GIOVANNI da Moncalieri
Nacque nel 1579 a Moncalieri, presso Torino, dalla nobile famiglia Moriondo, introdotta nella corte sabauda. Orfano già da bambino, dopo la laurea in legge entrò come postulante tra i cappuccini del convento del Monte di Torino e come novizio, il 5 marzo 1605, in quello di Alessandria.
Arrivato ai gradi di lettore di filosofia e maestro di teologia, G. svolse dapprima l'attività di predicatore nelle missioni cattoliche delle valli del Piemonte abitate dai valdesi, diventando, anche grazie ai legami vincia cappuccina di Genova si divise in ligure e piemontese, optò per la seconda, ottenendo quasi subito la carica di definitore e, nel 1622, quella di provinciale. Nel 1625, per volontà di Urbano VIII, aggiunse ai suoi incarichi quello di prefetto apostolico delle missioni subalpine tra i valdesi, che la congregazione di Propaganda Fide aveva affidato alla sua provincia. Il 15 genn. 1628 il S. Uffizio lo spedì in una breve missione, fino a Ginevra, alla ricerca di F. Martelli, sospettato di apostasia, che non trovò.
Tornato in Piemonte per il capitolo di maggio, ne uscì primo definitore. Quindi il padre generale Giovanni Maria da Noto lo scelse come suo consigliere per la visita delle province ultramontane dell'Ordine, considerandolo un religioso istruito, esperto nelle materie di governo e conoscitore delle lingue francese e spagnola.
Dal 29 maggio 1628 fino all'inizio del 1631 G. attraversò la Spagna, la Francia, le Fiandre, la Germania, la Svizzera, l'Austria e visitò le province italiane. Tale viaggio gli consentì di acquisire esperienza internazionale e diplomazia religiosa. Negò al duca Francesco di Lorena la creazione di una provincia cappuccina corrispondente al territorio dei suoi Stati, che sarebbe stata un precedente per il riconoscimento dei confini. Mentre in Francia, su istanza dei religiosi che desideravano un ruolo più incisivo nei capitoli generali cappuccini, dominati dagli italiani, maggioritari, il generale accettò la creazione di due nuove province.
La morte di Giovanni Maria da Noto, il 4 febbr. 1631, permise a G. di tornare nella sua provincia, immiserita dalla peste, dalla carestia e dalla guerra. Riparatosi proprio a Moncalieri, insieme con la corte del nuovo duca Vittorio Amedeo, nel capitolo di ottobre G. divenne provinciale per la seconda volta, provvedendo alle necessità dei conventi grazie ai lasciti di molte vittime dell'epidemia.
Chiamato a Roma nel 1633 per predicare la quaresima in S. Giovanni de' Fiorentini e lì nominato definitore generale, tornò a interessarsi del governo dell'Ordine per volontà del protettore, il fratello del papa, cardinale Antonio Barberini, cappuccino dal 1592. Le questioni in discussione erano l'introduzione dell'elezione dei capitolari a scrutinio segreto, il progetto del cardinale di rinnovare le costituzioni e le proteste dei frati francesi e spagnoli contro le discriminazioni nei capitoli generali.
L'argomento fu affidato da Urbano VIII a una congregazione di cardinali che finì con l'appoggiare le tesi degli italiani. Nel 1635 il G., ammalato, non ottenne il rinnovo della carica di provinciale, ma nel 1636 il cardinale Barberini lo nominò commissario visitatore in Svizzera e in Francia, a causa dell'aggravarsi dei rapporti con i cappuccini francesi, che avevano ormai deciso di far valere le loro ragioni attraverso il re Luigi XIII e il cardinale Richelieu. In Svizzera il G. compose pacificamente le divergenze tra il nunzio Ranuccio Scotti e i cappuccini di Lucerna, accusati di immischiarsi in "materie politiche" e di non riconoscere la sua autorità. Viceversa, a Parigi, nonostante un'udienza concessagli dal re e una dal Richelieu, non trovò modo di far revocare il divieto fatto ai provinciali e ai vocales cappuccini francesi (chiesto al re dai cappuccini francesi), di recarsi a Roma per il capitolo generale che era stato convocato dal Barberini nel 1637 - in anticipo, quindi - per sostituire il padre generale Antonio Montecuccoli da Modena, avverso alla linea intransigente del protettore.
