GIOVANNI d'Ambrogio
Scultore e architetto, documentato dal 1382 al 1418 a Firenze, dove probabilmente nacque non prima del 1350. Verosimilmente non è da identificare con l'omonimo scalpellino attivo nel 1366 nella Fabbrica del duomo di Firenze. G. fu il più significativo scultore degli ultimi due decenni del secolo in questa città, studiò e recepì le opere dell'antichità dando così quell'impulso decisivo che preparò il Rinascimento. Lasciò la sua impronta artistica sui primi scultori del Rinascimento, nei loro anni giovanili, in particolare su Nanni di Banco.
È testimoniato per la prima volta il 23 maggio 1382 in un pagamento della Fabbrica del duomo. Dall'ottobre 1383 all'ottobre 1386 lavorò alle grandi statue sedute raffiguranti la Giustizia e la Prudenza nella loggia della Signoria. Negli anni compresi tra il 1386 e il 1395 completò, nella cappella del Sacro Cingolo del duomo di Prato, l'architrave della porta, la soglia e altre opere simili; lo stesso fece nel 1388-89 nella chiesa di S. Cecilia a Firenze. Nel 1388 ricevette l'incarico di eseguire per la facciata del duomo fiorentino tre statue non identificate. Per lo sguancio della porta della Mandorla posta sul fianco nord della stessa fabbrica, in prossimità del coro, eseguì nel 1391-92 e nel 1393 due opere, di cui una con l'indicazione della misura di 2 braccia e 1/8, identificabile con il blocco marmoreo superiore dello sguancio sinistro. Lavorò nel 1394 alla cornice dello stesso portale realizzando una mensola e altri lavori. Inoltre, nel 1395-96, scolpì la monumentale statua di S. Barnaba per la facciata del duomo. Dalla fine del 1397 sino al 1400 G. soggiornò fuori Firenze, in un luogo non documentato. Nel 1401 prese la direzione della Fabbrica del duomo fiorentino che tenne sino al 1418, con alcune interruzioni, delle quali la più lunga durò dal dicembre 1413 al luglio 1415. In questo periodo furono costruiti le cappelle, le tribune e il tamburo del coro. Non sono documentate sculture di G. relative a questi anni; ma egli fece un progetto, datato 1408, per le decorazioni degli archivolti della porta della Mandorla, per la quale proseguì la decorazione degli sguanci e della cornice. Per motivi di età nel 1418 si dimise dall'ufficio di capomastro della Fabbrica del duomo.
Con la sua prima opera documentata, G. dimostra la sua superiore qualità di artista: nella loggia della Signoria, all'interno del ciclo raffigurante le sette virtù, la Giustizia e la Prudenza si distinguono per la calma dignità e la monumentalità, per la sicurezza nella costruzione della figura e la plasticità, oltre che per lo scorrevole andamento del drappeggio, per la classica armonia delle proporzioni delle forme, per l'abile inserimento delle figure nel complicato campo del rilievo di forma trilobata. Tali qualità sono riferibili non tanto ai disegni di Agnolo Gaddi - i quali sono alla base anche delle Virtù eseguite da Giovanni di Francesco (detto Fetti) e da Iacopo di Piero Guidi - quanto ad altre opere scultoree; G. mostra infatti chiaramente di avere studiato le figure sedute dei Pianeti, delle Virtù e delle Arti liberali poste sul campanile del duomo (1334-41), i rilievi con le Virtù eseguiti da Andrea Pisano per le porte bronzee del battistero fiorentino (1330-32) e, soprattutto, di essersi ispirato alle figure, sedute, delle Virtù teologali e dell'Assunta nel tabernacolo di Andrea di Cione, detto l'Orcagna, in Orsanmichele (1352-59). Ancora prima delle statue della Giustizia e della Prudenza G. dovette eseguire, verso il 1380, la statuetta di un Angelo adorante per la porta del campanile del duomo e anche due piccole figure di Profeti, originariamente in coppia, posti nel 1430, rispettivamente, sulla porta dei Cornacchini del duomo e sul portale inferiore del campanile (ora tutti nel Museo dell'Opera del duomo).
I sei blocchi di marmo dello sguancio della porta della Mandorla sono stati attribuiti da Kauffmann, per motivi stilistici, ai quattro scultori documentati per questo lavoro: nello sguancio sinistro egli attribuisce il blocco inferiore e superiore a G. (1391-92 e 1393) e quello mediano a Piero di Giovanni Tedesco; nello sguancio destro i blocchi superiore e inferiore a Pietro Lamberti e quello mediano a Iacopo di Piero Guidi; tali attribuzioni sono confermate dalle dimensioni dei blocchi di marmo tramandate dai documenti. Il blocco superiore dello sguancio sinistro è senza dubbio opera di Giovanni. I tre angeli a mezza figura di G. pongono in evidenza una rapida evoluzione nella concezione della figura per l'autonomia con la quale sono resi i corpi sotto le vesti.
Mentre l'angelo inferiore presenta una superficie appiattita sul blocco di marmo, la figura del secondo angelo si libra grazie a una più incisiva rappresentazione plastica delle forme; se l'angelo inferiore appare ancora legato alla concezione della figura gotica drappeggiata, nell'angelo seguente è evidente il predominio del corpo che determina la caduta del drappeggio. Nell'angelo superiore, la figura costruita in contrapposto mostra un vigoroso influsso della scultura antica che, sul piano tematico, diventa visibile nelle figurette di Ercole e Apollo tra le foglie di acanto composte in forma di lira; in questi rilievi la recezione dei modelli antichi si manifesta anche nel modellato della muscolatura e nella struttura dei volti.
