GIOVANNI di Nicola (Giovanni da Pisa)
Non si ha alcuna notizia circa la data di nascita di questo pittore, attivo prevalentemente a Pisa tra gli anni Venti e Sessanta del Trecento.
La prima notizia risale al 1326. Sembra infatti di poterlo riconoscere nel "Giovanni da Pisa" ricordato come "disciepolo" di Lippo Memmi (Lippo di Memmo di Filippuccio) e retribuito insieme con lui per la realizzazione di una pittura raffigurante S. Ansano per il Comune di Siena, con ogni probabilità per il palazzo pubblico (Bacci, pp. 149 s.).
Il linguaggio di G. si forma all'ombra di Lippo Memmi e di Simone Martini presenti con opere di rilievo anche a Pisa. Nel prosieguo del suo iter si individua uno sguardo - ben diverso dalla comprensione più profonda manifestata da pittori come il Maestro della Carità - all'arte di Francesco Traini.
Col suo prolifico catalogo, G. appartiene alla schiera degli artisti di fila del Trecento pisano: la sua produzione si rivela attenta ad aspetti tecnici come le punzonature delle aureole, la decorazione delle vesti dei personaggi femminili o ancora la rifinitura a pastiglia delle cornici dei dipinti, curati con grande perizia; la sua attività artistica sembra limitata al territorio pisano, con l'eccezione della ricordata presenza a Siena, e di una tavola (Zeri, 1952) raffigurante una Madonna col Bambino (Palermo, Galleria regionale della Sicilia), inviata in Sicilia secondo una prassi diffusa fra i pittori pisani della fine del XIV e dell'inizio del XV secolo.
Appartengono probabilmente alla sua produzione più precoce raffigurazioni come la Madonna del Williams College di Williamstown, MA, quella della collezione Franchetti della Ca' d'oro di Venezia o ancora l'altra, battuta a un'asta della Christie's alcuni anni addietro (New York, 12 genn. 1978), animate da un più acceso goticismo che si può spiegare col giovanile martinismo di Giovanni.
Ancoraggio certo per la ricostruzione del suo catalogo è il polittico firmato, oggi nel Museo nazionale e civico di S. Matteo a Pisa e un tempo nella chiesa cittadina di S. Marta. Esso reca sulla base un'iscrizione con una data mutila: "MCCC[.]" che, per mancanza di spazio, può essere completata soltanto da un'altra cifra e si deve dunque leggere 1350.
Qui, pur memore dei modi di Lippo Memmi almeno nei tipi dei personaggi raffigurati, si fa strada una gamma cromatica perlacea in linea con le proposte di Traini. Per contro, l'articolazione dei panneggi e della gestualità diventa più rilassata e schematica, preludio alle scelte predominanti in pittori della generazione successiva come Neruccio Federighi, Getto di Iacopo e Cecco di Pietro.
Forse posteriore al polittico di S. Marta è la Madonna col Bambino (Pisa, Museo nazionale e civico di S. Matteo) proveniente dalla chiesa pisana di S. Vito, da identificarsi con quella ricordata in sacrestia da A. Da Morrona, in cui la presenza del donatore, un monaco benedettino, conferma la connessione ab antiquo con la chiesa, collegata fino al 1373 a un monastero di quell'ordine.
Inoltrandosi nel sesto decennio, potrebbero essere riferiti a G. vari dipinti su tavola, come l'Annunciazione del Museo del Seminario di Pisa, la Madonna col Bambino (Pisa, Museo nazionale e civico di S. Matteo, n. 67), e anche gli affreschi con Storie della Vergine, oggi staccati e addossati alla controfacciata della chiesa pisana di S. Martino, restituitigli da Carli (1961, p. 40) che ne propose una datazione precoce.
Per questo ciclo, dalla condotta assai modesta, un appiglio cronologico è dato dal vestiario delle figure femminili, caratterizzato da una foggia che non entra in voga prima della metà del secolo ed è simile a quella reiterata da Giovanni da Milano nel polittico pratese o negli affreschi della cappella Rinuccini in S. Croce a Firenze.
Non sembra però che G., a quel punto al termine della propria carriera, e al contrario del collega Francesco di Neri da Volterra, abbia tratto giovamento dalle proposte di Giovanni da Milano, probabilmente testimoniate a Pisa da un polittico dipinto nei primi anni Sessanta.
Più problematica appare la ricostruzione dell'ultima attività di Giovanni.
