DAL POZZO (de Putheo, de Puteo, Putheus, Puteus), Giovanni
Della sua vita si hanno scarse e frammentarie notizie. Nacque da Giacomo, che fu un celebre giureconsulto, probabilmente tra il 1430 e il 1440, dato che nell'anno 1458 poteva ricoprire la cattedra di Istituzioni presso la facoltà giuridica pavese, sia pure sotto la condizione che si addottorasse nel breve spazio di pochi mesi; difatti nello stesso anno, il 4 luglio, entrava nel Collegio dei dottori giuristi dello Studio. Non appare perciò sufficientemente suffragata da prove l'indicazione fornita dal Prelini, che annovera il D. come preposto ad Lect. Institutionum dal 1452, tanto più che, in una lettera inviata al duca di Milano Galeazzo Maria Sforza l'8 ott. 1476, il D. stesso affermava di insegnare già da diciotto anni.
Altre tracce del D. si ritrovano in documenti d'archivio: così è per l'atto di concessione feudale del 1463 con cui il duca di Milano Francesco Sforza investiva il padre del D., Giacomo, il D. medesimo, che vi compariva in veste di procuratore del primo, e i loro discendenti, del feudo di Retorto nella diocesi alessandrina; il D. ricompariva in un atto del 20 marzo 1470, con cui prestava giuramento di fedeltà anche a nome dei fratelli al nuovo duca di Milano Galeazzo Maria, ottemperando così alla richiesta di tale contenuto rivolta dal princeps a tutti i feudatari; rinnovava analogo atto il 6 genn. 1477 nei confronti dei nuovi duchi Bona di Savoia e Gian Galeazzo Maria, rispettivamente vedova e figlio di Galeazzo Maria deceduto l'anno prima.
Per tornare alla sua carriera universitaria, si sa da fonti sicure che nel 1464 il D. passava alla Lectura extraordinaria iuris civilis vespertina, resasi vacante con i primi giorni del febbraio in seguito alla morte del padre Giacomo: percepiva allora uno stipendio, non modestissimo, di trecento fiorini, presto aumentati ai trecentocinquanta del 1466, in cui risultava preposto alla Lectura ordinaria iuris civilis mattutina. È dello stesso anno una lettera, in data 6 agosto, inviata dalla cancelleria ducale al vicecancelliere dell'Ateneo ticinese e priore dei Collegio pavese dei giuristi, con cui si ordinava di continuare a versare al D., momentaneamente assente da Pavia perché impegnato nel disbrigo di pubblici affari, gli stessi emolumenti relativi agli esami di licenza e dottorato e ad ogni altro atto dello Studio, a cui avrebbe avuto diritto se avesse potuto essere presente e quindi parteciparvi: la questione finanziaria sembrava occupare un posto di primo piano nelle vicende dei professori universitari e questo è ancora più evidente se si considerino le traversie del D., negli anni successivi, in parte analoghe, anche se meno drammatiche, a quelle patite dal padre Giacomo nel corso della sua permanenza a Pavia.
