DEMIN, Giovanni
Nacque a Belluno il 24 ott. 1786 dal conciapelli Giuseppe e da Lucia Schiochet, governante presso Francesco Maria Colle, professore nell'ateneo di Padova e successivamente consigliere di Stato del Regno Italico a Milano; questi assecondò l'inclinazione del D. per la pittura, ponendolo appena decenne alla scuola del nobile dilettante Ludovico Sergnano a Belluno e quindi nella bottega dell'incisore Paolo Filippi. Passato poi sotto la protezione dei Falier di San Vitale, già mecenati di A. Canova, venne inviato nel 1803 a Venezia per completare la propria educazione artistica. Qui, ospite per sei anni in casa Falier, frequentò con Francesco Hayez lo studio del pittore Pietro Tantini e la celebre galleria Farsetti, dove nel continuo contatto con i gessi dall'antico s'aprì alle nuove istanze della cultura neoclassica. Entrato, sempre insieme con Hayez nell'accademia di belle arti, ebbe dapprima come maestro il bergamasco Lattanzio Querena e, dopo la riforma dell'istituto il titolare della cattedra di pittura storica, il pistoiese Teodoro Matteini. Apprezzato da Leopoldo Cicognara, presidente dell'accademia, nel 1809 ottenne, con Hayez e con Vincenzo Baldacci di Cesena, il pensionato per Roma, dove si trasferì alla fine dello stesso anno.
Protetto e costantemente seguito dal Canova, di cui frequentò assiduamente lo studio, vide rinnovato, nonostante il rendimento artistico discontinuo, il periodo di pensionato, che si protrasse sino al 1817. In questi anni, che coincisero col matrimonio con la romana Camilla Roventi, da cui avrà sei figli, produsse due soli dipinti di un certo impegno, inviati come saggi all'accademia di Venezia: l'Aiace del 1812, giunto a Venezia nel 1813, e l'Ercole al bivio, probabilmente dell'anno successivo (Gallerie dell'Accademia, in deposito rispettivamente presso il Museo civico di Belluno ed il comando della guardia di finanza di Venezia). Ma le esperienze fondamentali del periodo romano furono la sua collaborazione come disegnatore per le tavole della Storia della scultura del Cicognara (Venezia 1813-18), che fu occasione di studio dell'arte medievale e rinascimentale, e la partecipazione alla grande impresa decorativa, commissionata dal Canova, nella Galleria Chiaramonti nel braccio nuovo dei Musei Vaticani. Rispetto ad un primo progetto che prevedeva un suo intervento ben più esteso, il D. finì, nei primi mesi del 1817, con l'affrescare una sola lunetta, dedicata alla Pittura rimessa in onore, in pendant alla Scultura di Hayez. Fu per il D. occasione di un confronto diretto con i Nazareni tedeschi (in questo caso Philipp Veit e Carl Eggers), che del resto doveva aver ammirato e frequentato in questi anni romani e la cui opera rimarrà per lui un costante punto di riferimento".
Il distacco da Roma, che sarà come per Hayez definitivo, fu voluto dal Cicognara, che chiamò le due giovani promesse a Venezia per partecipare con un loro dipinto all'omaggio artistico offerto dalle province venete all'imperatore Francesco I in occasione delle sue nozze (le quarte: 1816) con Carolina Augusta di Baviera.
Al D. venne dapprima assegnato l'arduo tema biblico del Sacrificio d'Elia nella città di Sarepta, poi mutato in La regina di Saba innanzi al re Salomone, il cui bozzetto, eseguito a Roma sotto la consulenza di Canova, fu portato nel giugno 1817 a Venezia; qui, attentamente sorvegliato dal Cicognara, il D. dipinse la redazione finale inviata a Vienna (dispersa), da lui stesso incisa all'acquaforte per l'album che riproduceva, commentate da brani di Cicognara e Pietro Giordani, tutte le opere eseguite per il fausto evento: Omaggio delle Provincie Venete alla Maestà di Carolina Augusta..., Venezia 1818.
