DELLA SCALA, Giovanni
Nacque a Verona, figlio naturale di Francesco detto Chichino, a sua volta figlio di Bartolomeo (I) e di Costanza di Corrado d'Antiochia. Il Litta lo dice figlio di Bartolomeo di Bailardino di Bartolomeo (I) Della Scala, ma la sua indicazione è errata perché la discendenza del D. da Francesco risulta esplicitamente da documenti ufficiali. Non conosciamo la data di nascita del D. che è da collocare, comunque, prima del 1325, anno della morte del padre. Risiedeva nella contrada di S. Fermo e ebbe un figlio, Giovanni, e una figlia, Chichina.
L'attività politica del D. è testimoniata a partire dal 1353. Nel quadro dell'intensa attività diplomatica condotta da Cangrande (II) Della Scala in vista della costituzione di un'ampia alleanza antiviscontea, il D. ricevette dal signore veronese il 6 dicembre di quell'anno la procura per contrarre lega con qualsiasi signore e Comune. Pochi giorni dopo, il 15 dicembre, Cangrande lo incaricava di concludere con i Carraresi un'alleanza e quindi di risolvere tutte le controversie che dividevano le due signorie. A tal fine il D. doveva restituire il castello di Brendola ai Carraresi e impegnarsi, a nome dei signori di Verona, a dirimere alcune vertenze in materia fiscale, insorte, a proposito del castello stesso, tra il vescovo di Vicenza e i Padovani. L'alleanza nasceva sotto la protezione della Serenissima, che si faceva garante della sua osservanza. Il D., negoziatore dell'accordo, ottenne, con bolla d'oro conferitagli dal doge Andrea Dandolo, il privilegio della cittadinanza veneziana e il diritto di trasmetterlo agli eredi. Subito dopo il D. divenne podestà di Vicenza. Nel corso di tale incarico fu coinvolto nella rivolta veronese di Fregnano Della Scala del febbraio 1354.
Nei riguardi di questo avvenimento, una cronaca padovana di autore anonimo (edita dal Biancolini), che secondo il Simeoni riporterebbe notizie fornite dallo stesso D., gli attribuisce un ruolo decisivo nella difesa del governo di Cangrande. Fregnano aveva assunto la signoria di Verona ingannando i cittadini con la falsa voce della morte di suo fratello Cangrande, signore legittimo della città, il quale pochi giorni prima era partito alla volta di Bolzano. Secondo il cronista, il ribelle inviò un messo al D., che si trovava a Montecchio impegnato in lavori di fortificazione, per invitarlo a recarsi senza indugio a Verona. Lungo la strada, però, il D. venne informato della reale natura degli avvenimenti veronesi; fece subito ritorno a Vicenza, ma qui fu catturato da partigiani di Fregnano. Poco dopo, comunque, fu liberato dai suoi uomini; inviò allora messaggeri a Bolzano per informare Cangrande. Questi giunse a Vicenza il 22 febbraio, e di qui il giorno successivo, raggiunto da aiuti militari, si mosse per Verona. Stando al racconto della cronaca, Cangrande era indeciso e timoroso, tanto che in località Villanova di San Bonifacio il D. fu costretto a incitarlo a proseguire, esortandolo a cavalcare "viriliter et fortiter"; poco dopo il signore veronese, in lacrime, affidò il suo destino nelle mani del D. davanti a tutte le truppe.
