CHEVALLEY, Giovanni (Jean)
Nato a Siena l'11 ott. 1868 da Amedeo e Carolina Minoglio, frequentò l'istituto tecnico e la Scuola di applicazione degli ingegneri di Torino, dove si laureò nel 1891. Dopo un breve tirocinio presso le Officine Savigliano (1891-1893) venne assunto nello studio di C. Ceppi, dove rimase sino al 1898. Qui si occupò, tra l'altro, di parte dei restauri della chiesa torinese della Consolata, il primo di numerosi interventi che avrebbero occupato il C. in un sessantennio di attività.
Effettuò, infatti, restauri ed inserimenti di arredi interni in più di trenta ville, palazzi e castelli, dal primo progetto per gli interni della villa Solaroli di Briona (Torino, 1895) sino alla ricostruzione e al restauro della villa Agnelli in Villar Perosa del 1945-1947. Lo stile preferito fu quello barocco, verso cui il C. si sentì attratto, e a cui si richiamò anche negli interventi di ristrutturazione di antichi palazzi trasformati in banche.
Nel 1895 iniziò anche la carriera universitaria, quale assistente di C. Ceppi alla cattedra di ornato e architettura dell'università di Torino, in sostituzione di C. Riccio. Nel 1899 il C. aprì uno studio proprio. Il primo progetto fu la costruzione della manica nuova nell'ospedale S. Giovanni a Torino (1899-1902), di modi eclettici, anche se impiegò per i solai la recente tecnologia del cemento armato. Nel 1900 ricevette il primo incarico quale pubblico amministratore, divenendo membro del consiglio di amministrazione dell'Opera pia S. Paolo di Torino, incarico mantenuto sino al 1906. Nel 1902 fu eletto amministratore dell'Ospizio di carità. In pieno clima Liberty, nel 1903, progettò, con l'ingegnere Andrea Torasso, l'unico edificio che si richiamava a quello stile: la villa Gonella (Torino, oggi demolita). Nel 1908 il C. succedette a G. A. Reycend nella cattedra di architettura tecnica e composizione architettonica al politecnico torinese. L'Esposizione internazionale di Torino del 1911 lo vide impegnato nella progettazione dei villaggio alpino; nello stesso anno interveniva nel dibattito sulla urbanizzazione della ex piazza. d'armi torinese. Nel 1912 il C. conseguì la libera docenza in disegno ed architettura presso l'università di Torino con il volume Gli architetti, l'architettura e le decorazioni delle ville pienmtesi del XVIII secolo (Torino 1912), primo di numerosi studi sulle problematiche e i protagonisti del barocco subalpino. Nel 1913 si cimentò nell'architettura industriale con il progetto degli uffici e magazzini per i fratelli Piacenza (Torino, via Bologna).
L'ingresso del C. nell'attività politica avvenne il 14 giugno 1914, quando fu eletto nelle liste liberali consigliere comunale di Torino.
I suoi interventi in quella sede furono per lo più incentrati su problematiche edilizio-architettoniche, critici talvolta anche verso l'operato di assessori del suo stesso partito. L'8 febbr. 1915, ad esempio, attaccò il modo di progettare degli uffici tecnici municipali, definito "misero ed approssimativo"; sempre in quell'occasione richiese che gli stessi uffici presentassero progetti completi, come era gia richiesto ai privati (Atti del Consiglio comunale di Torino, 1915, p. 230). Il 6 genn. 1916 il C. criticò i lavori per il palazzo dell'Intendenza di finanza di Torino; in quell'occasione parlò di "lavori da farsi in modo tumultuoso" e di "turlupinatura" (ibid., 1916, p.24). Un altro argomento che stava a cuore al C. era quello del decoro cittadino, soprattutto dei luoghi deputati, quali piazza S. Carlo, che cercò di difendere da installazioni che potevano deturparli, come chioschi e manifesti pubblicitari.Il 5 genn. 1916 venne eletto (anche con i voti dell'opposizione) membro della commissione igienico-edilizia, cui competevano i pareri sui permessi di costruzione. Anche i capitolati imprecisi, come quelli per gli hangar dell'aeroporto militare torinese, lo trovarono giudice severo (Atti…, 1916, pp. 32, 756). Il 25 ottobre dello stesso anno venne eletto assessore supplente destinato a reggere l'incarico dell'Edilità, Piano regolatore e Suolo pubblico. Questo incarico durò sino al 1919, quando il comune di Torino venne commissariato per un anno. Il C. non temette di attaccare - in periodo bellico - l'autorità militare per la decisione di occupare l'Ospizio di mendicità al fine di adibirlo a ospedale per malattie infettive, sfrattandone i ricoverati (ibid., p. 421); alla fine del 1917 non sottoscrisse la mozione Palberti, presentata in Consiglio comunale, con cui si voleva attribuire a Torino la qualifica di "città vile", in seguito ai disordini dell'agosto 1917. Tra gli interventi del C. in veste di assessore sono da ricordare quello dell'11 dic. 1916 (ibid., p. 1196), con cui richiese l'autorizzazione alla costruzione dello stabilimento della FIAT Lingotto.