Il trasferimento a Venezia doveva segnare un mutamento decisivo di rotta nell'attività artistica del D., che, nell'ambiente culturalmente attardato della conimittenza veneta, finì col dedicarsi quasi esclusivamente alla pratica di decoratore. La prima occasione documentata fu quella procuratagli dal Cicognara, in palazzo reale a Venezia dove, ancora in coppia con Hayez, fu attivo con decorazioni a soggetto mitologico (perdute) dal settembre del 1817. Risalgono all'anno successivo gli interventi, sempre con Hayez, nel palazzo del conte Giovanni Papadopoli a S. Marina (Leda, Diana e Atteone, Salmace e Ermafrodito, Calisto, Venere e le Grazie) e quelli scomparsi (i Quattro Elementi e Ilsonno di Amore) in casa Comello a S. Canciano. La collaborazione con Hayez si esplicò inoltre, nello stesso 1818, in un interessante intervento di restauro, voluto dal segretario dell'accademia Antonio Diedo, sui dipinti deperiti del Tintoretto in palazzo ducale. La fama del D. a Venezia doveva poi consolidarsi grazie alla supplenza, dal giugno 1818 al maggio 1819, nella cattedra di scultura, a causa della malattia e successiva scomparsa del titolare Angelo Pizzi, incarico ottenuto per intervento del Cicognara.
Ma già dalla fine del 1818 il D. risiedeva stabilmente a Padova, dove fu molto attivo nel decennio successivo, intervenendo con importanti cicli decorativi, sempre improntati al gusto neoclassico, in prestigiosi palazzi: nel 1818 palazzo Papafava (allegorie mitologiche e temi dall'Iliade);nel 1822 in quello Treves de' Bonfili (Il Trionfo di Rossini, ammiratissimo da Canova); nel 1821-24 nel palazzo Rusconi Sacerdoti, dove fu attivo anche Hayez (Convito degli Dei, Trionfo e Nozze di Bacco, Marte che rapisce Venere, Venere che rapisce Ascanio);nel 1824-25 in palazzo Gaudio (dove alle Storie di Psiche sialternano, nel gabinetto, due soggetti come Angelica che dona l'armilla a Medoro ed Erminia e il pastore, intrisi della nuova sensibilità romantica e del ricordo della pittura nazarena); nel 1825-30 a palazzo Rossi, poi Moschini (temi mitologici); nel 1828 in quelloRevedin (LaFortuna, Laocoonte, Ulisse uccide i Proci);ed in date imprecisate, ma sempre nello stesso decennio, l'Educazione d'Achille in casa Orsato;l'interessante Apoteosi di Canova in palazzo Crescini, poi Trieste (dopo lademolizione dell'edificio, l'affresco staccato è stato depositato presso la Banca Antoniana); Erminia che soccorre Tancredi, Giove e Giunone, Leda in casa Fasolo. Completa l'attività decorativa di questo periodo l'intervento, tra il 1829 ed il 1831, in palazzo Treves de' Bonfili a Venezia, dove affrescò un ambiente con le Storie di Psiche.
Un isolato tentativo di adeguarsi ai nuovi indirizzi della pittura storica fu la lunga stesura dell'immensa tela L'eccidiodi Alberico da Romano e della sua famiglia (dispersa, è documentata da una litografia del 1839 di F. Locatello), commissionatagli dal conte Fabrizio Orsato a nome di una società di "amici amanti delle arti" di Padova. Iniziata nel 1823, ne fu presentato, per sollecitazione del Cicognara, un grande bozzetto all'esposizione dell'accademia veneziana nel 1825. Ma il dipinto, concluso nel 1827, finì col suscitare accese polemiche a causa della crudezza e dell'eccessivo espressionismo del soggetto rappresentato. Incomprensioni che dovettero contrariare l'artista e determinarlo nella sua decisione di trasferirsi, sulla scia del successo ottenuto da Hayez, da Padova a Milano, dove rimase dal 1831 al 1840.
Appoggiato soprattutto dallo scultore Pompeo Marchesi, riuscì a ritagliarsi un suo spazio di prestigio, ma scarsamente remunerativo, ancora nella pittura decorativa, operando per prestigiosi committenti come la nobildonna russa Giulia Samoyloff Pahlen, per la quale decorò nel 1831 il soffitto del salone da ballo con Il trionfo della musica (distrutto) e progettò nel 1833 un altro ambiente con l'Apoteosi di Napoleone in sette storie, non eseguito per divieto governativo (un disegno preparatorio è a Milano, collezione privata); il conte Alessandro Passalacqua, che gli ordinò nel 1832 l'affresco La Grecia e l'Italia che presentano le Belle Arti all'Universo (distrutto); Luigi Taccioli, per cui eseguì il dipinto, oggi disperso, Beatrice di Tenda ed Orombello.
Ma l'incapacità di sfondare nell'ambiente milanese, tra la concorrenza di pittori più aggiornati ed accorti alle richieste del mercato artistico, lo costrinse a trasferte sempre più lunghe, ed al definitivo ritorno, a Belluno.
