GIOVANNI di Francesco di Giovanni del Cervelliera
Incerte sono le notizie biografiche relative a questo pittore attivo a Firenze intorno alla metà del XV secolo. La ricostruzione della sua biografia trova infatti diversi ostacoli nel far conciliare l'indagine stilistica con le ricognizioni documentarie, causa per la quale il dibattito critico si considera ancora sostanzialmente aperto.
Nella valutazione dei dati documentari rinvenuti, spesso contraddittori tra di loro, bisogna innanzitutto tenere presente come alla metà del Quattrocento operavano a Firenze diversi artisti chiamati Giovanni di Francesco. Un primo esempio di tale confusione è dato dall'errata indicazione fornita da Milanesi (1878) riguardo alla qualifica dell'artista: egli infatti identificava Giovanni da Rovezzano, citato da Vasari (1568), come allievo e seguace di Andrea del Castagno, con Giovanni di Francesco del Cervelliera "pittore e miniatore" morto nel 1459 (II, p. 682 n. 2). Inoltre, nel commentario alla vita vasariana dedicata a Filippo Lippi (III, p. 490) affermava che il Giovanni da Rovezzano nominato da Vasari quale allievo di Andrea del Castagno fu lo stesso pittore allievo di Lippi che ebbe con lui, nel 1450, un grave contenzioso finanziario.
La Levi D'Ancona (1962), in base a una serie di notizie documentarie, non sempre tenute in considerazione dalla critica successiva, ha stabilito che il pittore e il miniatore menzionati da Milanesi sono in realtà personalità artistiche differenti. Il miniatore Giovanni di Francesco di Giovanni, attivo in S. Maria degli Angeli intorno alla metà del XV secolo, risulta infatti immatricolato all'arte dei medici e degli speziali nel 1428; mentre il pittore Giovanni di Francesco di Giovanni del Cervelliera, attivo negli stessi anni e nella stessa chiesa, risulta iscritto all'arte nel 1442. Secondo tale studiosa, quest'ultimo nacque a Verazzano (non Rovezzano), nell'Aretino, nel 1412, poiché nel 1435 dichiarava di avere ventitré anni. Sulla base di una diversa lettura dei documenti, secondo Bellosi (1990), la nascita del pittore si deve invece far risalire al 1428 circa. Nel 1451 lo stesso pittore prestava opera, non meglio specificata, presso S. Maria degli Angeli; dalla lettura dei documenti della medesima chiesa si può inoltre intendere come anche il padre dell'artista vi avesse lavorato.
G. morì nel 1458 e venne sepolto nella chiesa di S. Ambrogio (Levi D'Ancona). La data di morte fornita dalla Levi D'Ancona non concorda, tuttavia, con le informazioni fornite da Toesca (1917). Questo studioso, infatti, fu il primo a ordinare un gruppo di opere attorno al nome del Cervelliera collegando, dal punto di vista stilistico, i dipinti assegnati da Weisbach (1901) al Maestro del Trittico Carrand (così detto dalla tavola presente dal 1888 nel Museo nazionale del Bargello di Firenze), con un affresco raffigurante Dio Padre benedicente, posto nella lunetta della porta d'ingresso dell'ospedale degli Innocenti, assegnato, in alcuni documenti del 1459, al pittore Giovanni di Francesco, il quale poteva essere identificato con Giovanni di Francesco del Cervelliera.
Il periodo della formazione di questo artista va plausibilmente individuato nella bottega di Filippo Lippi; Ruda (1993) ha rintracciato la documentazione che attesta come nel 1440 un Giovanni di Francesco fosse andato presso la bottega di questo maestro "a uso di buono discepolo" (p. 521), con un salario di 40 fiorini che, come nota lo studioso, sembra piuttosto elevato per un comune contratto di apprendistato. Un'ulteriore indicazione circa i rapporti con Lippi è data da un atto notarile del 1442 che attesta come, a quella data, i due pittori, separarono i loro affari "fatti in chompagnia" (ibid.). Già Pudelko (1936) aveva attribuito a G. la predella con Storie di s. Nicolò della pala dell'Annunciazione di Filippo Lippi nella chiesa di S. Lorenzo a Firenze, individuando specifiche affinità con la predella conservata nella Casa Buonarroti di Firenze a lui concordemente assegnata. Anche Salmi (1934) aveva formulato tale ipotesi attribuendo a G. la tavola con la Madonna, nella collegiata di Fucecchio, di ambito lippesco; Bellosi (1990) ha riconsiderato tale rapporto, assegnando la predella di Casa Buonarroti a fra Carnevale (Bartolomeo Corradini), attivo intorno alla metà del quinto decennio del secolo nella bottega di Lippi; con questo stesso artista G. condivide anche l'attribuzione del Ritratto di donna conservato nel Metropolitan Museum di New York (Zeri - Gardner, 1980). Lo stesso Toesca (1917) aveva sottolineato la difficoltà di ricostruire l'identità di G., avvertendo della possibilità, tuttora senza risposta, che Milanesi avesse erroneamente individuato nella stessa persona le personalità tanto del vasariano Giovanni da Rovezzano che dell'allievo di Lippi.
