DEMIO (De Mio, Del Mio, Denio, Indernio, Fratino, Frattino, Fratini, Frattini, Fratina, Frattina), Giovanni
Non ci sono pervenute notizie sicure sulle origini, sulla giovinezza e sulla prima formazione artistica di questo pittore nato a Schio (Dell'Acqua, 1936) verso il 1510-1512 (Sgarbi, Palladio..., 1980). Il più antico documento che lo riguarda, infatti, risale al 1537, quando "Zuane Visentin", dopo aver fatto "prova de una figura", viene assunto tra i maestri mosaicisti della basilica di S. Marco a Venezia a fianco di Vincenzo Bianchini, suo probabile maestro con il quale collaborerà più volte anche in seguito (Sgarbi, Da Tiziano..., 1981, p. 123).
L'iscrizione rinvenuta nel corso del restauro degli affreschi nella cappella Sauli in S. Maria delle Grazie a Milano (Dell'Acqua, 1936), si è rivelata di fondamentale importanza, non solo perché ha consentito la restituzione al D. dell'intero complesso decorativo, in precedenza attribuito ad altri artisti, ma anche perché ha permesso di identificare su basi stilistiche l'autore delle pitture milanesi con quel "messer Giovanni Indemio Vicentino, huomo di bellissimo ingegno", ricordato dal Palladio (1570) quale esecutore degli affreschi della villa Thiene da lui progettata a Quinto Vicentino (Fiocco, 1938), contribuendo altresì a confermare il cognome, o soprannome, "Demio" come il più probabile tra quelli citati dalle varie fonti. Infatti, accanto a questo cognome, attestato nel saldo del 1539 per i perduti mosaici del Camposanto di Pisa (Tanfani Centofanti, 1897) e più tardi nel contratto firmato dal D. con i soprastanti del duomo di Orvieto nel 1558 (Fumi, 1891), gli stessi documenti orvietani registrano anche le forme "Fratino" o "Fratini", con le varianti "Frattino" e "Frattini" (Della Valle, 1791), ricorrenti in prevalenza presso gli storiografi più antichi. Tuttavia già lo Zanetti (1771) proponeva di identificare il "Fratina" del Ridolfi (1648), e il "Fratini" del Boschini (1664) con "Zuane de Mio", pagato insieme agli altri autori dei dipinti sul soffitto della Libreria Marciana il 14 (in realtà, il io) febbr. 1556 m.v. (= 1557) (p. 249); e questi, a sua volta, con il "Zuane Visentin", accolto tra i maestri mosaicisti di S. Marco nel 1537 (p. 572).
Ancora più scarse e frammentarie sono le notizie riguardanti la famiglia del Demio. L'esistenza di un fratello del quale non è dato il nome, che, secondo il Boschini (1664) e lo Zanetti (1733), avrebbe collaborato con lui nei tondi della Libreria Marciana tra il 1556 e il 1557, sembra confermata nel 1558 dai documenti relativi alle trattative intercorse tra il D. e i soprastanti la fabbrica del duomo di Orvieto per i restauri dei mosaici della facciata (Fumi, 1891, pp. 150 s.). Come è stato osservato (Paolucci, 1981, p. 298), tali indicazioni non hanno però trovato seguito nella critica, né ulteriori appoggi stilistici o documentari; non si può tuttavia escludere con assoluta certezza che un fratello del D., mosaicista e pittore, abbia collaborato con lui, forse solo in questi anni e con mansioni di scarso rilievo, tali cioè da non consentirgli un'affermazione personale e quindi una fama durevole presso la storiografia.
Il patriarca di Aquileia, scrivendo l'11 marzo 1558 ai soprastanti la fabbrica del duomo di Orvieto, ricorda loro che il D., da lui proposto come restauratore dei mosaici della facciata, qualora avesse deciso di fermarsi in quella città per eseguirvi i lavori in questione, avrebbe dovuto condurvi anche la sua famiglia, "quale è una sua figliola, una fantesca et un garzone" (Fumi, 1891, p. 150); non fa invece alcuna menzione circa l'eventuale presenza di un fratello al seguito dell'artista.
