GIOVANNI di Bartolomeo
Non si conoscono il luogo e la data di nascita di questo fonditore e scalpellino attivo a Firenze nel XV secolo.
Fratello minore di Maso (nato nel 1406), scultore attivo nella cerchia di Donatello, G. sposò, in data imprecisata, una certa Betta. I due fratelli condivisero la bottega sita in zona di porta Rossa e la maggior parte degli incarichi che Maso, più conosciuto, otteneva da prestigiosi committenti civili e religiosi. Per tale motivo G. compare molto frequentemente, anche solo come aiuto, laddove Maso operò. La prima attestazione è degli anni 1434-38, quando G. figura come aiutante per il pulpito donatelliano della cattedrale di Prato (Guasti, 1887). Nella medesima cattedrale, negli anni immediatamente seguenti, è attestata la sua partecipazione alla realizzazione della cancellata della cappella del Sacro Cingolo, lavoro che, assegnato al fratello, fu poi lasciato incompiuto e terminato molti anni dopo insieme con Pasquino da Montepulciano (Marchini, 1952). Tra il 1440 e il 1443 i due fratelli realizzarono per la cattedrale di Pistoia un grande candeliere in bronzo di gusto rinascimentale, dalla semplice forma ansata e decorato da baccellature d'ispirazione antiquaria (tuttora in loco). Nel 1444 lavorò insieme con Antonio di ser Cola, allievo di Maso, al fonte battesimale del duomo di Prato e, nel medesimo periodo, operò come lastraiolo per Michelozzo, intento alla ristrutturazione della chiesa della Ss. Annunziata a Firenze; sempre per questo edificio Maso e G. realizzarono nel 1447, su commissione di Piero di Cosimo de' Medici, alcuni candelieri d'argento, oggi perduti. A partire da tale data e fino alla morte, Maso tenne un taccuino di memorie molto dettagliato che consente di seguire l'attività della bottega in maniera organica e di documentare l'attività del fratello; G. compare quasi sempre nelle opere di un certo rilievo, e, segnatamente, per le esecuzioni di manufatti in metallo come i due candelieri per la cappella di marmo della chiesa di S. Miniato al Monte, fabbricati, sempre su incarico mediceo, insieme con Luca Della Robbia, nel 1448.
Nel 1449 i due fratelli si recarono a Urbino, al servizio di Federico da Montefeltro, per il quale fusero alcuni pezzi d'artiglieria. Nel 1451 il governo della Repubblica di Firenze incaricò Maso di redigere l'inventario di tutte le munizioni presenti nella cittadella e fortezza di Pisa e nei villaggi vicini, di raccogliere gli armamenti inservibili e quindi di costruire nuove bombarde e cannoni. G. condivise il soggiorno pisano del fratello e lo aiutò nella fusione delle nuove armi. Lo stesso anno, a Firenze, fabbricarono insieme la campana dell'orologio di palazzo Vecchio e restaurarono la scalinata di S. Miniato. Nel 1452 Maso accettò da Sigismondo Malatesta, signore di Rimini, l'incarico di fondere le grate per l'omonima cappella nel Tempio malatestiano; a G. spettò, l'anno successivo, il compito di montarle. Nel 1454 G. collaborò con Michelozzo rinettando la grata dell'altare del Sacramento del duomo di Firenze, inaugurando così un rapporto fiduciario con i Provvisori operai della cattedrale che nel tempo gli affidarono commissioni vieppiù importanti; nel 1461 infatti gli commissionarono di restaurare, racconciare e rinettare i telai della porta della sagrestia, lavoro molto tempo addietro intrapreso e non ultimato da Michelozzo, Luca Della Robbia e Maso, morto nel 1456. In quell'anno, inoltre, Pasquino da Montepulciano ricevette l'incarico di portare a compimento la cancellata della cappella del Sacro Cingolo nel duomo di Prato, condotta a buon punto da Maso: G. lavorò al suo fianco e l'opera fu terminata nel 1467.
La cancellata è lavorata a compassi agganciati, per mezzo di naturalistici cinturini con fibbia di foggia femminile (omaggio alla reliquia venerata nella cappella), a telai verticali decorati da foglie lanceolate di marca donatelliana. Si debbono certo a G. e a Pasquino i fregi a girali della trabeazione e il coronamento con i candelieri, che esprimono l'attenzione all'opera di Lorenzo Ghiberti. Marchini (1952, p. 124) individua la mano di G. in "quelle parti del fregio superiore della cancellata pratese, che sono dotate di perspicuità minore, quali ad esempio, i due putti reggistemma del lato lungo".
