GIOVANNI di Guido da Asciano
Incerte sono le notizie biografiche relative a questo pittore d'origine senese, attivo in Toscana nella seconda metà del XIV secolo.
La prima notizia riferibile a G. si trova nell'Anonimo Magliabechiano (1533-42) dove gli vengono attribuite "molte cose", non più reperibili, nell'ospedale di S. Maria della Scala a Siena: si tratta forse di quelle stesse pitture, attribuite più tardi da Mancini (1619-21) a Barna e a "Gioanni da Asciano", situate nel passaggio che conduceva dall'ospedale alla cappella del Chiodo; l'Anonimo parla anche di altre sue opere eseguite nelle case medicee di via Larga a Firenze, successivamente abbattute da Cosimo I. La seconda menzione di G. si trova nelle Vite di Vasari: nella vita di Barna (detto erroneamente "Berna") G. è ricordato come suo allievo e continuatore del ciclo neotestamentario nella collegiata di San Gimignano, interrotto a causa della morte del maestro nel 1381, in seguito a una caduta dai ponteggi issati per quel lavoro.
Per quanto riguarda la parte documentaria relativa a G., rimangono ancora dubbi circa i documenti, tutti perduti, che Romagnoli (1830 circa) ricondusse a questo pittore: l'erudito senese, infatti, lo identificava con un Giovanni di Guido di Maestro Vanni di Carlo, architetto e pittore nato ad Asciano, citato per due volte in un volume delle Spedizioni e affari succeduti nel governo dei Signori XII dal 1355 al 1360 poiché inviato, nel 1359, a murare il cassero di Montelaterone e a stimare il ponte sulla Chiana a Torrita. Romagnoli affermava, poi, di aver visto un documento, in cui non era più leggibile la data, inserito tra i fogli della Biccherna relativi a pagamenti effettuati tra il 1330 e il 1360, dal quale risultava che un maestro Giovanni di Guido pittore veniva salariato per sei mesi per opere nel palazzo del Comune. Nel voler confermare quanto detto da Romagnoli, Brandi (1928) non trovando più i documenti citati, pubblicò a sua volta un documento contenuto nel secondo volume del Libro dei Leoni (Archivio di Stato di Siena, ms. 2334, c. 32), datato 1392, in cui veniva nominato il probabile figlio di G., maestro Guido di maestro Giovanni di Guido, divenuto capitano del Popolo in un terzo di Siena; il medesimo studioso inoltre, rilevava come accanto a quest'ultimo nome un altro erudito senese, Celso Cittadini (sec. XVI), avendo presumibilmente potuto vedere altri documenti relativi alla famiglia, aveva annotato "d'Asciano".
In questa intricata questione documentaria, la critica ha molto dibattuto circa l'esistenza reale dell'artista, tanto più che esso era stato, sin da Vasari, direttamente collegato a Barna il quale, a sua volta, è stato da molti considerato figura mai esistita. Secondo Pope-Hennessy (p. 37) G. potrebbe essere identificato con un artista della cerchia di Barna, probabilmente suo allievo, attivo intorno al sesto decennio del secolo, il quale tuttavia non avrebbe mai messo mano agli affreschi di San Gimignano citati da Vasari; potrebbe trattarsi, secondo lo studioso, del cosiddetto Pseudo Barna, forse autore dei dipinti generalmente attribuiti al Maestro della Madonna Straus, oggi quasi unanimemente identificato con il pittore Donato Martini. Più recentemente, le opere già a lui attribuite, sono passate sotto il generico nome di "bottega della Famiglia Memmi" (Damiani), cioè di quel nutrito gruppo di pittori legato appunto alla famiglia Memmi che per modelli, stilemi, modalità operative, riuscì a creare uno stile così decisamente omogeneo, nel quale è difficile, se non impossibile, l'individuare le singole mani. Il ciclo della collegiata di San Gimignano, tuttavia, nella sua interezza, sembra in parte distaccarsi dalla eleganza, dalla sinuosità, dalla linearità che sembrano contraddistinguere questo stile.
