GIOVANNI da Stroncone
Nulla sappiamo sulla famiglia e sulla formazione di G. che fu, dal 1390, commissario e, dal 1415, vicario dei frati minori osservanti. Si ritiene che appartenesse alla famiglia Vici e che avesse ricevuto l'abito francescano nel 1373 nel convento di S. Francesco a Stroncone, località dell'Umbria meridionale appartenente alla diocesi di Narni. In seguito si recò, per farvi il noviziato, a Brogliano, la culla dell'Osservanza, da dove il movimento di riforma dell'Ordine, iniziato da Paoluccio Trinci nel 1368, aveva fatto le sue prime mosse, giungendo ben presto a comprendere undici eremi, fra i quali le Carceri di Assisi, Monteluco e Giano dell'Umbria (diocesi di Spoleto), Stroncone, Greccio e Poggio Bustone.
Era ancora in vita Paoluccio Trinci, ma ormai cieco e malandato, quando, il 24 febbr. 1390, la piccola famiglia degli osservanti ricevette dal ministro generale Enrico da Asti i conventi di Cessapalombo (o Colfano), Camerino e Morrovalle, in aggiunta ad altri tre conventi marchigiani - Forano, Massa e Montefalcone - ottenuti dal suo predecessore: a fra Paoluccio su questi conventi eremitici vennero concesse le stesse facoltà che prima esercitava il ministro della provincia picena. Dopo l'acquisto di questi tre eremi il Trinci nominò come suoi commissari due frati laici: Francesco da Fabriano (Francesco Venimbeni), che ebbe la provincia picena; mentre a G., che Oddi definisce "homo de grande perfectione e molto devoto et adornato de molte virtude, maximamente de la santa povertade", fu affidata la Tuscia. Da parte sua, Wadding aggiunge che era anche "egregium concionatorem et ardentem regularis observantiae zelatorem". Di certo G. rimase frate laico e non ci sono pervenuti suoi scritti, così l'appellativo di predicatore potrebbe indicare che egli abbia fatto da tramite fra la generazione dei frati osservanti di Paoluccio Trinci - tutti dediti alla vita eremitica - e quella di Bernardino da Siena, i quali invece optarono per la via media, distribuendo la loro vita tra l'eremo e la predicazione itinerante.
G. andò allora in Toscana, dove, nel 1399, fondò a Fiesole il noviziato che maggiormente illustrò i primordi dell'Osservanza e da dove nel 1417 Bernardino da Siena, che vi ricopriva l'incarico di guardiano, sarebbe partito per predicare a S. Croce in Firenze. Qui G. ebbe come novizi il nipote Antonio Vici da Stroncone e Tommaso Bellacci, destinato un giorno a succedergli nella carica di commissario.
L'insediamento di G. come commissario coincise fra l'altro con un momento di ulteriore espansione della riforma, che vide raddoppiare i conventi che avevano aderito all'Osservanza (passati da undici a ventidue) e i frati, la maggior parte dei quali laici, distribuiti in quattro province francescane dell'Italia centrale (provincia umbra, marchigiana, toscana, romana). Il successo di tale iniziativa, più che all'assenza di una vera e propria autorità centrale in seno alla Chiesa a causa del perdurare dello scisma d'Occidente, va ricercato nei connotati di questi religiosi: "professori" della povertà evangelica e della vita eremitica, al pari degli altri gruppi di fraticelli dell'Italia centrale, ma, a differenza di questi, assertori dell'unità dell'Ordine e zelatori tanto di Francesco d'Assisi, quanto della Chiesa.
Alla morte di Paoluccio Trinci (1391) G. prese la direzione della piccola famiglia degli osservanti, in qualità di commissario "supra certa loca sive eremitoria solitaria et devota" (Bullarium Franciscanum, n. 271); Mariano da Firenze osserva al riguardo che G. subentrò a fra Paoluccio Trinci solo in tre province - umbra, toscana, romana - e non in quella picena, dove, nel 1390, era stato nominato commissario Francesco da Fabriano.
Il 23 marzo 1403 G. otteneva da Bonifacio IX la facoltà di fondare due nuovi conventi (ibid., n. 454), da identificare, forse, in S. Bartolomeo di Marano a Foligno, terminato nel 1415, e nel convento di Capriola in Toscana. Nel 1407 fu nominato da Gregorio XII vicario generale per le province di Toscana, Bologna e S. Antonio, con la facoltà di fondare cinque conventi (si ritiene che siano quelli da lui eretti in Abruzzo: S. Giuliano dell'Aquila, S. Andrea di Chieti, S. Cristoforo di Penne e S. Giovanni Battista di Roccamontepiano) e su di essi, i primi della futura provincia di S. Bernardino, nominò a sua volta un commissario, da identificare in fra Domenico da Genova (Pulinari, p. 23). A questi vanno aggiunti anche tre conventi eretti nel 1416: uno ad Ascoli Piceno, uno a Nocera Inferiore e il terzo a Firenze. Per diffondere l'Osservanza in Puglia e in Calabria G. si servì del suo discepolo Tommaso Bellacci, il quale nel 1419 ottenne da Martino V "che sei lochi di novo per la Calabria podessero pigliare" (Oddi, p. 225; con riferimento forse alla bolla Promptum et benevolum del 28 giugno 1419).
