CASTIGLIONI, Giovanni
Nato a Milano agli inizi del sec. XV da Maffiolo e da Angela Lampugnani, abbracciò la carriera ecclesiastica, seguendo le orme del congiunto cardinale Branda. Si laureò in utroque iure a Pavia e in teologia a Bologna. In questa città fu presente il 4 dic. 1437 all'atto della riforma degli statuti del collegio Castiglioni fondato dal cardinale Branda da Castiglione a Pavia.
In quell'epoca egli era canonico della chiesa di Nostra Signora di Aldeneyck, nella diocesi di Liegi. Divenuto successivamente prevosto di Eyck, nella stessa diocesi, ottenne da Eugenio IV la carica di protonotario apostolico. Il 2 marzo 1442 e il 1º genn. 1443 fu nominato dal pontefice collettore generale della Camera apostolica in Inghilterra, Scozia ed Irlanda, ed era oltremanica nei primi mesi del 1441, quando alla morte del suo protettore, cardinale Branda, un altro suo congiunto, Zanone, che era allora vescovo di Bayeux, in Normandia, scrisse al potente cardinale d'Inghilterra, Enrico di Beaufort, per raccomandarglielo. Nel luglio del 1444 fu di nuovo nominato, con Battista da Padova, collettore papale in Inghilterra, Scozia, Irlanda, Olanda e Germania. Le imposte che i due ecclesiastici dovevano esigere erano destinate alla crociata, vagheggiata dal papa, ma essi non poterono, pare, eseguire il loro mandato, perché trovarono esauste le finanze dei contribuenti.
Il C. fu sostituito nell'incarico da Giovanni Obizzi il 25 luglio 1445, poiché era stato, il 2 settembre dell'anno precedente, creato vescovo di Coutances in Normandia. In questa regione, occupata dagli Inglesi in conseguenza della vittoria nella battaglia di Azincourt (25 ott. 1415), avevano esercitato la loro influenza il già nominato cardinale Branda, che, legato ai dominatori, aveva ottenuto l'amministrazione del vescovato di Lisieux nel 1420, e il vescovo Zanone Castiglioni, che, avendo sostituito lo zio in quel vescovato nel 1424,era stato uno dei promotori della fondazione dell'università di Caen nel gennaio del 1432. Il C., come vescovo di Coutances, divenne automaticamente conservatore dei privilegi di quella università, insieme con il vescovo di Lisieux, secondo quanto disposto in una bolla pontificia del 17 maggio 1439.
Nella primavera del 1445 il C. era a Nancy, dove, durante il soggiorno della famiglia reale francese, avvenne il matrimonio di Jolanda d'Angiò con Ferry de Vaudemont. Subito dopo fece parte della scorta della nipote di Carlo VII, Margherita d'Angiò, che si recava in Inghilterra, quale sposa di re Enrico VI: a lei era affidato il compito di rafforzare quel partito della pace già affiorato nell'isola anche a causa della riscossa francese ormai in atto. Nel giugno di due anni dopo, mentre era in pieno svolgimento la riconquista della Normandia da parte di Carlo VII il C., su incarico di Enrico VI, si recò presso il nuovo papa Niccolò V a raccomandargli l'università di Caen, contrapposta ormai a quella di Parigi, da quando questa città (1436) era rientrata in possesso del monarca francese.
Dopo una tregua, rotta dagli Inglesi con un colpo di mano su Fougères, l'offensiva francese andò dilagando irresistibilmente. Carlo VII invitò allora perentoriamente i vescovi di Coutances e di Avranches all'obbedienza e, poiché essi non presero posizione in suo favore, dichiarò confiscati i loro beni: il C. era infatti legato strettamente agli occupanti ed anzi, poco prima della caduta di Rouen, aveva partecipato alla sessione del Gran Consiglio tenuto in quella città. Coutances, dopo tre giorni di assedio, ritornò il 13 sett. 1449 nelle mani francesi. Il 3 nov. il C. giurò fedeltà al nuovo sovrano, che da parte sua dimenticò di aver confiscato i beni della sua diocesi. Sette giorni dopo il C. partecipò alle solenni celebrazioni che salutarono il trionfale ingresso di Carlo VII a Rouen; al re resero omaggio, oltre a lui, altri due vescovi di Normandia, quello di Bayeux, Zanone Castiglioni, e quello di Lisieux, Tommaso Basin.
Il disagio del C. nei rapporti con le nuove autorità, e probabilmente la diffidenza di queste verso di lui, è chiaramente intuibile dal silenzio che cala sulla sua attività a partire da questo episodio fino al 3 ott. 1453, quando egli riuscì ad ottenere il trasferimento alla sede episcopale di Pavia.