Questa è stata ravvisata da una parte della critica nell'opera del cosiddetto "Francesco Pisano", autore del polittico oggi nella collezione Cini di Venezia proveniente dalla chiesa pisana di S. Caterina, e di un gruppo di dipinti a esso ricollegati su base stilistica. Per il polittico Cini, opera di grande impegno, i documenti rinvenuti da P. Bacci (Il Trionfo di san Tommaso di Francesco Traini e le sue attinenze con la scuola senese, in La Diana, V [1930], p. 171), relativi alla commissione di una tavola per l'altare di S. Paolo nella chiesa di S. Caterina, e collegati al dipinto - nella tavola centrale vi è infatti raffigurato s. Paolo - da W. Cohn (Franco Sacchetti und das ikonographische Programm der Gewöllemalereien von Orsanmichele, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, VIII [1958], p. 73), attestavano l'affidamento della commissione a un non meglio precisato "Francesco". Tuttavia, da un lato il piccolo corpus di opere raccolto intorno al polittico Cini si è rivelato in gran parte riconducibile all'attività di un pittore pistoiese noto in sede critica come Maestro di Popiglio (P. Donati, Per la pittura pistoiese del Trecento, II, Il Maestro del 1336, in Paragone, XXVII [1976], 321, pp. 3-15); dall'altro, "Francesco" è stato identificato con Francesco di Neri da Volterra che ricevette un pagamento per un'opera destinata proprio all'altare di S. Paolo in S. Caterina nel 1365 (Fanucci Lovitch, p. 118). Le opere che non possono essere incluse nella produzione del Maestro di Popiglio, cioè un polittico oggi alla Galleria nazionale dell'Umbria a Perugia, una tavola raffigurante una Madonna col Bambino nel Musée des beaux-arts di Angers, e, nonostante l'evidenza documentaria, il polittico Cini, sono state però nuovamente inquadrate nell'ultima produzione diretta di G. (Labriola, p. 162). Tuttavia, anche se per la lettura stilistica del polittico Cini restano ineludibili collegamenti con l'arte essenziale di Giovanni da Milano, con la cultura orcagnesca di matrice fiorentina e con i modi dello stesso G., la conclusione che allo stato attuale degli studi sembra di poter trarre è il suo riferimento a un maestro che, pur uscendo da una costola del prolifico G., possa aver fatto tesoro della lezione del pittore lombardo: un maestro associato con Francesco di Neri, di fatto retribuito per l'opera, ma difficilmente identificabile con lui per motivi di coerenza interna al suo catalogo.
Dal corpus dei dipinti di G., oltre alla Madonna col Bambino e santi (Pisa, Museo di S. Matteo, n. 8) ricondotta al Maestro della Carità (Bellosi, 1974, p. 107), vanno espunte altre due opere pisane: la malridotta Crocifissione affrescata nella ex chiesa di S. Silvestro e la Madonna col Bambino della chiesa di S. Donnino (Carli, 1994, pp. 93-95), quest'ultima di Turino Vanni.
G. era membro del Consiglio del popolo di Pisa nel 1358 (Bonaini, p. 94) ed era ancora attivo nel 1360 (Da Morrona, p. 433). Non è documentata la data di morte di G., che deve però essere compresa tra il 28 luglio 1363, giorno in cui fu registrato il suo testamento, e il dicembre del 1365, quando Francesco di Neri acquistava un pezzo di terra appartenuto a G., che risulta essere già scomparso (Fanucci Lovitch, pp. 118, 147).
Fonti e Bibl.: A. Da Morrona, Pisa illustrata nelle arti del disegno, Pisa 1812, p. 129; F. Bonaini, Memorie inedite intorno alla vita e ai dipinti di Francesco Traini, Pisa 1846, p. 94; O. Sirén, Maestri primitivi. Antichi dipinti del Museo civico di Pisa, in Rassegna d'arte, XIV (1914), pp. 228 s., 231; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, V, The Hague 1925, pp. 228-234; M. Salmi, Per la storia della pittura a Pistoia ed a Pisa, in Rivista d'arte, XIII (1931), p. 476; P. Bacci, Fonti e commenti per la storia dell'arte senese, Siena 1944, pp. 149 s.; C. Vigni, Pittura pisana del Due e del Trecento, Palermo 1950, pp. 82-85; F. Zeri, An exhibition of Mediterranean primitives, in The Burlington Magazine, XCIV (1952), p. 321; R. Longhi, Frammento siciliano, in Paragone, IV (1953), 47, p. 7; E. Carli, Pittura pisana del Trecento, II, La seconda metà del secolo, Milano 1961, pp. 37-45; C. Vigni, Dipinti toscani in Sicilia, in Scritti di storia dell'arte in onore di M. Salmi, II, Roma 1962, pp. 61-73; L. Bertolini Campetti, in Mostra del restauro. X Settimana dei musei (catal.), Pisa 1967, pp. 18-24; M. Boskovits, Un'apertura per Francesco Neri da Volterra, in Antichità viva, VI (1967), pp. 8, 10; E. Carli, Una Madonna inedita di G. di N. da Pisa, in Mitteilungen des Kunsthistorichen Institutes in Florenz, XVII (1973), pp. 223-228; L. Bellosi, Buffalmacco e il Trionfo della Morte, Torino 1974, pp. 105, 107; E. Carli, Il Museo di Pisa, Pisa 1974, pp. 75-78; E. Skaug, The St. Antony abbot attributed to Bartolo di Fredi in the National Gallery, in Acta ad archeologiam et artium historiam pertinentia, VI (1975), pp. 141-150; A. Caleca, in La pittura in Italia. Il Duecento ed il Trecento, Milano 1986, pp. 580 s.; F. Zeri, La collezione Federico Mason Perkins, Torino 1988, pp. 76-79; L. Bellosi, Sur Francesco Traini, in Revue de l'art, 1991, n. 92, p. 18; M. Fanucci Lovitch, Artisti attivi a Pisa fra XIII e XVIII secolo, Pisa 1991, pp. 118, 147; E. Moench, Les primitifs italiens du Musée des beaux-arts de Strasbourg, Strasbourg 1993, pp. 76 s.; A. Labriola, in Dipinti, sculture e ceramiche della Galleria nazionale dell'Umbria. Studi e restauri, a cura di C. Bon Valsassina - V. Garibaldi, Firenze 1994, pp. 161 s.; E. Carli, La pittura a Pisa dalle origini alla bella maniera, Pisa 1994, pp. 93-95; A. De Marchi, Pittori gotici a Lucca: indizi di un'identità complessa, Lucca 1998, pp. 403 s., 423; F. Paliaga - S. Renzoni, Chiese di Pisa, Pisa 1999, pp. 161, 163, 183; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 132.