Longhi (1928), nel tentativo di rintracciare i precedenti di G., riferiva la sua attività iniziale a Paolo Uccello. Lo studioso individuava, infatti, la collaborazione di G. negli affreschi con Storie della Vergine e di s. Stefano nella cappella dell'Assunta del duomo di Prato e gli attribuiva la Natività di Karlsruhe (Staatliche Kunsthalle): entrambe le opere sono state successivamente accreditate a Paolo Uccello.
Bellosi (1990), dedicando a G. una mostra volta a ricostruire gli sviluppi della cosiddetta "pittura di luce", ha puntualizzato e definito i termini della sua attività. Tra le opere giovanili, sono stati assegnati all'artista i quattro tondi con Profeti dipinti agli angoli della c0rnice in terracotta policroma già a Berlino (Kaiser Friedrich Museum: Bellosi, 1990, fig. 6); si tratta di una commissione minore, indicativa della modestia degli incarichi ricevuti da G. nella fase iniziale della sua attività, il cui immediato precedente figurativo si rintraccia nell'orologio dipinto da Paolo Uccello sulla controfacciata di S. Maria del Fiore nel 1443. Una reminiscenza dell'eleganza gotica di Paolo Uccello trova riscontro anche nella tavola raffigurante S. Antonio da Padovacon in alto le figure della Vergine e del Cristo (Berlino, Staatliche Museen) e nella NativitàKress (Berea College, Berea, KY).
A G. si ascrive anche il Paliotto di S. Biagio, datato 1453, attribuito all'artista da Offner (1933), ed eseguito per la chiesa di S. Biagio a Petriolo, nonché il Crocifisso nella chiesa di S. Andrea a Brozzi, opera arcaica nella struttura ma estremamente accurata nella resa anatomica della figura del Cristo.
Nel paliotto la figura di s. Biagio richiama stilisticamente i modelli monumentali e volumetrici di Andrea del Castagno; mentre i colori delicati e luminosi ricordano i modi di A. Baldovinetti. Non a caso il Wulff (1907) aveva assegnato al Maestro del Trittico Carrand il Santo vescovo affrescato nella cappella Spini in S. Trinita, oggi riconosciuto come opera di Baldovinetti. Si tratta infatti di artisti entrambi partecipi di quella tendenza culturale attenta soprattutto allo sviluppo delle potenzialità della luce, le cui premesse furono poste a Firenze nella prima metà del Quattrocento da Domenico Veneziano e sviluppate in seguito da Piero Della Francesca.
Risale agli stessi anni il cosiddetto Trittico Carrand, datato 1454, precedentemente attribuito a Giuliano Pesello (Weisbach, 1901), che mostra nuovamente l'aderenza di G. allo stile luministico di Domenico Veneziano, in particolare alla pala di S. Lucia de' Magnoli.
La tavola, raffigurante la Vergine col Bambino tra i ss. Francesco, Giovanni Battista, Nicola e Pietro, proviene probabilmente dalla chiesa di S. Niccolò sopr'Arno come ha mostrato la Damiani (1982), portando a testimonianza un inventario dei beni della chiesa del 1862. La stessa studiosa identifica il committente in un membro della famiglia Gianni, patrona dal 1421 della cappella di S. Giovanni Battista, che, nella tavola, è posto a pendant con s. Niccolò titolare della chiesa. Bellosi tuttavia nel valutare la struttura arcaica della pala, ancora gotica (dal fondo oro se ne deduce la ricca committenza), propone di riflettere circa la possibilità di una sua provenienza periferica, da un'importante chiesa del contado o da qualche monastero.
Tra le opere di G. si annovera anche il trittico ricostruito da Longhi (1928), formato, al centro, dalla Madonna Contini Bonacossi (Bellosi, 1990, fig. 44) e, ai lati, dalle tavole con S. Antonio Abate (Milano, Pinacoteca Ambrosiana) e S. Giacomo (Lione, Musée des beaux-arts).
