CHIASSI, Giovanni
Nacque a Mantova il 15 genn. 1827 dal nobile Gaetano, primo consigliere anziano nell'I. R. Tribunale provinciale di Mantova, e da Giuseppina dei conti Magnaguti. Trascorse i primi anni tra Mantova, Castel Grimaldo e Castiglione delle Stiviere, e dopo il liceo si iscrisse nel 1844 alla facoltà di ingegneria della università di Padova, che frequentò fino al 1848, allorché venne chiusa in seguito ai moti di Milano. Scoppiata la guerra contro l'Austria, si arruolò nei corpi franchi e poco dopo divenne ufficiale nella colonna mantovana, con la quale il 24 aprile partecipò, assieme a N. Bixio, alla battaglia di Governolo. Dopo Custoza, ritornata tutta la Lombardia in mano austriaca, anche la colonna mantovana si ritirò in Piemonte insieme all'esercito sardo, ma il C., rifiutatosi di prestare giuramento in Vercelli a Carlo Alberto, raggiunse Garibaldi che, con un corpo di volontari lombardi, si apprestava a un ultimo tentativo di resistenza nel Varesotto. Nel 1849 fu tra i difensori della Repubblica romana e prese parte il 9 maggio al combattimento di Palestrina e il 19 a quello di Velletri contro l'esercito borbonico. Occupata Roma dalle truppe dell'Oudinot, il C. fu tra coloro che il 2 giugno 1849 risposero all'appello di Garibaldi di accorrere in aiuto di Venezia ma, caduto ammalato a Monterotondo all'indomani della partenza, fu costretto ad abbandonare la colonna garibaldina e a far ritorno a casa. Perseguitato dalla polizia austriaca, non poté tuttavia restare a lungo a Castiglione e preferì trascorrere un breve periodo di esilio in Piemonte.
Avendo aderito alla Giovine Italia, ritornò nuovamente in Lombardia, dove l'azione mazziniana, attraverso la ramificazione dei comitati clandestini e la vendita delle cartelle del prestito mazziniano, trovava il terreno più favorevole a causa della reviviscenza della reazione asburgica. Iscritto al Comitato democratico di Mantova, diretto da E. Tazzoli, partecipò attivamente alla famosa congiura, tragicamente conclusasi con le esecuzioni di Belfiore, diffondendo, come capocircolo, cartelle del prestito mazziniano nella regione circostante il distretto di Mantova ed effettuando con G. Acerbi rilievi sulla fortezza della città. Il C. non fu compreso nei primi arresti effettuati in seguito alla scoperta dell'organizzazione segreta nel gennaio del 1852, ma il suo nome venne fatto agli inquirenti, insieme con quello di molti altri congiurati, dal suo ex compagno di scuola e segretario del Comitato, L. Castellazzo, arrestato nell'aprile dello stesso anno. Il 28 giugno 1852 veniva intimato al C. di comparire entro sessanta giorni di fronte alle autorità, per rispondere delle accuse di tradimento. Fuggito, sembra con l'aiuto dello stesso padre del Castellazzo, commissario di polizia, riparò dapprima a Genova e poi in Svizzera, ove Mazzini si accingeva a preparare un nuovo moto rivoluzionario che, iniziato a Milano e sostenuto da schiere di patrioti pronti a penetrare in Lombardia dalla Svizzera e dal Piemonte, avrebbe poi dovuto diffondersi nelle varie parti d'Italia. Il C., ritornato in Piemonte, ebbe il delicato incarico, con B. Cairoli, G. Grizzotti e A. e G. Sacchi, di far penetrare un convoglio di armi attraverso il confine. Ma la notizia del fallimento del moto lo costrinse a desistere dall'impresa e a ritirarsi con i compagni a Mezzana Corti dove la polizia piemontese, per un riguardo verso l'Austria, arrestò i patrioti. Assolto nel processo che ne seguì a Casale, fu però costretto, insieme con gli altri implicati, a ritirarsi di nuovo in Svizzera. Apprendeva intanto di essere stato escluso dalla grazia sovrana che invece era stata concessa, per il genetliaco dell'imperatore, ad altri implicati nella congiura di Mantova e che sarebbe stato giudicato in contumacia.