Nulla si sa sui rapporti intrattenuti da G. con le bizzoche, il secondo ordine dell'Osservanza, istituito da Paoluccio Trinci nel 1388, che, al tempo del fondatore, avevano comunità a Foligno e a Visso. Il fatto però che le religiose del monastero di S. Anna di Foligno sin dall'ingresso in monastero di Angelina da Montegiove (1399 circa) abbiano con lei fatto un percorso autonomo ottenendo da Bonifacio IX, nel 1403, il riconoscimento della loro comunità lascia intendere che G. si disinteressò del problema. Permise tuttavia ai suoi frati di continuare a fungere da direttori spirituali di queste donne della penitenza; ma lasciò che, per le funzioni religiose e per la sepoltura, le terziarie seguitassero a frequentare la chiesa dei frati minori del locale convento di S. Francesco.
Oddi riconosce a G. il merito di aver acquistato alla causa dell'Osservanza vari conventi eremitici: "quisto homo de Dio, per la su santa vita, avea grande credo in tucte le parte dove andava, et pigliò molti lochi in molte provintie" (pp. 225, 250 s.). Di fatto sotto di lui l'Osservanza si irradiò, ancorché lentamente, nel resto d'Italia e nell'altra sponda dell'Adriatico.
Alla morte di Francesco da Fabriano, commissario dell'Osservanza per la provincia marchigiana, G. ottenne, nel 1415, la qualifica di commissario per tutte le province in Italia: si trattava di sovrintendere a eremi dei boschi, o piccoli conventi fuori città, dove appunto abitavano frati "poverelli e devoti", per lo più frati laici, i quali, nel giro di un quarto di secolo, si erano raddoppiati, passando da cento a circa duecento. Da qui l'elogio rivoltogli da Oddi, il quale ricorda che G.: "per lo exemplo de la sua santa vita et bona conversatione ampliò molto la famiglia, et molti a l'ardore de la sua perfectione lassaro lo mondo et fecesi frati minori" (p. 251). Tra quanti si fecero frati dell'Osservanza al tempo di G. vanno ricordate le guide del movimento della "seconda generazione": Bernardino da Siena che, due mesi dopo aver ricevuto l'abito francescano nel convento di S. Francesco di Siena, si ritirò - precisa Giovanni da Capestrano nella Vita s. Bernardini - "consilio et dispositione eiusdem fratris Iohannis" (p. XXXVIII) nell'eremo del Colombaio, nei pressi di Siena, che lo stesso G. aveva ricevuto dal ministro della provincia nel 1400. Nel 1415, passò agli osservanti Alberto Berdini da Sarteano, dopo un decennio di vita religiosa; mentre l'anno successivo professarono Giovanni da Capestrano e Giacomo della Marca.
Stando ad Agostino da Stroncone, G., nel 1415, "con le sue buone maniere ottiene il primo luogo della Religione, il convento di Porziuncola, capo e madre di tutto l'ordine, concedendoglielo il generale Pietro [Antonio Peretti], col consenso de' padri della provinzia e particolarmente di quelli del Sacro Convento di S. Francesco d'Assisi, quali si riserbano le quotidiane et amplissime elemosine, l'oblazioni pecuniarie del gran popolo che vi concorre per l'indulgenza e gli continui miracoli e l'applicano al convento d'Assisi" (p. 120). In realtà gli osservanti ottennero la Porziuncola due anni dopo, grazie alla mediazione di Guidantonio da Montefeltro, obbligandosi inoltre a spartire le elemosine con i frati del Sacro Convento, così come altrove accadeva tra eremiti custodi di santuari e rispettivi patroni.
G. si trovava nella provincia di S. Angelo, in Puglia, dove si era recato, insieme con Tommaso Bellacci per far conoscere l'Osservanza, quando la morte lo colse a Lucera, dove fu sepolto nella chiesa di S. Salvatore, davanti all'altare maggiore.
Data tradizionale della morte è l'8 maggio 1418. Non sappiamo però se avesse rinunciato all'ufficio di vicario per la Toscana e chi, lui vivente, avesse in seguito ricoperto questo incarico: secondo Wadding, nel 1415 G. aveva nominato commissario per la provincia toscana fra Nicola da Uzano; ma il 24 settembre dell'anno precedente Gregorio XII aveva dato licenza di ricevere luoghi per l'Osservanza in Toscana a fra Bartolomeo Pucci d'Assisi (cfr. Studi francescani, XXXIX [1942], pp. 110-122).
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