Il progetto presentato oltrepassava i limiti del piano regolatore, ma il C. mise in evidenza i caratteri di "monumentalità" dell'edificio. li problema della ricostruzione della via Roma, che il C. aveva già dibattuto nel 1914come portavoce di minoranza della Società degli ingegneri ed architetti in Torino (Relazione del socio ing. Chevalley per la minoranza., in Atti della Società degli ingegneri ed architetti in Torino, XLVIII [1914], pp.20-27), venne dallo stesso portata in Consiglio comunale. Non avendo ottenuto l'approvazione il C. si dimise il 7 maggio 1919, seguito il 9 dalla giunta (Atti, 1919, p. 346), ma vi fu la immediata conferma per entrambi. Rieletto consigliere nel novembre 1920 non ritornò in giunta. Nel 1921 ebbe un duro scontro con l'assessore Grassil che voleva far costruire una serie di case popolari in barriera di Milano usando un proprio brevetto di prefabbricazione pesante.
Si dichiarò, in quell'occasione, dubbioso sulle capacità del Comune di costruire case abitabili usando tale brevetto, ricordando le cucine economiche del tempo di guerra, fatte demolire perché inadatte a reggere pioggia e neve. Concluse ricordando "la orribile, monotona cosa che sarebbe stato questo insediamento disperatamente uniforme, in cui si accaseranno tante famiglie le quali non potranno godersi, per le ragioni già dette, la menoma intimità famigliare" (Atti, 1921, pp.253 ss.). Nonostante questo" appassionato discorso il progetto venne approvato.
Nel 1923 lo scioglimento forzato del Consiglio comunale, determinato dalla nuova legge sugli enti locali, lo obbligò ad uscire dalla vita politica. Partecipò ancora all'attività della commissione igienico-edilizia, incarico che ricoprì fra il 1931 ed il 1934. Sempre nel 1923 presiedette la giunta esecutiva della 1 Mostra di edilizia moderna, dove vennero esposti i primi modelli di escavatori e le nuove strutture latero-cementizie; nello stesso anno si dimise da docente del politecnico in seguito alla soppressione della Scuola di architettura. Nel 1925 vinse il concorso per la cattedra di architettura tecnica alla Scuola politecnica di Napoli, ma motivi di famiglia e di lavoro gli impedirono di accettare. Il successo della Mostra di edilizia moderna venne rinnovato nel 1926, sempre con il C. presidente. Negli anni 1926 e 1927, il C. insegnò carattere degli edifici presso la Scuola superiore di architettura, istituita presso l'Accademia Albertina. ma nel 1928 si dimise dall'incarico perché oberato da impegni. Ricevette, infatti, il compito di presiedere l'ufficio tecnico per l'Esposizione internazionale di Torino per il decennale della Vittoria, nel cui staff vi era il giovane razionalista G. Pagano-Pogatschnig.
