Giovanni della Croce (sp. Juan de la Cruz; al secolo J. de Yepes y Alvarez)
(sp. Juan de la Cruz; al secolo J. de Yepes y Álvárez) Mistico e poeta spagnolo (Fontiveros 1542 - Úbeda 1591), santo. Entrò come infermiere nell’ospedale di Medina del Campo, poi nel convento dei carmelitani di questa città (1563) col nome di Juan de San Matías: fatta la sua professione religiosa studiò filosofia e teologia a Salamanca (1564-68); determinante fu l’incontro con s. Teresa di Ávila, da cui nacque il suo impegno per la riforma dell’ordine carmelitano: nel 1568 fondò a Duruelo il primo convento di carmelitani scalzi, prendendo il nome di Juan de la Cruz; dopo molte controversie, allargò la sua opera di riforma fondando vari conventi, di alcuni dei quali fu superiore. Le sue opere principali sono: Subida del Monte Carmelo (1578-83), Noche oscura del alma (forse dopo il 1584), Llama de amor viva (prima stesura tra il 1584 e il 1587), pubblicate in Obras espirituales (post., 1618) e Cántico espiritual, di cui esiste il ms. della prima stesura (1584 ca.) mentre le ed. 1627 e 1630 presentano un testo interpolato, e così anche l’ed. 1703 che testimonia una diversa tradizione manoscritta. Tra le altre opere: Avisos y sentencias espirituales, Devotas poesías, Cartas espirituales, dirette a monache e a penitenti. G., che è il più alto poeta mistico della letteratura spagnola, celebra liricamente la fusione dell’anima con Dio, il possesso dell’amore, l’estasi della visione beatifica; nei canti spirituali i motivi della lirica amorosa sono piegati a raffigurare il mistico transito dell’anima, dall’ignoranza e dai tentennamenti della fede, per le varie stazioni della preghiera, del- la purificazione, della illuminazione, verso l’unione dell’anima con Dio. Lo schema teorico che regge l’elevazione mistica descritta da G. comporta un progressivo processo di spogliazione e purificazione dell’anima, radicale svuotamento («notte attiva») in cui trova via via posto una sempre più intensa presenza di Dio («notte passiva»): al vertice sta l’unione con Dio intesa come successione di due momenti («fidanzamento spirituale», poi «matrimonio spirituale») l’ultimo dei quali costituisce uno stato di abituale unione con Dio.