CASTRO, Giovanni di
Nacque a Padova agli inizi del sec. XV, secondogenito del noto giurista Paolo e di Piera de' Cervini di Corneto. A differenza del fratello maggiore, Angelo, non seguì corsi di diritto, ma si dedicò a studi umanistici e filosofici. Non sembra abbia conseguito il dottorato, dato che nei documenti non e ricordato con questo titolo. Èd'altro canto, difficile da controllare la notizia riportata nei Commentarii di Pio II secondo cui avrebbe insegnato, grammatica. Presto, comunque, dovette lasciare gli studi per dedicarsi al commercio: stando ancora ai Commentarii di Pio II, egli fu attivo a Basilea. In seguito tornò in Italia e si mise al servizio di Eugenio IV che lo nominò depositario generale. Successivamente si recò a Costantinopoli, ove dette inizio a un fiorente commercio di panni: importava dall'Occidente i tessuti grezzi e li lavorava usando per la tintura l'allume che trovava a poco prezzo in Oriente.
È noto che l'allume era particolarmente ricercato nel Medio Evo per la sua proprietà di fissatore delle tinte dei tessuti. Le miniere di allume, scarse in Europa, erano invece ricche nell'Impero d'Oriente e producevano un minerale di ottima qualità. Per la maggior parte la manifattura italiana, ed europea in genere, dipendeva dall'allume orientale.
Con la conquista turca di Costantinopoli l'attività commerciale del C. subì un collasso. Egli finì per abbandonare la città e, quando Pio II salì al soglio pontificio, fece ritorno a Roma. Il nuovo pontefice era stato in rapporti di amicizia con il padre e aveva avuto occasione di conoscere il C. stesso. Lo accolse, perciò, in Curia inserendolo di nuovo all'interno dell'organizzazione finanziaria pontificia ove aveva già dato prova delle sue capacità sotto Eugenio IV. Il C. venne nominato commissario generale per le entrate di Roma e del Patrimonio, con l'incarico, cioè, di sovraintendere ai funzionari che curavano nella città e nella provincia la riscossione dei tributi spettanti alla Camera apostolica. Durante una delle sue permanenze nel Patrimonio ebbe la ventura di individuare presso Tolfa un ricco giacimento di allume.
Si narra che durante un soggiorno da lui fatto a Corneto (l'attuale Tarquinia) il C. ricevette dall'astrologo Domenico Padovano la rivelazione che nei monti della Tolfa si nascondeva un notevole quantitativo del prezioso minerale. In effetti il C. aveva notato nella zona una vegetazione e una natura del tutto simili a quelle delle colline di allumite d'Oriente. Fatti prelevare da un suo garzone alcuni campioni di minerale di Tolfa il C. poté constatare che le notizie dell'astrologo erano esatte e subito comunicò al pontefice la scoperta. Pio II all'inizio non condivise l'entusiasmo del C.; si convinse dell'importanza del giacimento solo dopo l'esame che del minerale fece fare a un suo esperto genovese.
In effetti le miniere di Tolfa ben presto si rivelarono molto ricche e il minerale da esse estratto si dimostrò di ottima qualità, nettamente superiore a quella degli altri giacimenti italiani ed europei e pari a quella orientale. La scoperta aveva l'importante effetto di svincolare la produzione tessile italiana ed europea dall'importazione dell'allume turco. Così che mentre colpiva l'esportazione ottomana, poteva togliere una delle principali remore di ordine economico che trattenevano gli Stati cristiani dall'organizzare la crociata.
Circa la data di tale scoperta gli storici non sono d'accordo: lo Zippel la fissa al 1460, mentre il Barbieri e il Liagre pensano al 1462. Il Delumeau è per questa seconda data, ma non sembra conoscere - al pari del Liagre - il documento pubblicato dal Sella che fissa al 20 luglio 1461 l'approvazione da parte della Camera apostolica del contratto stipulato, dopo la scoperta delle miniere, tra il C. e il Comune di Corneto. Se la data di quest'ultimo documento è esatta non si può non collocare la scoperta del C. al 1460 oppure - come suggerisce il Sella - ai primi mesi dell'anno successivo.
