DEL CACCIA, Giovanni
Nacque in Orvieto da Matteo probabilmente intorno al 1265-70; la dimora della sua famiglia sorgeva nel quartiere di S. Giovenale. Entrò nell'Ordine dei frati predicatori, e fu inviato a studiare "in naturis" a Pistoia nel 1288-89. Assegnato al convento di Tivoli nel 1305, pare abbia trascorso l'ultima parte della sua vita - a partire almeno dal 1311 - nel convento della sua città natale, la cui chiesa, eretta nel 1264, era stata la prima ad essere intitolata al fondatore dell'Ordine, s. Domenico.
Nel 1318 il D. fu testimone della deposizione relativa ad un miracolo prodottosi a Bolsena, a quanto diceva il beneficato, per intercessione di Ambrogio Sansedoni da Siena, nell'anno della morte di quest'ultimo (1287). Ma il D. legò il suo nome essenzialmente ad un'opera storica, la Chronica conventus Urbevetani. Egli divise il materiale in tre sezioni. Nella prima tratta della storia generale del suo Ordine, disegnando un breve ritratto dei primi diciotto maestri generali a partire da s. Domenico fino ai suoi tempi, nonché dei primi quindici cardinali usciti dalle file dei predicatori. Nella seconda parte l'attenzione si concentra sulla provincia romana e le biografie raccolte riguardano vescovi, maestri di teologia, penitenzieri papali e ministri provinciali. Le notizie consacrate ai vescovi sono a volte brevissime, limitandosi alla menzione della diocesi che erano stati chiamati a presiedere; altre volte, invece, abbiamo un vero profilo del personaggio. È il caso, ad esempio, di "Iohannes de Fiorentia" (Chr., pp. 57 s.), di cui si mette in rilievo come, entrato nell'Ordine come semplice "calcifex", si impegnò tanto nello studio da meritare la nomina a vescovo di Tiflis. Ma, contrariamente a quanto avviene di norma nella storiografia domenicana, i meriti culturali e teologici non sono i soli ad attirare l'attenzione del D. che, anzi, sembra dar loro scarso rilievo. Ne è una prova la stringatissima notizia dedicata a s. Tommaso (p. 60), in cui la variazione dei confini della "romana provincia" ha più risalto delle eccezionali qualità culturali del santo: "Fr. sanctus Thoma de Aquino, qui tunc temporis erat de romana provincia; post transitum vero eius, ad annos triginta, divisa est a provincia Regni Sicilie".
La terza parte è un vero e proprio necrologio del convento di Orvieto, e per questo e stata continuata - come dimostrano le aggiunte di mano posteriore nel manoscritto - per decenni, per non dire secoli, dopo la morte del Del Caccia. Ciò rientrava del resto nelle intenzioni del D., come appare chiaramente nelle prime righe: "Actendat diligenter sacrista quod, defuncto aliquo clare memorie predictorum et subscriptorum venerabilium patrum, seu fratre Urbevetani conventus, statim scribat nomen eius, cum conditionibus et gratiis, sicut superius et infra in aliquibus est notatum" (p. 67). Le prime notizie, quelle che si riferiscono ai compagni di s. Domenico sono più brevi e stereotipe; di loro si esalta soprattutto l'amore per la povertà e la devozione alla Madre di Dio, protettrice dell'Ordine. Di un paio di essi si narra anche come, tormentati dal diavolo, ne sarebbero stati miracolosamente liberati grazie all'intervento di Domenico e della Madonna. A mano a mano che ci si avvicina ai tempi del D., quello che era un semplice obituario si fa vera e propria galleria di ritratti. Le notizie, di prima mano, sono ben più abbondanti e si riferiscono non solo alla vita e alle virtù dei confratelli, ma anche alle famiglie cui appartenevano e alla casa in cui erano nati; infine forniscono particolari sulla vita precedente l'entrata nell'Ordine che ci immergono nel vivo della società italiana del tempo. Vediamo così esaltata l'esemplare castità di "Martinus" (p. 95) che, nel secolo, era stato maestro di grammatica ed aveva avuto, tra i suoi scolari, non solo uomini ma anche donne; o l'umiltà di "Iohannes Tempus de Paganutiis" (pp. 99 s.), ottimo studente di diritto a Perugia che, candidato a ricoprire la carica di priore delle arti, aveva preferito abbandonare il mondo proprio la vigilia del giorno in cui sarebbe dovuto entrare in carica. Di altri si loda la generosità nel dotare il convento di Orvieto: da "Petrus Bernardi" (p. 76), che aveva venduto una Bibbia di sua proprietà per comprare una croce di argento dorato, fino al nobile "Transmundus de' Monaldeschi" (pp. 107 ss.) il quale, oltre a legare forti somme di denaro per la costruzione della chiesa conventuale, aveva donato alla comunità anche tutti i suoi libri che, già durante la sua vita, erano stati "incatenati" nella biblioteca e messi così a disposizione di tutti. Ma anche più umili meriti vengono esaltati: quelli di "Petrus" (p. 78), che era stato un ottimo ortolano, di "Dominicus" il calzolaio (p. 100) o di quel "Paulus" (pp. 127 s.) che, uomo colto, si era però reso utile soprattutto copiando molti lezionari perché aveva una splendida calligrafia. Numerosi, per finire, sono gli accenni a coloro che erano andati a predicare apud barbaras nationes e si erano spinti così a migliaia di chilometri dalla patria, a Caffa ("Iacobus Hugolini", pp. 81 s.) o in Armenia ("Iacobus de Clusio", p. 103), fino ad assumere alcune caratteristiche della gente del luogo come quell'"Andreas de Tertia" (pp. 109 ss.), che tornò in patria dopo molti anni con una barba secondo l'uso orientale.
Il D. morì probabilmente, per quello che è possibile capire dalle aggiunte apportare alla sua cronaca, intorno all'anno 1348.
L'opera del D. è stata oggetto di una edizione relativamente recente e ben fatta: Jean Mactei Caccia, Chronique du couvent des Prêcheurs d'Orviéto, a cura di A. M. Viel-P. M. Girardin, Rome-Viterbe 1907. Una parte della cronaca venne pubblicata nello stesso anno da L. Fumi, Estratti della cronaca, di fr. G. di Matteo D. domenicano di Orvieto, in Boll. d. R. Deputaz. di st. patria per l'Umbria, XIII (1907), pp. 197-217.
Fonti e Bibl.: La testimonianza sul miracolo operato da Ambrogio Sansedoni si può rintracciare in Miracula b. Ambrosii Senensis (Sansedoni), in Acta Sanctorum, Mart. III, pp. 208 s. Testimonianze sulla vita sono reperibili in Acta Capitulorum provinc. provinciae Romanae (1243-1344), a cura di Th. Kaeppeli, in Monumenta Ordinis fratrum praedic. Historica, XX (1941), pp. 86, 160; Th. Kaeppeli, Dalle pergamene di S. Maria in Gradi, in Archivum fratrum praedicatorum, XXXIII (1963), p. 253; Id., Dalle pergamene di S. Domenico di Cortona, ibid., XXXV (1965), p. 111; Id., Antiche biblioteche domenicane in Italia, ibid., XXXVI (1966), p. 54; Id., Scriptores Ordinis praedicatorum Medii Aevi, II, Romae 1975, p. 475; Repertorium Fontium Medii Aevi, III, p. 97; Lexikon des Mittelalters, III, col. 665.