Negli anni tra il 1467 e il 1472 i compensi del D. salivano comunque a quattrocento fiorini; nel 1475risultava dai rotuli titolare della Lectura extraordinaria iuris civilis mattutina con uno stipendio sceso a soli trecento fiorini, molto basso rispetto agli otto-novecento (le fonti d'archivio danno indicazioni difformi) percepiti sulla stessa cattedra in quell'anno da Luca Grassi. Proprio per questo il D. scriveva a Galeazzo Maria Sforza il 19 ott. 1475, lamentandosi della diminuzione del salario patita già da due anni, pregiudizievole al suo onore e alla sua reputazione, specie se paragonata ai maggiori compensi del suo concorrente Luca Grassi; chiedeva perciò la restituzione della somma di salario a lui decurtata, ventilando la possibilità di emigrare altrimenti verso un nuovo Studio, che gli riservasse un migliore trattamento economico, come, ricordava, avrebbe potuto fare negli anni precedenti trasferendosi a Pisa con un salario di novecento fiorini. L'anno, seguente, l'8 ottobre come già accennato, riscriveva al duca, che gli aveva intimato di non allontanarsi dal dominio milanese, protestando sempre il suo desiderio di non far patire alcun danno e disordine allo Studio ticinese e dichiarandogli la sua appassionata fedeltà; gli chiedeva comunque di avere compassione del suo pesante carico di famigliá, che lo poneva nella stringente necessità di cercare fonti più lucrose di guadagno: doveva, infatti, provvedere a sei figliole da dotare e ad una famiglia di ben venticinque persone tra figli, fratelli, nipoti e cognate, oltre che ai famigli di casa. Ancora una volta veniva a lui facile il confronto con la situazione patrimoniale dei Grassi, non oberato dal minimo carico familiare. Quanto alla copertura della cattedra, da lui eventualmente lasciata vacante, la presenza sulla medesima Lectura di due titolari suoi concorrenti, della levatura del Grassi e del giovane Giason Del Maino, era da ritenersi, a suo parere, una garanzia sufficiente per il buon svolgimento dell'insegnamento.
Negli anni immediatamente successivi al 1476 si può congetturare, . come fa il Besta senza tuttavia prove concrete, che il D. si trasferisse a Ferrara sino al 1478; nel 1479 era però sicuramente a Pavia come titolare della Lectura ordinaria iuris civilis con un salario, quasi raddoppiato, di 550 fiorini. Nel 1481 scompariva dai rotoli pavesi sostituito da Ambrogio Opizzoni: secondo il Secco Suardo ed il Cugusi Persi, il D. andò, infatti, ad insegnare a Ferrara. Intorno agli anni 1487-1489 leggeva ancora a Pavia dalla cattedra di ordinaria con il compenso più alto assegnato ad un professore giurista in quell'anno, anche se condivideva tale primato con Lancellotto Decio, fratello del più reputato Filippo.
Consigliere di giustizia da alcuni anni al servizio del duca di Ferrara Ercole d'Este, veniva da Costui il 2 nov. 1489 investito della carica di commissario generale di Ferrara, Modena e di tutti gli altri Stati dominati da quel principe. Il 1° sett. 1491 era nominato membro del Consiglio di giustizia nel ducato di Milano: proprio nella lettera di nomina veniva qualificato cittadino pavese e consigliere in . carica del duca di Ferrara. Nel 1492 risultava, secondo la testimonianza del Borsetti fondata su prove documentarie, tra i riformatori dello Studio di Ferrara in carica dall'anno precedente, assieme con Lodovico dai Carri, Gilfredo Cairalli di Verona e Alessandro Bordocchi. Nei rotuli dello Studio bolognese pubblicati dal Dallari compare sotto l'anno accademico 1494-1495 un "D. johannes Maria de' Puteo alexandrinus": titolare di una delle Lecturae Universitatis, è preposto ad Lecturam Digesti Novi. Ma appare poco probabile che si iratti del D. dato che questi nei documenti da noi conosciuti viene indicato talora con il nome completo di battesimo di "Johannes Antonius" e mai. compare come "Johannes Maria". Nell'anno 1496 lo ritroviamo il 26, febbraio ed il 18 ottobre tra i "testimoni notevoli", che avevano assistito, alla, laurea in diritto civile presso lo Studio di Ferrarwrispettivamente di uno studente tedesco, Teovaldus de Hirnehofen, e di un ferrarese, Guido Leuto. Nel 1513 otteneva da Massimiliano Sforza, secondo quanto afferma il Ghilini, la conferma nella dignità di seùatore. Lo stesso Ghilini lo ricorda ancora nei suoi Annali d'Alessandria anche per la generosità dimostrata nei confronti dell'Ordine dei carmelitani poiché aveva contribuito, al pari dei suoi antenati, alla costruzione della chiesa e del convento facendo edificare un'arco e altre parti degli edifici di quei religiosi.