Impossibile infine stabilire se esista qualche rapporto di parentela tra il D. e un certo "Felippo de Mio alla Pietà", registrato nel 1581 nella fraglia dei pittori veneziani (E Favaro, L'arte dei pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, p. 141).
Allontanatosi da Schio forse in seguito alla calata dei lanzichenecchi nel 1526-27 (Guglielmi, 1964-65, p. 170) e trasferitosi a Venezia, il D., almeno all'inizio, dovette dedicarsi in prevalenza e con un certo successo all'attività di mosaicista, se nel 1537 veniva assunto in S. Marco come aiuto di Vincenzo Bianchini, già famoso, e l'anno seguente invitato addirittura a Pisa, ancora con il Bianchini.
Le fonti non specificano a quali dei mosaici marciani egli fosse chiamato a lavorare, ma di recente lo Sgarbi (G. D. ..., 1981) ha indicato nel Giudizio di Salomone, siglato dal Bianchini nel 1538, l'intervento del D. al quale spetterebbero l'esecuzione di alcune figure laterali e forse anche l'idea generale della composizione. Lo stesso studioso, ai cui saggi si rimanda per una analisi più approfondita delle singole opere e della personalità dell'artista, suppone però che prima di questo momento egli avesse eseguito anche alcuni dipinti, sinora datati dalla critica intorno al sesto decennio: forse nel 1535, "frutto di iniziali e subito scosse impressioni tizianesche", le ante d'organo del duomo di Schio con il Martirio di s. Pietro e il Martirio di s. Paolo, da lui stesso assegnate in precedenza a Gualtiero Padovano (Sgarbi, Aspetti..., 1980, p. 72; Palladio..., 1980, p. 34), e, prima del 1539, il Martirio di s. Lorenzo della chiesa parrocchiale di Torrebelvicino (Vicenza), nel quale "è ancora dominante la lezione raffaellesca nell'interpretazione del primo manierismo settentrionale, tra Brescia, Cremona e Ferrara, con evidenti riferimenti al Romanino, al Moretto, all'Ortolano, al Garofalo e soprattutto a Callisto Piazza" (Sgarbi, in, Da Tiziano..., 1981, p. 124). Per il Marinelli invece (1981) e per il Bora (1983), il primo dipinto noto del D. sarebbe la Sacra Conversazione di casa Maggi a Calino (Brescia), da collocare però tra il quarto e il quinto decennio.
Nel marzo del 1538 Battista di Pietro Paolo Vernagalli, orafo e mercante d'arte pisano, trovandosi a Venezia, per conto dell'Opera del duomo di Pisa commissionava a Vincenzo Bianchini e al D. l'esecuzione di sette braccia di mosaico da collocarsi sopra la porta del camposanto, pagate cinquantasei ducati più le spese il 9 apr. 1539 (Tanfani Centofanti, 1897). Frattanto, già all'inizio di questo stesso anno il D. si era certamente trasferito a Milano, dove, il 7 marzo e il 31 maggio, gli venivano pagati alcuni dipinti, sinora non identificati, eseguiti per Alfonso d'Avalos, marchese del Vasto e governatore della città (Bora, 1977).
Al primo determinante contatto dell'artista con il manierismo toscano, avvenuto a Pisa probabilmente attraverso Battista Franco (Sgarbi, Palladio..., 1980, p. 28), si sovrappongono, ancora più stimolanti, l'arrivo a Venezia del Salviati e del Porta nel 1539 e, poco dopo, il soggiorno del Vasari sulla laguna tra il dicembre del 1541 e l'agosto del 1542. Con ogni probabilità furono questi avvenimenti a indurlo a un secondo viaggio nell'Italia centrale per aggiornarsi direttamente sulle novità del linguaggio manieristico tosco-romano. L'ipotesi di questo viaggio, già formulata dal von Hadeln (1916) e dal Ragghianti (1940) e sostenuta anche dalla critica più recente (Guglielmi, Pallucchini, Sgarbi), sembra trovare un'immediata conferma nell'analisi delle diverse componenti stilistiche e culturali identificabili nelle pitture della cappella Sauli in S. Maria delle Grazie a Milano, eseguite dal D. tra il 1541 e il 1545 per il genovese Domenico Sauli che la aveva in patronato (De Vecchi, 1977).
