GIOVANNI d'Agnolo di Balduccio
Nacque ad Arezzo intorno al 1370.
Alla data di nascita di G. si risale per approssimazione, considerando che nel 1394 stipulò un contratto per il pagamento della dote di sua sorella Ghita a un Isacchino Benci, suo futuro marito, e che perciò doveva avere almeno ventiquattro anni, l'età minima prevista al tempo per essere parte contraente in un atto legale (Pasqui, p. 42).
Probabile collaboratore di Spinello Aretino e certamente suo modesto epigono locale, coetaneo di Parri di Spinello, G. è l'ultimo prodotto della cultura artistica trecentesca aretina che si attarda fino alla metà del secolo successivo. Della sua esistenza si è avuta notizia solo all'inizio del Novecento, quando il suo nome è riaffiorato dai documenti d'archivio insieme con quello di tanti altri pittori aretini dello stesso periodo. Le vicende private e gli incarichi pubblici rivestiti da G. ad Arezzo si conoscono assai meglio delle sue opere.
Di condizione benestante, fu nipote di Balduccio di Cecco, pittore aretino del quale non si conoscono opere, documentato nel 1341 come compagno di Andrea di Nerio nella decorazione del soffitto di una navata laterale del duomo di Arezzo. Nel 1392 G. compare come testimone a un atto nella chiesa dell'ospedale del Ponte e nel 1394 risulta già allirato dal Comune aretino e residente con un fratello in Porta Burgi in contrada "a Calderaris ad Portam novam", oggi via di S. Francesco. Nel 1402 era sposato con donna Leonarda, figlia ed erede di un Nicola di Giovanni di Arezzo, quando, in veste di procuratore della moglie, compare in due arbitrati a causa di liti per i frutti di alcuni possessi agricoli a San Fabiano. Nel 1410 viveva invece in contrada "Muros veteres", cioè tra via S. Niccolò e via Pellicceria, e dal 1419 a un isolato di distanza, all'angolo tra piaggia S. Martino e via Pellicceria. Non conosciamo il destino della prima moglie, ma nel 1429 risulta già coniugato con la seconda, di nome Francesca. Ebbe diversi figli, probabilmente da Leonarda, dei quali alcuni morirono in giovane età.
Tra questi Baldo, che nel 1422 fu tra i chierici ammessi a presenziare alla prima tonsura del vescovo di Arezzo; Niccolò o Nicola, allirato nel 1458 al posto del padre, visse fino al 1485, e compare come teste a un atto nel 1437 e nel numero dei rettori della Fraternita della Misericordia nel 1463.
Come risulta dai catasti comunali, oltre alla casa di città, la famiglia possedeva un palazzo con terreno intorno, un altro edificio e, ancora, terreni a San Fabiano, San Biagio e Fonte Guinizelli, tutti appena fuori Arezzo. Con le elezioni del 26 giugno 1416 G. entrò a far parte del Consiglio generale e il seguente 25 agosto venne designato con altri sette tra nobili ed esperti a far parte della commissione per il restauro delle acque termali del Bagno d'oro. Fu tra i rettori della Fraternita della Misericordia nel 1427, nel 1434 e nel 1443. Nel 1429 fu tra gli ufficiali del Catasto, di cui, nel 1443, partecipò alla riforma.
L'unica opera documentata di G. che si conosce è la Madonna con il Bambino tra i ss. Donato e Stefano, dipinta su tavola, oggi nella Fraternita della Misericordia, detta dei Laici, di Arezzo, ma in origine commissionata dal Comune, come risulta da un residuo di pagamento di 8 lire fatto a favore del figlio Nicola nel 1453, poco dopo la morte del pittore. L'opera, recentemente restaurata, rivela chiaramente l'attardamento culturale di G. sulla scia di Spinello, fino a tempi non lontani dall'arrivo in città di Piero della Francesca. Di solito è considerata la sua ultima opera; ma non è chiaro a quando risalga la sua esecuzione che nella delibera di pagamento si dice fatta "già più tempo fa" (Droandi, p. 113 n. 2): essa costituisce comunque l'unico parametro valido per estensioni attributive del suo corpus. Il catalogo di G. è stato spesso indebitamente allargato fino a comprendere una quantità di opere secondarie d'ambito spinelliano locale e senza verificarne realmente l'affinità con l'unica opera certa. Il restauro della tavola della Fraternita, rendendo possibile riesaminare la sola calligrafia autografa del pittore, ha consentito di riferirgli con certezza un'altra tavola, già inserita nel suo catalogo da Del Vita nel 1928, e cioè il S. Donato in adorazione del Crocifisso proveniente dalla chiesa aretina di S. Domenico e ora nel deposito del Museo di Casa Vasari.
L'opera appare letteralmente mortificata da un vecchio restauro che ne ha modificato, ridipingendole direttamente, intere parti compreso il volto del santo. Il suo stato aveva indotto Donati, nel 1964, a sospendere il giudizio su di essa; ma l'esame accurato dell'originale e di una riproduzione fotografica prima dell'ultimo intervento di restauro (Archivio fotografico della Soprintendenza per i Beni ambientali architettonici artistici e storici di Arezzo, n. 2610, registrata nel luglio 1970) elimina ogni incertezza, sia per l'impaginazione spaziale sia per la presenza di dettagli e parti decorative quasi identici al dipinto della Fraternita.
