CORSINI, Giovanni
Nacque a Firenze il 30 ottobre del 1376 da Matteo di Niccolò di Duccio e da Lorenza di Ludovico di Marco Strozzi. Emancipato dal padre nell'anno 1388 con la donazione di alcune proprietà nel piviere di Decimo a Mucciano, non lungi da San Casciano, ancora nel 1390 riceveva altri immobili nella medesima zona, con i quali Matteo intendeva garantire la base economica dell'indipendenza del figlio. L'anno successivo la stabilità finanziaria della famiglia veniva gravemente compromessa dalla frode perpetrata ai danni di Matteo da un nipote, Neri di Giovanni, che egli aveva accolto alle proprie dipendenze nel banco di via Maggio. Costretto dai familiari, ed in particolare dal capo della consorteria Filippo di Tommaso, ad accettare un "falso lodo falsamente dato" (Libro di ricordanze)che gli imponeva uno svantaggioso compromesso, Matteo dovette vendere alcune delle sue proprietà per far fronte al debito di 6.500 fiorini contratto dal nipote. Tuttavia il suo prestigio, sia sociale sia familiare, non doveva aver subito gravi flessioni se nel luglio del 1401 Matteo riusciva a "chompromettere a matrimonio" per il C. Salvaggia, figlia di Giuliano di Bartolo Gini, la quale portava in dote la considerevole somma di 1.350 fiorini.
Morto Matteo il 22 sett. 1402, all'inizio del 1404 i tre figli - Niccolò, Ludovico e il C. - procedettero alla spartizione dei beni, fino ad allora usufruiti in comune; il 25 marzo 1404 un loro congiunto, Bartolomeo di Filippo Corsini, pronunciò un lodo che assegnava loro porzioni equivalenti della sostanza paterna. Nello stesso periodo i fratelli conclusero il matrimonio della sorella Francesca. Il maggiore dei fratelli del C., Niccolò, reduce da un poco fruttuoso apprendistato mercantile ad Avignone, in questi primi anni del '400 non sembra essersi dedicato agli affari ma, forse spinto da immediate necessità economiche, all'esercizio di più o meno remunerative magistrature forestiere nei piccoli centri del territorio fiorentino. L'altro fratello, Ludovico, dopo aver studiato a Bologna ed avervi conseguito il dottorato, si era dato alla carriera ecclesiastica, occupando a Poggibonsi un beneficio di appannaggio familiare dove, pochi anni dopo (1410), lo avrebbe colto la morte.
Al pari del fratello maggiore Niccolò, il C. in questi anni ricoprì magistrature nei minori Comuni toscani: nel 1407 fu podestà a Certaldo e l'anno successivo vicario dell'Alpe di Firenzuola, incarico che doveva fruttargli, per i sei mesi di servizio, intorno ai 1.200 fiorini.
L'esercizio di queste magistrature, frequente anche se non esclusivo appannaggio delle famiglie della classe dirigente nei rami cadetti o quanto meno in quelli economicamente meno floridi, se da una parte può testimoniare come le condizioni finanziarie del C. non fossero del tutto serene, segna tuttavia il momento d'avvio della sua ripresa patrimoniale. Nel 1408 egli risulta infatti impegnato in un importante investimento fondiario nel "Popolo" di San Martino ad Argiano - non lungi da San Casciano - (comprò in questa occasione una villa e due poderi per un ammontare di 400 fiorini). Il 13 febbr. 1409 sopraggiungeva la morte della moglie che gli lasciava quattro figli Matteo, Battista, Bernardo, Andrea e due figlie - Caterina e Rita -, tutti in tenera età. In quello stesso periodo il C. lasciò le magistrature forestiere e cominciò a dedicarsi all'attività mercantile; egli stesso ci informa dell'esistenza di un suo banco in via Maggio, forse quello paterno (Libro di ricordanze). In pochi anni la sua fortuna economica e sociale crebbe sensibilmente: fedelmente le Ricordanze testimoniano il costante incremento dei suoi beni. Ormai assestato, passò a nuove nozze il 6 maggio 1412 sposando Tora di Arnaldo Manelli. Due anni dopo, quasi a coronamento ufficiale della sua ripresa socioeconomica, raggiunse il consolato dell'arte della lana e contemporaneamente venne eletto tra i gonfalonieri di Compagnia per il suo quartiere, S. Spirito.