Gli affreschi raffiguranti Noli me tangere, Cristo in Emmaus, Profeti, Evangelisti e Sibille, come la pala dell'altare con la Crocefissione, rivelano infatti un linguaggio nuovo e culturalmente assai complesso, inspiegabile senza la conoscenza degli affreschi fiorentini del Bronzino nella cappella di Eleonora di Toledo e di quelli romani della Sistina, dell'Oratorio di S. Giovanni Decollato e della cappella Orsini alla Trinità dei Monti (Ragghianti, 1940);nonché della decorazione della villa Imperiale di Pesaro (Guglielmi, 1964-65; 1966) e del manierismo emiliano e in particolare del Parmigianino (Sgarbi, in Da Tiziano..., 1981, p. 126). Negli affreschi della volta sono pure evidenti i contatti con i "romanisti del Nord", dal quarto decennio sempre più numerosi in Italia, come loScorel e Vari Heemskerck (Bora, 1971;1983), mentre nella Crocefissione sarebbe da vedere anche un accostamento a Iacopo Bassano (Pallucchini, 1977) e a Camillo Boccaccino (Bora, 1983). Al D. potrebbero appartenere secondo loSgarbi (1985, p. 404) anche gli stucchi con Angeli sulle pareti sottostanti la fascia degli affreschi.
Difficile tuttavia stabilire con esattezza l'epoca di questo secondo soggiorno del D. nell'Italia centrale, sia perché la cronologia del suo intervento nella cappella Sauli, che ne costituisce la prova più evidente, è tuttora controversa; sia perché tra il quarto e il quinto decennio egli si trova impegnato in luoghi diversi, dai quali si sposta rapidamente. Tra il 1541-42 è probabilmente ancora a Venezia, se è esatta l'ipotesi del Pallucchini (1950, p. 44) di un suo intervento nell'esecuzione del cartone del Salviati con la Genealogia della Vergine per la basilica di S. Marco, la cui realizzazione in mosaico, iniziata il 1º marzo 1542 da Vincenzo Bianchini, si protrarrà fino a tutto il 1550 (Saccardo, 1896, p. 271); tuttavia la sua effettiva collaborazione col Bianchini, ricordata dalle fonti, dovette iniziare solo qualche tempo dopo (Zanetti, 1771, p. 572) e forse proseguire saltuariamente. Secondo Sgarbi (Palladio..., 1980, p. 12; 1985, pp. 404 s.) dopo il 1545, infatti, il D. si trasferì a Napoli, probabilmente chiamatovi dal Vasari, del quale copiò la Presentazione al tempio di S. Anna dei Lombardi in una pala per la chiesa di S. Francesco a Maiori (Salerno), già attribuita al napoletano Michele Curia (Previtali, 1978, p. 65).