Gli edifici di questa Esposizione risentirono dei diversi modi di pensare l'architettura del Pagano e del C. (tra i due vi fu addirittura una sfida a duello, fortunatamente rientrata), cosicché i risultati non furono entusiasmanti. Sempre in campo espositivo è da ricordare l'intervento del C. per la realizzazione del padiglione italiano per l'Esposizione internazionale di Anversa (1930, in collaborazione con D. Chiaves). Un intervento in chiave eclettico-barocca fu quello per la sede della Cassa di risparmio e dell'Esattoria comunale di Torino (1929-1931). Si trattava di ristrutturare un antico palazzo barocco (Perrone San Martino, via Alfieri) e l'antico educatorio della Provvidenza (via XX settembre). I risultati furono formalmente corretti, in linea con il precedente pluriennale intervento sull'antico palazzo d'Ormea, poi sede della Banca d'Italia (via Arsenale, anni 1913-1927). Più adeguata allo stile Novecento fu la realizzazione del complesso della Maternità (via Ventimiglia, 1931-1938), che faceva seguito agli interventi di ampliamento dell'ospedale dell'ordine mauriziano alla Crocetta (1926-30).
Nel 1932 il C. progettò con M. Passanti il Grand'albergo Principi di Piemonte al Sestrière; nel 1935 realizzava la casa Grasso (via Roma nuova); nel 1936-38 studiava la sistemazione interna dei Grand hôtel Principi di Piemonte a Torino (progetto di V. Bonadè-Bottino); nel 1938-39 realizzava la sistemazione del palazzo della Provincia (ex palazzo Cisterna, Torino).
Il 25 luglio 1943 il C. venne nominato vicesindaco di Torino, carica ricoperta sino all'8 settembre; nel 1945 gli fu conferita la piesidenza della commissione di studio per la ricostruzione di Torino.
Con la Liberazione il C. venne scelto dal CLN quale presidente dell'Accademia Albertina (carica ricoperta sino al 1950); nel 1946 venne eletto consigliere comungle di Torino e presidente delle ricostituite Società degli ingegneri ed architetti e della Promotrice delle belle arti. Nel 1950-51 fu presidente della commissione esecutiva per il piano regolatore e membro della commissione per la riforma del regolamento edilizio.
Il C. morì a Torino il 13 apr. 1954.
Per gli scritti del C., oltre all'elenco riportato in AA.VV., G. C. architetto, Torino 1951, pp. 48 ss., si veda: Problemi archeologici ed artistici del Piemonte. Villa della regina a Torino. Il Monte dei cappuccini. Archivio di Stato, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, IV (1920), pp. 29 s.; Due antiche vedute della nostra collina, in Bollettino del Centro di studi archeologici ed artistici del Piemonte, I (1941), pp. 119-125; Inuovi ospedali e le cliniche universitarie di Torino…, Torino 1943; La villa del Cardinale, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, n.s., II (1948), pp. 91-98.
Fonti e Bibl.: Necrologi in: La Stampa, 16 apr. 1954; Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, n.s., VI-VII (1952-53), pp. 225-228. Si veda, inoltre, il volume G. C. architetto, cit., e ancora: Atti del Consiglio comunale di Torino, anni 1915-1923, passim; R. Gabetti-L. Re, Via Roma nuova a Torino, in Torino, 1969, n. 4-5, p. 34; R. Gervaso, Storia aneddotica descrittiva di Torino, I-III, Torino 1966-70, ad Indicem; D. Rebaudengo, Un saluto da Torino, Torino 1971, p. 244; E. Mantero, Il razionalismo italiano, Bologna 1974, ad Indicem; M. Pozzetto, La Fiat Lingotto. Una architettura piemontese d'avanguardia, Torino 1975, ad Indicem; R. Gabetti-C. Olmo, Cultura edilizia e professione d'architetto, in Torino 1920-1936, Torino 1976, p. 27; B. Signorelli, Le modifiche della città, ibid., pp. 156, 161, 168; G. Gabetti, Architettura Industria Piemonte negli ultimi cinquant'anni, Torino 1977, ad Indicem; R. Nelva, Caratteri dell'urbanizzazione dell'ex piazza d'armi di Torino, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, n.s., XXXXXXI (1976-77), pp. 77, 80 s.; L. Re, Problemi e fatti urbani dal 1920 al 1945, in Torino città viva, I, Torino 1980, pp. 281, 308; R. Gabetti, Architettura italiana nel Settecento, in Storia dell'arteitaliana, Torino 1982, ad Indicem; A. MagnaghiM. Monge-L. Re, Guida all'architettura moderna di Torino, Torino 1982, ad Indicem; A. Cavallari-Murat, Come Carena viva, I-IV, Torino 1982, ad Indicem; Beni culturali e ambientali nel comune di Torino, Torino 1984, I, pp. 349, 365, 458; II, p. 45.