Nel 1463 Luca Della Robbia si dichiarò soddisfatto del lavoro svolto da G. per i telai della porta della sagrestia di S. Maria del Fiore; a ciò seguirono nel 1464 un pagamento a G., tramite lo stesso Luca, per i riquadri del lato interno della porta, di cui egli realizzò le formelle anteriori con gli Apostoli, ultimate nel 1469. Secondo Quinterio (p. 240) possono essere attribuite a G. le testine nelle cornici dei battenti. L'8 giugno 1467 gli operai del duomo allogarono a G. di modellare e quindi fondere "d'un pezzo" "il bottone", cioè il supporto, della "palla" che avrebbe dovuto completare la lanterna della cupola di Filippo Brunelleschi (Guasti, 1857, p. 110); G. scelse come socio Bartolomeo di Fruosino, orefice, con il quale erano già intervenuti rapporti di collaborazione. Il bottone doveva essere compiuto nel corso dello stesso anno, poiché nel gennaio 1468 gli Operai convocarono per ben due volte una consulta di cittadini illustri - tra i quali lo stesso Lorenzo de' Medici - e di rinomati artisti per stabilire con quale tecnica, se a fusione o a sbalzo, si sarebbe dovuta fare la palla. Tra gli artisti, insieme con Luca Della Robbia e Andrea del Verrocchio, con Antonio del Pollaiolo e Mino da Fiesole, figura anche Giovanni. Il fatto che nel giugno del 1468 G. e Bartolomeo di Fruosino abbiano ricevuto del materiale per l'esecuzione della palla indica che furono proprio loro ad aggiudicarsi la prestigiosa commissione.
Come è stato ricostruito da Covi, l'assenza del contratto ha indotto in errore Guasti (1857) che riporta i documenti alterandone l'ordine cronologico e ritiene, a torto, che a G. e al suo socio fosse spettato il solo incarico per la realizzazione del bottone. La sequenza dei contratti induce a credere che il modello per la palla proposto dai due artisti fosse stato accolto, ma che in fase di fusione sia poi intervenuto qualche problema; ciò spiega la precisione del successivo contratto di allogagione ad Andrea del Verrocchio (settembre 1468), nel quale si specifica che la sfera doveva essere fusa in otto parti (ibid., p. 113). Il 2 dic. 1468, Luca Della Robbia, Andrea del Verrocchio, Antonio del Pollaiolo e l'orafo Banco di Filippo stimarono favorevolmente l'operato di G. e Bartolomeo riguardo al bottone, che fu retribuito con 340 lire. Il 24 dicembre invece, a seguito di un colloquio, gli Operai pagarono a G. e a Bartolomeo 100 lire per il lavoro della palla, inteso che, benché condotto a buon fine il modello, questa non era venuta bene all'atto della fusione "causa forme" (ibid., p. 111).
Nel 1472 ancora l'Opera del duomo incaricò G., in quest'occasione detto "del Bronzo", di fondere una campana grande. Il successivo silenzio dei documenti indica probabilmente che G. morì intorno a questa data.
Fonti e Bibl.: C. Guasti, La cupola di S. Maria del Fiore, Firenze 1857, pp. 110 s., 113; Id., Il pergamo di Donatello pel duomo di Prato, Firenze 1887, p. 24; C. Yriarte, Journal d'un sculpteur florentin au XVe siècle, Paris 1894, pp. 13-96 passim; G. Poggi, Il duomo di Firenze (1909), a cura di M. Haines, Firenze 1988, ad indicem; R. Piattoli, Tommaso di Bartolomeo scultore a Pistoia, in Rivista d'arte, XVI (1934), pp. 193, 196; R. Nuti, Pasquino di Matteo da Montepulciano e le sue sculture nel duomo di Prato, in Boll. senese di storia patria, X (1939), 4, p. 339; G. Marchini, Di Maso di Bartolomeo e altri, in Commentari, III (1952), p. 124 e n. 17; Id., Il tesoro del duomo di Prato, Milano 1963, pp. 76 s., 108 s.; D.A. Covi, Verrocchio and the palla of the duomo, in Art, the ape of nature. Studies in honor of H.W. Janson, New York 1981, pp. 151-168 passim; M. Ferrara - F. Quinterio, Michelozzo di Bartolomeo, Firenze 1984, ad indicem; A. Rosenauer, Donatello, Milano 1993, p. 145; M. Scalini, I maestri della cancellata della Cintola, in La Sacra Cintola nel duomo di Prato, Prato 1995, p. 278.