GHINI, Giovanni di Lapo (Giovanni di Lapo)
Non si hanno notizie precise sulla data di nascita di questo architetto attivo a Firenze nella seconda metà del XIV secolo.
Sull'identità del padre sono state formulate due diverse ipotesi: questi potrebbe essere stato quel Lapo Ghini, cittadino fiorentino e "providus vir", eletto dai concittadini nel 1318 come uno degli operai della erigenda cattedrale di S. Maria del Fiore (Saalman, 1980, p. 181), oppure il "mastro Lapo di Ghino del popolo di S. Lucia d'Ognissanti" che costruì una casa nel suo borgo nel 1322 e nel 1325 fu annoverato tra coloro che parteciparono alla costruzione di un tratto della nuova cinta muraria di Firenze (Spilner, p. 457).
La prima parte della vita del G. resta oscura, ma la competenza dimostrata successivamente nella costruzione delle grandi volte della cattedrale fiorentina, ha convinto Saalman (1980, p. 10) a ipotizzare che egli possa aver fatto apprendistato nel cantiere dell'Opera di S. Maria Novella. Questa chiesa, la prima a essere interamente voltata in quegli anni a Firenze, costituì un laboratorio dove i giovani artisti poterono conoscere e studiare le nuove concezioni spaziali che si andavano affermando nell'architettura.
Il suo nome è legato soprattutto alla lunga collaborazione con l'Opera di S. Maria del Fiore, certamente il più prestigioso progetto architettonico del periodo a Firenze; tale legame è stato ampiamente dimostrato dai documenti conservati negli archivi dell'Opera e pubblicati alla fine del secolo scorso (cfr. soprattutto Guasti, cui si fa riferimento nel corso del testo se non altrimenti specificato).
La prima notizia che lo riguarda risale al luglio del 1355, quando fu convocato tra i maestri consiglieri che dovevano pronunciarsi sul nuovo progetto della cattedrale presentato dal capo maestro Francesco Talenti. Il cantiere di S. Maria del Fiore era infatti fermo da diversi anni e della nuova costruzione iniziata da Arnolfo di Cambio era stato realizzato solo l'ordine inferiore della facciata e un tratto delle mura laterali con il suo rivestimento marmoreo (Saalman, 1964, p. 473).
L'anno successivo il G. si trovava a San Casciano per sovrintendere ai lavori di fortificazione dell'abitato; la qualifica di "magister ordinatoris" aggiunta a quella di "sollicitator", indica che il suo ruolo non si esauriva in una semplice attività di controllo, ma includeva probabilmente la responsabilità dell'intera pianificazione della rete viaria e delle opere di difesa del castrum (Friedman, p. 156).
In qualità di esperto partecipò, nel corso del 1357, a numerose riunioni del consiglio dell'Opera, durante le quali furono definite le dimensioni e la forma della futura chiesa. Nello stesso tempo iniziò a svolgere mansioni pratiche nel cantiere, fu incaricato di realizzare le fondazioni delle prime quattro colonne all'interno della cattedrale (Cavallucci, pp. 17-20, 87) e di cominciare la demolizione di S. Reparata.
Questa antica chiesa intralciava ormai i lavori della nuova costruzione, sicché fu deciso che il G. provvedesse allo smantellamento del tetto e della parte superiore dell'edificio e, con il legname ricavatone, realizzasse dei puntelli per sostenere la restante parte ancora in piedi.
Nel luglio del 1357, convocato come consigliere per decidere la forma dei pilastri, si rifiutò di scegliere tra il progetto di F. Talenti e quello di Andrea di Cione detto Orcagna, e si offrì piuttosto di realizzare un proprio disegno (Guasti, pp. 100-102). Nonostante la maggioranza del consiglio fosse favorevole al progetto di Orcagna, venne accettata la proposta del G. che fu esortato a creare un modello in muratura del pilastro da lui pensato.
La sua posizione nel cantiere si consolidò ulteriormente quando, il 26 ott. 1357, fu nominato con atto notarile maestro con l'incarico di "prochurare e guidare i lavorio de' pilastri e della chiesa col consiglio di Franciescho Talenti" (ibid., p. 110). Questa fu la prima elezione di un capomaestro della fabbrica di S. Maria del Fiore a essere annotata nei registri dell'Opera (Saalman, 1980, p. 180).
Nel novembre dello stesso anno gli operai commissionarono al G. il disegno dei capitelli relativi ai pilastri dell'interno della cattedrale.
