CINI, Giovanni
Nacque a San Marcello Pistoiese, l'11 giugno 1778, da Bartolomeo e Violante Menchi. Appartenente a una antica e agiata famiglia da lungo tempo stabilitasi a San Marcello, ricevette i primi insegnamenti dallo zio paterno Pietro, allora pievano e poi canonico a Pistoia, di tendenze gianseniste e legato al vescovo Scipione de' Ricci. Continuò poi i suoi studi nel collegio presso l'Accademia "ecclesiastica di Pistoia e, come risulta da una sua memoria autobiografica nell'archivio della famiglia Farina Cini a San Margello, fonte essenziale per la storia dei Cini e della loro industria, si trovò presente ai disordini popolari contro il Ricci, avvenuti a Pistoia il 24 ag. 1790 (Famiglia, b. V, 29). Tornato in famiglia, completò da sé la sua educazione prediligendo studi di filosofia e di economia, anche per l'influenza dell'abate Marcello Piermei che, nel 1799, fu arrestato per le sue posizioni filofrancesi (Famiglia, b. V, 29).
Simili precedenti possono spiegare l'atteggiamento e l'attività del giovane C., durante la crisi politica della fine del secolo e l'intervento delle truppe rivoluzionarle francesi in Italia. Già nominato, fin dal 28 apr. 1796, provveditore delle strade della Comunità della montagna pistoiese per un triennio, all'arrivo, delle truppe francesi il C. ebbe, con altri, l'incarico di provvedere al loro approvvigionamento (giugno 1796), e di coadiuvare il commissario per la liquidazione dei conti agli ufficiali di quell'esercito, continuando in tale ufficio anche negli anni '97 e '98. Nell'aprile di quest'ultimo anno gli fu inoltre affidato il compito di visitare, misurare e descrivere tutte le strade della Comunità. Poi, nel maggio '99, fu tra i deputati per provvedere all'innalzamento dell'albero della libertà e di una statua commemorativa. Dopo le sconfitte e la ritirata dei Francesi dalla Toscana, questi incarichi e i suoi rapporti con personalità compromesse gli costarono, per una delazione, nel gennaio del 1800, l'arresto e un inizio di processo da parte del governo granducale, restaurato dopo la rivolta aretina.
Il nome del C. non risulta negli elenchi ufficiali degli arrestati; ma la sua citata memoria autobiografica reca ampie notizie di questo episodio, che si concluse favorevolmente per il rapido mutare della situazione politica.
Negli anni successivi., durante il breve Regno di Etruria, il C. fu di nuovo, impegnato in numerosi incarichi relativi sia ai problemi connessi al transito e allo stazionamento delle truppe francesi, sia alla sovrintendenza delle strade. Mentre svolgeva queste attività pubbliche, dava inizio alle proprie imprese commerciali, aprendo, nel 1802, a San Marcello, un negozio di cuoiami.
Soprattutto nel periodo del diretto dominio francese in Toscana, dal dicembre 1807 al 1814, la sua partecipazione alla vita pubblica assunse sempre maggior spicco, in significativa corrispondenza con gli inizi della crescente fortuna economica. Infatti, nel 1809 fu nominato comandante della guardia nazionale di San Marcello e membro dei Consiglio di circondario di Pistoia; dal 1808 al 1814 mantenne costantemente l'incarico di supplente del giudice di pace e, nel 1810, fece parte del comitato dei commercianti di Pistoia e Prato per l'elezione del tribunale di commercio; nel 1813, Poi, venne eletto presidente dell'Assemblea cantonale. Infine, nel 1814, fu membro della commissione per i soccorsi agli abitanti di Lizzano devastato da una frana, dimostrando, anche in que'sta occasione, una capacità organizzativa che gli meritò gli' elogi del ministro dell'Interno di Gioacchino Murat, le cui truppe occupavano allora la Toscana.
