GIOVANNI da Lodi, santo
Nacque a Lodi intorno al 1040. Non esistono notizie sulla sua famiglia.
La sua biografia, condizionata dal contesto agiografico, racconta che egli ebbe una formazione nelle artes liberales, notizia che sembra degna di fede sulla base della sua posteriore attività letteraria a Fonte Avellana. Al contrario il dato più antico riportato nella sua Vita, cioè che egli abbia abbandonato la vita secolare poco dopo il compimento degli studi, pare un topos costruito sulla base del suo successivo operato. Contraddittorie sono anche le notizie sul suo ingresso nell'eremo di Fonte Avellana situato ai piedi del monte Catria nella diocesi di Gubbio: la Vita riferisce che egli visse lì per quarant'anni, notizia che indicherebbe un anno intorno al 1064 come data del suo ingresso nell'eremo. Ma la scelta di G. per la vita eremitica fu presumibilmente da ricondurre soprattutto alla forte attrazione carismatica esercitata dal priore di Fonte Avellana, il riformatore Pier Damiani. Costui per ordine del papa aveva intrapreso nell'autunno del 1059, insieme con Anselmo da Baggio (il futuro papa Alessandro II), un'importante missione a Milano, con il compito di fare da mediatore tra Roma e la Chiesa ambrosiana in relazione alle rivolte patariniche e soprattutto di affermare il primato papale. Dopo il successo di questo incarico Pier Damiani tornò a Fonte Avellana; attraversando la Lombardia predicò anche a Lodi. Ci sono buone ragioni per ritenere che G. si trovasse tra gli ascoltatori e fosse così colpito dalla personalità del Damiani da decidere di seguirlo nell'eremo, facendosi quindi eremita a Fonte Avellana poco dopo. Occorre intendere l'affermazione della Vita come un dato approssimativo: indicando il numero sacrale di quaranta si voleva dare maggior rilievo alle intenzioni propriamente agiografiche del testo. Comunque è certo che G. abbia abbracciato la vita eremitica in età molto giovane.
Poco dopo il suo ingresso nell'eremo, G. fu ordinato prete. Probabilmente l'ordinazione fu eseguita da Pier Damiani che allora a quanto pare amministrava la diocesi di Gubbio ed era perciò il vescovo competente.
I rapporti tra G. e il Damiani divennero molto stretti negli anni seguenti fino ad arrivare a un'intensa relazione personale. Il Damiani elogiò G. e lo amò con affetto paterno (come si rileva da una lettera del 1060 circa, Die Briefe, n. 78). Fino alla morte del Damiani G. rimase il suo più stretto collaboratore e compagno di viaggio (Vita Petri Damiani, a cura di S. Freund, p. 204) nelle missioni che condussero tra l'altro i due in Germania e a Montecassino. Anche nell'ultimo viaggio del riformatore a Ravenna G. gli era con ogni probabilità a fianco e assistette alla sua morte il 22 febbr. 1072, nel monastero di S. Maria Foris Portam a Faenza.
Non meraviglia che il nuovo priore di Fonte Avellana Aliprando abbia affidato a G. il compito di redigere la biografia damianea. La Vita Petri Damiani, attribuita con sicurezza a G. dalle ricerche di G. Mercati, fu composta negli anni tra il 1076 e il 1082-84.
La biografia, originariamente in ventidue capitoli (ne fu aggiunto in seguito un ventitreesimo con i miracoli post mortem), è in alcune parti topica, ma testimonia lo sforzo costante del biografo di illustrare la personalità storica del Damiani. Non impostata secondo un rigido ordine cronologico, si basa per lo più sulle opere damianee, che si trovavano allora presumibilmente ancora in forma di fascicoli non legati a Fonte Avellana. Il biografo rinuncia alla completezza e persegue prima di ogni altra cosa lo scopo di mettere in evidenza l'ampia gamma di attività del santo riformatore: ciò si può soprattutto osservare nelle sue azioni nelle vesti di legato. La missione milanese del 1059 è narrata diffusamente (con l'utilizzo di citazioni testuali dalla lettera damianea n. 65), così come l'ultimo viaggio a Ravenna. Al contrario non sono menzionate le legazioni in Germania e in Francia, poiché esse non avrebbero aggiunto nulla di nuovo al quadro generale. Dopo l'edizione di J.-P. Migne (Patr. Lat., CXIV, pp. 113-146) la Vita Petri Damiani è stata edita a cura di R. Cicala - V. Rossi, Giovanni da Lodi, Vita di s. Pier Damiani, Roma 1993; e da S. Freund, Studien zur literarischen Wirksamkeit des Petrus Damiani. Anhang: Johannes von Lodi, Vita Petri Damiani, in Mon. Germ. Hist.,Studien und Texte, XIII, Hannover 1995.
