GIOVANNI di Bartolomeo
Non si conoscono il luogo e la data di nascita di questo lapicida e scultore fiorentino attivo a Padova nel XV secolo.
In un documento del 1463 egli si dichiara figlio del fu Bartolomeo da Settignano, paese con una forte tradizione nella lavorazione dei marmi, e fratello dei già defunti Antonio e Iacopo (Sartori, 1976).
La sua presenza in Veneto è attestata a partire dal 1429, quando risulta abitante in Venezia nella parrocchia di S. Lio. Nel documento compare anche il nome dello scultore Pietro di Niccolò Lamberti, impegnato nei lavori della facciata di S. Marco, il che ha indotto alcuni studiosi a ritenere che anche G. vi avesse preso parte.
Nel 1430 i due sono documentati insieme a Padova, dove il Lamberti realizzò, su commissione della vedova Giovanna Beccaria, il monumento funebre a Raffaello Fulgosio, eminente giurista dell'ateneo padovano, situato nella basilica di S. Antonio.
In un documento dell'ottobre 1430 G. figura come procuratore e socio del Lamberti, che lo autorizza a riscuotere dalla committente il denaro restante. Una partecipazione di G. alla realizzazione della tomba è molto probabile e alcuni studiosi (Goldner, Wolters, Markham Schulz) hanno cercato di individuare le parti a lui spettanti. Il monumento, ispirato alla tomba dell'antipapa Giovanni XXIII di Donatello (Firenze, battistero), presenta il defunto giacente sotto un baldacchino, con un libro sul petto e attorniato da quattro dolenti nelle vesti di studenti. Sul basamento, a foggia di sarcofago, sono rappresentate le Virtù teologali, mentre sul retro si trovano dei medaglioni lobati, che gli studiosi hanno concordemente attribuito a G., con il Cristo in pietà tra la Madonna e s. Giovanni.
Nei decenni successivi G. risiedette stabilmente a Padova, dapprima presso S. Nicolò e poi, a partire dal 1440, vicino al ponte dei Tadi (parrocchia di S. Benedetto), e fu occupato in vari incarichi: dalla decorazione di facciate di case private alle sepolture, alle riparazioni e realizzazione di scale, poggioli e colonne per le istituzioni civiche e religiose della città.
Nel 1433 stipulò con Giovanni da Serravalle, erede ed esecutore testamentario del giurista Enrico Alano, un contratto per l'esecuzione di una lastra tombale raffigurante l'accademico nell'atto di leggere. Quest'opera, che si trovava nella chiesa di S. Maria dei Servi, oggi è perduta; ma la sua singolare tipologia, definita dal contratto, ha spinto Wolters ad attribuire alla mano di G. la tomba del teologo Pietro Nicoletti nella chiesa degli eremitani, risalente ai medesimi anni (Wolters, p. 242).
Successivamente G. ottemperò a commissioni private per decorazioni di interni e facciate di palazzetti rinascimentali.
I contratti, piuttosto dettagliati, riportano le richieste di colonnine tortili, capitelli floreali, davanzali con decorazioni a dentelli.
Nel contempo avviò un proficuo e duraturo rapporto di committenza con l'episcopio. La sua opera appare quella di un valido artigiano, che fece tesoro della formazione toscana e che propose al pubblico umanista padovano un linguaggio artistico aggiornato in parte sulle novità rinascimentali, ma ancora legato a una espressività tardogotica.
A partire dalla fine del quarto decennio, i documenti padovani indicano spesso G. come Nani o Nanni, chiaramente un diminutivo, ciò che ha indotto alcuni studiosi a confonderlo con Giovanni (Nanni) di Bartolo, scultore vicino a Donatello e ugualmente attivo in Veneto, ma dedito a imprese di ben maggiore rilievo. Se già Biadego intuì l'errore, si deve alla Rigoni la piena confutazione di tale sovrapposizione.
Nel 1440 G. venne incaricato di realizzare il poggiolo della Cancelleria del Comune. Tre anni dopo i massari dell'arca del Santo gli comandarono di riparare ed eventualmente sostituire le colonne della loggia della facciata della basilica, cadute nel corso dell'inverno precedente.
Nello stesso anno il capitolo lo incaricò di costruire un fonte battesimale per il battistero del duomo, da sistemare al centro, al posto del monumento a Francesco da Carrara il Vecchio, asportato dai Veneziani dopo la conquista di Padova nel 1405.