Tuttavia la sua prevalente attività era ormai orientata verso le intraprese economiche; e a ciò fu indotto anche dalla consapevolezza della miseria profonda della sua terra che dava una percentuale altissima di emigranti. Introdusse così la lavorazione della canapa, coltivata nella zona e fatta arrivare in gran parte anche dal Bolognese, insieme ad operai già esperti per insegnare il mestiere agli abitanti del luogo.
Uomo di notevole intuito, comprese che i tempi avrebbero ;favorito l'industria della carta. Da un lato, infatti, la situazione politica aveva provocato un incremento della attività giornalistica ed editoriale; dall'altro, la zona dove viveva abbondava sia dei materiali necessari alla costruzione di opifici, sia dell'acqua indispensabile per mantenerli attivi; e, inoltre, la posizione geografica avrebbe favorito l'introduzione della materia prima, mentre la povertà della zona avrebbe messo a disposizione una mano d'opera numerosa e a basso costo.
Nell'anno 1807 il C. fondò con il fratello Cosimo una società, il cui atto di costituzione del 14 maggio (Arch. Farina Cini, Cartiera, b. VI, 22), sotto la ragione sociale Giovanni e Cosimo Cini, e impiantò sul torrente Limestre, nel pressi di San Marcello, alcuni piccoli opifici per la produzione della carta a mano, tre dei quali rimasero in funzione fino al 1839, Due anni dopo, nel 1809, impiantava anche una tintoria e gualchiera. Anche, per l'avviamento di tali attività dovette far ricorso ad alcuni esperti che inseggassero il mestiere agli abitanti. La cartiera sul Limestre raggiunse una discreta produzione, aggirandosi su una media annua di centosessanta balle di carta di vari tipi.
Nel 1806 si era intanto sposato con Anna Rosa Cartoli di San Marcello, dalla quale ebbe numerosi figli, fra i quali Bartolomeo e Tommaso gli furono poi di validissimo aiuto nella sua attività manifatturiera, da loro continuata, e che svolsero poi funzioni assai importanti nella vita politica ed economica della Toscana e degli inizi dello Stato unitario.
Gli interessi imprenditoriali dei C. non si limitarono però soltanto all'industria cartaria; introdusse, infatti, nelle sue térre la coltivazione delle patate e tentò anche di sviluppare la viticoltura; a tale scopo importò dei maglioli dalla Svizzera, ritenendo che potessero attecchire anche coi clima rigido della montagna pistoiese. Estese inoltre varie colture in luoghi fino ad allora abbandonati, rimboschì alcune zone e regolò il taglio dei boschi, cercando, nello stesso tempo, di creare per i propri contadini condizioni ambientali più umane.
Ma le principali sue cure furono, in questo tempo, rivolte alle fabbriche sul Limestre. L'andamento favorevole delrazienda, la sempre maggiore richiesta di carta, lo spinsero appunto a chiedere una concessione per la costruzione di una nuova cartiera nei pressi del torrente Lima, la cui portata d'acqua più regolare avrebbe consentito un'attività senza interruzioni. Nell'arch. Farina Cini (Cartiera, b. VI, 6) si conservano i documenti relativi alle concessioni per l'impianto delle cartiere sulla Lima, risalenti agli anni 1821-22. In questo ultimo anno la nuova fabbrica era già attivata e sorgeva . presso il ponte sulla Lima costruito dallo Ximenes nel 1772.
