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CIUSA, Giovanni

di Maria Elvira Ciusa - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 26 (1982)
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CIUSA (Ciusa Romagna), Giovanni

Maria Elvira Ciusa

Figlio di Salvatore e di Maria Veronica Romagna, negozianti, nacque a Nuoro il 20 febbr. 1907.

Manifestò giovanissimo la sua passione per il disegno e in famiglia trovò l'ambiente favorevole alla sua vocazione: il nonno paterno, Giacomo, era stato intagliatore in legno. Per distinguersi dallo zio scultore, Francesco, si firmò sempre Ciusa Romagna, assumendo anche il cognome della madre.

Dopo aver frequentato le scuole medie nella città natale, nel 1922 andò a Firenze, dove studiò all'Accademia di belle arti. Rimase a Firenze fino al 1925, quando la morte del padre lo costrinse a interrompere gli studi, che completò più tardi, e a ritornare in Sardegna. Dal 1925 in poi partecipò alle prime rassegne d'arte regionali e nazionali, richiamandol'attenzione della critica e quella del pubblico sardo. Esclusi brevi periodi di soggiorno in alcuni centri della penisola, soprattutto a Venezia e a Roma, trascorse tutta la vita in Sardegna.

Scelse di lavorare nell'isola appunto perché sosteneva che l'intellettuale, e in particolare l'artista, deve essere utile con la sua opera all'ambiente che meglio conosce. Per questo istituì e diresse dal 1932 al 1934 una scuola artigiana a Nuoro. Organizzò le varie mostre regionali nuoresi e quelle d'arte sacra; grazie alla sua iniziativa, venne rinvenuto un materiale di notevole importanza, fino a quel momento disperso o trascurato nelle diverse chiese della diocesi di Nuoro. Dal 1934 insegnò disegnonell'istituto magistrale di Nuoro. Influì sull'opera del C. quel clima dell'arte europea e italiana degli inizi del Novecento, che trovò espressione in Italia nelle mostre romane della "secessione" e in quelle veneziane di Ca' Pesaro. Allo stile "secessione" si riallacciano, infatti, le sue prime opere: gli acquerelli di uomini e donne in costume del '25 (Nuoro, coll. Monni) tracciati e costruiti con le sole pennellate di colore; alcuni quadri a olio come Processione (ibid., Camera di commercio) del 1931 e Paesaggi di Oliena (ibid., prefettura e amministrazione provinciale) del 1933. Soprattutto nella Processione i contornimarginati delle teste dei fedeli, la linea ampia e curva delle gonne, il bianco puro delle vesti, nonché tutto il discreto decorativismo del quadro ricordano gli stilemi della "secessione".

Fin qui la grafia dei contorni è preponderante. Ma da questo momento, il colore trionfa sul segno. Vedasi l'olio Ragazza di Orgosolo del 1933 (ibid., Camera di commercio) e alcune Processioni dello stesso periodo, dove il cromatismo ricorda la tradizione sarda. Ma già a distanza di pochi anni segno e chiaroscuro emergeranno in tutta la loro incisività. Sono indicativi al riguardo Il portatore di Croce del 1938 e la Ferratura del 1953 (entrambe di proprietà della famiglia del pittore). Questi e altri disegni sono tra i risultati più alti del lavoro del C.; basti ricordare ancora, tra i più belli, la serie delle Mietitrici (1953), i disegni a carboncino e sanguigna dei Minatori (1955) e quelli acquarellati dei Pescatori (1957), in cui il chiaroscuro e il colore si fondono con il tratto che diventa tagliuzzato e abbreviato. I personaggi, raffigurati nell'abbandono del sonno o nell'attesa, permettevano al C. di rappresentare una realtà più intima o talvolta più amara.

Il C. morì a Nuoro il 15 dic. 1958.

Fonti e Bibl.: Oltre ai catal. delle mostre regionali e sindacali della Sardegna dal 1925 al 1939 e della VII Quadriennale d'arte, Roma 1955, si veda il fascicolo de Il Convegno (Cagliari), febbraio 1959, tutto dedicato al C., e G. C. Romagna, con prefaz. di C. Maltese, a cura dell'Amministraz. comunale di Nuoro, Cagliari 1969 (con elenco delle mostre e regesto delle recensioni apparse sulla stampa periodica in occasione di esse).

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