La stretta relazione personale, le conseguenti intime conoscenze sulla vita e le opere di Pier Damiani e inoltre il suo alto grado di cultura qualificarono G. a svolgere altre attività a Fonte Avellana. Poco prima della redazione della Vita, o forse contemporaneamente, per volere del priore Aliprando o del nipote di Pier Damiani, Damiano, G. compilò i cosiddetti Collectanea, una lista delle più importanti citazioni bibliche presenti nelle opere di Pier Damiani, lista che G. trascrisse di suo pugno.
L'autografo si trova oggi nella Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 4930 (cfr. Collectanea Veteris et Novi Testamenti, in J.-P. Migne, Patr. Lat., CXLV, coll. 891-910, 985-1184). Anche parti di una delle più antiche collezioni delle opere damianee, quella che si trova nel ms. Urb. lat. 503 sempre della Vaticana, sono di sua mano e testimoniano una frequentazione pluridecennale degli scritti di Pier Damiani. Da parte sua quest'ultimo, quand'era ancora in vita, aveva invitato G. all'esame critico delle sue opere e lo aveva pregato di correggerne gli eventuali errori (DieBriefe, n. 116, circa 1064).
Seguendo l'esempio del suo maestro anche G. scrisse lettere ai confratelli, delle quali però solo una si è conservata (Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 4930, edita in Mercati, 1937, p. 356).
Non si conoscono altre sue opere. Leclercq nel 1963 ha tentato di attribuire a G. una piccola opera, con estratti dai Proverbi e dalla Sapienza contenuta nel ms. Barb. lat. 464 della Bibl. Vaticana. Lo scritto, redatto in rima, fu composto da un non meglio definito "Johannes" ed è dedicato a un "episcopus P.", ma occorrerebbero altri punti d'appoggio per accordare credibilità a questa tesi. Un successivo esame dell'opera compiuto da A. Caretta non ha potuto apportare ulteriori elementi per assegnare l'opera a Giovanni.
Nel 1082 o nel 1084 G. fu eletto priore di Fonte Avellana.
Durante il suo mandato si distinse per l'austera condotta di vita e l'instancabile osservanza delle regole damianee nella vita eremitica. Egli dovette la sua successiva venerazione come santo al grande impegno in favore dei bisognosi dimostrato durante la sua carica. In occasione di una carestia che funestò il territorio di Fonte Avellana nel 1084-85, egli provvide alla popolazione bisognosa con le scorte dell'eremo fino a quando non furono completamente esaurite e vendette poi una parte dei possedimenti dell'eremo per acquistare con il ricavato cereali in Puglia.
Verso la fine dell'anno 1104 G. per iniziativa di un legato papale fu eletto vescovo di Gubbio e in questo modo fu evitata un'elezione scismatica. Durante il suo breve incarico si adoperò soprattutto per la riforma del clero di S. Mariano; chiamò perciò da S. Secondo a S. Mariano il giovane Ubaldo, che diventò in seguito il santo patrono di Gubbio. Convinse un ex arciprete della Chiesa di Parma a riconciliarsi con Roma, per cui lo scisma esistente tra le due chiese poté essere ricomposto.
G. morì il 7 sett. 1105 e fu sepolto nella cattedrale di Gubbio.
Secondo la legenda fu proclamato santo già da papa Pasquale II. Gli furono dedicate due Vitae, la prima nel XII secolo per mano di uno sconosciuto monaco di Fonte Avellana, la seconda nella prima metà del XIV secolo per opera di un agiografo francescano di nome fra Paolo.
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