Tornato nel Veneto, dopo una breve puntata a Mantova (Guglielmi, 1966, p. 103), il D. eseguì tra il 1553-1555 alcuni affreschi di soggetto mitologico scompartiti da mascheroni e cariatidi nella palladiana villa Thiene a Quinto Vicentino - unica testimonianza rimasta di un suo più ampio intervento alla decorazione dell'intero edificio (Palladio, 1570) - nei quali "scopre le carte di un'elaboratissima e personale ricerca manieristica" (Sgarbi, Palladio..., 1980, p. 11) richiamandosi in modo esplicito, eppure non privo di un'intelligente ironia, alla corposa sensualità di Giulio Romano nel palazzo del Te. Senza nulla perdere della sua vena caustica e dissacrante, "il vitalismo quasi diabolico dei nudi aggrovigliati e compressi negli affreschi della villa Thiene a Quinto Vicentino vive ancora, appena un poco più controllato, nelle torsioni anatomiche e nei contrapposti paradossali" dei tre tondi dipinti dal D. sul soffitto della Libreria Marciana a Venezia, in concorrenza con Giuseppe Porta Salviati, Battista Franco, Giulio Licinio, Battista Zelotti, Paolo Veronese e Andrea Schiavone (Paolucci, 1981, p. 291).
Ciascuno dei sette pittori, scelti da Tiziano e dal Sansovino e vincolati da un contratto individuale firmato il 19 ag. 1556, siimpegnava a eseguire una serie di tre tondi di uguali dimensioni per un compenso globale di 60ducati; il 9ottobre il D., al quale spettano la Natura tra Pallade e Giove, le Virtù teologali davanti alla Divinità e la Natura e le Stagioni, ricevette un acconto di 20 ducati, mentre il saldo dei rimanenti 40 venne pagato a tutti gli artisti contemporaneamente il 10 febbr. 1557 (Hadein, 1911).
A questo prestigioso riconoscimento ufficiale delle sue qualità di pittore seguì, l'anno successivo, un'ulteriore conferma della stima di cui il D. godeva anche come mosaicista. In una lettera dell'11 marzo1558 infatti, il card. Giovanni Grimani, patriarca di Aquileia, giudicandolo "eccellentissimo in tale arte", lo raccomandava ai soprastanti della fabbrica del duomo di Orvieto che gli avevano richiesto un maestro per "rasettare e far di nuovo il musaico della Cattedrale" (Fumi, 1891, pp. 149 s.)s il 29 marzo essi accettavano, informandosi circa la "provvisione da farsi al mastro" e dichiarandosi disposti a rimborsargli le spese del viaggio fino a Orvieto. Le trattative tuttavia segnarono il passo perché il D., che il 20 maggio si trovava ancora a Padova probabilmente impegnato all'esecuzione delle due tele per la chiesa di S. Maria in Varizo (Guglielmi, 1964-65, p. 182), era rimasto "come spaventato per il sospetto o paura" sapendo di essere stato preceduto a Orvieto da un altro mosaicista, Giovanni Antonio Bianchini, figlio di Vincenzo, regolarmente assunto il 2 giugno con un salario annuo di 150 scudi (Della Valle, 1791; Fumi, 1891, p. 150).
Finalmente il D. si recò a Orvieto accompagnato da un fratello e il 7 agosto firmò come "Joan Demio pictore e musaico vicentino" un contratto, impegnandosi per 225 scudi l'anno, più la casa e le masserizie, a lavorare ai restauri della facciata della cattedrale e, in caso di maltempo, a far mosaico o a dipingere in chiesa (Fumi, 1891, p. 150). Probabilmente questo ruolo prevalente di restauratore, accettato per non offendere il Grimani, non soddisfaceva il D. che ritornò subito nel Veneto, dove terminò l'Adorazione dei pastori e l'Adorazione dei magi di S. Maria in Vanzo (Guglielmi, 1966, p. 111); dello stesso momento è anche il Riposo durante la fuga in Egitto della Galleria di palazzo Pitti (Sgarbi, in DaTiziano..., 1981, p. 128), già attribuito a Michele Curia (Previtali, 1978, p. 84), e, di poco posteriore, la Madonna tra s. Bartolomeo e s. Antonio abate della parrocchiale di Torrebelvicino.