Definito da Longhi (1928) "il risultato più alto e più maturo" nella carriera di G. per la capacità di sintetizzare la solennità dello stile di Piero Della Francesca con il vigore della linea di Andrea del Castagno, il trittico mostra inoltre caratteri affini a Donatello e, più in generale, agli sviluppi pittorici norditaliani; in particolare la figura di s. Antonio richiama il S. Marco donatelliano in Orsanmichele e i festoni di foglie e frutta intorno alla figura della Madonna rimandano ai contemporanei pittori squarcioneschi e ferraresi.
Al sesto decennio del secolo si data anche la predella con storie di s. Nicola di Bari (S. Nicola dà la dote a tre fanciulle povere; Resuscita tre giovani messi in salamoia da un oste; Salva dall'esecuzione tre condannati a morte), conservata nel Museo di Casa Buonarroti a Firenze, considerata il capolavoro dell'artista.
Berenson (1932) associava la predella, composta da un unico asse diviso in tre scene, al Trittico Carrand a causa della presenza, in entrambe le opere, di s. Nicola, con il quale in effetti condivide la particolarità iconografica di rappresentare il santo imberbe e in età giovanile. Tale ipotesi, ripresa anche da Fredericksen (1974), è confutata dalle dimensioni della predella e dalla suddivisione di ciascuna scena che non trovano corrispondenza con la struttura del trittico. Il s. Nicola del Trittico Carrand, inoltre, non compare alla destra della Vergine, abituale posto d'onore, bensì alla sua sinistra. Assumono dunque maggiore credito le fonti cinquecentesche (Il Libro di Antonio Billi [1481-1530], l'Anonimo Magliabechiano [1537-42], le Vite… di Vasari [1568]: Bellosi, 1990, p. 56), che collegavano la predella con l'Annunciazione di Donatello nella cappella Cavalcanti in S. Croce a Firenze. Evidentemente posteriore a questa, forse venne commissionata alla metà degli anni Cinquanta da Niccolò Cavalcanti.
La predella colpisce per la capacità di dominare lo spazio prospettico, evidente sia nell'articolazione delle architetture, sia nella costruzione in profondità attraverso le linee pavimentali. In essa sembra realizzarsi quella sintesi di forma e colore di matrice pierfrancescana che al nitore ottico del dato prospettico unisce una luminosità tersa e delicata. Esplicito punto di riferimento per l'opera sono gli affreschi di Piero Della Francesca ad Arezzo: in particolare la terza scena della predella richiama la Battaglia di Eraclio e Cosroe nel ciclo aretino. Le valutazioni stilistiche si inseriscono tuttavia in un acceso dibattito critico riguardo alla datazione degli affreschi di Piero e, conseguentemente, della predella. Non c'è consenso infatti nell'indicare quale termine ante quem per la conclusione del ciclo aretino gli anni del soggiorno a Roma di Piero (1458-59). Bellosi (1990), in particolare, data la predella tra il 1452 (anno nel quale gli affreschi non erano ancora giunti all'altezza delle battaglie) e il 1459, presunto anno di morte di Giovanni di Francesco. Per contro Ginzburg sostiene che il ciclo aretino va collocato dopo il soggiorno romano di Piero e pertanto riconsidera l'intero percorso critico biografico e documentario del Cervelliera. Secondo lo studioso, G., morto nel 1459, non sarebbe Giovanni di Francesco alias il Maestro del Trittico Carrand, autore della predella Buonarroti e delle opere finora indicate, bensì il Giovanni da Rovezzano ovvero il Maestro di Pratovecchio. Longhi (1952), dedicando un primo intervento a quest'ultimo pittore, lo considerava artista fiorentino, attivo tra il 1440 e il 1460 "che fu assai per tempo accanto a Domenico Veneziano", rappresentando la "coscienza più segreta" di quel momento pittorico compreso tra l'attività iniziale di Andrea del Castagno e l'esordio del Pollaiolo. Fredericksen (1974), rintracciando un documento del 1439 pertinente al convento delle monache brigidine di Bagno a Ripoli nel quale si citava il pittore Giovanni da Rovezzano autore di un trittico con la Madonna e il Bambino e i ss. Brigida e Michele, ipotizzò che tale opera potesse essere identificata con il trittico, di soggetto analogo, acquistato nel 1969 dal Paul Getty Museum di Malibu, opera