Fu poi il D. a predisporre il piano per penetrare in Verona e a indurre Cangrande ad entrare in città. Non solo: tra i primi, si azzardò per le vie del centro e per primo si scontrò con Fregnano; poi, quando la battaglia si spostò sulla sponda sinistra dell'Adige e sul ponte Navi, fu tra coloro che uccisero Fregnano (secondo la Cronaca di Matteo Villani, il D. uccise da solo il ribelle dicendogli "che che s'avvenga di Verona, tu morrai delle mie mani"). Il racconto dell'anonimo cronista non si ritrova nella Chronica di Guglielmo Cortusi: quest'ultima, anzi, nel descrivere la preoccupazione di Cangrande di reprimere ogni responsabile della rivolta e il suo timore di nuove cospirazioni, informa che il D. "postea, timens minas", pur asserendo la propria completa innocenza, fuggì da Verona per rifugiarsi a Padova. Il Simeoni ha ritenuto errata la notizia, poiché se il D. avesse partecipato al colpo di mano di Fregnano, non avrebbe potuto essere presente, come risulta in modo sicuro, alla nomina di Francesco Bevilacqua a procuratore di Cangrande per incarichi diplomatici il 5 apr. 1354. Il Simeoni, pertanto, pensa che se in seguito il D. lasciò Verona, ciò dovette dipendere da motivi del tutto diversi da quelli della rivolta di febbraio. Si deve in proposito rilevare che il D. era certamente a Verona nel periodo immediatamente successivo alla rivolta, ma presto si spostò a Padova. Il suo soggiorno in questa città nel 1355 può essere desunto dal fatto che qui nel settembre morì la figlia Chichina; in un atto del 10 marzo 1356, poi, Caterina Della Scala ricorda l'abitazione del fratello a Padova in contrada di S. Pietro. Considerando, dunque, le fonti nel loro complesso e tenendo presente che la Chronica del Cortusi data in modo vago la fuga del D. a un "dopo" la rivolta di Fregnano, possiamo a buon diritto supporre che il D., pur innocente, restasse implicato nel clima di sospetti alimentato dalla crescente insicurezza di Cangrande, e che, rifugiatosi a Padova, affidasse la propria difesa all'anonimo cronista padovano.
Il D. dovette comunque riconciliarsi con Cangrande e ritornare a Verona. Anche se il Cortusi afferma che il D. morì a Padova, appare invece possibile identificare il D. con il Giovanni Della Scala sepolto in un'arca nella chiesa di S. Fermo a Verona (ora traslata nel cimitero scaligero); l'iscrizione sepolcrale, che data la morte al 7 luglio 1359, indica infatti lo Scaligero defunto come un discendente della casa di Antiochia, e Bartolomeo (I: nonno del D.) aveva appunto sposato una donna di quel casato. Inoltre che il D. sia morto prima del 1360 è testimoniato dalla richiesta avanzata alle autorità veneziane il 5 sett. 1360 dal figlio Giovanni per ottenere la conferma del privilegio della cittadinanza veneziana conferito, nel 1354, a suo padre e ai suoi discendenti.
Fonti e Bibl.: Parisius de Cereta, Chronicon Veronense (a. 1117-1278 atque cont. usque ad a. 1375), in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., VIII,Mediolani 1726, col. 654; G. et A. Cortusii Chronica de novitatibus Paduae et Lombardiae, ibid., XII, col. 940;Petri Azarii Liber gestorum in Lombardia, in Rer. Ital. Script., 2ed., XVI, 4, a cura di F. Cognasso, p. 171; G. B. Biancolini, Supplementi alla cronica di Pier Zagata, Verona 1749, pp. 311-14; M. Villani, Cronica, Milano-Trieste 1858,a cura di A. Racheli, p. 118; I libri commemor. della Repubblica di Venezia, a cura di R. Predelli, II, Venezia 1878, pp. 219, 315; Poesie minori riguardanti gli Scaligeri, a cura di C. Cipolla-F. Pellegrini, Roma 1902, p.126; T.Saraina, Le historie e fatti de' Veronesi, Verona 1649, p. 47; L. Moscardo, Historia di Verona, Verona 1668, pp. 234, 236; G. B. Verci, Storia della marca trivigiana e veronese, Venezia 1789, XIII, p. 177; XIV, pp. 4 s.; A. Carli, Istoria della città di Verona sino all'anno MDXVII, IV, Verona 1796, pp. 204, 236;L. Simeoni, La ribellione di Fregnano Della Scala e la politica generale ital., in Atti e mem. dell'Acc. di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 5, XVI (1938), pp. 275 s., 283; E. Rossini, Verona dalla morte di Cangrande alla fuga di Antonio Della Scala, in Verona e il suo territorio, III, 1,Verona 1975, pp. 291, 736 s.; Gli Scaligeri. 1277-1387, a cura di G. M. Varanini, Verona 1988, ad Ind.; P.Litta, Le famiglie celebri italiane, s. v. Scaligeri di Verona, tav. II.