Il 30 apr. 1461 il C. aveva ottenuto dal Comune di Corneto il diritto di sfruttare le miniere di Tolfa per la durata di venticinque anni; in cambio cedeva una quota degli utili al concedente e accettava che questo imponesse un dazio sul minerale venduto. Nell'agosto del medesimo anno, dopo che nel luglio la Camera apostolica aveva approvato la suddetta convenzione, Pio II riconosceva con una bolla i suoi diritti allo sfruttamento del giacimento e in compenso gli imponeva il versamento di due ducati per ogni cantaro di allume prodotto. Nel 1462 il C. fondò con due curiali, il genovese Bartolomeo da Fremura e il pisano Carlo Gaetani, una società per la estrazione e il commercio dell'allume di Tolfa: nel novembre essi stipularono con la Camera una convenzione in virtù della quale ricevevano 3/4 di ducato per ogni cantaro di allume prodotto e 5 baiocchi per il trasporto a Civitavecchia, ove il minerale veniva conservato.
L'entrata che perveniva alla Camera fu destinata dal papa - dietro suggerimento dello stesso C. - a un fondo per finanziare la crociata contro i Turchi, la così detta cassa della Crociata. Nello stesso tempo Pio II operò per aprire un vasto mercato alla produzione di Tolfa: egli infatti cercò di imporre a tutti gli Stati cristiani l'acquisto del minerale pontificio. Nel 1463 vietò con una bolla ai mercanti cristiani l'acquisto dell'allume turco imponendo loro quello di Tolfa. Era l'inizio della politica pontificia, che sarà proseguita dai papi successivi, diretta a promuovere e a sviluppare la produzione e il commercio dell'allume sia ai fini della lotta antiturca, sia per ottenere alla Camera apostolica crescenti entrate.
Il C. partecipò fino alla morte all'attività della società fondata nel 1462, godendo all'interno della medesima di particolari privilegi. Nel 1465 venne rinnovato per altri nove anni il contratto tra la società e la Camera apostolica. L'anno successivo Bartolomeo da Fremura cedette la sua quota alla casa Medici, particolarmente interessata alla produzione del minerale a motivo della fiorente produzione tessile fiorentina. Il C. non fu peraltro coinvolto nel dissidio che oppose Sisto IV ai Medici, causato proprio da contrasti sulla produzione fiorentina dell'allume. Restò socio della compagnia, a differenza del Gaetani che venne coinvolto dall'esclusione dei Medici.
Il C. morì prima del giugno 1470. Aveva sposato, a Padova, Bianca della nobile famiglia cittadina dei Capodilista, dalla quale aveva avuto un figlio, Gianfrancesco.
Fontie Bibl.: Le vite di Paolo II di Gaspare da Verona e Michele Canensi, in Rer. Ital. Script.,2 ed., III, 16, a cura di G. Zippel, pp. XXIX, 7, 52 s., 112; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna parte terza, ibid., XXXIII, 1, a cura di A. Sorbelli, p. 182; Pii secundi Commentarii, Francofurti 1614, pp. 185 s.; A. Theiner, Codex diplom. dominii temporalis S. Sedis, III, Romae 1862, p. 429; N. della Tuccia, Cronache di Viterbo e di altre città, in Cronache e statuti della città di Viterbo, a cura di I. Ciampi, in Documenti di storia ital. pubbl. a cura della R. Deput. sugli studi di storia patria per le prov. di Toscana, dell'Umbria e delle Marche, V, Firenze 1872, p. 88; A. Guglielmotti, Storia della marina pontificia, II, Roma 1886, pp. 318-322; A. Gottlob, Aus der Camera apostolica des 15. Jahrhunderts, Innsbruck 1889, pp. 279 s., 286 s.; G. Zippel, L'allume di Tolfa e il suo commercio, in Arch. della R. Deput. romana di storia patria, XXX (1907), pp. 14-21, 421-424; G. Barbieri, Industria e politica mineraria nello Stato pontif. dal '400 al '600, Roma 1940, pp. 15-31; P. Sella, La prima concessione per l'allume della Tolfa, in Quellen und Forsch. aus italien. Archiven und Bibliotheken, XXXIII(1944), pp. 252-259; L. Liagre, Le commerce de l'alun en Flandre au Moyen-Age, in Le Moyen-Age, LXI(1955), pp. 194 ss.; J. Delumeau, L'alun de Rome. XV -XIX siècle, Chambéry 1963, pp. 20 s.; N. Del Re, Paolo di Castro, dottore della verità, in Studi senesi, s. 3, XIX (1970), pp. 213 s. (con ulteriori indicazioni bibl.).