CHARLIER, Giovanni (detto Giovanni Francese, Giovanni di Francia)
Se ne ignorano la data e il luogo di nascita, sebbene la prima menzione documentaria, un testamento da lui redatto in Venezia nel 1405, in cui appare sposato a Franceschina, figlia del pittore e miniatore veneziano Marco Cortese, consenta di supporre che egli fosse nato entro il 1380-85. Lo stesso documento lo dice figlio di un Piero Charlier, quindi francese d'origine e non per soprannome, e abitante con la moglie e il figlio Francesco a Venezia nella parrocchia di Sant'Aponal. Dopo una testimonianza del 1410 e un contratto in cui figura come venditore di una schiava tartara (6 maggio 1412), il suo nome è menzionato in una ricevuta di pagamento per la doratura e la pittura dell'ambone del Vangelo nella chiesa veneziana della Carità (Paoletti, 1893). Il 20 settembre del 1429 Johannes de Francia, il cui nome venne collegato con quello del pittore Giovanni Charlier attestato dai documenti veneziani da G. Fiocco (1927), firmava una Madonna in trono con il Bambino (Roma, Museo di palazzo Venezia, n. 4218), attualmente la sua unica opera sicura; e due anni dopo, il 15 sett. 1431, Marino Contarini gli affidava la decorazione pittorica a finti marmi e dorature della facciata della Ca' d'Oro (oggi completamente alterata da consunzione e ridipinture), con l'impegno di condurre a termine l'impresa, estesa in un momento successivo alla controfacciata sul cortile, entro il 1434 (Paoletti, 1920). È probabile che in quello stesso anno 1431 lo Ch. fosse assente da Venezia, perché il contratto appare firmato, in vece del padre, dal figlio Francesco. Egli doveva comunque essere di ritorno l'anno seguente, allorché il 27 febbraio 1432, si impegnava nuovamente con Marino Contarini a eseguire a fresco "i paramenti de tre albergij del soler de sora a verdure e chasazion" (Fiocco, 1927, p. 479), cioè la decorazione a finto tessuto di tre stanze del piano nobile della Ca' d'Oro.
L'ultima traccia documentaria è costituita dalla firma e dalla data (1º giugno 1432) rilevate il secolo scorso (Schulz, 1860) su di una Crocefissione tra la Vergine e s. Giovanni, un tempo nella cripta del duomo di Trani e oggi andata perduta. L'attività dello Ch., tuttavia, dovette prolungarsi almeno fino alla fine del quarto decennio del secolo, che è quanto pare suggerire la data d'esecuzione del paramento sostenuto da busti di angeli affrescato intorno alla tomba del beato Pacifico (datata 1437) nella chiesa veneziana di S. Maria Gloriosa dei Frari, a lui convincentemente attribuito (Fiocco, 1927, pp. 479-481).
Scomparse o indecifrabili le decorazioni murarie menzionate dai documenti veneziani, che per la loro importanza rivendicano al pittore un ruolo di specialista in Venezia in questo genere di produzione, la conoscenza della sua attività artistica è quindi affidata esclusivamente alla Madonna di palazzo Venezia (acquisto dello Stato nel 1920; precedentemene nelle collezioni P. Fabbri e Khvosinsky a Roma) e a una serie di opere che la critica, con maggiore o minore ragione, ha messo in relazione con quest'ultima. Nella tavola di Roma, fatta eseguire, come indica il cartiglio scritto in eleganti caratteri gotici ai piedi del trono, da un Antonio da Melcio (Mels, Udine), lo Ch. ricorre infatti a una scrittura pittorica modesta ma molto tipica, simile a quella di Zanino di Pietro, per tradurre stilemi desunti da Gentile da Fabriano, Iacobello del Fiore e Michele Giambono. L'ascendente predominante del pittore marchigiano è chiaramente percettibile nell'impostazione compositiva delle figure, che richiamano l'affresco della Madonna con il Bambino eseguito da Gentile nel duomo di Orvieto nel 1425, e nei fioriti goticismi del bordo dorato del manto della Vergine.