Non si conosce la data della sua morte.
Il D. poté annoverare tra i suoi allievi pavesi Filippo Decio, giureconsulto milanese di grandi capacità destinato a notevole fortuna negli anni che seguirono: lo testimania Francisco Boeza, diligente biografo e allievo di Filippo, che ricorda il D. tra coloro che contribuirono a formare il suo maestro. Sembra all , ora priva i prove consistenti l'affermazione del Savigny che pone invece tra i maestri del Decio il.padre dei D., Giacomo, nonostante che la sua fonte primaria per i profili biografici dedicati al Decio fosse proprio la Vita domini Philippi Decii del Boeza. Anche Giason Del Maino era stato scolaro del D. per sei anni, per divenire successivamente concorrente del maestro con lo stesso salario, come si viene a sapere la lettera autografa di questo risalente al 1416, prima menzionata.
Non è possibile ricostruire con completezza l'attività scientifica del Dal Pozzo. Sono a lui attribuibili alcune Lectiones legales conservate nel ms. D 99 sup. della milanese Biblioteca Arribrosiana, classificate dall'Inventario Ceruti come di incerto autore: sono databili al 1473, come si ricava sia dall'indicazione contenuta alla fine del manoscritto, al. f. 275r, sia da alcuni riferimenti interni allo stesso anno 1473. Le Lectiones recano apposto il nome del D. in chiusura dell'opera, come s'è appena rilevato: sono dedicate, nella prima parte, forse di altro autore fino al f. 100 r, all'approfondimento della materia delle actiones secondo lo schema corrispondente del titolo delle Istituzioni giustinianee (lib. IV, tit. VI "de actionibus" commentato dal par. "sic itaque" alla fine). La seconda sezione del manoscritto è invece rivolta al commento dei titoli del libro VI dei codice in materia di successioni: al f. 101r, nel margine in alto a sinistra, si trova scritto "D. Jo. Put.". ed il nome del D. è poi anche ripetuto, come detto, alla fine del lavoro.
Additiones dei D. si trovano sparse qua e là in un manoscritto contenente i Commeniarii super secunda Infortiati del padre Giacomo conservato alla Biblioteca nazionale di Torino (ms. E. III. 14). Ho rinvenuto inoltre un a consilium pro veritate et iustitia sottoscritto dal D. in materia di nullità della sentenza nella raccolta dei consilia di Baldo degli Ubaldi (cons. 129, vol. VI, Venetiis 1602, ff. 255-259); un altro consilium in tema di legati e legittima, da lui sottoscritto con la qualifica di consigliere ducale ferrarese - che compare insieme con altri consilia di dottori dello Studio di Ferrara, sulla medesima questione - . si trova nel quarto volume della raccolta dei Consilia sive responsa di Giovanni Maria e Jacopino Riminaldi (n. 715, Venetiis 1578, sul front. 1579, f. 101); ancora un. consilium di Giovanni Antonio Sarigiorgi, pubblicato nella raccolta dei Consilia di Francesco Corti senior (cons. 67, Lugduni 1547, ff. 124vb - 125ra) è sottoscritto anche dal D., da Girolamo Torti e da Nicolino Ripa, altro professore di diritto civile a Pavia tra il 1466 e il 1469. Consilia manoscritti del D. si trovano, secondo le indicazioni verificate del Dolezalek, nella raccolta modenese della Biblioteca Estense (Est. lat. 1161 α M 8, 19, ff. 256r-257v) e nel ms. D.II. 6 della Biblioteca dell'Escorial, ff. 68r-69v. Infine si può anche ricordare un'orazione che, sulla testimonianza dei Corni, il D. avrebbe proferito in occasione del conferimento della laurea dottorale a Giovanni Antonio Boidi de Trotti intorno all'anno 1478.
