GIOVANNI di Pietro
Non sono conosciuti né la data né il luogo di nascita di questo pittore, attivo a Siena nei decenni centrali del Quattrocento.
È ormai da tempo accreditata la tesi (Strehlke, p. 278) di identificare G., pittore documentato quale collaboratore di Matteo di Giovanni negli anni Cinquanta, con tutti i pittori chiamati "Nanni di Pietro" attivi a Siena nello stesso periodo: in particolare, con il "Nanni di Pietro da Pienza depentore" citato da Romagnoli (IV, pp. 205-210), e, fin dal Milanesi (1856), con l'omonimo, pure pittore, fratello di Lorenzo di Pietro, detto il Vecchietta. Se, sulla base dei dati esistenti, risulta impossibile mettere a verifica tale identificazione, si è comunque dato luogo alla ricostruzione di una figura di artista nato nel Senese, forse a Pienza (Romagnoli, IV, p. 205) o nella stessa Siena (Hartlaub, p. 59), fratello del Vecchietta, attivo tra il 1439 e il 1463, ma documentato fino al 1479.
Dalla denuncia dei beni presentata nel 1454 da "Nanni di Pietro", nella quale questi dichiarava di avere a proprio carico una moglie, tre figli maschi e una "fanciulla grande di diciotto anni" (Borghesi - Bianchi, p. 183), si desume per via indiretta una data approssimativa di nascita di questo pittore intorno ai primissimi anni del Quattrocento.
Mentre a partire dagli anni Cinquanta la documentazione su G., sebbene non ricca, agevola gli studiosi nel profilarne l'attività, ancora sostanzialmente inesplorato è il periodo precedente.
In tal senso si ricordano gli interventi di Hartlaub. Sulla base delle notizie relative a "Nanni di Pietro" e a un pagamento eseguito a suo favore nel 1439 per un'opera (perduta) nel pellegrinaio di mezzo dello spedale di S. Maria della Scala, lo studioso avanzava l'ipotesi non solo di un discepolato di G. presso Domenico di Bartolo (Domenico Ghezzi), anch'egli attivo poi nella grande impresa, ma anche di un soggiorno fiorentino al suo seguito (p. 39). Riteneva dunque che G. si fosse formato alla luce delle esperienze e novità pittoriche più interessanti presenti a Siena in quegli anni. Ciò permetteva allo studioso di assegnare a G. la Madonna del manto presso la chiesa dei serviti di Siena, che presentava l'iscrizione apocrifa "Iohannis d(omini) Petri s(enens)is MCCCCXXXVI" (p. 58).
Riconoscendo a G. la paternità di quest'opera - da ascrivere, invece, secondo Berenson (1968) a Giovanni di Paolo - Hartlaub gli attribuiva anche, come già aveva ipotizzato la Olcott, la tavola con la Natività tra i ss. Agostino e Galgano nella chiesa di S. Agostino ad Asciano, oggi riferita a Pietro di Giovanni di Ambrogio (Strehlke, p. 105).
Gli studi di Strehlke, nel compiere una sintesi della personalità di G., hanno interessato prevalentemente il periodo di attività con Matteo di Giovanni, nel quale si collocano le opere certe e più famose del pittore.
Alla metà del secolo G. risulta già lavorare in collaborazione con Matteo di Giovanni. La prima notizia certa su G. risale infatti al 1452, e riguarda un lavoro di doratura, eseguito insieme con Matteo, su un angelo di legno intagliato (non altrimenti identificato), venduto al duomo senese da un tal Mariano di maestro Pietro da Sinalunga (Bacci, 1929, p. 129). Tale indicazione di "mettioro" illumina circa la modestia degli impegni assunti da G. che, nella denuncia dei beni di Matteo di Giovanni del 1453, risulta socio del più giovane artista, con il quale condivideva anche l'abitazione (Milanesi, 1854, p. 183).
I due pittori lavorarono insieme l'anno successivo, quando furono loro commissionate le ante dell'organo del duomo di Siena (non più esistenti), e nel 1457, anno in cui è attestata la loro partecipazione, a fianco di altri artisti, alla perduta e ricca decorazione della cappella di S. Bernardino, costruita in duomo a partire dal 1453 sull'onda dell'entusiasmo generato dalla canonizzazione di Bernardino da Siena (1450).