Questi caratteri stilistici, che in varia misura caratterizzano anche l'opera di un gruppo di pittori attivi in questo stesso periodo tra Venezia, Verona, Padova, la Romagna e le Marche (quali gli anonimi maestri del polittico di S. Fidenzio a Roncaiette; dell'Incoronazione della Vergine delle Gallerie dell'Accademia a Venezia, n. 693, proveniente dalla cattedrale di Ceneda [Vittorio Veneto]; lo stesso Zanino di Pietro), compaiono in un gruppo di dipinti abbastanza omogeneo anche dal punto di vista del formato e della tecnica: lo Sposalizio mistico di santa Caterina, già Perugia, coll. Van Marle (Van Marle, VII, p. 306 s.: attr. alla scuola di Stefano da Zevio), la Madonna dell'Umiltà che incorona di rose il Bambino, Stoccarda, Staatsgalerie, n. 1416 (Coletti, 1953); la Natività con s. Giuseppe e una santa monaca, Venezia, Museo Correr, n. 1032 (con firma apocrifa di Luigi Vivarini; Berenson, 1957); lo Sposalizio mistico di s. Caterina, già conservata a Bologna, coll. Gozzadini; la Madonna col Bambino e due sante, già Roma, coll. Jandolo; la Madonna col Bambino, nel 1915 a Roma, coll. R. Tolentino (Zeri, 1962, p. 60), la Madonna dell'Umiltà in una mandorla d'angeli (negli angoli superiori l'Annunciazione, in quelli inferiori la Natività e l'Adorazione dei Magi), Kreuzlingen, coll. Kisters (già Londra, vendita Christie's, 14 dic. 1962, lotto 183); la Madonna con il Bambino, già New York, coll. Hearst (vendita Gimbel Brothers, 1941, p. 18), e quella nel 1948 presso Wildenstein a New York; la Madonna con il Bambino, già Firenze, coll. Frascione (Padovani, 1974, pp. 9, 19); la Madonna con il Bambino,angeli e due santi del duomo di Lonigo (Natale, 1979, p. 59); la Madonna dell'Umiltà e due angeli, già New York, coll. Blumenthal.
Un altro gruppo di opere, riferibile con molta verosimiglianza al pittore, è stato localizzato in Puglia, dove nel secolo scorso esisteva ancora un suo dipinto firmato e datato (Trani, cattedrale). Si tratta di un Cristo alla colonna, datato 1434, e della tavola con la Trinità con la Vergine e Cristo che trasporta tra le braccia la Vergine adulta, entrambi nella cattedrale di Barletta; del Cristo alla colonna, del Cristo passo e della Madonna con il Bambino, rispettivamente nelle chiese di S. Agostino e di S. Pietro e nella Pinacoteca comunale di Barletta; degli affreschi sovrastanti la tomba Lambertini nella chiesa inferiore della cattedrale di Trani e di un codice membranaceo noto come il Messale di s. Corrado conservato nella cattedrale di Molfetta (D'Elia, 1964, pp. 54-56).
Infine il nome dello Ch. è stato formulato a proposito di un nutrito numero di opere che, per i loro caratteri stilistici non del tutto conformi a quelli del suo unico dipinto firmato oggi noto, andranno riferite alla sua bottega o addirittura ad altri maestri (affreschi a Bisceglie, Palo del Colle, Ruvo, Veglie). Si ricordano, tra questi dipinti, la Madonna in trono con il Bambino che incorona una santa, Venezia, Seminario patriarcale, n. 15 (Berenson, 1957); la Madonna dell'Umiltà, gia Venezia, coll. Sherman (Huter, 1970, p. 34); un S. Francesco della coll. F. M. Perkins a Assisi; la Madonna col Bambino, giàMilano, vendita Finarte, 1971, n. 109, lotto 58; la Madonna col Bambino detta Madonna dei Miracoli, Venezia, S. Maria dei Miracoli; i frammenti di polittico con la Dormitio Virginis, l'Annunciazione e due santi del Museo Correr a Venezia, n. 974; il S. Michele arcangelo dello stesso museo, n. 1890 (Padovani, 1974, pp. 9 s., 19); la Madonna dell'Umiltà del Musée d'art et d'histoire di Ginevra, n. AR 970 (Natale, 1979). L'attribuzione di queste opere oscilla tra l'anonimato delle scuole veneziana e veronese e i nomi di Giovanni di Francia, Zanino di Pietro, Maestro di Ceneda, Maestro di Roncaiette.