L'attività industriale non lo allontanò tuttavia dalla vita pubblica; né la restaurazione del governo granducale gli impedì di ottenere numerosi e importanti uffici: dal 1815 al 1820 fu camarlingo della Comunità; nel '16 venne incaricato dal magistrato di San Marcello di recarsi in missione a Firenze per chiedere provvidenze per la montagna pistoiese; nel '16217, fu deputato per la beneficenza ed il lavoro per i póveri; e, infine, nel 1822, ebbe la nomina a gonfaloniere, conservando poi tale carica sino al '28. I provvedimenti da lui presi, durante l'espletamento di questo incarico, come la costruzione del ponte di Lizzano, il restauro dell'acquedotto pubblico, le opere per regolare il corso delle acque furono di grande utilità per la popolazione della montagna pistoiese. E, con notevole solerzia e abilità, il C. tenne anche le cariche di deputato per le scuole pubbliche, introducendo. l'insegnamento della geometria "applicata alle arti ed ai mestieri", e di "operaio" del conservatorio di San Marcello che curava l'istruzione delle fanciulle. Infine, il 27 maggio 1827, venne eletto socio della Società toscana di geografia, statistica e storia naturale patria; e fu, ancora, uno dei fondatori della Cassa di risparmio di Pistoia (Arch. Farina Cini, Famiglia, b. V, 33).
Nonostante i suoi numerosi impegni pubblici, il C. continuò a dirigere, con, acume e notevole capacità, le sue fabbriche. La nuova cartiera sulla Lima, con i suoi conto operai, ùnponeva, infatti, anche la costruzione di nuovi alloggi per le maestranze e di tutti i servizi necessari ad una piccola comunità; così, intorno alla fabbrica, si sviluppò un piccolo borgo, con la sua chiesa, una scuola e un caffé. L'andamento dell'azienda e i suoi bilanci, anche se non è dato rilevarli da documenti precisi, dovettero sicuramente essere positivi e costituire, per il C., un forte incentivo ad introdurre metodi e strumenti adatti ad aumentarne la produzione. A tale scopo, nel 1832, egli inviò in Francia i figli Bartolomeo e Tommaso affinché visitassero le maggiori cartiere e studiassero i procedimenti e le, tecniche più recenti.
Appunto Tommaso indusse il padre a introdurre la nuova macchina per la produzione di carta "senza fine"; così, nel marzo del '36, la ditta chiedeva al granduca Leopoldo Il una privativa per dodici anni per la fabbricazione della carta "continua" nello Stato toscano (Cartiera, b.VI, 4). La macchina venne ordinata alla ditta inglese Bryan Donkin e la sua messa in opera fu diretta personalmente da Henry Donkin che rimase a San Marcello alcuni anni, in qualità di tecnico della cartiera, il che conferma l'importanza di questa installazione.
Del resto, i Cini dovevano avere interessi e stretti rapporti di affari con varie case straniere, se, per esempio, anche l'amministrazione delle miniere e fonderie del Granducato, la Magona, ricorse alla loro mediazione per commissionare a una ditta inglese la progettazione di un "piano della fabbrica del ferro" ed alla ditta Danner di Zurigo la costruzione di cilindri per tirare le verghe di ferro (Mori, pp. 420 s.). La loro intensa attività industriale venne premiata, il 22 giugno 1838, dalla medaglia doro ricevuta dalla ditta alla prima Esposizione dei prodotti delle manifatture toscane, promossa dall'Accademia dei Georgofili. L'anno seguente anche l'Accademia fiorentina. di belle arti premiava i Cini con un'altra medaglia.
La crescente richiesta dei loro prodotti impose l'ampliamento della cartiera, con l'introduzione di due altre macchine per la carta continua. Ed il C., sempre nel '38, stipulò anche un contratto di società con le sorelle Alboretti di Modena per Paffitto di cartiere a San Cesarlo, San Donnino, Sassuolo e Formiggine, mantenuto in vita sino al 1840 (Cartiera, b. VI, 8). Per far fronte alle nuove spese fu però necessario formare una nuova società, la Società cartaria, il cui contratto d'istituzione risale al 13 giugno 1839, dotata di un fondo sociale di 2.000.000 di lire toscane, in azioni da 1000 lire l'una. Di queste società furono soci fondatori note personalità del mondo economico e politico toscano, come Neri Corsini, Piero e Luigi Guicciardini, Vincenzo Ricasoli e Giuseppe Volpini. Le proprietà industriali dei fratelli Cini relative alla produzione cartaria vennero cedute alla nuova società, in cambio di azioni corrispondenti al valore di 725.000 lire; sicché la famiglia restò la principale azionista e il C. e il fratello Cosimo vennero confermati "direttori della manifattura e del commercio".