Dopo la caduta di Costantinopoli (29maggio 1453), gli sforzi del papa per creare fra le potenze cristiane un'unità di intenti volta a reagire al pericolo turco si moltiplicarono, e legati apostolici furono inviati a tutti gli Stati cattolici. Al C. fu dato l'incarico di recarsi in Ungheria, Austria e Moravia. Le sue sollecitazioni per spingere re Ladislao a prendere le armi non ottennero che un assenso, condizionato alle decisioni della Dieta di Buda nel gennaio 1454, e ciò cui si pervenne nella Dieta stessa, alla quale il C. con ogni probabilità non partecipò, fu solo la scelta di Giovanni Hunyadi quale capitano generale.
Verosimilmente senza tornare in Italia il C. si portò in Austria alla fine del 1451, e sempre nell'intento di acquistare sostenitori alla crociata, in ossequio al suo mandato, partecipò nell'aprile-maggio dell'anno successivo alla Dieta di Ratisbona, dove pronunciò un'orazione alla presenza di Federico III, conservata inedita a Firenze (Bibl. naz., cod. II. X. 31, cc. 142r-148v) e a Budapest (Orzágos Széchényi Könyvtár, cod. 210, cc. 40v-46r). Rimasto in Germania nell'estate, occupato a raccogliere le decime, fu presente poi alla Dieta di Francoforte sul Meno nell'ottobre e a quella di Wiener Neustadt nel febbraio 1455, dopo aver passato inattivo a Passau, il tempo intercorrente fra l'una e l'altra. La sua presenza alle tre Diete non ebbe alcun rilievo, ed egli venne giudicato da Enea Silvio Piccolomini come un uomo pieno di sussiego, dai discorsi piatti e incolori. Finita la Dieta di Wiener Neustadt, tornò a Roma, dove l'8 settembre assistette alla cerimonia celebrata in S. Pietro, con la quale Callisto III, salito al soglio pontificio l'8 aprile, solennizzò la partenza della spedizione navale che era riuscito ad organizzare contro i Turchi. Il 3 dello stesso mese il C. aveva inviato a Francesco Sforza una lettera in cui esprimeva il rammarico del papa per la scarsa sollecitudine del duca di Milano a impegnarsi nella crociata. Sempre per indurre l'imperatore ad aderire alla lotta contro gli infedeli, nel 1456 fu di nuovo inviato in Germania; in quest'occasione lo Sforza, che nell'aprile del 1451 era intervenuto in suo favore, sollecitando per lui il cardinalato, lo incaricò di fare pressione su Federico III per ottenergli l'investitura del ducato.
Il C. era ancora in Germania quando, il 17 dic. 1456, fu eletto cardinale. Tornò direttamente a Roma, ove arrivò il 25 febbraio dell'anno dopo; il 26 ricevette in concistoro il cappello rosso. Ebbe il titolo di S. Clemente e gli fu permesso di mantenere il vescovato di Pavia. In occasione della sua elezione al cardinalato, Pier Candido Decembrio gli dedicò un epigramma (inedito, nella Bibl. Ambrosiana: D. 112. inf., c. 168r).
Morto Callisto III (1458), il voto del C. per l'elezione del nuovo papa fu sollecitato da più parti: Francesco Sforza lo invitò a votare per Domenico Capranica, che morì prima dell'apertura del conclave; in seguito il C. si impegnò a sostenere Guglielmo d'Estouteville, candidato francese, ma il Piccolomini con azione abile e decisa lo convinse a non schierarsi per un papa straniero, ma anzi a votare per lui.
Divenuto nello stesso anno abate commendatario di S. Abbondio di Como e creato legato pontificio nella Marca d'Ancona, il C. si trovò immediatamente a dover fronteggiare l'ostilità delle città sottoposte alla sua giurisdizione. Vi erano stati nella provincia disordini già durante la sede vacante, e la presenza del legato anziché placare i contrasti li esasperò, tanto che ad Ancona ci fu una vera e propria sollevazione, in novembre, contro di lui. Quando nel febbraio dell'anno successivo il C. incontrò a Perugia Pio II che si recava a Mantova, ove nel settembre si sarebbe aperta la Dieta, la controversia fra lui e la città d'Ancona, contro la quale egli aveva lanciato nel dicembre precedente l'interdetto, non era ancora risolta. Malgrado la mediazione del Comune di Recanati, si arrivò a un ricorso al papa, che cercò di eliminare le cause d'attrito senza sconfessare il legato. Contrasti violenti sorsero subito dopo fra il C. e Fermo, e successivamente fra lui e Recanati, che all'inizio del 1460 culminarono con la richiesta formale al papa del Comune recanatese della nomina di un nuovo legato. Un altro grave problema era costituito per il C. dalla presenza nella provincia da lui amministrata di Giacomo Piccinino in armi, postosi al servizio di Giovanni d'Angiò, che tentava la riconquista del Regno.
Il C. era a Macerata, intento al reclutamento di milizie, quando il 14 apr. 1460 morì per un improvviso attacco febbrile, a quaranta anni, secondo alcuni. Fu sepolto a Milano. Aveva avuto un figlio naturale, Lodovico.
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