L'opera senza dubbio più rappresentativa di un tale rapporto di collaborazione è tuttavia la pala d'altare, ancora oggi, almeno nella sua parte principale, nella chiesa di S. Pietro a Ovile.
L'insieme è databile alla metà degli anni Cinquanta: lo attesterebbe il confronto con opere più mature di Matteo e, in particolare, con la tavola del 1460 eseguita per la cappella di S. Antonio nel battistero (ora Museo dell'Opera del duomo). Alla pala di S. Pietro sono stati riferiti alcuni pagamenti corrisposti a Matteo di Giovanni nel 1460 da parte dello spedale della Scala. Come si desume dai documenti (Christiansen), non avendo sufficienti fondi per far fronte alla spesa della pala, la chiesa aveva delegato lo spedale ad anticipare il denaro, scalandolo dalle decime che questo amministrava per conto di S. Pietro. Nel pagamento a Matteo ci fu dunque con ogni probabilità un ritardo: da questo si può quindi dedurre ciò che è stato ipotizzato su base stilistica, ovvero un'esecuzione dell'opera risalente a qualche anno prima del 1460.
Gli interventi dei due pittori sono stati distinti con una buona dose di certezza. Se Matteo di Giovanni dipinse le tavole laterali con i Ss. Battista e Bernardino e i pinnacoli con le figure di S. Pietro e S. Paolo, a G. spetterebbe invece il resto: la tavola centrale con l'Annunciazione, copia del dipinto eseguito da Simone Martini nel 1433 (Firenze, Uffizi), che riconduce allo stile dell'autore della Madonna con Bambino e santi del Cleveland Museum of art, identificabile dunque con G.; la piccola Crocifissione superiore; e la predella (non facente più parte del complesso), suddivisa in quattro scomparti, dei quali due (lo Sposalizio della Vergine e il Ritorno della Vergine alla casa dei genitori dall'iconografia rarissima) conservati al Philadelphia Museum of art, un terzo al Louvre di Parigi (Nascita della Vergine) e l'ultimo disperso fin da tempi remoti, rappresentante con ogni probabilità - poiché tutta la predella sembra essere stata desunta dai perduti affreschi della facciata dello spedale della Scala di Simone Martini e di Ambrogio e Pietro Lorenzetti - la Presentazione al tempio della Vergine (Strehlke, p. 278).
Lo Sposalizio della Vergine viene unanimemente considerato il capolavoro di G.: la rappresentazione, desunta anch'essa da Simone Martini, è infatti esaltata dalla costruzione architettonica dello sfondo non immune da influssi brunelleschiani. L'inusitata raffinatezza e precisione delle conoscenze prospettiche fa ritenere che G. sia stato agevolato da un intervento di altro pittore, forse di Matteo di Giovanni o dello stesso Vecchietta, poiché la rappresentazione del tempio in questa scena sembra ispirarsi a uno degli affreschi di quest'ultimo nel pellegrinaio.
A questa fase centrale dell'attività di G. è stata anche ricondotta (Strehlke, p. 282) l'Ascensione di s. Bernardino da Siena della cosiddetta collezione Martello (New York, collezione Nereo Fioratti). L'attribuzione dell'opera, che rappresenta il santo trasportato da due angeli su un drappo dorato, non trova però tutti gli studiosi concordi, essendo stati avanzati i nomi di Sano di Pietro, al quale si deve la diffusione di una tale iconografia, di Giovanni di Ser Giovanni detto lo Scheggia, e, infine (Boskovits), di Pietro di Giovanni d'Ambrogio.
Nel gennaio del 1463 "Nanni di Pietro dipintore" ricevette un pagamento dalla Compagnia di S. Ansano per la realizzazione di un tabernacolo e della "predella dell'altare di Chapella" (Borghesi - Bianchi, p. 184).