Nonostante l'evidente perdita di significato della lezione spinelliana, a distanza di due o tre decenni dalla morte del maestro, resta un'ipotesi concreta quella del discepolato di G. presso di lui come collaboratore locale, che potrebbe rivelarsi negli affreschi della controfacciata di S. Agostino a Monte San Savino, databili al 1408, e specialmente nella Crocifissione. Tuttavia il dipinto della Fraternita e quello proveniente da S. Domenico mostrano entrambi, a evidenza, risentimenti dell'opera di Parri di Spinello, soprattutto nell'esilità delle figure dalle spalle strettissime e nella loro flessuosità, un po' goffa, di matrice tardogotica, che trova il modello nella tavola con la Madonna della Misericordia del Museo statale d'arte medievale e moderna di Arezzo, eseguita da Parri tra il 1435 e il 1437. La commistione di elementi derivati sia da Spinello sia da Parri si ritrova anche in alcuni affreschi staccati, conservati nello stesso Museo e provenienti dal convento aretino di S. Maria Novella, che raffigurano la Madonna della Misericordia, S. Barbara e s. Iacopo e una Madonna in trono col Bambino tra s. Lorenzo e s. Antonio Abate, quest'ultimo recante la data 1414.
Data l'epoca a cui risalgono, tali affreschi costituirebbero una buona dimostrazione del peso avuto da Spinello nella formazione di G., evidente nell'impostazione spaziale e iconografica dei due santi entro archi trilobati e anche nella Madonna della Misericordia. Ma quest'ultima introduce visibilmente importanti elementi derivati da Parri, come l'allungamento notevole della figura della Vergine e il suo lieve flettersi su un fianco, certo non rapportabili a Spinello. Per quanto riguarda la Madonna in trono, di qualità superiore e di evidente e sicuro gusto tardogotico misto a sopravvivenze spinelliane, si potrebbe ipotizzare un momento, del resto verosimile, di collaborazione di G. con il coetaneo Parri dopo la morte del padre.
Probabilmente a G. e alla sua bottega compete anche il catino absidale con Cristo in gloria, angeli e santi, affresco staccato proveniente dalla distrutta chiesa di S. Lorenzo a Policiano e ora anch'esso nel Museo aretino; così come risente certamente della sua influenza un affresco della badia di Soffena in Valdarno, raffigurante una Madonna della Misericordia e santi (segnalazione di Mario Ferrarese). Va ricordata, infine, la recente corretta espunzione dal suo catalogo del S. Michele e il drago nel medesimo Museo, dipinto su tavola proveniente dalla Fraternita dei Laici, riconosciuto da Boskovits (1998) piuttosto come opera del terzo decennio del Trecento riferibile al periodo aretino di Buffalmacco.
Esiste documentazione di archivio anche per diverse opere perdute dell'artista; tra queste le pitture per la cappella di monna Nanna nella chiesa di S. Agostino commissionategli il 22 luglio 1419 dalla Fraternita dei Laici e pagate il 2 febbraio dell'anno seguente 10 fiorini d'oro. Sempre dalla Fraternita ricevette anche più modesti incarichi, dipingendo ceri funebri, un libro dei morti, un emblema della pia istituzione e quello di un testatore. Nel 1437 il Comune gli pagò una decorazione eseguita nella sala maggiore del palazzo dei Priori; e nel 1446 lavorò al palco dell'udienza nuova in Fraternita insieme con un non meglio noto Antonio di Giannotto.
G. morì ad Arezzo il 5 dic. 1452 (Del Vita, Contributi…).
Fu seppellito in duomo nel sepolcro dei suoi figli e della moglie Francesca, morta il 12 giugno dello stesso anno. Sul fianco esterno del duomo una lapide ancora leggibile ricorda "sepulcrum / Gallete / et. Ioannis Angeli Balducci / pictoris et suorum".
Fonti e Bibl.: Arezzo, Arch. della Fraternita dei Laici, Deliberazioni e stanziamenti, n. 42, 17 luglio 1408, c. 324v; A. Del Vita, Notizie e documenti su antichi artisti aretini, in L'Arte, XVI (1913), pp. 231 s.; Id., Contributi per la storia dell'arte aretina, in Rassegna d'arte, XIII (1913), 11, p. 186; Id., Documenti su pittori aretini dei secoli XIV-XVI, in Rivista d'arte, IX (1916-18), pp. 142-150 e passim; U. Pasqui, Pittori aretini vissuti dalla metà del sec. XII al 1527, ibid., X (1917-18), pp. 41-45; G.F. Gamurrini, I pittori aretini dall'anno 1150 al 1527, ibid., pp. 95 s.; A. Del Vita, G. d'A. di B. pittore aretino della prima metà del XV secolo, in Bollettino d'arte, VII (1928), pp. 446-464; G. Degli Azzi, Documenti su artisti aretini e non aretini lavoranti in Arezzo, in Il Vasari, IV (1931), 1-2, pp. 61 s.; P.P. Donati, Su G. d'A. di B., in Antichità viva, III (1964), 9-10, pp. 32-46; A.M. Maetzke, Arte nell'Aretino. Recuperi e restauri dal 1968 al 1974, Firenze 1974, pp. 68 s.; Id., Il Museo statale d'arte medievale e moderna in Arezzo, Firenze 1987, pp. 56 s.; I. Droandi, La Madonna di G. d'A. di B. nella Fraternita dei Laici di Arezzo, in Professione restauratore, Arezzo 1995, pp. 111-118; L. Borri Cristelli, Mater Misericordiae: simbolo congregazionale e immagine devozionale (Arezzo XIV-XVI sec.), in Mater Christi. Altissime testimonianze del culto della Vergine nel territorio aretino (catal., Arezzo), Milano 1996, p. 23; P. Semoli, ibid., p. 48 n. 17; L. Fornasari, Arezzo. Museo statale d'arte medievale e moderna. Pittura e scultura, Montepulciano 1999, pp. 38 s., 43-45; M. Boskovits, Marginalia su Buffalmacco e sulla pittura aretina del primo Trecento, in Arte cristiana, LXXXVI (1998), 786, p. 167; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 104; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori ital., VI, p. 38.