COSTA (de Costis), Giovanni
Non conosciamo né la data, né il luogo di nascita di questo uomo politico piemontese; così come non sappiamo nulla del casato cui egli apparteneva. La prima notizia a noi nota che lo riguardi è infatti del 14 febbr. 1432, quando al "dominus Iohannes de Costis legum doctor" venne concessa la patente di membro del Consiglio di Piemonte, con diritto ad uno stipendio annuo di trecento fiorini. La somma - cospicua, ma inferiore a quelle attribuite a due altri consiglieri menzionati nel documento relativo alla nomina - fa pensare che il C. fosse allora di ancor giovane età. Ciò riporterebbe, per la nascita, ad un periodo di tempo compreso tra la fine del sec. XIV e gli inizi del sec. XV; mentre il titolo accademico, che gli viene attribuito, permette di affermare che il C. seguì un regolare corso di studi e che si laureò in diritto, ignoriamo in quale università. Sono, questi, gli unici elementi biografici deducibili, sia pure in modo indiretto, dalle informazioni in nostro possesso su di un personaggio, che ebbe un certo rilievo nella storia sabauda e per il quale, a causa del silenzio delle fonti, non è possibile fornire alcun dato relativo alla sua vita familiare e privata.
A parte l'identità del cognome, nessun elemento desumibile dalle fonti a noi note consente di collegare il C. alla famiglia Costa di Chieri, divenuta influente nei primi decenni del Quattrocento grazie all'opera di un Ludovico, che fu dapprima al servizio dei principi di Acaia e, più tardi, maggiordomo di Amedeo VIII di Savoia, incarico, quest'ultimo, ricoperto in seguito anche da uno dei suoi figli. Sebbene una parentela con questa illustre casata possa spiegare la sua nomina al Consiglio di Piemonte, il C. non viene mai ricordato nei documenti fra i notabili, i proprietari, gli uomini politici di Chieri. Egli, inoltre, non deve essere identificato con quel Giovanni Costa vissuto nella prima metà del sec. XV e più volte ricordato dalle fonti come consigliere in Chieri: quest'ultimo, infatti, viene definito costantemente come sartor, e risulta già morto nel 1437.
Membro, insieme con altri pochissimi piemontesi, del Consiglio cismontano creato nel 1424 da Amedeo VIII, il C. partecipò negli anni 1432 e 1433 alle riunioni che portarono alla risoluzione di far occupare dalle truppe sabaude il marchesato di Monferrato, e fu in seguito impegnato, insieme con gli altri colleghi, nel tentativo di risolvere i problemi che tale intervento militare aveva creato. Sempre come membro del Consiglio di Piemonte, sottoscrisse almeno sino al 1437 le sentenze emanate in Torino. Asceso al trono ducale Ludovico I, succeduto ad Amedeo VIII il 6 genn. 1440, il C. entrò nell'entourage diretto del nuovo principe, perché nel 1441 venne nominato a far parte del "consilium cum domino residens", il Consiglio ducale, cioè, la cui attività si svolse soprattutto, in quello e nei seguenti anni, a Ginevra ed a Chambéry. Nel 1447 fu presente, in Basilea, alla convenzione stipulata fra Amedeo VIII - allora papa di obbedienza basileese col nome di Felice V - ed il conte palatino Ludovico IV per il matrimonio di Margherita di Savoia.
Prima del 20 genn. 1448 ricoprì l'alta carica di presidente del Consiglio di Chambéry, tradizionalmente riservata ai savoiardi, e la conservò sino al 1º maggio 1451, quando venne sostituito da Antonio di Romagnano, altro influente uomo politico piemontese. Dopo questa data il C. non viene più menzionato nelle fonti a noi note sino al 1455, quando ricompare nei documenti, per esservi poi regolarmente citato, sempre come membro del Consiglio ducale prima a Torino e poi in Savoia.