Nel febbraio del 1358 fu disposto che nel convento della Ss. Annunziata "a' Servi" fossero riprodotti, su una parete intonacata e "in vera grandezza", i due modelli di pilastri e capitelli della chiesa ideati dal G. e da F. Talenti, affinché i cittadini potessero scegliere il migliore. Della realizzazione di questi affreschi furono incaricati, il 23 marzo successivo, due diversi pittori. La competizione si svolse nel refettorio del convento ai servi, come attestano alcuni elementi pittorici rinvenuti durante i restauri successivi all'alluvione del 1966. Si tratta di due diversi reperti, parzialmente occultati da decorazioni successive, e posti ai lati di una parete della sala. L'uno mostra una parte delle modanature superiori del pilastro riferibili alla faccia anteriore e a quelle laterali, l'altro raffigura le modanature inferiori della zona frontale del pilastro e di quella laterale destra. È stato verificato che le proporzioni e le forme rilevate nell'affresco corrispondono effettivamente a quelle dei pilastri realmente costruiti nella cattedrale fiorentina, anche se la mancanza di qualsiasi epigrafe non ha permesso di stabilire la paternità del disegno vincente (Casilini, pp. 269-272).
Nell'autunno del 1358 il G. elaborò, su richiesta del consiglio, un progetto per adattare le murature della fase arnolfiana alla nuova organizzazione spaziale interna che si stava realizzando in S. Maria del Fiore. La sua proposta fu però bocciata dagli esperti che ritennero più idonea la soluzione ideata da F. Talenti.
Alle evidenti qualità di abile costruttore il G. doveva certamente affiancare una buona conoscenza dei concetti di meccanica, indispensabili per la realizzazione di strumenti da cantiere. Nel novembre di quello stesso anno infatti, propose agli operai la costruzione di una macchina da utilizzare per il sollevamento delle colonne della navata, sottolineando come il suo uso avrebbe consentito un risparmio nelle spese del cantiere di oltre 3 lire al giorno.
Tra la fine del 1359 e il 1360 il G. ricevette un compenso di 410 fiorini d'oro per essere stato il responsabile dell'edificazione del nuovo palazzo della Mercanzia, la corte dei mercanti fiorentini, costruito nella piazza della Signoria, di fronte al palazzo dei Priori (oggi conosciuto come palazzo Vecchio; Milanesi).
Nel febbraio del 1364 l'Opera di S. Maria del Fiore incaricò il G. di sovrintendere ai lavori di distruzione e riedificazione in altro luogo della chiesa di S. Michele Visdomini.
La rimozione dell'antica costruzione, che si ergeva all'interno del perimetro della cattedrale, era divenuta urgente. Dell'edificio, progettato e probabilmente costruito dal G., rimane testimonianza in un disegno (E. Paatz - W. Paatz, IV, pp. 195 s.) di un codice quattrocentesco, da cui si deduce che si trattava di una chiesa a sviluppo longitudinale, a navata unica e transetto, sul cui lato orientale si apriva un grande coro centrale fiancheggiato da due cappelle minori. La copertura era a tetto con le travi a vista salvo che nelle tre cappelle coperte con volte a crociera costolonate.
Nel dicembre del 1363 il G., rimasto unico capomaestro dell'Opera in seguito al temporaneo allontanamento di F. Talenti, iniziò ad affrontare il problema della realizzazione delle volte; poiché questo era considerato il più delicato tra gli incarichi nel cantiere medievale, si stabilì che egli fosse affiancato da un collegio di maestri, guidato da Neri Fioravanti, che verificasse il suo operato. Questo fu probabilmente il periodo in cui egli raggiunse la posizione più importante nel cantiere della cattedrale: nel 1367 infatti il suo salario mensile raggiunse i 13 fiorini d'oro; un compenso così elevato non fu percepito neanche da Brunelleschi negli anni della sua collaborazione con l'Opera (Saalman, 1980, p. 180).
Nel luglio 1365 il G. progettò un'armatura in legno, strumento necessario per l'edificazione delle "volte grandi" e convocò un consiglio che esaminasse il suo lavoro. Gli esperti giudicarono positivamente il congegno e autorizzarono il proseguimento della costruzione. In ottobre terminò le prime due volte della navata centrale e ricevette un premio di 70 fiorini d'oro per la competenza dimostrata (Guasti, pp. 163-165).
Nel 1365 il suo nome compare anche nei documenti dell'Opera del Sacro Cingolo di Prato, dove fu invitato, in qualità di esperto costruttore, "per rendere consiglio quanto si dibasino le volte e lo spazzo del coro" (Boito, p. 246).
L'estate del 1366 segnò l'inizio di una nuova e decisiva fase nello sviluppo del progetto di S. Maria del Fiore.
Il G., dopo aver ultimato la costruzione delle prime quattro volte delle navate minori (Cavallucci, p. 37), fu incaricato dall'Opera di studiare una nuova soluzione planimetrica che valutasse la questione della corrispondenza tra sistema interno e prospetti laterali della chiesa. Il consiglio era infatti tornato a discutere sul problema e aveva ritenuto utile commissionare a diversi artisti dei nuovi studi. Il 29 luglio si ha la prima menzione del progetto concepito dal G., ammesso alla fase finale della consultazione insieme con il disegno realizzato dal gruppo di maestri guidato da Neri Fioravanti e a quello eseguito da Simone di Francesco Talenti. Dopo una lunga discussione e nonostante i dubbi avanzati dallo stesso G. sulla sua stabilità strutturale, il disegno dei maestri ottenne la temporanea approvazione.