Qui il pittore era già riuscito a consolidare la propria fama di affrescatore assicurandosi innumerevoli commissioni sacre e profane, tra cui il Giudizio universale affrescato nella parrocchiale di Paderno del Grappa (1824); la pala della Resurrezione di Lazzaro in S. Giustina a Villagrande di Auronzo (1827), lodatissima dal Cicognara; gli affreschi con l'Apoteosi dei ss. Rocco e Domenico, S. Rocco spirato in carcere e S. Domenico risuscita un morto in S. Rocco a Conegliano (1827); i Dodici apostoli, affrescati per commissione del fratellastro di Canova, nel tempio di Possagno (1829); la Profanazione del tempio, olio eseguito per il Municipio di Padova nel 1831 (palazzo della Ragione); Le anime purganti e una nuova Profanazione del tempio, pale per S. Giustina a Villagrande di Auronzo (1833-34); il grande e celebratissimo affresco La lotta delle Spartane per villa de Manzoni ai Patt di Sédico presso Belluno (1836-37); Gli Elvezi soggiogati da Cesare, La generosità di Cesare e La morte di Cesare, affrescati a villa Gera in Castello di Conegliano (1837), edificio costruito da Giuseppe Iappelli; La vittoria di s.Michele sopra gli angeli ribelli, affresco andato distrutto, in S.Michele di Cimadolmo (1838).
La buona prova data nella grande decorazione di gusto storico, improntata al recupero della tradizione veneta della pittura murale cinquecentesca (soprattutto il Pordenone e l'Amalteo) con gli affreschi eseguiti nel 1839 nella sala del Consiglio del palazzo municipale di Belluno (La pace tra il vescovo Giovanni e i Veneziani, L'assalto respinto di Ezzelino alla città di Belluno), gli aprì una ottima reputazione di pittore civile a livello locale. Ne derivò la sua più prestigiosa ed impegnativa commissione, lo straordinario ciclo di affreschi dipinti tra 1841 e 1844 nella vasta aula dell'antico palazzo municipale sansoviniano di Ceneda (Vittorio Veneto): Guecello da Camino respinto dai Cenedesi, Il vescovo Francesco Ramponi concede la investitura delle sue sette corti ai Procuratori di S. Marco, Carlo IV imperatore conferma al vescovo Gualberto gli antichi privilegi, Apoteosi di Ferdinando I (ispirata al soffitto affrescato da Hayez nel 1838 nella sala delle cariatidi in palazzo reale a Milano), Ferdinando I concede il decreto che assolve i rei di Stato, Ferdinando I ricambia con medaglie il merito dei cittadini.
La sua intensissima attività di affrescatore registra ancora La caduta degli angeli ribelli nella parrocchiale di Caneva (1840); L'Assunta e La Fede in S. Cassiano a Cordignano (1842); Il Giudizio finale nella parrocchiale di Monigo (1842); S. Giovanni evangelista in S. Rocco a Coneghano (1842); L'uomo di Platone e L'arabo nel caffè Pedrocchi a Padova (1842), L'apoteosi di s. Rocco nella chiesa di Dosoledo in Cadore (1844); Losbarco di s. Saba a Costantinopoli nella villa Gera in Castello di Conegliano (1844); IlGiudizio finale nella parrocchiale di Pove del Grappa (1845); L'orazione nell'orto e La Resurrezione nella parrocchiale di Codroipo (1845); L'Assunta, L'Addolorata, Vita di s. Marco Evangelista nella parrocchiale di Moriago, distrutta (1846); L'Assunta, L'Annunziata, la Deposizione, La morte di Anania, S. Paolo nell'Areopago nella parrocchiale di Candide nel Comelico (1846); IlMartirio dei ss. Celso e Nazario nella parrocchiale di S. Nazario (1847); IlGiudizio finale, uno dei più vasti dipinti dell'Ottocento, nella parrocchiale di Mirano (1847); La gloria di s. Andrea nella parrocchiale di Sant'Andrea del Musone (1848-49); La morte di Alberico da Romano e Il ritorno dei crociati feltrini dalla Terrasanta con Giovanni Vidor loro condottiero nel palazzo di Luigi Berton a Feltre (1849-50), edificato dall'amico Giuseppe Segusini; L'ingresso di Cristo a Gerusalemme, Il Battesimo di Cristo, Cristo e i fanciulli nell'arcidiaconale di Agordo (1851); S. Paolo nell'Areopago, Il serpente di bronzo nella parrocchiale di Crespano del Grappa (1852). La Madonna coi ss. Prosdocimo e Donato nell'arcipretale di Cittadella (1852), La Madonna della Salute con gli ammalati in S. Vito a Bassano (1852); L'incoronazione della Vergine, Il passaggio del Mar Rosso, Fuga in Egitto nell'arcipretale di Mel (1851-53); La conversione di s. Tecla e Ilvescovo Prosdocimo reca agli Estensi la religione cristiana nella ex-collegiata di Este (1853); La Trasfigurazione in S. Giustina a Villagrande d'Auronzo (1855); La proclamazione del dogma dell'Immacolata concezione nella parrocchiale di Solighetto (1858); La gloria di s. Silvestro nella parrocchiale di Costa di Conegliano (1859); La Presentazione al tempio nella parrocchiale di S. Maria di Feletto (1859); IlBattesimo di Cristo e La disputa fra i dottori nella parrocchiale di Tarzo (1859).