Il Barberini voleva guidare l'Ordine in prima persona, con decisione e autoritarismo. L'elezione di G. alla carica di generale, nel 1637, avvenne quindi anche per l'influenza del potente cardinale protettore. Di conseguenza, il governo di G. fu segnato dalla faticosa visita alle province dell'Ordine nel vano tentativo di indurle ad accettare pacificamente le nuove e coercitive costituzioni approvate da Urbano VIII nel 1638. In un primo tempo in Francia gli fu addirittura interdetto l'ingresso, che ottenne solo con la promessa di tenere conto della volontà dei frati francesi sulla pariteticità dei voti nei capitoli.
Le richieste francesi erano contrastate da Roma, perché in Curia si pensava che gli italiani alla guida degli Ordini religiosi garantissero maggiore fedeltà alle direttive della S. Sede. Peraltro G., intransigente come il Barberini e convinto che il Papato fosse circondato da potenze che attentavano con ogni mezzo ai suoi diritti, dimostrò maggiore abilità diplomatica del porporato. Infatti, ottenne dal re di Francia l'assenso alla celebrazione del capitolo provinciale di Parigi nel 1639 in cambio dell'istituzione di due custodi per ogni provincia (conservando, sebbene ridotta, la maggioranza a favore degli italiani). Senza scontentare il protettore, G. persuase anche il papa a revocare il divieto imposto nel 1637 ai fratelli laici di votare un sacerdote religioso che li rappresentasse nei capitoli.
In Spagna G. incontrò le stesse difficoltà mossegli dai francesi: nel 1640, infatti, i religiosi ottennero da Filippo IV un suo intervento presso il papa al fine di revocare le contestate costituzioni.
Nel 1642, durante la visita alle province italiane, G. intervenne nelle trattative per la pace di Torino del 14 giugno. Terminato il suo secondo mandato, nel 1643, tornò in Piemonte, dove divenne nuovamente definitore provinciale nel 1650. G. morì a Moncalieri il 5 ag. 1655.
Opere: G. pubblicò solo un'Epistola pastoralis (Loreto 1641) e un Memoriale ai prelati per profittevole ammaestramento de' sudditi (Torino 1654); affidò però a Bernardino da Bordeaux, Ludovico da Monreale e Massimino da Gauchen la compilazione dell'atlante Corographica descriptio provinciarum et conventuum instituti capuccini (pubblicato a Roma e Torino nel 1643; rist. Torino 1649 e 1654, Milano 1713 e 1721) e a Benedetto da Milano la traduzione in italiano degli Annali dell'Ordine di Zaccaria Boverio da Saluzzo. Nel 1909 F.S. Molfino ha parzialmente pubblicato un manoscritto di memorie, non tutte di G. e da questo redatte con qualche reticenza.
Fonti e Bibl.: Pellegrino da Forlì, Annali dell'Ordine dei frati minori cappuccini, I, Milano 1882, pp. 221-227; F.S. Molfino, Un frate cappuccino diplomatico (1628-1655), in La Rassegna nazionale, 1° gennaio 1909, pp. 89-118; Felice da Mareto, Tavole dei capitoli generali dell'Ordine dei frati minori cappuccini…, Parma 1940, pp. 132, 135 s.; Correspondance du nonce en France Ranuccio Scotti (1639-1641), a cura di P. Blet, in Acta nuntiaturae Gallicae, Rome-Paris 1965, p. 265; O. De Rossi, Scrittori piemontesi…, Torino 1790, pp. 59, 196; Rocco da Cesinale, Storia delle missioni dei cappuccini, I, Parigi 1867, p. 240; F.S. Molfino, I cappuccini genovesi, I, Genova 1912, pp. 3, 51, 244, 362; Melchiorre da Pobladura, Historia generalis Ordinis fratrum minorum capuccinorum, I, 2, Romae 1948, ad ind.; Lexicon capuccinum, Romae 1951, coll. 841 s.; P. Lintingre, Le venerable père Seraphin de Leon…, in Collectanea Franciscana, XLI (1971), 1-2, pp. 93 s.; J. Mauzaize, Le rôle et l'action des capucins de la province de Paris dans la France religieuse du XVIIe siècle, I, Paris 1978, ad ind.; P.L. Surchat, Die Nuntiatur von Ranuccio Scotti in Luzern, 1630-1639, in Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und Kirchengeschichte, XXXVI (1979), suppl., p. 132; Mariano d'Alatri, I cappuccini. Storia di una famiglia francescana, Roma 1994, pp. 67, 89, 254; Dict. d'histoire et de géographie ecclésiastiques, XXVII, coll. 302 s.