Da altri documenti dell'archivio (Cartiera, b. VI, 20, riprodotti parzialmente anche dal Farina Cini, 1947, pp. 128135) si può desumere che, negli anni '39-'40 e '40-'41, la società registrò utili soddisfacenti e risultati del tutto positivi, grazie anche ai nuovi accorgimenti tecnici costantemente introdotti ed alla solidità delle strutture di base. A ciò si può aggiungere che, nel '39, i fratelli Cini costituirono anche, in proprio, una società commerciale di breve durata con Giulio Fiorineschi di Pistoia e che, nel '40, formarono ancora un'altra società per impiantare una ferriera a Casotti di Cutigliano (Famiglia, b. XIV, 23). Due visite alla fabbrica sulla Lima dei granduchi Leopoldo II e Maria Antonia, l'una il 14 ott. 1840, l'altra il 19 ott. 1843 (Gazzetta di Firenze, 31 ott. 1840; 19 ott. 1843), confermano, del resto, l'importanza che la ditta Cini aveva assunto nell'economia toscana e la risonanza che l'introduzione delle nuove macchine aveva avuto anche oltre i confini della Toscana. Non a caso, nel '41, lo stesso granduca concedeva personalmente ai due fratelli una medaglia d'oro, in riconoscimento dei loro meriti (Cartiera, b. VI, 10).
Risalgono sempre a questi anni le parole ammirate che il Giusti scriveva, nel '41 dimostrando il suo entusiasmo per una macchina che dalle sette di mattina alle quattro di sera trasformava "un cencio" in "una lettera bell'e impostata". Ma l'interesse del poeta non si limitava solo al progresso tecnico di quell'industria, bensì alle cure che i Cini ávevano avuto per l'organizzazione sociale del lavoro. E, infatti, in questo tempo, sappiamo che vivevano stabilmente intorno alla cartiera circa duecentoquaranta persone, mentre soltanto venti o trenta operai venivano a lavorarvi da altri luoghi (Repetti, pp. 75 s.). Su questo aspetto dell'attività del C. s'intrattiene a lungo anche Ilarione Petitti di Roreto che pone in risalto quelle istituzioni "atte a prevenire danni morali e sanitari notati altrove in stabilimenti simili": l'asilo infantile, le scuole, i tempi di lavoro non eccessivamente lunghi, la divisione del lavoro a squadre per garantire il continuo impiego delle macchine, le multe agli operai manchevoli, il cui ricavato serviva per i premi ai migliori, sotto forma di depositi bancari, il licenziamento, invece, degli operai indisciplinati, il pagamento a giornata o a cottimo, eseguito il giovedì e non il sabato per evitare che i salari finissero nelle "osterie" o nel "giuoco". Ma ciò che il Petitti elogia particolarmente è l'attività e la solerzia del C., tipica figura del nuovo imprenditore che reinveste i suoi profitti per intensificare e migliorare la produzione.