Ormai sempre più emarginato in ambito provinciale e mortificato da un'attività ripetitiva, morì a Tarzo (Treviso) il 23 nov. 1859 ed il 4 genn. 1860 la sua salma venne solennemente deposta nella cattedrale di Ceneda.
Pittore estremamente interessante, per la sua formazione nella Roma neoclassica e il suo ruolo, con Hayez, nei progetti culturali di Canova e Cicognara, il D. rivestì un ruolo fondamentale come mediatore delle novità nazarene in Italia e come protagonista nella rinascita ottocentesca della pittura ad affresco. In questo senso è notevole la sua riproposta della grande tradizione cinquecentesca veneta, attuata attraverso una personale lettura del classicismo di Giulio Romano, sulla scia della fortuna da questo goduta presso la letteratura artistica ottocentesca. Si spiega così il suo alto apprezzamento presso i contemporanei, nonostante la assai discontinua qualità pittorica, dovuta per lo più agli eccessivi impegni, che ne fanno uno degli artisti più prolifici della nostra storia figurativa. Altrettanto naturale è la sua rapida eclisse critica, segnata dalle forti riserve avanzate da Pietro Selvatico nel 1863 e rimasta sostanzialmente immutata, anche dopo i notevoli contributi apportati alla conoscenza della sua opera negli ultimi trent'anni.
Fonti e Bibl.: Per una ricostruzione puntuale dell'intero arco dell'attività del D. sono essenziali le numerose carte conservate presso gli eredi, costituenti l'Archivio Demin di Milano e quello Costantini-Demin di Vittorio Veneto; mentre per gli anni giovanili, compreso tutto il soggiorno romano ed oltre, moltissime sono le referenze nel carteggio Canova-Cicognara conservato presso la Biblioteca civica di Bassano del Grappa (per quanto è stato sino ad oggi pubblicato si rimanda a Un'amicizia di Antonio Canova. Lettere di lui al conte Leopoldo Cicognara, a cura di V. Malamani, Città di Castello 1890, e L. Cicognara, Lettere ad Antonio Canova a cura di G. Venturi, Urbino 1973). Si veda inolre: Elenco degli oggetti di belle arti disposti nelle cinque sale apertesi nell'agosto 1817 nella R. Accademia di Venezia, Venezia 1817, p. 28; Componimenti di vari autori pubblicati nelle nozze Comello-Papadopoli, a cura di P. A. Paravia, Venezia 1821, pp. XIX s.; G. Moschini, Della origine e delle vicende della pittura a Padova, Padova 1826, p. 128;Belluno, Bibl. del Museo civico, vol. 895, ms.: D. Tessari, Il soffitto della chiesa di S. Rocco in Conegliano, dipinto dal D. nell'anno 1827;G. Zandonella, Lettera sopra una pittura del sig. G. D., in Suppl. al Nuovo Osservatore veneziano, n. 143, 29 nov. 1827; Descrizione del soffitto della chiesa parrocchiale di S. Maria di Paderno di Asolo..., Treviso 1828;G. Navasa, Degl'illustri Bellunesi..., Ceneda 1828, p. 27; Guida per la R. Acc. di belle arti in Venezia, Venezia 1828, p. 15; Lettera di X. al compilatore della "Gazzetta di Milano" sui dipinti di G. D...., in Gazz. di Venezia, 1830, n. 86; La storia di Psiche dipinta a buon fresco in vari quadri da G. D. nel palazzo dei signori... Treves, ibid., n. 110; Descriz. d'una pittura a fresco rappresentante la salita di s. Domenico e di s. Rocco al cielo, eseguita da G. D. in un soffitto di Conegliano, ibid., 1831, n. 186;F. Dal Fabbro, Alcuni cenni sopra i dipinti deminiani a buon fresco in una sala del palazzo Papafava in Padova, Padova 1831; C. Tenca, Ilpittore G. D. a Milano, in L'Eco, n. 116, 28 sett. 1831; D. Sacchi, Visita agli studi di Lipparini e D., in Varietà letter., Milano 1832, pp. 182-202; G. Michiel-G. B. Zucchi, Due