A riprova di una certa sua notorietà sta anche la dedica dell'edizione, incunabola dei Consilia di Baldo, uscita nel 1485 a cura di Bernardino Landriani, che aggiunge anche sue additiones: il D. è ivi chiamato "clarissimo iuris utriusque monarce ac preceptori suo".
Di stile sobrio ed efficace, non prolisso né legato in misura eccessiva alle auctoritates dottrinali dell'epoca, alle quali ricorreva con parsimonia, il D. appare un giurista di buona statura scientifica, anche se inferiore, per talento e profondità di pensiero, al padre Giacomo.
Fonti e Bibl.: Oltre alle fonti ined. già citate nel testo, cfr. Arch. di Stato di Milano, Reg. Duc. 92, c. 28 v; Ibid., Feudi Camerali, p. a., 481, c. 13; Ibid., Fondo Autografi, Uomini celebri, cart. 151, fasc. 13; Pavia, Bibl. univ., Mss. Ticinesi 757: G. Parodi, Syllabus lectorum, subnomine Puteus Iohannes Antonius; Mss. Ticinesi 758: Acta Studii Ticinensis, ff. 353-355; Mss.Ticinesi 759: Rotuli Studii Ticinensis, ff. 141, 143, 148, 151, 153, 157, 163, 165, 1167, 182, 185; Mss. Ticinesi 38: S. Comi, Zibaldone dinotizie stor. e letterarie con particolare riguardoalle cose pavesi, Quad. D, f. 147r; E, f. 58r; F, f. 89r. Si veda inoltre F. Boeza, Vita DominiPhilippi Decii, in Philippi Decii In DigestumVitus et Codicem Commentaria, Venetiis 1595; G. Panciroli, De claris legum interpretibus, Venetiis 1637, lib. 2, cap. 107, p. 255; G. Ghilini, Annali d'Alessandria, Milano 1666, pp. 103, 113, 126; F. Borsetti Ferranti Bolani, Ristoria almiFerrariae Gymnasii, Ferrariae 1735, I, p. 124; II, pp. 78 s.; G. Robolini, Notizie appartenentialla storia della sua patria, V, 2, Pavia 1836, p. 231; E. Cugusi Persi, Notizie storiche sullaUniversità degli studii di Ferrara, Ferrara 1873, p. 71; C. Prelini, Serie cronologica dei professoridell'univers. di Pavia dall'anno 1362 al 1752, in Memorie e docum. per la storia dell'università diPavia, I, Pavia 1877, p. 53; I rotuli dei lettorilegisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, a cura di U. Dallari, I, Bologna 1888, p. 156; G. Secco Suardo, Lo Studio di Ferraraa tutto il sec. XV, in Atti e mem. d. Dep. ferraresedi st. patria, VI (1894), p. 290; G. Pardi, Titoli dottorali conferiti dallo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, Lucca 1900, p. 101; Id., Lo Studio diFerrara nei secc. XV e XVI, Ferrara 1903, pp. 51, 110; E. Besta, La scuola giuridica pavese nelprimo secolo dopo la istituz. dello Studio generale, in Contributi alla storia dell'università di Pavia, Pavia 1925, p. 278; A. Sorbelli, Storia dell'università di Bologna, I, Il Medioevo, Bologna 1940, p. 248; C. Santoro, Gli uffici dei dominio sforzesco (1450-1500), Milano 1948, p. 43; G. Dolezalek, Verzeichnis der Handschriften zum römischen Rechtbis 1600, Frankfurt ain Main 1972, sub voce; U. Petronio, Il Senato di Milano..., Milano 1972, p. 36 n. 90; M. G. di Renzo Villata, Scienza giuridica e legislazione nell'età sforzesca, in Gli Sforzaa Milano e in Lombardia e i loro rapporti con gliStati ital. ed europei, Milano 1982, pp. III ss.; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, III, p. 487, n. 3540.