del Maestro di Pratovecchio; secondo lo studioso, il Giovanni da Rovezzano menzionato nel documento veniva a identificarsi con Giovanni di Francesco del Cervelliera. La critica tuttavia è fortemente divisa: l'analisi stilistica delle opere attribuite a G. e al Maestro di Pratovecchio induce in realtà a distinguere le due personalità artistiche; queste, purtuttavia, partecipano del medesimo background culturale. Tali considerazioni sono state ribadite da Bellosi, ma parte della critica sostiene l'identità dei due pittori (Christiansen). Non si escludono inoltre interventi volti ad attribuire il trittico Getty ad altri: la Padoa Rizzo (1992), per esempio, riprendendo la datazione longhiana del trittico Getty (1450 circa), ha proposto di identificare il Maestro di Pratovecchio con Iacopo di Antonio, presunto cugino di Giovanni di Francesco da Rovezzano ritenuto dalla studiosa il Cervelliera.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, Firenze 1878, II, pp. 444 n. 5, 682; III, p. 490; W. Weisbach, Der Master des Carrandischen Triptycon, in Jahrbuch der Königlich-Preussischen Kunstsammlungen, XXII (1901), pp. 35-53; O. von Wulff, Unbeachtete Malereien des 15. Jahrhunderts in Florentiner Kirchen und Galerien, II, in Zeitschrift für bildende Kunst, XVIII (1907), pp. 99-106; P. Toesca, Il pittore del Trittico Carrand. G. di F., in Rassegna d'arte, 1917, n. 17, pp. 1-4; R. Longhi, Ricerche su G. di F., in Pinachoteca, 1928, pp. 34-48; R. Offner, The Mostra del Tesoro di Firenze sacra, II, in The Burlington Magazine, LXIII (1933), p. 177; M. Salmi, Paolo Uccello, Domenico Veneziano, Piero della Francesca e gli affreschi del duomo di Prato, in Bollettino d'arte, luglio 1934, p. 19; B. Berenson, Pitture italiane del Rinascimento, Milano 1936, p. 278; G. Pudelko, Per la datazione delle opere di fra Filippo Lippi, in Rivista d'arte, XVIII (1936), pp. 45-76; R. Longhi, Il Maestro di Pratovecchio, in Paragone, III (1952), 35, pp. 10-37; F. Zeri, Due dipinti, la filologia e un nome, Torino 1961, pp. 16-18, 23; M. Levi D'Ancona, Miniatura e miniatori a Firenze dal XIV al XVI secolo, Firenze 1962, pp. 144-147; B.B. Fredericksen, G. di F. and the Master of Pratovecchio, Malibu 1974; F. Zeri - E. Gardner, Italian paintings. A catalogue of the Collection of the Metropolitan Museum of arts, New York 1980, p. 113; G. Damiani, in S. Niccolò, la chiesa, una famiglia d'antiquari, Firenze 1982, pp. 63 s.; C. Furlan, G. di F. di G. del C., in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano 1987, p. 642; P. Joannides, A portrait by fra Carnevale, in Source, VIII (1989), 3, pp. 7-10; B. Santi, Trittico Carrand, in Arti del Medioevo e del Rinascimento. Omaggio ai Carrand (catal.), a cura di G. Gaeta Bertelà, Firenze 1989, pp. 387-389; K. Christiansen, Masaccio and the "pittura di luce", in The Burlington Magazine, CXXXII (1990), pp. 736-739; Pittura di luce. G. di F. e l'arte fiorentina di metà Quattrocento (catal., Firenze), a cura di L. Bellosi, Milano 1990 (con bibl.); A. Lillie, "Pittura di luce" and "L'età di Masaccio", in Renaissance Studies, V (1991), 3, pp. 353-356; C. Ginzburg, Ancora su Piero della Francesca, in Paragone, XLII (1991), 499, pp. 23-32; A.L. Marchitelli Focardi, The iconography of "The God Father" in the art of blessing and the use of Iconclass, in Visual Resources, VIII (1991), 2, pp. 143-154; A. Padoa Rizzo, Ristudiando i documenti: proposte per il Maestro di Pratovecchio e la sua tavola eponima, in Studi di storia dell'arte sul Medioevo e il Rinascimento nel centenario della nascita di M. Salmi. Atti del Convegno… Firenze… 1989, Firenze 1992, pp. 579-599; J. Ruda, Fra Filippo Lippi. Life and work with a complete catalogue, London 1993, pp. 30, 34, 121, 400 s., 407, 520-523; M.G. Ciardi Duprè Dal Poggetto, I dipinti di palazzo Medici nell'inventario di Simone Stagio delle Pozze, in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico. Politica economia cultura arte. Convegno di studi… Siena… 1992, I, Pisa 1996, p. 139; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 302 s. (s.v. Cervelliera); Saur Allgem. Künstlerlexikon, X, pp. 97 s. (s.v. Cervelliera).