Il fonte circolare si eleva su una base a due gradoni in marmo rosso. La vasca in scagliola presenta una decorazione sobria: un giro di colonnine tortili che sostengono archetti ogivali alternati da pennacchi ornati con motivi vegetali. "Nel complesso pur nella sua semplicità e linearità, il fonte è armonioso ed è legato, malgrado la sua fattura sia al massimo del 1443, ancora allo stile gotico" (Montobbio, p. 235).
L'arrivo di Donatello a Padova nel 1444 costituì un evento capitale per la cultura artistica veneta e coinvolse anche G., seppure in maniera collaterale. Egli procurò a Donatello il ferro per approntare la forma per il grande crocifisso bronzeo (in tale occasione è definito suo "compagno"); e a ciò seguirono alcune partite di pagamento, di cui non si specifica la ragione, da parte del grande scultore al lapicida (Gloria, p. 3).
Nel 1446 G. fece da garante alla redazione del contratto di Donatello e aiuti per la realizzazione dei primi pezzi del grande altare bronzeo per la basilica del Santo e, nel medesimo anno, ricevette dall'arca una somma ingente per un sottopiede marmoreo per un crocifisso posto sopra l'altare della cappella del coro (Sartori, 1961, p. 48). La poca chiarezza del documento ha fatto a lungo ritenere che si trattasse dell'altare donatelliano (Janson, p. 148; Pope-Hennessy), scomposto già nel XVI secolo; ma ciò è stato decisamente confutato (Sartori, 1961, p. 48; Rosenauer, p. 232).
Negli anni seguenti G. continuò a operare per la basilica del Santo e per il capitolo, per il quale a partire dal 1459 lavorò al palazzo vescovile (Zanocco).
Morì intorno al 1478, quando, per l'ultima volta, figura nei registri della mensa vescovile di Padova.
Fonti e Bibl.: A. Gloria, Donatello fiorentino e le sue opere mirabili nel tempio di S. Antonio da Padova, Padova 1895, pp. X s., XIV, XVII s., XXI s., 3, 5 s., 8, 11; A. Venturi, Donatello a Padova, in L'Arte, X (1907), p. 276; Id., Storia dell'arte italiana, VI, Milano 1908, p. 298; G. Biadego, Pisanus pictor, VI, in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere e arti, LXXIII (1912-13), pp. 1322 s.; V. Lazzarini, Il mausoleo di Raffaello Fulgosio nella basilica del Santo, in Arch. veneto tridentino, IV (1923), p. 15; R. Zanocco, Il palazzo vescovile di Padova nella storia e nell'arte della Rinascenza(1309-1567), in Boll. diocesano di Padova, XIII (1928), pp. 181 s.; E. Rigoni, Notizie di scultori toscani a Padova nella prima metà del Quattrocento, in L'arte rinascimentale in Padova, Padova 1970, pp. 85, 105-109, 114-116; H. Janson, Sculptures of Donatello, New York 1957, pp. 147 s., 151, 167; A. Sartori, Documenti riguardanti Donatello e il suo altare di Padova, in Il Santo, I (1961), 1, pp. 42 s., 48, 51; L. Montobbio, Lo scultore G. da Firenze detto Nani e una sua opera nel battistero del duomo di Padova, in Atti e memorie dell'Accademia patavina di scienze, lettere e arti, LXXXII (1969-70), pp. 231-247; G. Goldner, Niccolò and Pietro Lamberti (tesi di dottorato, 1972), New York 1978, pp. 296-308; A. Sartori, Documenti per la storia dell'arte a Padova, Vicenza 1976, ad indicem (erroneamente anche alla voce Nanni di Bartolo); J. Wolters, La scultura veneziana gotica-1300/1460, Venezia 1976, pp. 241 s., 250; A. Markham Schulz, Revising the history of Venetian Renaissance sculpture: Niccolò and Pietro Lamberti, in Saggi e memorie di storia dell'arte, XV (1986), pp. 26 s.; J. Pope-Hennessy, Donatello sculptor, New York 1993, p. 339; A. Rosenauer, Donatello, Milano 1993, p. 232; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, pp. 337 s. (erroneamente alla voce Nani).