Il 1º marzo 1560, a quanto sembra, il D. era nuovamente a Venezia (Hadeln, 1911, p.145), ma poco dopo, secondo lo Sgarbi (1980; 1981; 1985), sarebbe tornato per la seconda volta a Napoli, dove gli spetterebbero altre due delle opere incluse dal Previtali (1978) nel catalogo del Curia: la Madonna col Bambino e s. Gerolamo in S. Giacomo degli Spagnoli e il trittico centinato con il Giudizio universale e la Madonna del Rosario nella chiesa di S. Maria di Montecalvario, ritenuto però dal Pallucchini (1980, p. 267) di tutt'altra cultura e riconfermato a Michele Curia da Leone de Castris (1984, pp. 11 s.). Dopo un breve rientro nel Veneto con l'Adorazione dei magi di Santorso, ora in S. Lorenzo a Vicenza. ultima opera sicura datata 1563, il D. avrebbe eseguito nel 1570 (Sgarbi) la grande pala con la Morte e l'Assunzione di Maria nella chiesa delle Vergini a Cosenza, ritenuta invece dal Previtali (1978, p. 66) l'opera più antica tra quelle note di Michele Curia. In questo stesso anno, secondo le fonti (Barbarano de' Mironi, 1760), sarebbe avvenuta la morte del D. che però il Palladio (1570) ricorda ancora vivente alla medesima epoca.
Oltre alle pitture e ai mosaici sin qui citati, e ad altre opere perdute (Guglielmi, 1964-65, p. 173) o di controversa attribuzione (Guglielmi, 1966, p. 110; Sgarbi, Palladio..., 1980, p.12 e in Da Tiziano..., 1981, p.128, Collezioni, 1980), si conoscono anche tre disegni assegnati dal Popharn (1947) al D. sulla base del confronto con gli affreschi della cappella Sauli e con i tondi della Marciana: gli Amori di Giove e Giove e Semele del British Museum di Londra e Giove e Semele del Gabinetto dei disegni del Louvre, questi ultimi già attribuiti a Nicolò dell'Abate e poi a lacopo Ligozzi. A questi va aggiunta certamente una miniatura del Museo civico di Cremona raffigurante un Procuratore veneto in preghiera con le quattro virtù cardinali e l'incoronazione della Vergine (Marinelli, 1986).
Fonti e Bibl.: A. Palladio, I quattro libri dell'architettura, Venetia 1570, II, p.64;G. P. Lomazzo, Trattato dell'arte della pittura, scultura et architettura, [1585], Roma 1844, I, p. 388; II, p. 445; C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte Venezia 1648, I, p. 291; F. Sansovino-G. Martinioni, Venetia città nobilissima et singolare, Venetia 1663, p. 311; M. Boschini, Le minere della pittura, Venetia 1664, p. 90;A. Santagostino, L'immortalità e gloria del pennello, Milano 1671, p. 44 (edizione Milano 1980a cura di M. Bona Castellotti, p. 46;M. Boschini, Le ricche minere della pittura veneziana, Venetia 1674, Sestiere di S. Marco, p.69;C. Torre, Il ritratto di Milano, Milano 1714, p. 151; A. M. Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia..., Venezia 1733, p. 155; F. Barbarano de' Mironi, Historia ecclesiastica della città, territorio e diocese di Vicenza, IV, Vicenza 1760, pp. 414 s.; A. M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle opere pubbliche de' veneziani maestri, Venezia 1771, pp. 249, 572; P. Della Valle, Storia del duomo di Orvieto..., Roma 1791, pp. 147 s.; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia [1809], a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, p. 80 (l'alunnato presso il Maganza viene