CHERUBINI, Giovanni
Nacque a Gottolengo (Brescia) il 16 sett. 1805 da Giambattista e da Maria Chiodi; studiò a Brescia, discepolo apprezzato dell'architetto R. Vantini e dell'architetto municipale L. Donegani, tanto che dal 1830 al 1835 sostituì nell'insegnamento il Vantini, prima come supplente, poi come incaricato nelle scuole elementari superiori. Nel 1831 presentò all'Ateneo di Brescia il progetto di ampliamento della chiesa di S. Rocco alle Fornaci divenuta parrocchiale - il lavoro sarà però eseguito dal Donegani - ricevendone elogi da C. Arici per avere seguito "negli scompartimenti e negli ornamenti... uno stile purissimo ed intero", cioè neoclassico.
Nel 1836 il C. fu nominato "aggiunto" per il disegno nelle scuole normali di Milano, ma poi lasciò per qualche anno l'insegnamento. Tuttavia continuò a lavorare per la sua città, e il Vantini lo volle collaboratore nella preparazione delle tavole per il primo volume del Museo bresciano illustrato, edito dall'Ateneo nel 1838: firmò infatti le tavole I, IV, V, VIII, X, XVIII-XX, XXV-XXVIII. Nel 1839, da Milano, inviò all'accademia bresciana due progetti per un monumento a Cristoforo Colombo da collocare all'imboccatura di un porto di mare (uno in sei tavole, l'altro in cinque): di essi "furono elogiate le varietà assai notabili che corrono fra l'uno e l'altro progetto, che attestano il suo ingegno inventivo del pari che il suo buon gusto" (Nicolini). Sempre alla stessa esposizione dell'Ateneo di Brescia inviò il progetto per una pescheria e per un mercato ortofrutticolo; su di esso il segretario dell'accademia così si espresse: "chi per avventura trovasse troppa grandiosità e vastità non potrà nello stesso tempo non riconoscere che per questo difetto (se così può chiamarsi) onora la fecondità dell'inventore, siccome onorano la sua perizia la condotta ed esecuzione delle parti" (ibid.).
Socio onorario dell'accademia bresciana nel 1840, l'anno successivo il C. tornò all'insegnamento nelle pubbliche scuole a Sondrio, finché nel 1842, come "maestro di disegno e di architettura presso il R. Ginnasio", passò a Mantova, succedendo al Vergani nella duplice veste di insegnante e di principale, architetto della città. Da Mantova inviò a Brescia il progetto per la trasformazione del convento di S. Domenico a sede degli Ospedali civili (disegni, presso l'Archivio di Stato di Brescia, Mappe, 194 h, l): del 1843 è la facciata; del 1844 il disegno per il monumento, in una nicchia della medesima, a G. Gherardini, poi non eseguito (Ibid., ibid., 194 i). Sempre del 1843 è il progetto dell'Ospizio per le gravide e per gli esposti, nella zona a sud del presbiterio della chiesa di S. Domenico e ad ovest del vicolo dell'Orto botanico (Ibid., ibid., 170, 1-6). I suddetti lavori erano conclusi nel 1847.
A Mantova il C. progettò fra il 1848 e il '50 porta Pradella; nel '49, la facciata delle case nn. 26 e 27 di piazza Marconi; e nel 1857-58, la facciata del palazzo Di Bagno (oggi prefettura). Socio nel 1861 dell'Accademia Virgiliana, nel 1863, per incarico di quella fabbriceria, ideò la nuova parrocchiale di Ostiglia, attuata più tardi dal Saccardo (si veda la relazione - priva dei disegni allegati - all'Ateneo di Brescia). Del 1864 è il monumento commemorativo della battaglia di Solferino e di San Martino; del 1869, invece, il ricordo marmoreo ai caduti di Montanara. Nel 1872 progettò il macello comunale di Mantova, nonché un fabbricato colonico, per il Consorzio agrario di Mantova, che fu assai apprezzato; e nel 1873, una casa di campagna per i marchesi D'Arco. Per l'amministrazione provinciale studiò il manicomio, ampliato e corretto nel 1875. Nel 1879 espose alla mostra dell'Ateneo di Brescia lo studio per un teatro diurno e infine offerse al ministero della Pubblica Istruzione disegni per vari edifici scolastici che vennero molto elogiati.
A Brescia, dove era stato eletto nella commissione per la conservazione del palazzo della Loggia, il C. volle tornare - stanco e ammalato - nel 1879, e vi morì il 30 genn. 1882.
I suoi disegni e progetti furono ceduti dalla vedova all'ingegnere Federico Ravelli.
Curioso e avverso fu il destino nei riguardi delle opere del C., definito "uomo pio, equanime, di stampo antico" non solo nell'epigrafe nel cimitero vantiniano ma pure dai biografi contemporanei. Molti furono infatti i progetti non realizzati, dei quali non si conservano oggi neppure i disegni, restando, unicamente le relazioni illustrative, e sono andate distrutte anche alcune delle opere più importanti.