Questi rilievi, benché documentati come opera di G., per la loro modernità sono stati ripetutamente riferiti a maestri della generazione successiva: a un Maestro dell'Ercole, al figlio di G., Lorenzo, al giovane Iacopo della Quercia. Tali attribuzioni, che contrastano con i dati forniti dalla documentazione, disconoscono la dinamica dello sviluppo artistico della scultura fiorentina alla fine del Trecento.
I rilievi di G. nel blocco inferiore dello sguancio sinistro della porta della Mandorla concordano stilisticamente con due statue raffiguranti l'Annunciazione (Firenze, Museo dell'Opera del duomo) le cui teste mostrano caratteri straordinariamente classicheggianti, motivo per il quale più di una volta sono state datate al primo Quattrocento. La figura di Maria, tuttavia, presenta ancora in pieno i caratteri di una figura gotica drappeggiata; mentre l'angelo Gabriele già preannunzia una statua costruita in contrapposto. Le statue dovevano essere originariamente destinate alla decorazione del timpano della porta della Mandorla, all'interno del quale, più tardi (1488-90), Domenico e Davide Ghirlandaio realizzarono il mosaico dell'Annunciazione. Spettano a G. anche i rilievi dello stipite sinistro e quelli sul blocco sinistro dell'architrave della porta della Mandorla; la sua partecipazione alla cornice della porta è riconoscibile con certezza perché una delle due mensole della cornice è documentata come opera sua (1394); l'altra è documentata come opera dello scultore Piero di Giovanni Tedesco autore anche della decorazione e del blocco centrale dell'architrave; il gruppo di destra dell'architrave fu probabilmente eseguito da G. e da suo figlio Lorenzo. Solo le sezioni marmoree decorate da G. presentano numerose piccole raffigurazioni di Ercole e delle Muse (Himmelmann) che mettono in luce il suo interesse umanistico; per la decorazione non era infatti previsto un programma iconografico unitario e pertanto Piero di Giovanni Tedesco non era tenuto a osservarlo. Coluccio Salutati, umanista e cancelliere della Repubblica fiorentina, agli inizi degli anni Novanta del Trecento aveva pubblicato il suo trattato sulle fatiche di Ercole; ed è assai probabile che l'opera fosse nota a Giovanni d'Ambrogio.
Negli anni 1395-96 G. eseguì, come è documentato, una grande statua di S. Barnaba per la facciata del duomo fiorentino, identificata da Wundram con una statua, ora nel Museo dell'Opera del duomo di Firenze, affiancata da due Angeli di Piero di Giovanni Tedesco. Come l'Angelo nella sezione superiore dello sguancio sinistro della porta della Mandorla, documentato come opera di G., nella possente statua di S. Barnaba il corpo sotto il panneggio acquista una propria autonomia ed è caratterizzato da una equilibrata posizione eretta. Nel novembre 1397 G. lasciò Firenze insieme con suo figlio Lorenzo e dovette farvi ritorno prima del 1° genn. 1401, poiché in quella data assunse l'ufficio di capomastro della Fabbrica del duomo di Firenze. I due scultori in quel periodo soggiornarono probabilmente a Roma impegnati nella realizzazione, in S. Maria in Trastevere, della cappella del cardinale Philippe d'Alençon, morto nel 1397.
Alla direzione della Fabbrica del duomo di Firenze, con poche interruzioni, dal 1401 al 1418, a G. rimase poco tempo per la sua attività di scultore. La decorazione degli archivolti della porta della Mandorla fu realizzata in questo periodo, tra 1404 e 1409. G. dovrebbe aver eseguito la parte sinistra del fregio a forma di tralcio sul timpano, con due figure di fanciulli nudi, rispettivamente con un cane e con un violino, mentre la parte destra può essere assegnata al figlio Lorenzo. Tra il 1401 e il 1408 fu eretta la tribuna settentrionale del coro del duomo. Sul lato esterno della finestra della cappella occidentale di questa tribuna, sono collocati due Putti con la funzione di sorreggere le colonne tortili che incorniciano tale finestra: mentre quello di sinistra è probabilmente opera di Lorenzo di Giovanni, quello di destra mostra la mano magistrale di Giovanni d'Ambrogio.
Dal dicembre 1413 al luglio 1415 G. non fu al servizio della Fabbrica del duomo. In questo periodo egli realizzò probabilmente le quattro statuette di Profeti per la decorazione a traforo di una delle due arcate occidentali del portico al pianterreno di Orsammichele, tre delle quali sono pervenute fino a noi (Museo nazionale di Firenze: Bargello). La notevole qualità di queste sculture è sottolineata dal fatto che esse sono state attribuite da Brunetti (1969) al giovane Donatello.
Le figure sono connotate dalla sommarietà, dalla levigatezza della lavorazione, dalla composizione in contrapposto e, infine, dalla tensione verso una resa realistica dell'uomo che si manifesta nel modellato delle mani, con venature emergenti sul dorso, e nella struttura dei volti vivaci con sopracciglia mosse sopra occhi pieni di espressione. Queste statuette mostrano che G., anche in età avanzata, era ancora in grado di porsi in competizione con le sculture della giovane generazione del primo Rinascimento (Donatello e Nanni di Banco, in prima linea), che proprio da lui avevano preso le mosse. Anzi con esse G., proprio nei suoi ultimi anni, si colloca tra gli scultori dell'inizio del Rinascimento.
G. morì a Firenze intorno al 1418.
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