eiusdem ecclesie videlicet Girardi, Peregrini, Iohannis et Petri Paparoni" (Codice diplomatico brindisino).
Comunque, ben presto G. venne a morte, come si ricava dall'iscrizione nell'obituario cassinese datata 2 ottobre, in cui il titolo "Brundusinus Archiepiscopus et monacus" è scritto con caratteri maiuscoli e piuttosto elaborati, mentre il toponimico "de Sancto Liberatore" è posto sopra una cancellatura. L'anno cui si riferisce è sicuramente il 1226, come si può evincere dal fatto che il 29 genn. 1227 la sede arcivescovile di Brindisi risulta nuovamente vacante.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Reg. Vat. 13, c. 87, ep. n. 55; Ryccardus de Sancto Germano, Chronica, a cura di C.A. Garufi, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., VII, 2, pp. 122, 127, 138, 141; Mon. Germ. Hist., Epistolae saeculi XIII e regestis pontificum Romanorum selectae, a cura di K. Rodenberg, I, Berolini 1883, pp. 204 s. n. 283; P. Pressutti, Regesta Honorii papae III, Roma 1888, nn. 1707, 5655; Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, a cura di V. Federici, III, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LX, Roma 1938, p. 105; I necrologi cassinesi, a cura di D.M. Inguanez, ibid., LXXXIII, ibid. 1941, p. 28, c. 302v; A. de Leo, Codice diplomatico brindisino, a cura di G.M. Monti - M. Pastore Doria, I, Trani 1940, p. 151 n. 80; V. D'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie del Regno delle Due Sicilie, Napoli 1848, p. 105; E. Winkelmann, Kaiser Friedrich II., I, Leipzig 1889, p. 213; G. Paolucci, La giovinezza di Federico II di Svevia e i prodromi della sua lotta col Papato, in Atti della R. Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo, s. 3, VI (1901), pp. 23 ss., 28 ss.; V. Federici, Ricerche per l'edizione del "Chronicon Vulturnense" del monaco Giovanni, III, Gli abati, in Bull. dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo e Archivio muratoriano, LXI (1949), pp. 77 s.; N. Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien, I, 2, München 1975, p. 673.