Successivamente il C. prese parte al moto insurrezionale del 1854, che ebbe come centro la Valtellina, ma che, secondo gli originari piani di Mazzini, avrebbe dovuto interessare contemporaneamente la Lombardia, la Romagna e Roma. Suo compito era di guidare, insieme con F. Orsini, l'insurrezione nel Comasco, ma il moto non ebbe luogo perché il governo austriaco, avuto sentore di ciò che si stava preparando, eseguì una serie di arresti a Como e a Milano ed inviò agenti a Coira, ove si trovavano il C. e altri rifugiati, per far pressione sul governo del Cantone affinché venissero espulsi dal territorio svizzero. Avvertito che stava per essere arrestato il C. riuscì a rifugiarsi a Londra da dove, il 12 sett. 1854, inviava all'Italia e Popolo una viva protesta contro le persecuzioni delle quali era stato oggetto da parte del governo svizzero. Ai primi di ottobre dello stesso anno, sotto il nome di Lombard Refugié, dimorò a Parigi e poi di nuovo a Londra. Nel 1857, avuta la notizia che Francesco Giuseppe aveva concesso la grazia totale ai trentadue profughi implicati nei processi del '52 (escluso l'Acerbi perché capolista), il C. poté finalmente ritornare a Castiglione, dove nello stesso anno conseguiva la laurea in ingegneria. Nel 1859, arruolatosi nei Cacciatori delle Alpi, combatté a Varese e San Fermo, quindi si distinse, al seguito della colonna Medici, nella difesa della Valtellina, tanto da essere decorato con una medaglia d'argento al valor militare. Sciolto dopo Villafranca il corpo dei Cacciatori delle Alpi, seguì con altri pochi Garibaldi nell'Italia centrale.
Nel 1860 in seguito al rifiuto di Vittorio Emanuele di concedere a Garibaldi, per la progettata spedizione in Sicilia, uno dei reggimenti della brigata Reggio, nella quale erano confluiti molti ufficiali del disciolto corpo dei Cacciatori delle Alpi, il C., allora capitano nel 46º reggimento fanteria della medesima brigata, presentò le dimissioni da ufficiale dell'esercito regolare e si arruolò nelle formazioni garibaldine comandate dal Medici. Il 21luglio 1860 fu il maggior artefice della presa di Reggio, riuscendo, con un suo tempestivo intervento sul fianco dello schieramento nemico, a mettere in rotta le truppe borboniche, che si erano sino ad allora validamente opposte al Bixio. Dopo essere rimasto per qualche tempo a Reggio, come comandante di quel presidio, il C., ricongiuntosi con Garibaldi, si batté ai primi di ottobre nella battaglia del Volturno col grado di luogotenente colonnello. Terminata la guerra si ritirò per qualche tempo a vita privata dedicandosi alla sua professione di ingegnere.
Il 24 luglio 1862, accingendosi Garibaldi ad attuare l'antico disegno di invasione del territorio pontificio, il C. si recò a Caprera, da dove in sua compagnia salpò per la Sicilia; non partecipò tuttavia allo scontro di Aspromonte perché, nel contempo, si era recato a Genova per incarico di Garibaldi stesso. In relazione, fin dal 1862, con i cospiratori del Veneto e del Trentino, il C. fu invitato nell'aprile del 1864 a Londra da Garibaldi, il quale, attraverso contatti con esponenti della Sinistra italiana e internazionale, veniva approntando piani insurrezionali nelle due regioni, inseriti in un più vasto disegno rivoluzionario interessante tutta l'Europa centrorientale. Nell'ottobre del 1865 il C. veniva eletto deputato al Parlamento per il collegio di Bozzolo e conseguentemente si trasferiva a Firenze. Nel 1866, allo scoppio della terza guerra di indipendenza, ebbe il comando del 5ºreggimento del corpo di volontari garibaldini dislocato nel settore delle Giudicarie. Il 21 luglio 1866 trovava eroica morte nella battaglia di Bezzecca mentre contrattaccava le truppe austriache del Montluisant.
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