Il C., dunque, come rileva il Petrucci, in questi anni "si costituisce gradatamente una fortuna tutt'altro che modesta. I suoi consorti, Corsini non attraversavano invece un periodo felice, nonostante che nel 1411 Amerigo di Filippo di Tommaso sia vescovo di Firenze, continuando la felice tradizione ecclesiastica della famiglia; si trattava però dell'ultima affermazione di potenza di una consorteria che, nella cadente vecchiaia del capo e guida, Filippo di Tommaso, vedeva declinare anche le sue fortune politiche ... . Di fronte alle disponibilità dei nuovi ricchi, Medici, le risorse delle antiche famiglie dell'oligarchia non potevano competere in parità" (Petrucci, Introd. al Libro di ricordanze).
Gli anni tra il 1414 ed il 1425 vedono aumentare la fortuna privata e pubblica del C., come testimoniano fedelmente le Ricordanze:incrementò sempre più attivamente il patrimonio immobiliare in contado, nel territorio di San Martino ad Argiano, e comprò una casa nuova in via Maggio per 1.500 fiorini; affrontò inoltre con una certa tranquillità i matrimoni delle due figlie - Caterina, che dette in moglie a Niccolò di Brancazio Rucellai, e Rita, sposa di Bartolomeo di Luca Rinieri - i quali gli costarono, solo di doti, 1.500 fiorini ciascuno. Contemporaneamente andò crescendo anche il suo impegno pubblico, sia come uomo politico - proposto in Consiglio il 21 febbr. 1416 da Forese Salviati, fu prescelto alla magistratura dei Dodici buonomini; nello stesso anno lo ritroviamo anche tra gli Otto di balia; avrebbe ancora ricoperto entrambe queste cariche nel 1423 - sia come membro dell'arte della lana, di cui fu nuovamente console nel settembredicembre 1420 e nel maggio-agosto 1425.
Nel novembre di questo stesso anno, coinvolto insieme con altri famosi mercanti fiorentini - Palla di Palla e Salomone di Carlo, entrambi degli Strozzi, Agnolo Serragli e altri - in quella crisi che per tutto il decennio 1420-30 avrebbe attanagliato gli operatori economici fiorentini con un grande "mancamento di danaio", aggravato in questo particolare momento dalla aumentata pressione fiscale del Comune, in guerra con Filippo Maria Visconti, il C. falliva. Per salvare il salvabile, dopo essere ricorso all'aiuto del fratello Niccolò, egli intestò il nucleo centrale delle due proprietà alla sorella Francesca. Due anni più tardi la portata catastale del C., per quanto probabilmente poco attendibile, rivela una situazione economica tutt'altro che florida. Oltre alla casa in via Maggio, che venderà il 28 maggio dell'anno successivo acquistandone due più piccole, gli era rimasto qualche podere a San Iacopo a Mucciano e a San Martino ad Argiano. In complesso il totale dei debiti dichiarati superava nettamente le rendite.
Il crollo economico non sembra tuttavia aver inciso sul suo impegno politico. Infatti ancora nel 1426 continuò a intervenire attivamente nei Consigli e nel 1428 fu nuovamente chiamato alla magistratura degli Otto di balia; infine nello stesso anno raggiunse la carica suprema della Repubblica, il priorato. Il 5 apr. 1429, nello stesso giorno della loro emancipazione, il C. inviava due dei suoi figli, Matteo e Battista, nella lontana Buda perché vi effettuassero il loro tirocinio mercantile.
