CASOLLA, Giovanni
Nacque a Napoli il 19 settembre del 1777 da Francesco, argentiere, e da Angela D'Amore. Il 18 marzo 1818, su proposta del Conservatorio degli orefici, egli venne assunto presso il "burò di garanzia", che era stato creato agli inizi dell'Ottocento su modello francese, con l'incarico di provvedere a un servizio di bollatura unico per tutto il Regno di Napoli, a garanzia degli argenti ivi prodotti. Nel maggio del 1821 sposò la figlia dell'argentieie Luigi Mazzola e nello stesso anno presentò un piano per una più modema organizzazione delle officine di garanzia. Dieci anni più tardi, nel 1831, Fortunato Tuccio, funzionario della Zecca regia, segnalò il C. fra i migliori argentieri della città.
Fra i numerosi oggetti di uso profano conservati in raccolte private, merita di essere ricordato un grandioso centro da tavola, che il C. eseguì fra il 1823 e il 1832, lungo in 3,50. Consta di tre parti che possono essere diversamente combinate così da ottenere, utilizzando le sole estremità, un oggetto di dimensioni ridotte. Lavorato secondo le tecniche tradizionali, costituisce uno splendido esempio di argenteria monumentale neoclassica (cfr. Catello, pp. 336 s.).
Tra il 1834 e il 1836 eseguì il paliotto per l'altare maggiore del duomo di Salemo. Il paliotto, del peso di 145 libbre, e diviso in cinque riquadri da eleganti colonnine: su quello centrale, più grande, è raffigurata l'Ultima Cena, ai lati la Vergine Assunta e S. Matteo titolare del duomo. Alle due estremità. gli stemmi dei vescovi committenti, Arcangelo Lupoli e Marino Paglia.
I modelli impiegati, ottenuti mediante la tecnica di fusione "in terra", sono schiacciati, poi applicati su fondali in lamina, infine omati con decorazioni sovrapposte. Questo metodo differisce alquanto dal sistema di lavorazione impiegato dagli argentieri napoletani, che nei due secoli precedenti avevano realizzato in prevalenza figure a tutto tondo o a forte rilievo. Gli elementi componenti il paliotto si possono riferire a correnti stilistiche eterogenee, ed è questo un aspetto che caratterizza in genere le opere di arte decorativa dopo il 1820; si pensi ad esempio allo schema architettonico dì riferimento gotico per i bassorilievi applicati negli spartiti laterali, mentre la composizione di quello centrale si riferisce chiaramente all'Ultima Cena di Leonardo. Il paliotto esemplifica pertanto un ben preciso passaggio da una fase di gusto neoclassico ad una nuova di gusto romantico, percepibile nei richiami neogotici.
Il C. lavorò inoltre per il santuario di Montevergine in provincia di Avellino e per la chiesa del Carmine Maggiore di Napoli, dov'è conservato un suo calice.
Si ignora l'anno della sua morte.
Fonti e Bibl.: M. A. Capone, Il duomo di Salerno, I, Salerno 1927, pp. 384 s.; A. Lipinsky, Oreficeria e argent. in Europa dal XVI al XIX sec., Novara 1965, pp. 89, 384; E. e C. Catello, Argenti napoletani dal XVI al XIX sec., Napoli 1973, pp. 69, 129, 336 s., 366.