Il C. seguì dapprima le forme di un puro stile neoclassico (chiesa delle Fornaci, monumento a Colombo). Non priva di grandiosità era la facciata degli Ospedali civili, sudue ordini, con la zona centrale fortemente accentuata rispetto alle ali, alleggerita da nicchie e dai grandi fornici delle aperture, in confronto ai pieni e alla sobria intelaiatura delle zone laterali, ma poi unificata dall'alto attico terminale sul quale si appoggiava anche il timpano triangolare della parte mediana; pure l'atrio non era privo di nobiltà nel variato gioco di volte su colonne doriche e su pilastri, con ricca fontana. Semplicità e monumentalità si ritrovavano anche nei cortili interni, sia per l'uso di grandi arcate sovrapposte, sia per quello del severo ordine tuscanico; ma l'impegnativa opera - che tuttavia ebbe subito detrattori come F. Odorici - fu demolita nel 1958-61. Fu pure demolita a Mantova la porta Pradella, pur essa in stile dorico; rimangono le case di piazza Marconi, in detta città, di buon gusto neoclassico. Tale stile, fin qui seguito con assoluta purezza, viene tralasciato nel concorso per la tomba Bonomini, da erigersi sulle colline bresciane dei Ronchi da parte degli Ospedali civili per adempiere a un legato, nel 1854; ma il progetto rimase soccombente rispetto a quello del Vantini, poi eseguito: fu questa l'origine di contrasti fra l'antico maestro e l'allievo. Anche nel 1857 l'ortodossia neoclassica venne abbandonata per i fastigi delle finestre nel prospetto del palazzo Di Bagno con l'inserimento di elementi coloristici.
Il C. passò successivamente all'eclettismo: nella vasta parrocchiale di Ostiglia, a tre navate e a croce latina con cupola e atrio nella facciata, seguendo le forme brunelleschiane, ma con l'accurata ricerca della funzionalità e con l'aderenza ai dettami liturgici di s. Carlo Borromeo e con la contenuta policromia dei rivestimenti e degli affieschi pensati per la cupola e le volte; nella casa di campagna per i D'Arco, rifacendosi al Quattrocento lombardo; nei porticati del cortile del macello a Mantova, riprendendo - con un certo decoro, ma con estrema semplicità giustificata dalle funzioni eminentemente pratiche dell'edificio - il gusto neoclassico.
Decoroso e onesto progettista, non privo di una certa grandiosità severa, intonato soprattutto allo stile dorico, il C. seppe supplire ad una non grande fantasia inventiva con una buona conoscenza professionale, molta serietà e buon gusto. Dimostrò inoltre di saper lavorare nei più diversi campi dell'architettura, civile e religiosa.
Fonti e Bibl.: Document. relativa alle opere del C. si trova a Sondrio, a Brescia (presso l'Ateneo e presso l'Arch. di Stato) e a Mantova, presso l'Archivio comunale e presso l'archivio dei marchesi D'Arco. Oltre ai necr. in Sentinella bresciana, 31 genn. 1882, e in Comm. dell'Ateneo di Brescia, 1882, p. 26, si veda: C. Arici, ibid., 1831, pp. 171 s.; G. Nicolini, ibid., 1839, p. 195; F. Odorici, Guida di Brescia, Brescia 1853, p. 95; C. Cocchetti, Brescia e sua prov., in Grande ill. del Lombardo-Veneto, Milano 1858, III, p. 133; C. D'Arco, Studii intorno al Municipio di Mantova, Mantova 1871-74, VI, p. 116; F. Odorici, Guida di Brescia, Brescia 1882, p. 73; Brescia, Ateneo: P. Da Ponte, Note biogr. (ms.);Ibid., Direz. dei Musei Civici:L. Cicogna, Note biografiche (ms.:aggiunte al Dizionario degli artisti bresciani di S.Fenaroli, Brescia 1877); L. Canevali, Relaz. sullo stato morale dell'Accad. Virgiliana per gli anni 1882-1884, in Atti e mem. dell'Accad. Virgiliana di Mantova, 1880-1884, pp. XII ss.; V. Restori, Mantova e dintorni, Mantova 1925, pp. 150, 313, 427; L. F. Fè d'Ostiani, Storia,tradiz. e arte nelle vie di Brescia [1895], Brescia 1927, p. 88; G. Panazza, Brescia nella prima metà del secolo XIX, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, 1948-1949, p. 106, E. Marani-C. Perina, Mantova. Le arti, III, Mantova 1965, pp. 264, 285; G. Panazza, La documentazione iconografica e grafica dei monumenti nell'area del Foro di Brescia fino al 1974, in Atti del Convegno internaz. per il XIX centenario della dedicazione del Capitolium e per il 150º della sua scoperta, Brescia 1973, pp. 73 ss.; [A. Fappani], in Encicl. Bresciana, II, Brescia 1976, p. 192.