Da questo momento le pagine delle sue Ricordanze divengono un accorato memoriale per i figli lontani, dove la "ragione" amministrativa ed economica sfuma nell'accorata esaltazione dell'unità familiare raccolta intorno all'ideale della casa; casa che nella primavera del 1430 il C. avrebbe intestato, come già aveva fatto in precedenza con altri beni, alla sorella Francesca, "per rispetto", come egli stesso annoterà, "al cattivo mio stato, e parendomi meglio lasciare ai miei figliuoli asa che non lasciargli senza essa, perch'è i ritenimento della famiglia ... e... detta casa non si venda, acciò abbiate dove tornare" (Libro di ricordanze, p. 131). Poco dopo avrebbe intestato alla sorella anche altri beni, ribadendo per i figli le clausole per riacquistare le proprietà dalla zia, sempre però con l'invito affinché esse "non si vendano, però ch'è il salvamento vostro" (ibid., p. 132).
Il 20 maggio di quello stesso anno il C. redasse il suo testamento lasciando in parti uguali le sue sostanze ai figli maschi, Matteo, Battista, Andrea e Bernardo, destinando alla moglie la rendita di 500 fiorini d'oro "di monte comune di Firenze, di quelli che rendono fiorini 5%", e alle figlie Vagia, Marietta, Nencia e Lisabetta, avute dal secondo matrimonio, una dote di 600 fiorini ciascuna o di 150 nel caso avessero voluto farsi monache.
Con queste preoccupazioni il C., nel 1430, ormai non più giovane, accettava una tra le più remunerative magistrature forestiere della Repubblica, il capitanato della cittadella di Pisa. In questa città fu colto dalla peste e morì il 20 agosto del 1430. Veniva meno con lui la fedeltà alla oligarchia che era stata una caratteristica costante della sua famiglia, e per i Corsini della sua generazione sarebbe iniziata una nuova fortuna politica all'insegna dell'amicizia medicea.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Arte della lana, 32, cc. 35r-36r; Ibid., Carte Sebregondi, 1830; Ibid., Catasto del 1427, 66, cc. 106r-108v; Ibid., Catasto dei religiosi, c. 378; Ibid., Consulte e Pratiche, 42, c. 174r; 43, cc. 1r, 102r, 106v, 112v, 114v, 131r, 132v, 190r; 44, cc. 18v, 38r; 45, cc. 13r, 48r, 51r, 83v e passim; 46, cc. 7r, 19r, 44r, 61r; 47, 26r; 48, cc. 6v, 23r, 112r; Ibid., Necrologio fiorentino, anni 1424-1430; Ibid., Notarile Antecosimiano, Protocolli di ser Domenico Mucini, M 741, C. 365rv; Protocolli di ser Niccolò di Francesco da Linari, N 125, cc. 155r, 157v, 158v-163r; Ibid., Prestanze, 2218, C. 37r; 2901, c. 74v; Firenze, Bibl. naz., Conventi soppressi, C.4.895, c. 11 5r; Ibid., Mss. Magliabech., XXV,406, C. 381; XXVI, 132, C. 225; XXVI, 139, c. 76; XXVI, 141, cc. 72, 150; XXVI, 142, c. 192; XXVI, 143, C. 204; XXXVII, 299, c. 189; Ibid., Poligrafo Gargani, 672, 673, 675; Firenze, Bibl. Riccardiana, Mss. Riccardiano, 2023, C. 201; G. Capponi, Monum. historica, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XVIII, Mediolani 1731, col. 1164; Cronaca e memorie di Iacopo Salviati dall'a. 1368 al 1411, in Delizie degli eruditi toscani, XVIII, Firenze 1784, pp. 283 s.; Ricordi fatti in Firenze per Giovanni di Iacopo Morelli, in Cronache di Giovanni di Iacopo e di Leonardo Morelli, ibid., XIX,ibid. 1785, p. 90; Istorie di Giovanni Cambi, ibid., XX,ibid. 1785, p. 165; L'istoria di Firenze di Goro Dati dal 1380 al 1405, a cura di L. Pratesi, Norcia 1902, p. 160; Il Libro di ricordanze dei Corsini (1362-1457), a cura di A. Petrucci, Roma 1965, in Fonti per la storia d'Italia, C, ad Indicem; L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Corsini, Firenze 1858, p. 40; A. Molho, Florentine public finances in the early Renaissance, 1400-1433, Cambridge, Mass., 1971, pp. 153 s.; G. Brucker, The civic world of early Renaissance Florence, Princeton, N.J., 1977, p. 466 n.