Sulla base delle restituzioni più attendibili, la personalità dello Ch. si configura comunque come quella di un artefice di modesta portata mentale ma versatile, pratico delle tecniche della pittura a fresco, della pittura su tavola e della miniatura. La sua attività in quest'ultima disciplina sembra comprovata dal fatto che la moglie Franceschina è probabilmente da identificare con una delle sorelle del miniatore Cristoforo Cortese, anch'egli attivo per un membro della famiglia Contarini al tempo in cui venne stipulato il contratto per la decorazione ad affresco della Ca' d'Oro (Chiappini di Sorio, 1963, p. 156).
Malgrado l'identità anagrafica, nessun elemento specifico proprio allo stile dello Ch. consente tuttavia di riferire la sua formazione culturale ai centri artistici d'oltralpe. La Madonna di palazzo Venezia rivela infatti quasi esclusivamente legami con la cultura figurativa veneta e padana dei primi tre decenni del sec. XV e le vaghe consonanze con alcune opere prodotte in Francia meridionale nel secondo decennio del secolo (retablo di Thouzon, Parigi, Louvre) sono piuttosto da imputare alla larga diffusione in Francia e in Italia di motivi tipici del gotico internazionale che a una relazione diretta. Rimane comunque il fatto che, se l'attribuzione al pittore della Madonna del museo di Ginevra, databile al quarto decennio del '400, fosse comprovata da prove documentarie, la sua provenienza da una cappella del villaggio di Vallard (Alta Savoia) potrebbe fornire uno spunto interessante per il chiarimento di questo problema. D'altra parte la presenza nel Veneto di artisti francesi sullo scorcio del sec. XV non è cosa rara: basterà ricordare il miniatore Stefano da Parigi, la cui residenza a Padova è documentata tra il 1405 e il 1412 (Lucco, 1977, p. 174).
Contemporaneo a Michele Giambono e Iacobello del Fiore, lo Ch. si formò dunque probabilmente a Venezia sugli esempi di Nicolò di Pietro di cui ricorrono, anche nelle sue opere più tarde, alcuni motivi prospettici e i tipi delle figure: nella Trinità di Barletta, il busto di Dio Padre riproduce, in un'accezione disegnativa e fisionomica più calcata, quello del Dio Padre dell'Incoronazione della Vergine del Museo di palazzo Venezia a Roma, eseguita da Nicolò di Pietro verso il 1390-95. Su questa prima formazione, che lo apparenta in modo molto singolare a Zanino di Pietro, si sovrappose l'attrazione dominante di Gentile, presente a Venezia dal 1408. Del pittore fabrianese lo Ch. fu un divulgatore corsivo, iconico, ma efficace, mostrando in ciò una sorprendente affinità di percorso e di stile con Blaž Juriev (Biagio di Giorgio), attivo quest'ultimo a Spalato, Ragusa, Korčula e Zara tra il 1412 e il 1450. Come l'artista croato, anch'egli sembra aver lavorato, in quanto pittore su tavola, soprattutto per zone periferiche, quali l'entroterra veneto e friulano (il committente della Madonna di palazzo Venezia è infatti originario di Mels, presso Udine), la costa marchigiana (come parrebbero suggerire anche le consonanze con le opere di Antonio Alberti), la Puglia. Il numero delle opere rinvenute in Italia meridionale, dove probabilmente il pittore si recò di persona, forse a più riprese (uno dei viaggi risalirebbe al 1431-32), fa di lui un protagonista della cultura artistica locale del sec. XV (D'Elia, 1964, p. 54).
Alcune caratteristiche iconografiche piuttosto rare che compaiono nei suoi dipinti sono inoltre da mettere in relazione proprio con la sua attività per centri minori. Il s. Ippolito che con s. Caterina affianca la Madonna col Bambino di collezione privata a Firenze suggerisce una destinazione d'origine del quadro per una località marchigiana o del Veneto settentrionale. Inconsueti sono inoltre il tema del Cristo che trasporta fra le braccia la Vergine adulta nella Trinità di Barletta (tema rilevato anche negli affreschi anonimi della cappella della Rocca a Vignola, 1430-35, e in quelli di O. Nelli nella cappella di palazzo Trinci a Foligno, 1424; Padovani, 1975, p. 47) e quello della Madonna dell'Umiltà che incorona il Bambino (Stoccarda).