escluso dalla supposta data di nascita); G. Mongeri, L'arte in Milano, Milano 1872, pp. 211 s.; L. Fumi, Ilduomo di Orvieto e i suoi restauri, Roma 1891, pp. 110, 149 ss.; G. Saccardo, Les mosaïques de Saint Marc à Venise, Venezia 1896, pp. 53, 81, 271, 291; L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte dai documenti pisani, Pisa 1897, pp.490 s.; L. Pittoni, La Libreria di S. Marco. Cenni storici, Pistoia 1903, pp.34, 36, 115 s.; F. D. von Hadeln, Archivalische Beiträge zur Geschichte der venezianischen Kunst aus dem Nachlass Gustav Ludwigs, in Italienische Forschungen, IV (1911), pp. 140, 143 ss.; Id., in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XII, Leipzig 1916, p. 397 (sub voce Fratino); G. K. Loukomski, Les fresques de Paul Véronèse et de ses disciples, Paris 1928, pp. 97, 207, 234 s.; G. Fasolo, Le ville del Vicentino, Vicenza 1929, p. 77; G. Fiocco, recensione in Riv. d'arte, XIII (1931), p. 445, H. Voss, Giovanni FrancescoBezzi genannt Nosadella, in Mitteil. des Kunsthistorischen Inst. in Florenz, III (1932), p. 462; A. Morassi, Simone Peterzano, in Boll. d'arte, XII (1934), p.108; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX, 7, Milano 1934, p. 34; G. A. Dell'Acqua, G. D. a Milano, in Rivista d'arte, XVIII (1936), 4, pp. 387-398, G. Fiocco, L'eredità di G. D., ibid., XX (1938), pp. 158-173; A. D. Pica-P. Portaluppi, Le Grazie, Roma 1938, pp. 253, 361; Un "corpusphotographicum" di disegni, in Critica d'arte, III (1938), 16-18, pp.XXVI, XXVIII; C. L. Ragghianti, Notizie e letture, G.D., ibid., XXIII (1940), 21, pp. IV s.; G. Briganti, IlManierismo ePellegrino Tibaldi, Roma 1945, pp. 121 s., 124; G. Fiocco, Il pittore Pietro de Mariscalchi da Feltre, in Arte veneta, I (1947), pp. 97 ss., 107; A. E. Popham, Disegni veneziani acquistati recentementedal British Museum, ibid., p. 229; R. Pallucchini, La giovinezza del Tintoretto, Milano 1950, pp. 44, 49 s.; G. Mazzotti Le ville venete, Treviso 1952, p. 317; E. Tea, Architetture e decorazioni nellechiese di Milano, Milano 1952, pp.65 s.; E. Arslan, Catalogo delle cose d'arte e di antichità. Vicenza, Le chiese, Roma 1956, pp. 96, 128; M. Muraro, Pitture murali nel Veneto, Venezia 1960, p. 122, n. 93; N. Ivanoff, Il cicloallegorico dellaLibreria sansoviniana, in Arte antica e moderna, 1961, pp. 249, 253, 256 n. 18; L. Crosato, Gli affreschi nelle ville venete del Cinquecento, Treviso 1962, pp. 50, 177; G. Guglielmi, Saggio biograficosu G. D., in Atti dell'Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, CXXIII (1964-65), pp. 167-188 (con citazione delle fonti manoscritte); Id., Profilo diG. D., in Arte veneta, XX (1966), pp.98-111; N. Ivanoff, La Libreria Marciana. Arte e iconologia, in Saggi e mem. di storia dell'arte, Firenze 1968, pp. 70, 74, J. Schulz, Venetian painted ceilings ofthe Renaissance, Los Angeles 1968, pp. 14, 93, n. 33; G. Bora, G. D., in Kalòs, II (1971), 4, pp. 77-80; F. Dal Forno, Pinacoteca Tanara giàconti Balzi Salvioni e già conte Ignazio BevilacquaLazise, in Atti e mem. dell'Accad. di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 6, XXIV (1972-73) p. 277, n. 143; G. Mazzotti, Ville venete, Roma 1973, ad Indicem;M. Chiarini, Iquadri della collezione