Gli studiosi che meno di recente si sono occupati del problema (Brandi), sono concordi nel vedere un suo intervento nel ciclo pittorico di San Gimignano, la cui cronologia, tuttavia, rimane problematica. Invece nuove ricerche (Damiani), basate soprattutto su documenti relativi alla chiesa, ritengono che gli affreschi siano da circoscrivere in un periodo compreso tra la fine del quarto e gli inizi del quinto decennio del Trecento; questo spostamento di datazione, se da una parte contraddice le notizie fornite da Vasari, non arriva a cancellare automaticamente la figura di G., il quale potrebbe comunque aver contribuito alla realizzazione dell'opera anche se con modalità e tempi diversi. Ritenendo l'intero ciclo ideato da Barna, alcuni presumono G. attivo sin dall'inizio dei lavori e in molte delle scene (Delogu Ventroni), altri solo in un secondo momento e limitatamente a episodi quali L'entrata in Gerusalemme (Carli), L'orazione nell'orto (Brandi), La resurrezione di Lazzaro e parte della Crocifissione. Lo stile di G. si riconoscerebbe per una vicinanza, non riscontrabile nell'impianto generale più legato ai modi di Simone Martini, alla pittura di Pietro e Ambrogio Lorenzetti, diluita nell'inflessione di Bartolo di Fredi, per altro autore degli affreschi con scene veterotestamentarie sulla parete opposta della medesima collegiata.
A G. sono stati attribuiti anche gli affreschi con Storie della Passione della chiesa di S. Francesco ad Asciano (Cavalcaselle - Crowe), ora nel locale Museo d'arte sacra, datati 1372, e spesso utilizzati dalla critica come conferma, in base a notazioni di stile, dell'intervento di G. nel ciclo neotestamentario attribuito a Barna. Gli è stato, poi, assegnato l'affresco della Madonna del passeggio nella chiesa di S. Pietro sempre a San Gimignano (Carli), e la predella n. 57 con Storie della Passione nella Pinacoteca nazionale di Siena (Delogu Ventroni, p. 67) dove più spiccato sembra essere il rapporto con Bartolo. Caduta è invece l'antica attribuzione della Madonna in trono col Bambino e donatore nel Museo d'arte sacra di Asciano, più pertinentemente ricondotta ai modi dei Memmi (Damiani).
Fonti e Bibl.: Il codice Magliabechiano, cl. XVII, 17 della Biblioteca nazionale di Firenze, a cura di A.M. Ficara, Napoli 1968, pp. 93 s.; G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, pp. 650 s.; G. Mancini, Considerazioni sulla pittura (1617-21), a cura di A. Marucchi - L. Salerno, I, Roma 1956, p. 89; G. Della Valle, Lettere sanesi, II, Roma 1785, pp. 113-118; E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi 1200-1800 (circa 1830), III, Firenze 1976, pp. 185-195; G.B. Cavalcaselle - J.A. Crowe, Storia della pittura in Italia, III, Firenze 1875, p. 143; E. Baroni, Gli affreschi della chiesa di S. Francesco in Asciano, in Rassegna d'arte senese, II (1906), pp. 14-17; R. Van Marle, Simone Martini et les peintres de son école, Strasbourg 1920, pp. 116-124; C. Brandi, Barna e G. d'A., in La Balzana, n.s., II (1928), pp. 19-36; R. Van Marle, Le scuole della pittura italiana, II, Firenze-Roma 1934, pp. 306-329; A.M. Gabrielli, Ancora del Barna pittore delle storie del Nuovo Testamento nella collegiata di San Gimignano, in Bull. senese di storia patria, VII (1936), pp. 120-125; J. Pope-Hennessy, Barna, the Pseudo-Barna and G. d'A., in The Burlington Magazine, LXXXVIII (1946), pp. 35-37; C. Volpe, Precisazioni sul Barna e sul Maestro di Palazzo Venezia, in Arte antica e moderna, X (1960), p. 152; O.A. Nygren, Barna da Siena, Helsinki 1963, pp. 60-65; E. Castelnuovo, Barna, in Diz. biogr. degli Italiani, VI, Roma 1964, pp. 410-412; S. Delogu Ventroni, Barna da Siena, Pisa 1972, pp. 19-42; C. De Benedictis, La pittura senese 1330-1370, Firenze 1979, pp. 83-88; E. Carli, La pittura senese del Trecento, Milano 1981, pp. 127 s.; G. Damiani, in Simone Martinie"chompagni" (catal., Siena), a cura di A. Bagnoli - L. Bellosi, Firenze 1985, pp. 82-85; L. Morganti, G. d'A., in Enc. dell'arte medievale, VI, Roma 1995, pp. 700-702 (con bibl.); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 107 s.