Fonti e Bibl.: Oltre a U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 120, sub voce Giovanni di Francia, e al Dizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, III, Torino 1976, p. 288, si veda: H. W. Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresden 1860, I, p. 114; P. Paoletti, L'archit. e la scultura del Rinascimento in Venezia, I, Venezia 1893, pp. 25, 91; A. Venturi, Un quadro di Giovanni di Francia, in L'Arte, XI (1908), pp. 138-139; M. Salmi, Appunti per la storia della pittura in Puglia,ibid., XXII (1919), p. 161; P. Paoletti, La Ca' d'Oro in Venezia, Venezia 1920, I, pp. 119 s.; G. Bernardini, Un dipinto recentemente acquistato..., in Il Primato art. it., IV (1922), 6, pp. 42 s.; R. Van Marle, The develop. of the Ital. schools of painting, VII, The Hague 1926, p. 142, 306 s.; G. Fiocco, Il pitt. della Ca' d'Oro, in Riv. mensile della città di Venezia, VI (1927), pp. 475-481; G. Urbani, Schede di restauro, in Boll. dell'Ist. centrale del restauro, III (1952), pp. 95-99; L. Coletti, Pittura veneta del Quattrocento, Novara 1953, p. XVI; F. Zeri, Catal. del Gabinetto fotografico naz., I dipinti del Museo di palazzo Venezia in Roma, Roma 1955, p. 6; G. Fogolari, La Gall. "Giorgio Franchetti" alla Ca' d'Oro di Venezia, Roma 1956, p. 7; R. Pallucchini, La pitt. veneta del '400, dispense a cura di M. A. Novelli, Bologna 1956, pp. 114-116; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. Venetian school, London 1957, I, p. 88; G. Mariacher, Il Museo Correr di Venezia, I, Venezia 1957, p. 172; Katalog der Staatsgalerie Stuttgart, Stuttgart 1962, p. 83; F. Zeri, Aggiunte a Zanino di Pietro, in Paragone, XIII (1962), 153, pp. 59 s.; I. Chiappini di Sorio, Docc. per Cristoforo Cortese, in Arte veneta, XVII (1963), pp. 156-158; G. Gamulin, Ritornando sul Quattrocento,ibid., p. 13; M. D'Elia, Mostra dell'arte in Puglia... (catal.), Bari 1964, pp. 54-57; R. Pallucchini, I Veneti alla mostra dell'arte in Puglia, in Arte veneta, XVIII (1964), p. 214; A. Valentini-L. Dania, La pittura a Fermo ..., Fermo 1967, p. 52; M. S. Calò, La pittura delCinquecento e del primo Seicento in terra di Bari, Bari 1969, pp. 145, 158 s., 211; P. Zampetti, ADict. of Venetian Painters, I, Leigh-on-Sea 1969, pp. 54 s.; C. Huter, Gentile da Fabriano and theMadonna of Humility, in Arte veneta, XXIV (1970), p. 28, 34 n. 6; L. Dania, in Pittura nel Maceratesedal Duecento al tardo Gotico (catal.), Macerata 1971, pp. 125-127; S. Padovani, Materiale per lastoria della pittura ferrarese nel primo Quattrocento, in Antichità viva, XIII (1974), p. 8 ss., 17 ss. n. 26-32; Id., Pittori della corte estense nel primo quattrocento, in Paragone, XXVI (1975), pp. 25-53; Id., Nuove person. della pittura emil. nel primo Quattrocento, in Paragone, XXVII (1976), 317-319, p. 42; M. Lucco, Di un affresco padovano del Maestrodi Roncaiette, in Arte veneta, XXXI (1977), pp. 173-175; M. Natale, in Art vénitien en Suisse etau Liechtenstein (catal.), Genève 1978, pp. 230 s.; Id., Musée d'art et d'histoire. Peintures italiennesdu XIVe au XVIIIe siècle, Genève 1979, pp. 58-60.