Tra il 1456 e il 1457, in un periodo molto delicato per la storia degli Stati sabaudi, il C. fu chiamato a svolgere compiti che lo fecero uscire dalle consuetudini di vita proprie della sua funzione di consigliere ducale. Nel luglio del 1456 fu nominato commissario del duca per la ratifica del trattato di Cleppié che il 16 dic. 1455 Ludovico, sotto le pressioni del re Carlo VII di Francia, si era visto costretto a sottoscrivere. L'accordo, che riconosceva di fatto l'egemonia francese sul ducato prevedendo onerose prestazioni in uomini e danaro da parte dei sudditi del principe sabaudo, per divenire esecutivo doveva tuttavia essere sanzionato da dieci Comunità savoiarde e dieci piemontesi. Il C., forse fedele al giuramento di fedeltà prestato al duca o forse preoccupato per la sua carriera piuttosto che sensibile alle libertà degli Stati sabaudi, eseguì con scrupolosa fermezza, fra l'estate del 1456 ed il settembre dell'anno successivo, la sua delicata missione. Dapprima fu a Montmélian e a Chambéry, quindi nei maggiori centri del Piemonte settentrionale: ad Aosta, a Torino, a Chivasso, a Chieri, a Pinerolo, a Rivoli, ad Avigliana, a Susa. Di fronte alla gravezza delle clausole, molti Consigli cittadini rifiutarono di ratificare il trattato: insieme con gli altri commissari - Guglielmo di Sandigliano e Antonio Topelli - il C. intervenne allora pesantemente con sollecitazioni, ingiunzioni e minacce, per indurre a più ragionevoli consigli i responsabili delle singole Comunità. Particolarmente dura fula sua azione a Chambéry e a Torino. Mentre alcune Comunità, dopo lungo tergiversare, accondiscesero alla ratifica, altre, nonostante l'impegno del C.e dei suoi colleghi, resistettero tenacemente sino al dicembre del 1457, quando lo stesso re di Francia rinunziò alle clausole più onerose del trattato.
La resistenza opposta dalle Comunità savoiarde e, più ancora, da quelle piemontesi si basava sostanzialmente - come fa notare il Marini - sulla tesi che "non si poteva essere indotti a ratificare un trattato che toglieva libertà al governo ducale, quando si era giurato fedeltà a tale governo e ci si era impegnati a non far nulla che lo danneggiasse". Con la loro ostinazione nel voler salvaguardare interessi, privilegi e libertà municipali, le assemblee locali salvarono in quel frangente l'autonomia del ducato quasi malgrado il potere centrale, ed evidenziarono il peso e l'importanza che la componente subalpina aveva ormai acquistato, rispetto a quella savoiarda, nella vita economica e politica degli Stati sabaudi.
"Primo collaterale" nel Consiglio "cum domino", l'11 marzo 1457 il C. ricevette l'incarico di presiedere all'istruttoria contro Caterina di Challant e Francesco Sarriod d'Introd, accusati di aver attentato mediante sortilegio alla vita dei duchi Ludovico ed Anna di Lusignano. Nel settembre di quello stesso anno fucreato conservatore generale del patrimonio ducale. Sempre come membro del Consiglio ducale, il C. viene ricordato dalle fonti ancora di nuovo nel 1461e poi nel novembre del 1465, in un momento particolarmente critico per le sorti del ducato, quando Amedeo IX, succeduto al padre il 29 gennaio di quell'anno, era stato costretto dalla sua salute cagionevole ad affidare la direzione dello Stato alla consorte Iolanda di Francia.
Èquesta l'ultima notizia a noi nota relativa al C.: ignoriamo infatti la data esatta, il luogo e le circostanze della sua morte.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sez. I, Protocolli ducali, Serie di corte, voll.: 77, c. 45r; 80, cc. 712v-715r; 108, cc. 20v, 25v, 64r, 67r; Chieri, Archivio municipale, art. 143, par. 1, vol. 31 (catasto quartiere Gialdo, a. 1406), cc.8v-10r; art. 53, par. i (convocati del Maggior Consiglio), vol. 41, c. 5v; 42, c. 4v; G. Frola, Corpus statutorum Canavisii, Torino 1918, II, p. 209; III, p. 424; A. Tallone, Parlamento sabaudo, III, Bologna 1929, pp. 119, 198, 200-203, 207, 239, 380, 400 s., 425; VIII, ibid. 1935, pp. XCIV s., XCVII s.; IX, ibid. 1937, pp. 1 s., 4, 10, 22, 25 s., 31, 113, 115, 117, 119, 121-124, 131, 138, 140-144, 148, 159, 161, 257; X, ibid. 1938, p. 56; XI, ibid. 1940, pp. 295, 297, 299, 308 s.; XII, ibid. 1941, pp. 203, 206, 210; [G. Galli della Loggia], Cariche del Piemonte e paesi uniti colle serie cronol. delle persone che le hanno occupate, I, Torino 1798, p. 163; G. Turletti, Storia di Savigliano, IV, Savigliano 1879, pp. 572, 574, 577; F. Gabotto, Lo Stato sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Filiberto..., Torino-Roma 1892, p. 4; Id., La polit. di Amedeo VIII in Italia dal 1431 al 1435 nei conti dei tesorieri di guerra, in Boll. storico-bibl. subalpino, XIX(1914), pp. 294, 298; E. Cornaz, Le mariage palatin de Marguerite de Savoie, Lausanne 1932, pp. 250-253; L. Marini, Savoiardi e piemontesi nello Stato sabaudo, I, Roma 1962, pp. 17, 50, 63, 74, 76, 81 ss., 87 s., 108, 153; Id., Libertà e privilegio. Dalla Savoia al Monferrato, da Amedeo VIII a Carlo Emanuele I, Bologna 1972, pp. 20-25.