lettere sul quadro del signor G. D. rappresentante il supplizio di Alberico da Romano..., Venezia 1832; Medaglia dipinta a buon fresco - Quattro quadri lunghi a chiaroscuro imitanti il bassorilievo ed altri quattro chiaroscuri di minor dimensione pure a basso rilievo. Lavoro eseguito dal veneto pittore G. D. ... nella casa ... del dott.... Passalacqua in Milano, in Gazz. di Milano, 10sett. 1832; F. Ambrosoli, Intorno alla gran tela dipinta ad olio da G. D. rappresentante il Salvatore che scaccia i profanatori del tempio, esposta ... in Brescia, in L'Eco, 4 ott. 1833; D. Sacchi, Intorno al pittore G. D. e a un suo quadro per la chiesa d'Auronzo..., in Giorn. di belle arti, novembre 1833; G. J. Pezzi, Medaglia dipinta a buon fresco dal veneto dipintore G. D. ..., in Gazz. di Milano, 15 dic. 1833; F. Dal Fabbro, Ricordi sopra il Giudizio Universale dipinto di buon fresco nella parrocchiale di Paderno Asolano..., Padova 1833; D. Sacchi-G. Sacchi, La Grecia e l'Italia che presentano all'Universo le quattro Arti belle - Il tempo che scopre la verità -Dipinti a fresco di D. .... in Le belle arti e l'industria, Milano 1833, p. 73; L. Crico, Lettere sulle belle arti trevigiane, Treviso 1833, pp.71-77, 226 s.; Gesù che scaccia i profanatori dal tempio. Dipinto di D., in Tiberino, 19 luglio1834; G. J. Pezzi, Dipinti a buon fresco del veneto dipintore D., in Glissons n'appuyons pas, 29 nov. 1834; Intorno all'affresco del pittore D. ... nell'abitazione del comm. Gera in Conegliano..., in Gazz. di Venezia, n.248, 1837; D. Tessari Della Lotta delle Spartane di D. dipinta a buon fresco ai Patt nel palagio del nob. Antonio de Manzoni, Belluno 1837; P. Beltrame, A G. D. che pinse la Lotta delle Spartane ai Patt presso Belluno, in Il Vaglio, 1837, n. 48; L. Odoardi, Par an contrasegn solamente del so respet, e della so umilreverentia vers le Nobili Famee Manzoni e Miari, e della gran stima e mirazion che ben se merta 'l strabao professor nostro D., Belluno 1837; F. Zanotto, Storia della pittura venez., Venezia 1837, pp . 413 s.; G. Defendi, La Vittoria di Giulio Cesare sugli Elvezii pittura a fresco di D. ..., Milano 1838; G. Pitteri, Pittura a fresco di D. nel nuovo tempio di S. Michele in Cimadolmo, in Gazz. di Venezia, 1838, n. 199; F. Coraulo, La pace dei Veneziani coi Bellunesi, ... nella sala del Consiglio del nuovo palazzo municipale di Belluno, Belluno 1839; Id., Versi, Belluno 1840; D. Martini, Ezzelino fugato dai Bellunesi, Belluno 1840; P. Beltrame, La sala detta di Cesare dipinta dal D. nel palazzo Gera, Treviso 1840; I. Bernardi, Idipinti del prof. D. nella sala del palazzo comunale della città di Céneda, Ceneda 1841; Un nuovo affresco di D. nelle sale superiori del caffè Pedrocchi, in Il Gondoliere, 1842, n. 39; A. Falconetti, Il caffè Pedrocchi, Padova 1842, passim;A. Martignago, Intorno ad un affresco del pittore G. D. nel soppalco della chiesa parrocchiale di Monigo, in Gazz. di Venezia, 1842, n. 181; Terzine sul quadro rappresentante l'ultimo eccidio di Alberico da Romano dipinto dal signor D., Feltre 1843; J. Bernardi, La civica aula cenedese con li suoi dipinti, Ceneda 1845; G. Luciani, Sopra il Bacio di Zeffiro e Flora, lavoro di D., Belluno 1845; F. Gera, Intorno agli affreschi eseguiti dal celebre D. nel castello di Conegliano, Venezia 1845; F. Beltrame, Del pittore G. D. e de' suoi più recenti affreschi, Padova 1847; J. Crescini, IlGiudizio Universale, dipinto affresco di D. nella chiesa maggiore di S. 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