Nel maggio del 1367 la questione fu ripresa perché il G. sviluppò, sulla planimetria realizzata dai maestri, un diverso progetto di alzato della chiesa. Si tornò dunque a confrontare la proposta formulata dal gruppo di Neri Fioravanti con questa nuova soluzione ideata dal G. per decidere quale fosse la migliore. Le polemiche che ne derivarono furono talmente aspre che egli subì intimidazioni personali e minacciò le dimissioni; fu necessario a questo punto l'intervento dei consoli dell'arte della lana, i quali ribadirono il loro totale apprezzamento nei confronti del lavoro da lui svolto e lo convinsero a desistere dal suo proposito.
Nella cronaca di una consultazione avvenuta il 24 luglio dello stesso anno, si ha menzione di un progetto attribuito al G. e a F. Talenti, il quale nel frattempo era stato reintegrato nelle sue mansioni di cantiere. Non è chiaro se questa proposta fosse una versione modificata di quella già presentata a maggio o se si trattasse di una nuova idea concepita dai due capomaestri. I consiglieri, colpiti favorevolmente da questo progetto, ordinarono che ne fosse realizzato un modello in laterizio. Alla fine di ottobre, per la scelta tra il modello presentato dal G. e quello dei maestri di Neri Fioravanti fu convocata l'intera cittadinanza che, dopo una serie di adunanze, votò in modo definitivo per il progetto del gruppo dei maestri (Guasti, pp. 199-205, 220).
Durante i primi mesi del 1369 il G., in qualità di sovrintendente, diresse i lavori di costruzione di un tratto delle nuove mura urbane lungo l'Arno. Tali mansioni rientravano nei suoi compiti di capomaestro, poiché l'Opera, in quegli anni, non controllava solo la fabbrica di S. Maria del Fiore, ma era responsabile, per conto della Signoria, della maggior parte degli interventi riguardanti gli edifici pubblici e le opere di fortificazione di tutto il contado fiorentino.
Negli anni successivi mantenne il suo incarico al vertice dell'organizzazione nella fabbrica della cattedrale, come testimoniano i pagamenti mensili del suo salario puntualmente annotati dal provveditore dell'Opera. La sua ultima menzione nei documenti di S. Maria del Fiore risale al 22 agosto del 1371 quando i consoli dell'arte della lana, con una generosità senza precedenti, gli accordarono uno speciale premio di 115 fiorini d'oro per la sua solerzia e fedeltà e per aver realizzato una "inventione" finalizzata alla costruzione della cupola (Guasti, 1887, p. 224).
In realtà si trattò di un modello ligneo di armatura centinata che fu collocato all'interno del grande plastico in muratura della chiesa realizzato sul progetto dei maestri del 1366. Questo strumento fu tenuto in grande considerazione dagli operai di S. Maria del Fiore al punto che, quando nel 1430 ordinarono la distruzione dell'ormai inutile modello laterizio, fu disposto che l'armatura ideata dal G. fosse conservata integra in un luogo sicuro per essere studiata.
La conclusione del lungo legame del G. con l'Opera di S. Maria del Fiore fu certamente connessa al nuovo prestigioso incarico che il Collegio dei priori di Firenze gli affidò. Con una provisione presentata dalla Signoria e approvata dal Consiglio del podestà e dal capitano del Popolo, il 12 sett. 1371 egli, definito "magister lapidum et legnaminum", fu scelto per soprintendere in qualità di capomaestro alla costruzione di una nuova appendice al palazzo dei Priori (Spilner, pp. 453-456).
Il documento parla genericamente di un'addizione ("opus addimenti") e di un rimaneggiamento ("acconciamenti") del palazzo della residenza del gonfaloniere della Giustizia, senza però aggiungere particolari esaustivi sulla natura del progetto. Spilner (pp. 460-465), in base alle testimonianze riguardanti il nucleo originario e alla storia edilizia degli interventi successivi riguardanti l'edificio, ha ipotizzato che l'intervento del 1371 recuperasse l'idea, già proposta nel 1343 dall'allora signore di Firenze, Gualtieri di Brienne, di estendere la costruzione a oriente. Probabilmente il G. fu responsabile della costruzione delle mura bugnate che racchiudono il cortile della Dogana al pianterreno del palazzo.
Nella primavera del 1372 il G. figurava tra i rappresentanti della commissione civica responsabile delle Stinche, la prigione comunale, ma non è possibile stabilire se quest'incarico prevedesse la responsabilità di eventuali costruzioni realizzate all'interno del carcere.
Il G. morì a Firenze il 7 nov. 1373. Tra i suoi figli i documenti ricordano Michele di Giovanni di Lapo che, in accordo con la tradizione familiare, nel 1388 assunse la carica di capomaestro dell'Opera di S. Maria del Fiore.
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