Se del tabernacolo non si ha alcuna notizia, gli scomparti della predella, in stato frammentario, sono stati individuati in tempi recenti in una ricerca rimasta inedita (ne dà conto Strehlke, p. 278). Di soggetto non chiaramente identificato, si connetterebbero da un lato alla predella per la pala di S. Pietro a Ovile, dall'altro costituirebbero una prova dell'autografia di G. di alcune parti della predella con Storie del Battista per l'opera di Matteo di Giovanni nel Museo civico di Sansepolcro.
Anche i successivi documenti degli anni Sessanta e oltre sono relativi a "Nanni di Pietro", e si riferiscono a questioni di natura familiare e personale, mentre tacciono sulla sua attività di pittore.
Al 1465 risale la denuncia dei beni, nella quale risulta possedere la metà di una casa, donatagli dal fratello (sicuramente, in questo caso, il Vecchietta); in essa si dichiarava "vecchio e solo" (Milanesi, 1856). Nel 1468 acquisiva la dote della moglie, "donna Iacoma" (Borghesi - Bianchi, p. 184). Romagnoli registrava la morte di "Nanni di Pietro da Pienza" il 4 maggio del 1468 (IV, p. 210). Tuttavia, nel 1478 il "Nanni di Pietro dipintore" fratello del Vecchietta presentava una nuova denuncia dei beni (Borghesi - Bianchi, p. 253), e nel 1479, quando il Vecchietta fece redigere il suo testamento, il fratello, citato nell'atto, risultava essere ancora in vita (Milanesi, 1854, pp. 366 s.).
Fonti e Bibl.: E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi 1200-1800, Siena 1835, IV, pp. 205-210, 662; V, p. 350; Id., Cenni storico artistici di Siena e suoi suburbii, Siena 1840, pp. 16, 22; G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, II, Siena 1854, pp. 183, 279, 366 s., 373; III, ibid. 1856, p. 288; F. Brogi, Inventario generale degli oggetti d'arte della provincia di Siena, Siena 1897; S. Borghesi - L. Bianchi, Nuovi documenti per la storia dell'arte senese, Siena 1898, pp. 183 s., 253, 255; G.B. Cavalcaselle - J.A. Crowe, Storia della pittura in Italia, IX, Firenze 1902, p. 43; L. Olcott, Scoperte e primizie artistiche, in Rassegna d'arte, V (1905), p. 29; E. Jacobsen, Das Quattrocento in Siena, Strassburg 1908, p. 47; B. Berenson, The Central Italian painters of the Renaissance, London 1909, p. 137; G.F. Hartlaub, Matteo di Giovanni, Strassburg 1910, pp. 36, 39, 47, 58 s.; A. Lisini, Elenco dei pittori senesi vissuti nel secolo XV, in La Diana, III (1928), p. 69; P. Bacci, I primi ricordi del pittore Matteo di Giovanni in Siena, in Rivista d'arte, XI (1929), pp. 128-131; C. Brandi, Die Verkundigung in S. Pietro a Ovile, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, III (1931), pp. 332-348; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance, Oxford 1932, p. 353; P. Bacci, Documenti e commenti per la storia dell'arte senese, Firenze 1944, pp. 235 s., 239 s., 242; C. Brandi, Quattrocentisti senesi, Milano 1949, pp. 144, 229 n. 110; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. Central and North Italian schools, London 1968, p. 261; N.C. Wixom, in The Cleveland Museum of art: European painting, Cleveland 1974, p. 73; Catalogue sommaire illustré des peintures du Musée du Louvre, II, Italie, Paris 1981, p. 182; M.A Pavone - V. Pacelli, Enciclopedia bernardiniana, II, Iconografia, Salerno 1981, p. 37; M. Boskovits, in The Martello Collection. Paintings, drawings and miniatures from the XIVth to the XVIIIth centuries, Firenze 1985, p. 132; C.B. Strehlke, in La pittura senese nel Rinascimento, 1420-1500 (catal., New York), Cinisello Balsamo 1989, pp. 105, 278-283; K. Christiansen, Notes on painting in Renaissance Siena, in The Burlington Magazine, CXXXII (1990), p. 211; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 138.