del principe Ferdinando di Toscana, in Paragone, XXVI (1975), 301, pp. 70, 93, n. 70; C. Wright, Old master painting in Britain, London 1976, ad Indicem;G. Bora, La cultura figurativa aMilano, 1535-1565, in Omaggio a Tiziano (catal.), Milano 1977, p. 46, P. L. De Vecchi, Nota su alcuni dipinti di artisti veneti per committenti milanesi, ibid., pp. 55, 58-60; M. Lucco, Esercizi e divagazioni sul "Dopo Mantegna", in Paragone, XXVIII (1977), 323, p. 125; R. Pallucchini, L'omaggio a Tiziano della città di Milano, in Arte veneta, XXXI (1977), pp. 294 s.; J. Pope Hennessy, A catalogue of the earlier Italian paintings in the Ashmolean Museum, in Apollo, ottobre 1977, p. 319; G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel vicereame, Torino 1978, pp. 64-67, 8387; C. Volpe, Mostre: "Omaggio a Tiziano" e "Pittura francese nelle collezioni pubbliche fiorentine", in Paragone, XXIX (1978), 335, p. 91; M. Gregori, Giovan Battista Moroni, in Pittori bergamaschi. Il Cinquecento, III, Bergamo 1979, p. 316; R. Pallucchini, Pittori veneti manieristi a S. Corona, in Arte veneta, XXXIV (1980), p. 267; V. Sgarbi, Palladio e la Maniera (catalogo), Venezia 1980, pp. 11 ss., 28-33, 34; Id., Aspetti della "Maniera" nel Veneto, in Paragone, XXXI (1980), 369, pp. 65 ss., 70 ss.; G. A. Dell'Acqua, Il Manierismo a Venezia, in Arte veneta, XXXV (1981), pp. 289, 292; S. Marinelli, Nota alla mostra "Palladio e la Maniera", in Ricerche di storia dell'arte, 1981, nn. 13-14, p. 151; R. Pallucchini, Per la storia del Manierismo a Venezia, in Da Tiziano a El Greco (cat.), Milano 1981, pp. 21 ss.; V. Sgarbi, ibid., pp. 123-29; A. Paolucci, La sala della Libreria e il ciclo pittorico, ibid., pp. 290 s., 298; Collezioni private bergamasche, I, Bergamo 1980, tav. XIV; W. R. Rearick, Venice Palazzo Ducale and Libreria Marciana, in The Burlington Magazine, CXXIII (1981), 1944, p. 700; G. D., Bonifacio de' Pitati, Lamberto Sustris..., in Arte veneta, XXXV (1981), pp. 52 s.; D. Sutton, Cross-currents in sixteenth-century Venetian painting. The Palazzo Ducale exhibition, in Apollo, dicembre 1981, p. 370; L. Crosato Larcher, Considerazioni sul programma iconografico di Maser, in Mitteilungen des Küsthistorischen Institutes in Florenz, XXVI (1982), 2, p. 2 42; G. Gamulin, Commento alla mostra "Da Tiziano a El Greco", in Ateneo veneto, XX (1982), 1-2, pp. 115 s.; G. Bora, La decorazione pittorica sino al Settecento, in S. Maria delle Grazie in Milano, Cinisello Balsamo-Milano 1983, pp. 161-64; U. Ruggeri, La decorazione pittorica della Libreria Marciana, in Cultura e società del Rinascimento fra riforme e manierismi, a cura di V. Branca e C. Ossola, Firenze 1984, pp. 318, 320, 322 ss.; P. Leone De Castris, Avvio a Francesco Curia disegnatore, in Prospettiva, 1984, n. 39, pp. 11 s., 22; V. Sgarbi, G. Vasari e la carriera di G. De Mio, in Giorgio Vasari tra decorazione ambientale e storiografia artistica, in Atti del Convegno di studi di Arezzo, 8-10 ott. 1981, a cura di G. C. Garfagnini, Firenze 1985, pp. 401-408; F. Dal Forno, Pinacoteca Tanara, Verona 1986, pp. 25, n. 143, p. 47, n. 142, pp. 102 s., n. 143; S. Marinelli, Il crepuscolo della miniatura veronese del Rinascimento (catal.), Verona 1986, pp. 38 s.