Nonostante gli apprezzamenti e i riconoscimenti generali, e nonostante l'aúivo commercio non solo con l'intera penisola, ma anche con il Levante e il ricco mercato americano, l'azienda, al momento della morte dei C. (1844), si avviava verso una crisi. Crescenti difficoltà incontrava, infatti, un'altra recente impresa della famiglia, la fabbricazione dei panni feltri. Lo sviluppo della cartiera sulla Lima aveva reso inutili gli opifici sul Limestre che producevano carta di quantità e qualità inferiore. D'altra parte, il C. aveva da tempo divisato d'istituire un grossolanificio e di sviluppare l'azienda anche in questo settore produttivo. Sicché, quando, nel corso degli anni Trenta, fu sperimentato, in Francia e in Inghilterra soprattutto, il procedimento di produzione di panni senza filatura e tessitura, ma mediante l'applicazione del calore, dell'umidità e percussione su pelli di animali, egli si orientò verso questo tipo di lavorazione. Nel '41 aprì quindi le trattative con i costruttori dei macchinari necessari per impiantare questa nuova attività; e, il 21 maggio dello stesso anno (Cartiera, b. VI, 20), fondata una società per raccogliere i capitali necessari, iniziò a convertire le vecchie cartiere sul Limestre in opifici destinati alla manifattura dei panni feltri. Nel corso dei due anni seguenti, l'iniziativa si sviluppò, rivolgendosi soprattutto alla produzione di tappeti, coperte, borse da viaggio e impiegando circa centocinquanta operai.
Le relazioni di autori contemporanei sottolineano l'importanza dei macchinari introdotti, grazie agli accordi stipulati con Ralph Bonfil, titolare della.ditta inglese promotrice di queste tecniche e rappresentante dei detentori dei brevetti; in particolare colpi la messa in opera della più grande ruota idraulica che si trovasse allora in Europa, anch'essa della ditta Bryan Donkin, di un'enorme e modernissima caldaia a vapore e dei procedimenti chimici più recenti e perfezionati. Proprio per la produzione dei panni feltri i ftatelli Cini meritarono. nel '44, una medaglia d'oro all'Esposizione di arti e manifatture toscane.
Il riconoscimento ufficiale della buona qualità dei prodotti, del loro basso costo e della loro resistenza, giunse però quando la nuova azienda era still'orlo del dissesto e il vecchio C. era già morto, il 7 giugno 1844, a San Mucello Pistoiese. Ma è certo che un tale riconoscimento gli sarebbe stato più gradito della offerta di un titolo nobiliare che gli era stata avanzata nel '43 e che egli aveva respinto.
Fonti e Bibl.: San Marcello Pist., arch. Farina Cini; G. Giusti, Epist., a cura di F. Martini, I, Firenze 1904, pp. 375 ss.; M. D'Azeglio, I miei ricordi, Roma 1959, pp. 363 s.; E. Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, V, Pirenze 1843, pp. 75 s.; Il Felsineo, V, 2 giugno 1844; C. I. Petitti di Roreto, Relaz. d'una visita fatta alle manifatture di carta senza fine e di panni feltri che sono a San Marcello (Toscana), Milano 1844; Rapporto della pubblica espos. di arti e manifatture fatta in Firenze nel settembre 1844, in Giorn. del commercio, manifatture belle arti, varietà ed avvisi, VII, n. 46. 14 nov. 1844; Giornale agrario toscano, XXIX(1845), pp. 123 s.; G. Arcangeli, Notizia di G. C. di San Marcello, Lucca 1845; Onoranze a G. Arcangeli ed a G. Tommaso Cini in San Marcello Pistoiese, 9 sett. 1894, Pistoia 1895; N. Farina Cini, La famiglia Cini e la cartiera della Lima, Firenze 1947; Id., Centocinquanta anni di una ind. famil. toscana. Convers. tenuta a Firenze, Firenze s.d.; Cartiere toscane. a cura delle Cartiere E. Magnani, Pescia 1960, pp. 24 s.; C. Magnani, Antiche cartiere toscane, in Pistoia. Per. d. Camera di commercio..., s. 3, I (1964), pp. 30 s.; G. Mori, L'industria del ferro in Toscana dalla Restauraz. alla fine del Granducato (1815-1859), Torino 1966, ad Indicem;L. Dal Pane, Industria e commercio nel granducato di Toscana nell'età del Risorgimento, II, Bologna 1973, ad Indicem;V. Capponi, Biogr. pistoiese... [1878], Bologna 1972, s. v.